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Alimenti come repellenti per zanzare? Solo fumo

Con l'arrivo della bella stagione iniziano le visite di ospiti volanti indesiderati: le zanzare.
Sia che si stia facendo un giro in bici prima del crepuscolo che si opti per il leggere un libro nella penombra dell'appartamento, arriverà il fastidioso ronzio a cui seguirà la comparsa di bitorzoli sulla cute. 
Credit: University of Sidney
E' innegabile che alcune persone siano più a rischio di altre come bersaglio e questo ha dato adito a modi di dire come "il tuo odore non piace" o "hai il sangue non di loro gradimento". In tutto c'è un fondo di verità come ben sanno coloro che durante l'assunzione dei farmaci si trovano improvvisamente risparmiati (o bersagliati  in altri casi) da queste sanguisughe volanti.
Prima dell'avvento dei repellenti chimici ad uso topico (alcuni dei quali molto efficaci se usati correttamente, vedi l'Autan Xtreme da me usato in Vietnam) si faceva affidamento o a rimedi della nonna (erbe e unguenti) o a consuetudini alimentari ancora oggi suggerite dal conoscente di turno, capaci di rendere il nostro odore sgradito alle preferenze culinarie della zanzara.
Certamente l'idea di sfuggire al vampiro ronzante solo mangiando l'equivalente dell'aglio per i vampiri ha un che di affascinante e molti sono pronti a giurare che nel loro caso tale approccio funzioni.
Per chi fosse nemico di ogni trattamento repellente sulla pelle, sia esso spray o unguento, sembrerebbe esserci solo l'imbarazzo della scelta (condizionale d'obbligo perché l'efficacia reale è meno che opinabile). Basta fare un giro sulla rete per trovare braccialetti antizanzara, fumigatori e dispositivi ad ultrasuoni, fissi o portatili, che promettono meraviglie; se fate un giro sullo store di Android troverete perfino delle app che promettono di trasformare il vostro smartphone in un emettitore di onde capaci di fare fuggire gli insetti (--> The Indipendent). Gli unici efficaci sono i fumigatori.
I ricercatori australiani dell'università di Sidney hanno cercato di capire quanto ci fosse di vero nella capacità di alcuni alimenti di tenere lontane le zanzare. Cominciamo da un dato di fatto cioè che più che una dieta particolare ad essere determinanti sono i nostri genitori, cioè il background genetico; è innegabile che alcune persone sono, a parità di altre variabili ambientali e culinarie, nettamente più a rischio di altre di essere punte.
Fatta tale premessa, analizziamo alcuni cibi o bevande a cui è stata in passato attribuita una capacità protettiva.

Un gin & tonic al giorno toglie la zanzara di torno?
credit: NotFromUtrecht
C'è stato un tempo in cui questo ameno trattamento aveva una sua indubbia utilità specialmente per combattere le febbri malariche. Più che sul versante alcolico la sua azione era legata all'acqua tonica tra i cui ingredienti, in passato, figurava il chinino. Derivato dalla corteccia di un albero di china, il chinino ha ricevuto conferma scientifica della sua efficacia negli anni '60 dopo secoli di utilizzo (importato nel '600 in Europa dalle americhe da un gesuita). Sebbene sia stato oggi soppiantato dalla clorochina come trattamento di prima linea è tornato in auge dopo la comparsa di ceppi di plasmodio resistenti ad essa.

È importante sottolineare che sebbene la "tonica" fosse tossica per il plasmodio veicolato dalla zanzara, non ci sono evidenze sulla sua capacità deterrente contro la zanzara stessa. Se a questo aggiungiamo il dato che nell'acqua tonica oggi in commercio la quantità di chinino è molto inferiore e sotto i livelli "terapeutici" possiamo ragionevolmente accantonare questa opzione.
Nota. Se volete monitorare la presenza di chinino nell'acqua tonica è sufficiente illuminare la bottiglia con una luce ultravioletta; se compare fluorescenza questa è dovuta al chinino, eccitato a quella particolare lunghezza d'onda.
Un apericena per la zanzara
Di sicuro l'alcol può diminuire la tua sensibilità alla puntura ma solo perché diminuisce la tua percezione della puntura e NON perché la zanzara rifugga l'alcol. Anzi probabilmente avviene proprio il contrario; studi condotti in Africa hanno dimostrato che bere birra rende le persone più a rischio di puntura rispetto ai controlli a cui era stata data da bere acqua.
La ragione non è chiara ma si è escluso che l'effetto sia correlato a variazioni anche minime di temperatura cutanea (l'alcol provoca vasodilatazione) o di anidride carbonica emessa. Qualcuno ha suggerito anche che la coevoluzione millenaria uomo-zanzara abbia favorito l'attrazione delle seconde verso le persone ubriache in quanto ... meno capaci di percepire la zanzara e quindi di ucciderla. Una ipotesi strampalata fino a un certo punto se si pesano debitamente le forze in gioco nell'evoluzione.

Banane
Uno degli alimenti che la vulgata associa all'aumentato rischio puntura è la banana. In realtà non è stata trovata alcuna conferma, anche solo indiretta, di tale nesso.

