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23 mila i decessi ogni anno (solo negli USA) per i superbatteri

La resistenza agli antibiotici uccide più persone degli incidenti aerei.

Non se ne parla molto, forse perché gli influencer non lo possono vendere, non è facilmente declinabile dall'utente social "impegnato" con hashtag mainstream (#metoo, #noplastic, ...) o magari è poco utilizzabile come argomento da aperitivo.
Qualunque sia la ragione il fatto è che negli ultimi 20 anni la comparsa di batteri multiresistenti (alcuni a tutte le classi di antibiotici oggi conosciute) hanno reso concreto il rischio di tornare in un epoca, invero non molto lontana, in cui una banale ferita poteva  tramutarsi in un evento fatale.

Per una volta sintetizzo il concetto citando una frase di Nicole Fisher, presidente della Health & Human Rights Strategies:
" Nei soli USA la resistenza agli antibiotici causa ogni anno 2 milioni di infezioni e 23 mila decessi, un numero di morti equivalenti alla caduta di un Boeing 747 ogni settimana." (cit. da Forbes maggio 2019)

Il numero di decessi per anno attribuibile ad antibiotici non più funzionanti (AMR) è destinato a crescere.

Fonti
Per approfondimenti sulla diffusione dei ceppi resistenti vi rimando ad un precedente articolo (--> la minaccia dei superbatteri) o più in generale alla raccolta di articoli tematici (--> resistenza agli antibiotici)





Per essere un vero pesce robot deve avere una batteria liquida al posto del sangue

Un pesce robot con "sangue" che funge sia da batteria che da attuatore di movimento per le pinne è una novità anche in un campo dove innovatività è la parola chiave.
Abbiamo trattato in questo blog robot declinati in modo "inconsueto" come i plantoidi o secondo canoni più classici come quelli mimanti caratteristiche animali (vedi --> robo-api, robo-serpenti, robo-salamandre, ...).
Usare il sangue (perifrasi per indicare il liquido fatto circolare all'interno del robot) con finalità (anche) di batteria è però qualcosa in cui non mi ero ancora imbattuto. Una scelta che ha permesso di aumentare la quantità di energia immagazzinata nel robot del 325%  rispetto a una macchina con batteria separata. Un risparmio notevole in termini di peso complessivo e potenza disponibile.

Il robot, flessibile e morbido al tatto, misura circa 40 centimetri ed è privo di batterie solide. A farne le veci è un fluido che ha la doppia funzione di immagazzinare energia e muovere le "pinne" del pesce. 
Un robo-pesce flessibile la cui batteria è il liquido che circola al suo interno. La forma del pesce è ispirata al pesce leone
(credit: James Pikul via Natura)
Questo approccio costruttivo, che fa a meno di batterie pesanti ed ingombranti, consente alla macchina di immagazzinare più energia in uno spazio più piccolo e di operare per periodi più lunghi.
Nota. Le batterie di flusso redox (ossido-riduttive), RFB,  utilizzano componenti fluidi o semi-solidi fluidi e sono rinomate per i loro tempi di risposta rapidi, la sicurezza e la flessibilità di progettazione, sebbene abbiano una minore densità di energia e potenza rispetto alle batterie agli ioni di litio. L'utilizzo delle RFB è stato finora relegato alle applicazioni fisse su larga scala, dove costi e scalabilità sono più importanti della portabilità e del fattore di forma. Per trovare risposta alle necessità del pesce-robot i ricercatori hanno sviluppato una RFB ibrida basata sullo ioduro di zinco, in cui il catolita, l'elettrolita a contatto con il catodo, contiene zinco il quale si deposita sull'anodo durante il processo di ricarica.
I ricercatori della Cornell stimano in 37 ore il periodo di funzionamento del robot senza richiedere la ricarica. Chiaramente si tratta ancora di un prototipo ma la direzione è quella di creare robot autonomi, adatti a diverse situazioni ambientali, in grado di orientarsi e di portare a termine attività anche in assenza di diretto controllo da remoto.
Le applicazioni potenziali sono molte, ad esempio missioni di ricerca e soccorso e nell'esplorazione in acque profonde. 
Parte degli scienziati coinvolti sono italiani.

Il precedente esempio di robo-pesce è un modello prodotto dal MIT, usato per esplorare le barriere coralline --> Articolo originale

Fonte
- Electrolytic vascular systems for energy-dense robots
Cameron A. Aubin et al, (2019) Nature, 571, pp. 51–57

Multinazionali, globalizzazione e agenda politica

Le multinazionali sono il soggetto che ha guadagnato di più con la globalizzazione ... alla faccia di quello che propagandano i giornali "globalisti" (neologismo scelto in contrasto ai sostantivi populisti" o "sovranisti", inflazionati e usati quasi sempre a sproposito e con secondi fini)

Durante i lunghi viaggi in aereo c'è chi guarda un film, chi lavora, chi chiacchiera ammorbando i vicini e chi coglie l'attimo per leggere libri lasciati sul comodino troppo a lungo.
Di uno di questi libri ne scrivo oggi sia perché voglio fissare alcune delle informazioni catturate in questo agile libello, sia perché la ricerca scientifica è da sempre globale, oggettivamente, e allo stesso tempo locale. Globale per la diffusione delle idee e la collaborazione internazionale tra ricercatori, locale perché è indubbio che senza recinti protetti entro cui "allevare" e formare i propri ricercatori senza che vengano travolti da una competizione impossibile per la ricerca fondi, i centri di ricerca nazionali si tramuterebbero in dependance di multinazionali della ricerca che delocalizzerebbero sempre e solo dove più conveniente e con i ricercatori più "flessibili", oppure diventerebbero meri luoghi di insegnamento per chi vorrà poi andarsene.

Torniamo al libro.
Le multinazionali sono il soggetto che ha guadagnato di più con la globalizzazione in termini economici, di mercati e di libertà di azione. Hanno sempre esercitato un potere, questo è indubbio, ma probabilmente mai come oggi questo potere è indipendente dai governi degli stati di origine.
In questo inizio secolo in cui è cambiato il rapporto tra l’Est e l’Ovest e il Nord e il Sud (il 2001 è la data cruciale con l'entrata della Cina nel WTO, alias il dumping fatto a sistema) le multinazionali non solo sono cresciute, sono cambiate. Da multinazionali con una bandiera (americana, inglese, tedesca) sono diventate transnazionali e quella bandiera si è scolorita. Avendo interessi globali, sempre meno sono disposte a veder influenzare i loro affari dalle posizioni dei governi del Paese natio. La potenza economica le ha rese poteri a sé stanti, protagonisti della politica internazionale alla pari degli Stati. Non sono più rappresentate dalle associazioni di categoria, non sono più campioni nazionali, non sono più allineate e sempre meno possono essere neutrali. Hanno proprie agende di politica internazionale, che il moltiplicarsi dei rischi e dei protagonisti rende assai complesse.
Image credit: Jonathan McIntosh via wikipedia
Quando una azienda ha la capacità di decidere la politica di uno stato e condizionare l'opinione pubblica attraverso sempre disponibili PR nei media, si passa in una nuova era. Forse i tanti film distopici sulle mega-Corp del futuro non erano così fantasiosi. 

I due autori non scrivono per demonizzare il fenomeno ma al contrario spiegano (e il risultato è in un certo senso inquietante) perché le multinazionali sono arrivate a dovere agire attivamente per dettare la politica nazionale. Creare un ecosistema adatto alle proprie esigenze è fisiologico per queste aziende. E i due autori lo sanno bene: Vittorio Cino è direttore "Comunicazione e Relazioni Istituzionali" di Coca-Cola Italia; Andrea Fontana è un sociologo della comunicazione interessato al fenomeno dei brand. Del resto se guardate alcuni spot recenti della Coca-Cola vedrete bene quanti siano i sottintesi messaggi politici mentre, apparentemente, pubblicizzano una bibita.
maggiori info  --> Amazon
Se in occidente si è passati da brand nazionali (con un epicentro ben evidente) a entità che pongono sedi in paradisi fiscali e delocalizzano la produzione in paesi a basso costo, creando così una frattura epocale con il vecchio "epicentro" (il paese di origine) e lavorando per se stesse (fenomeno in parte rientrato dopo le minacce fiscali di Trump) dall'altra parte del mondo (Cina) il fenomeno segue una propria strada: aziende in tutto e per tutto cinesi (e con forte controllo governativo) che operano su scala globale in modo aggressivo ma con interessi nazionali. 
Nota. Un dato poco noto è che qualunque azienda che voglia operare (come produzione o distribuzione) in Cina è obbligata alla condivisione del proprio know-how. Un mercato a porte stagne e a drenaggio costante di informazioni che spiega perché molte aziende "piccole" siano passate in fretta dall'euforia del produrre a basso costo al vedersi scalzate dal mercato da nuovi competitori "protetti" protetti dalle leggi locali.
Il panorama più realistico per l'immediato futuro è che l'Europa diventi un semplice mercato di conquista di multinazionali che lavorano per sé stesse o per il governo cinese e che avranno ogni interesse ad abbattere ogni barriera che limiti la penetrazione del mercato. Per farlo foraggeranno politici e giornalisti con la diffusione di mantra "globalista". Del resto basta osservare il fenomeno Starbucks a Milano per capire il potere persuasivo sui consumatori e politici cittadini di una azienda che ha senso in USA e in altri paesi ma è di fatto incomprensibile nel "paese dell'espresso".

***

Se pensate che il meglio possa emergere senza protezioni, guardate cosa è successo al campionato italiano di calcio o di basket, dove meno del 3% di chi gioca nella Primavera calcherà i campi di Serie A. E non perché non adatti ma perché vengono loro preferiti giocatori di altro appeal, impedendo al giovane di giocare e quindi di "crescere". Passando dallo sport alla scienza, se fino alla fine del secolo avevamo in Italia molte Pharma, oggi siamo nel deserto assoluto. Alcuni potrebbero consolarsi pensando alle "riserve naturali" che vanno sotto il nome di CNR e università dove si è avverato il miracolo di potere disporre di doti divinatorie riuscendo ad indovinare il futuro dei concorsi ... semplicemente guardando il cognome dei partecipanti", Entrambi i sistemi (nessuna regola e protezione totale) sono degenerazioni che portano frutti solo alle solite minoranze di "chi conosce". 

Una centrifuga fatta con filo e cartone

La centrifuga è uno strumento essenziale per qualunque laboratorio di ricerca e di analisi, ovunque nel globo. Tuttavia non sempre è possibile contare su di una rete elettrica affidabile e tanto meno avere i soldi necessari per l'acquisto di un prodotto anche tra i più basici.
Un video prodotto dalla rivista Nature mostra che usando solo della carta ed una stringa è possibile creare una centrifuga manuale capace di raggiungere, udite udite, i 125 mila giri al minuto. Chiaramente l'intento non è quello di creare dei sostituti delle ultracentrifughe, necessarie per separare un tipo di macromolecola dall'altra, ma uno strumento per separare ad esempio le cellule del sangue dopo un prelievo.

Di seguito il video (in inglese) che descrive la "paperfuge", cioè la centrifuga di carta fai da te
Se non vedi il video --> yotube
(all credits to Nature)

Ebola. Di nuovo

Al grido di "il virus Ebola non esiste" la folla assalta un avamposto medico dove vengono accolte le persone malate. Alla fine uno dei medici rimane sul terreno.
La notizia è di qualche mese fa e avrebbe potuto essere rubricata al rischio che corrono i medici, siano essi locali o stranieri, quando operano in zone del globo colpite da epidemie o durante le campagne di vaccinazione. Ma non si è trattato di un attacco isolato e la notizia torna alla mente quando, mesi dopo l'attacco l'epidemia ha attraversato il paese (la Repubblica Democratica del Congo - RDC) diffondendosi dalle remote e meno popolate aree del nord-est ad una popolosa città del sud-ovest, superando per numero di casi quella già record di due anni fa in Africa occidentale.
Infografica della diffusione dell'epidemia (--> ingrandimento). Credit: BBC
Il capo dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS/WHO), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha partecipato il 4 maggio alle esequie di Richard Mouzoko, un epidemiologo di 41 anni del Senegal, ucciso il 19 aprile a colpi d'arma da fuoco nella città di Butembo. Dozzine di altri operatori sanitari sono stati aggrediti negli ultimi mesi nelle zone nord-orientali della RDC, una regione in cui Ebola va a sommarsi ai danni di un conflitto decennale.

Da quando l'epidemia è iniziata nell'agosto 2018, circa 2 mila persone sono morte.
---> qui il grafico aggiornato (BBC)  (credit: Nature)
Il numero di persone colpite e di decessi (che in questa malattia arriva tranquillamente al 90% in assenza di trattamento) rende l'attuale epidemia di Ebola la seconda più grande mai registrata. Cosa ancora più preoccupante non mostra alcun segno di rallentamento (il numero di malati è raddoppiato in soli 2 mesi), a causa di un mix tossico di violenza, ignoranza e sfiducia verso qualunque cosa venga dalle autorità.
Una delle ragioni delle sommosse è stata la decisione del governo di bloccare il processo di voto nelle aree colpite da Ebola (e i motivi mi sembrano ovvi durante una epidemia altamente contagiosa anche se solo mediata da fluidi corporei e non da aerosol) che ha scatenato proteste culminate con l'incendio di diversi centri di trattamento. I soccorritori che operano in prima linea in quelle città, sia con finalità preventive che per l'identificazione dei malati e, cosa ancora più comune, la sepoltura dei morti, da mesi denunciavano minacce e aggressioni quasi giornaliere. 

Se a questo si aggiunge la minaccia reale di gruppi armati allora si comprende come abbia fatto l'epidemia a diffondersi e, come vedremo poi, a valicare anche il confine con l'Uganda.
Un riassunto di come nel 2014 riuscì ad arrivare in America --> cronistoria del primo caso in USA.
Ancora a fine febbraio, il 43% dei decessi nelle due cittadine epicentro avvenivano in famiglia, perché i malati venivano nascosti. La mancata identificazione dei malati (e a cascata il tracciamento dei contatti) e il mancato isolamento nelle strutture preposte nella fase in cui la contagiosità è massima spiega la differenza tra il successo ottenuto nel biennio 2014-16 in Liberia e Sierra Leone (--> la precedente epidemia), capace di evitare la diffusione dell'epidemia ai grandi centri abitati, e la crisi attuale.
Lo storico delle principali epidemie di Ebola, prima dell'attuale

Il tasso di mortalità nei centri è oggi circa il 60% , più alto di quanto non fosse in passato nonostante i miglioramenti terapeutici (in molti casi sintomatici) e l'introduzione di diversi farmaci sperimentali (tra cui alcuni vaccini). La ragione è che la malattia deve essere presa per tempo perché il trattamento sia utile e se i malati sono nascosti e le famiglie che li ospitano ignote, allora il lavoro principale diventa la raccolta dei moribondi.
Una situazione ben riassunta da un membro italiano di Medici Senza Frontiere, "possiamo avere i migliori trattamenti al mondo, ma la mortalità non diminuirà se i pazienti non si presentano o arrivano troppo tardi". Tutte le organizzazioni sanitarie coinvolte sono concordi nell'affermare che senza restringere la libertà di movimento nelle zone focolaio, la possibilità di contenere l'epidemia è destinata a fallire.
Controlli della presenza di febbre nella città di Goma (credit:ANSA)
Questo di Ebola nella RDC è il decimo focolaio da quando il virus venne identificato, proprio in quel paese, nel 1976 (--> cronistoria di una epidemia). E' di gran lunga il più lungo e numericamente maggiore. L'unica differenza rispetto ai precedenti è che è iniziata nel nord-est del paese, sede di dozzine di gruppi armati in opposizione al governo attuale.
Il serbatoio naturale del virus è molto probabilmente il pipistrello della frutta, dato accertato nell'epidemia di 3 anni fa in Africa occidentale. Il rischio infezione in un ambiente in cui esiste un serbatoio naturale del virus non è una novità. Diventa oggi visibile sia perché esistono centri di monitoraggio che per la maggior probabilità di contatto tra umani e animali portatori, rispetto al passato. A questo si deve poi aggiungere una rete di trasporti che rende possibile ciò che non lo era anche solo 50 anni fa.  Se un tempo una epidemia si auto-conteneva ed estingueva dopo la morte degli individui colpiti (e magari di un villaggio con poche case) senza che nessuno se ne accorgesse, oggi un soggetto infettato, ma ancora asintomatico, può fare centinaia di km in un giorno trasportando il virus in un centro abitato. Se a questo sommiamo l'erosione dell'ambiente naturale invaso sempre più dagli esseri umani, allora si comprende perché aumentano le possibilità di contatto tra residui organici lasciati dai pipistrelli e un umano. Ultimo rischio ancora in fase di studio è la possibilità che un soggetto clinicamente guarito possa ospitare al suo interno virus dormienti (--> Il virus può persistere?)
Giugno 2019
Come sopra anticipato, l'epidemia è ufficialmente uscita dal Congo dopo la conferma del primo caso di infezione di un bambino in Uganda (tornato dalla una visita di parenti in Congo)

Luglio 2019
Primo caso a Goma, una grande città nella parte orientale del paese, al confine con il Rwanda 

(articoli apparsi in questo blog sul tema Ebola --> qui)

Fonti
- Le notizie e i dati più recenti sull'epidemia rilasciate dalla OMS

- The Doctor Killed In Friday's Ebola Attack Was Dedicated

- Ebola outbreak in five graphics

- How Misinformation Is Making It Almost Impossible to Contain the Ebola Outbreak in DRC

- ‘The world has never seen anything like this’: WHO chief on battling Ebola in a war zone

- Ebola cases pass 2,000 as crisis escalates

- Ebola outbreak crosses border into Uganda

- Ebola Outbreak Reaches Major City in Congo, Renewing Calls for Emergency Order




7 mila tonnellate all'anno di sostanze anti-ozono rilasciate da fabbriche "illegali" cinesi

Ci sono paesi che producono i "furbetti del quartierino", ossia personaggi che credono di essere più furbi degli altri, e altri paesi che rendono tale attitudine sistemica, facendo gli gnorri e stupendosi a posteriori in caso di "sgamatura". Nel frattempo rilasciano nell'atmosfera tonnellate di sostanze, proibite da anni, in grado di distruggere l'ozono e poi dicono "lo hanno fatto a nostra insaputa" (anche questa è una citazione).

E' passato poco più di un anno (maggio 2018) da quando gli scienziati delle stazioni di monitoraggio delle Hawaii rilevarono un misterioso aumento atmosferico di CFC-11, molecola della famiglia dei clorofluorocarburi nota per la sua capacità di distruggere l'ozono (vedi immagine a fondo pagina).
Tricclofluorometano
Misterioso perché è una molecola il cui utilizzo industriale è illegale da anni, dall'entrata in vigore del Protocollo di Montreal,  motivo per cui ci si aspetta che la sua presenza nell'ambiente sia residuale e in calo costante. 
L'ultima analisi, fatta poche settimane fa campionando l'aria in Corea del Sud e Giappone e triangolando la fonte di emissione con 4 modelli di analisi indipendenti, conferma i sospetti cioè che oltre la metà delle emissioni anomale - circa 7 mila tonnellate all'anno, a partire dal 2013 - ha origine nella Cina nord-orientale, e più precisamente nelle province di Shandong e Hebei
Prima del 2012, la concentrazione di CFC-11 calava di circa lo 0,8% all'anno. A partire dalla metà del 2013 è iniziata una inversione di tendenza, spiegabile solo con la comparsa di nuove emissioni.
I risultati sono stati pubblicati il 22 maggio sulla rivista Nature.
I ricercatori sospettano che l'origine sia da attribuire a fabbriche che producono schiuma isolante (usato per frigoriferi ed edifici), di cui il CFC-11 era fino a pochi anni fa l'ingrediente principale. 
Il CFC-11 è uno dei più potenti agenti chimici responsabili della creazione del buco dell'ozono nella stratosfera. Fenomeno ben evidente sopra il polo sud.
Come fanno i CFC a distruggere l'ozono (Credit: dima.unige.it)
La Cina, pur dotata di un sistema di vigilanza orwelliano è caduta dalle nuvole, salvo affermare poi di essere intervenuta per smantellare produzioni illegali di CFC-11. Rimangono ignote la natura e la portata dei siti produttivi "bonificati".
L'indagine delle autorità cinesi ha messo in evidenza non solo inadempienze nel seguire le normative vigenti da parte delle aziende ma soprattutto attività di occultamento operate in concerto con le autorità provinciali finalizzate a nascondere la produzione e lo sversamento di sostanze proibite (falsificando contratti di smaltimento e interrando canali di scolo) prima dell'arrivo degli ispettori. Un fenomeno al cui confronto il casus Gomorra verrebbe riclassificato come semplice illecito amministrativo.

Se trovasse conferma il sospetto che le fabbriche attenzionate avevano ripreso la produzione di un isolante in schiuma a base di CFC-11 ciò significherebbe che il dato delle emissioni oggi disponibile è largamente sottostimato: gran parte del CFC-11 è intrappolato nella schiuma e viene infatti rilasciato lentamente nel corso di anni.
In altre parole il picco ora osservato è solo la punta dell'iceberg di quello che potrebbe entrare nell'atmosfera nel prossimo futuro. 
Articoli attinenti che potrebbero interessarvi --> Inquinamento da farmaci sull'ambiente, --> Bruchi che mangiano la plastica


Fonti
- Increase in CFC-11 emissions from eastern China based on atmospheric observations
M. Rigby et al, (2019) Nature 569, pp.546–550

- Rogue emissions of ozone-depleting chemical pinned to China

- Pollution cover-ups exposed in Chinese provinces

Fotografare la luce a 4 trilioni di fotogrammi al secondo? Fatto

Catturare l'immagine del movimento della luce potrebbe sembrare un paradosso e in effetti per riuscirci i ricercatori hanno dovuto usare alcuni trucchetti tecnici (vedi sotto).
Cominciamo con il dire che una volta tanto la definizione di ultra-veloce non è una esagerazione: parliamo infatti di un sistema di rilevazione (compressed ultrafast spectral-temporal - CUST), che ha il doppio vantaggio di permettere sia un frame rate elevato che un alto numero di fotogrammi.
Con frame-rate elevato intendo fino a 4 trilioni di fotogrammi al secondo (un trilione per gli anglosassoni è pari al nostro bilione, cioè 1012 o in termini semplici 1000 miliardi).
La novità non è paradossalmente nel numero di fps catturati (che è cosa diversa dai fps usati durante la riproduzione del video) ma nella lunghezza della ripresa video che finora era limitata da limiti contingenti alla dimensione del sensore.

Semplifichiamo il problema.
Le telecamere ad alta velocità oggi in uso (non mi riferisco ovviamente ai prodotti consumer) acquisiscono gli analoghi dei fotogrammi su sensori basati su semiconduttori. In genere ciascun fotogramma di una sequenza è "registrato" su un'area separata del sensore. La lunghezza del filmato ottenibile è quindi intrinsecamente limitata dalla dimensione del sensore e a cascata dal numero ridotto di fotogrammi "catturabili".
Per superare il limite (senza bisogno di ingigantire i sensori) i ricercatori hanno utilizzato un metodo definito "campionamento compressivo" che consente alle immagini di "sovrapporsi" parzialmente sul CCD pur rimanendo univocamente tracciabili. Ogni fotogramma finisce su aree separate ma sovrapposte del sensore e ciascun fotogramma successivo, prima ancora che arrivi sul sensore, viene "etichettato" (tagged). I tag permetteranno poi di ricostruire l'immagine come una successione di fotogrammi distinti.
Una volta fatta la ripresa questa verrà convertita in un sequenza a 60 fps (quella di una HDTV) ma estremamente dettagliata grazie ai sui 4 trilioni di fotogrammi al secondo di partenza. Il risultato, sotto riportato, mostra un impulso luminoso mentre viaggia attraverso un materiale.

Credit: Y. Lu et al./Phys. Rev. Lett.
Catturare un raggio luminoso è cosa ardua sia per la sua velocità (300 mila km al secondo nel vuoto) che per ragioni "di riferimento". Per vedere un movimento è necessario infatti avere punti di riferimento, quale può essere la "testa" (inizio) e la "coda" (fine) di quello che si vuole osservare. Se si vuole seguire il movimento di un raggio luminoso bisognerà allora imporre una serie di condizioni sperimentali o, se vogliamo, usare trucchetti tecnici.
Per prima cosa servirà un impulso di breve durata. Una soluzione utile ma non sufficiente. L'escamotage decisivo scelto dai ricercatori è stato quello di usare un impulso laser contenente una gamma ristretta di frequenze, trasmesso attraverso un sistema di lenti e un reticolo di diffrazione. L'effetto finale è "lo stiramento" dell'impulso, dura più a lungo, e che prende il nome di "impulso chirp"
Questo impulso avrà frequenze più alte nella parte "guida" e frequenze più basse in quella che segue. Al fine di ottenere una immagine 2D facile da visualizzare, l'impulso viene poi "allargato" perpendicolarmente alla sua propagazione; per dare l'idea è come se partendo da un linea di luce (monodimensionale) si ottenesse un nastro (bidimensionale).
Impulsi laser con tale strutturazione nella frequenza possono essere "facilmente" utilizzati nella registrazione su sensore (come una successione di fotogrammi) poiché vi è una corrispondenza precisa tra la frequenza della luce e la sua posizione all'interno dell'impulso.
Terzo trucchetto, quello di fare passare l'impulso attraverso un oggetto trasparente. L'impulso chirp interagisce con l'oggetto e la luce diffusa imprime su esso una "immagine" 2D casuale (i tag di cui sopra) prima di essere catturato dal sensore CCD. 
Per dirla un poco meno genericamente, le informazioni temporali o spettrali legate all'impulso vengono codificate spazialmente e compresse in un'unica immagine 2D. Le varie immagini vengono poi ricostruite dall'immagine 2D compressa utilizzando un particolare algoritmo. Il vantaggio è che le immagini ricostruite non sono limitate dalla velocità di acquisizione del sensore, garantendo così un'alta risoluzione temporale/spettrale.
I ricercatori hanno dimostrato la fattibilità dell'approccio fotografando un breve e intenso impulso di luce durante il passaggio attraverso un solido trasparente. 
Con un singolo impulso chirp, il sistema poteva produrre 1 immagine ogni 260 femtosecondi (10−15 sec) e generare un video a 60 fotogrammi in modo indipendente dalla velocità di acquisizione del sensore. L'immagine vista prima mostra un impulso di luce che lascia il materiale e viene riflesso nuovamente (tempo richiesto per l'azione 414 femtosecondi).

Sistemi di questo tipo potrebbero essere utilizzati per osservare processi come l'interazione tra la luce e un tessuto biologico nella chirurgia laser.


Fonte
- Compressed Ultrafast Spectral-Temporal Photography
Yu Lu et al, (2019) Phys. Rev. Lett. 122, 193904

- Camera captures four trillion frames per second 
Electronics Weekly (05/2019)

- Video filmed at four trillion frames per second captures light in a flash


Software spia cinesi dentro la Bayer. L'hacking riguarda anche le case farmaceutiche

Un nuovo capitolo sui pericoli reali per l'occidente della crescente potenza cinese, di cui il caso Huawei è solo un tassello finito in prima pagina solo per le sue velleità nella partecipazione alla infrastruttura strategica del 5G, è quello dell'attacco sventato al colosso farmaceutico Bayer (la natura del bersaglio ne spiega il mio interesse).
L'improvvisa titubanza di Trump con la marcia indietro sulle sanzioni a Huawei, dietro precisa richiesta cinese come premessa per sedersi al tavolo delle trattative (!?), è la prova più evidente della debolezza geopolitica americana. Non sorprende se si pensa che se il 18% del debito USA è detenuto da investitori esteri (sotto forma di bond o simili), il 27% di questo è in mano cinese (dati a giugno 2019). Un dato che storicamente è sempre foriero di sovranità limitata anche se nel caso americano il salvagente è dato da un elevato PIL. Un "salvagente" non disponibile per molti paesi europei (di cui la Grecia è il caso eclatante) che è culminato con la poco pubblicizzata "cessione" nel controllo di una dozzina di porti all'export cinese.
Non si hanno certezze ma Bayer e i servizi tedeschi riconducono l'origine dell'attacco ad hacker basati in Cina, verosimilmente parte integrante della celebre unità 61398.
Chiaramente quando sono coinvolte unità di alto livello le prove raccolte possono al più essere indiziarie; conclusioni che però non stupiscono gli addetti ai lavori. Semmai è degno di nota il fatto che sia stato rilevato il tentativo e che la falla sia stata tamponata senza grosse perdite di dati.
Se vi state chiedendo cosa possa esserci di così interessante alla Bayer considerate il suo reparto R&D in ambito chimico e farmaceutico e il numero di brevetti accumulati nell'ultimo secolo di attività. Un valore che ha una doppia valenza, farmaceutica e industriale:

  • farmaceutica per i costi legati alla R&D e al superamento delle forche caudine del processo di validazione clinica. Ogni anno il numero dei farmaci approvati dalla EMA o dalla FDA è poco superiore alla ventina rispetto alle centinaia che entrano nella sperimentazione clinica (e alle migliaia uscite dai laboratori). Per approfondimenti vi rimando alla serie di articoli presenti nel blog sul tema --> "I costi e i tempi per portare un farmaco sul mercato"
  • In ambito industriale le informazioni "di interesse" sono il know-how su cui la Cina punta nel suo piano decennale per acquisire tutte le competenze sparse nel globo (vedi quello che è successo nell'industria dei PC e dei microprocessori) e in genere nel settore automobilistico/tessile/siderurgico/... . Si tratta di uno sforzo enorme che spiega in quale modo la Cina sia riuscita a passare da una economia pre-industriale a nazione con velleità spaziali in meno di un ventennio, cioè dal 2001 anno del suo ingresso nel WTO.
Vediamo la notizia in dettaglio.
Lo scorso aprile la  Bayer ha emesso un comunicato ufficiale in cui riferisce di aver subito un attacco da parte di hacker, insistendo però sul fatto che l'attacco è stato respinto.
Il comunicato prosegue affermando che l'attacco sarebbe iniziato a gennaio 2018 e che il software spia è rimasto nelle reti aziendali fino a marzo 2019 (!? e meno male che affermano che l'hanno scoperto in tempo dopo più di un anno che lo ospitavano ...). Il software (Winnti) è stato ricondotto ad un team di hacker noto come Wicked Panda, riconducibile allo stato cinese. Le indagini e la successiva neutralizzazione sono state portate avanti congiuntamente dall'azienda insieme ad una azienda di sicurezza informatica (DCSO) e alla polizia del Nord Reno-Westfalia che però si è rifiutata di commentare perché l'indagine è secretata. Una conferma indiretta viene da Gerhard Schindler, ex capo del controspionaggo tedesco.

Gli attacchi ad opera di Winnti non sono una novità. Se già nel 2016 un software simile era stato trovato nei sistemi del conglomerato industriale della Thyssenkrupp, da inizio 2019 sono almeno 3 le aziende tedesche che hanno denunciato intrusioni. Chiaramente le aziende piccole sono le più facili da penetrare e "clonare" senza essere rilevati, il che fa presumere che il numero di attacchi non noti sia molto maggiore.
L'Italia (specie il nord-est) con il suo ricco tessuto di PMI spesso a guida familiare è particolarmente esposta ad attacchi "invisibili" non tanto per l'abilità degli attaccanti quanto per una scarsa adesione alle regole della cybersecurity.
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Se ci fosse bisogno di sottolineare l'importanza del controllo della rete, va ricordato che a inizio giugno, Telegram ha comunicato di essere andata offline a seguito di un attacco DDoS durante le proteste di Hong Kong: i residenti avevano utilizzato i canali di messaggistica di Telegram (ben più sicuri come crittografia rispetto a quelli di casa Zuckerberg come Whatsapp) per protestare contro la nuova legge sull'estradizione che di fatto assoggetta i cittadini di HK al sistema giudiziario e politico cinese, annullando l'autogoverno garantito nel 1987 la cui scadenza è prevista per il 2047.
L'attacco DDoS è partito dalla Cina e ha portato al temporaneo collasso dell'intero network Telegram.
Le proteste degli abitanti di Hong Kong sono sfociate ad inizio luglio nella occupazione della sede del governo (image: CNN)

Questo aiuta a comprendere per quale motivo molti paesi abbiano posto il veto alla partecipazione di Huawei in attività strategiche come il 5G o anche solo all'utilizzo di tali smartphone in ambito governativo, e perché è fondamentale la protezione del tessuto industriale nazionale da attacchi terzi.
Articolo precedente sul tema --> "Chip spia dentro i server della difesa USA"
Le news più censurate in Cina --> QUI 

Fonti
- Bayer contains cyber attack it says bore Chinese hallmarks
Reuters

- Bayer points finger at Wicked Panda in cyberattack

-  Telegram faces DDoS attack in China… again
Techcrunch 12/06/2019

- Telegram ha registrato attacchi dalla Cina durante le proteste di Hong Kong
wired.it 13/06/2019




Osservato il Kraken (il mitologico calamaro gigante) nelle acque al largo delle coste USA

Nelle acque nere come la pece a 750 metri sotto la superficie del Golfo del Messico e 100 miglia a sud-est di New Orleans, un braccio sottile e ondulato dotato  di ventose emerge dall'oscurità. Prima ancora di capire bene cosa sia ecco che compare la silouette di un calamaro gigante che cerca di attaccare quella che ritiene essere una preda.
Quello sopra è un fotogramma che riassume il contenuto del breve filmato condiviso poche settimane fa da biologi marini di una spedizione finanziata dalla NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), intenti a studiare le creature che vivono nella cosiddetta "zona di mezzanotte", cioè al buio.

(video visionabile anche su Nat. Geogr.)

Compito non semplice proprio perché a tali profondità la luce non arriva e per l'impossibilità (pena la fuga degli animali) di usare fonti di illuminazione. La soluzione è venuta grazie all'utilizzo di MEDUSA, una telecamera a emissione di luce rossa (non rilevata dalle creature delle profondità) alla cui estremità si è posta come esca una finta medusa luminescente.
Alcune meduse attivano la bioluminescenza quando sono in situazione di pericolo per sconcertare gli attaccanti. I predatori più grossi, come appunto i calamari, approfittano di questi segnali di luce per dirigersi nel luogo del supposto attacco per predare gli eventuali predatori nei dintorni. Quindi più che cibo, la medusa funge da segnalatore di "pasto gratis" nelle vicinanze.
E' stato necessario visionare molte ore di filmato per riuscire a scorgere le poche decine di secondi dell'incontro. A complicare le cose una tempesta con improvvisa scarica di fulmini abbattutasi sulla nave in metallo dei ricercatori, che avrebbe potuto "friggere" i computer di bordo.
Fortunatamente nessun danno alle attrezzature che hanno ripreso e registrato l'essere con 8 braccia e 2 tentacoli dotati di ventose taglienti, un becco usato per strappare la carne e un occhio, il più grande del regno animale. Tutti segni distintivi di un appartenente al genere Architeuthis in altre parole il calamaro gigante.
Un esemplare di Architeuthis (image credit: © Citron via wikipedia)
Tra le altre caratteristiche di questi cefalopodi, un sistema di propulsione a getto usato per spostarsi a piacimento avanti e indietro, tre cuori e sangue blu (a causa dell'utilizzo di emocianina-rame invece di emoglobina-ferro per trasportare l'ossigeno).
I ricercatori hanno stimato le dimensioni dell'esemplare in "soli" 3-3,7 metri, rispetto ai 10-13 metri classici, il che ne denoterebbe la giovinezza.

Si tratta del secondo avvistamento del genere, cioè di un calamaro nel suo habitat naturale, e il primo mai fatto nelle acque americane. Il precedente risale al 2015 quando lo stesso team filmò un esemplare al largo delle coste del Giappone in prossimità della superficie (video su--> The Indipendent).
Credit: The Indipendent
Fino ad allora le uniche informazioni su questi animali erano basate su esemplari morti trovati sulle rive o recuperati dallo stomaco dei capodogli, loro predatori naturali.
La loro immensa mole, le caratteristiche aliene e il comportamento inafferrabile hanno fatto guadagnare al calamaro gigante uno status leggendario nella vita marina.

Basta ricordare il Kraken, protagonista delle leggende norvegesi, che attacca le navi dei pescatori, o le descrizioni nei romanzi di Jules Verne in Ventimila leghe sotto i mari, e di Herman Melville in Moby Dick.




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