Aglio
Vero che noi equipariamo le zanzare a mini vampiri volanti ma a differenza del conte transilvano, le zanzare non sono così schifiltose da evitare i mangiatori di aglio. Vero che il nostro alito puzzerà un poco dopo un pasto a base di aglio, ma uno studio ha dimostrato che al più terremo lontani gli amici ma non le zanzare. Il che, a volte e con alcune persone, potrebbe essere una ottima idea.

Vitamina B
Tra i rimedi moderni più di moda vi è quello di assumere integratori o cibi ricchi di vitamina B. Rapporti aneddotici in tal senso abbondano ma le evidenze scientifiche sono meno che scarse. Già studi risalenti agli anni '40 non erano riusciti a fornire alcuna evidenza di protezione, un dato confermato più recentemente da uno studio del 2005 confrontando gruppi di volontari che avevano o meno assunto integratori a base di vitamina B. Questo non sembra turbare il marketing come evidenziato dall'abbondanza di "pillole anti zanzare" tra gli scaffali dei supermercati.
I prodotti commercializzati come repellenti ad uso orale per insetti non hanno mai ricevuto alcun riconoscimento ufficiale da alcuna agenzia governativa, data la mancanza di prove convincenti a sostegno di tale effetto.

La realtà è che le zanzare sono vere intenditrici e che l'unica ragione per cui decidono di non usarci come banchetto self-service è la percezione di anomalie ematiche o di farmaci tali da farci uscire dal loro menù. Fino a quando non si scoprirà quale è il "driver" che ci rende bersagli preferiti rispetto ad altri l'unica salvezza sarà nell'utilizzare repellenti testati o, se uno preferisce le soluzioni non chimiche, fare come alcuni animali (ma anche alcuni indigeni che vivono in aree ad alto rischio) cioè cospargersi di terra e fango in modo da coprire il nostro aroma.
Pittoresco di sicuro, ma per il momento preferisco uno spray e magari un gin&tonic.


Fonte
-  What can I eat to stop mosquito bites?
The University of Sidney / news


Farfalle OGM per combattere i danni causati dalle larve

E' di pochi mesi fa la notizia dell'approvazione dell'utilizzo di zanzare maschio modificate dopo che le prove sul campo avevano dimostrato la loro sicurezza ambientale e la loro estrema efficacia nel ridurre drasticamente il numero di consimili "selvatiche" (articolo precedente --> "Il governo USA arruola le zanzare").
Tignole (credit: Oxitec via wired.com)
Se in quel caso l'azienda produttrice (MosquitoMate) aveva scelto la strada della modifica "blanda"(non genetica) allevando maschi di zanzara portatori di un batterio capace di indurre sterilità nelle femmine dopo l'accoppiamento, voglio oggi citare un approccio genetico per colpire insetti infestanti in modo mirato.
Il dipartimento dell'agricoltura statunitense ha approvato le prove in campo aperto di una farfalla modificata geneticamente in quanto portatori di un gene che se espresso nello stadio larvale porta al blocco della crescita e quindi alla morte dell'insetto. L'obbiettivo è quindi colpire l'insetto nella fase in cui crea più danni alle coltivazioni.
La farfalla bersaglio è la tignola delle crucifere (Plutella xylostella, nota in USA come diamondback) responsabile da sola di danni per circa 5 miliardi di dollari all'anno a carico dei coltivatori di verdure come broccoli, cavoli, cavoli, cavoletti di Bruxelles e canola. 
credit: shelton.entomology.cornell.edu
L'insetto, originario dell'Europa e poi migrato in America, ha sviluppato negli anni la resistenza ad oltre 90 insetticidi costringendo i coltivatori a nuovi trattamenti che inevitabilmente si sono tradotti in nuova resistenza.
L'approccio genetico promette di mettere la parola fine a questa rincorsa e ha due pregi innegabili in quanto a sicurezza ambientale: non ha alcuna conseguenza su altri insetti fossero anche specie simili di farfalle in quanto solo la progenie generata dall'insetto modificato ne è colpita; non prevede l'utilizzo di alcun trattamento chimico. Da questo si evince che non ha alcun effetto sugli individui adulti preesistenti e tantomeno su qualunque altro insetto o sui predatori.

Vediamo come funziona e perché  è un esempio dei benefici che gli OGM (se ben progettati) consentono.
La tignola geneticamente modificata (nota con OX4319L) porta un gene biocida la cui espressione è regolata negativamente dall'antibiotico tetraciclina il che permette di controllare quando esprimere il gene. Negli allevamenti di queste farfalle maschio, la presenza dell'antibiotico consente il normale sviluppo larvale in quanto il gene viene tenuto spento; una volta adulti e liberati nelle aree test il gene è innocuo in quanto anche se potenzialmente attivo (non c'è più l'antibiotico che lo tiene spento) non ha alcun effetto sull'adulto. I maschi entreranno in competizione con i maschi "naturali" (basta liberarne un numero adeguato per renderli vincenti) e  trasmetteranno alla progenie il gene "killer"; non essendoci alcun antibiotico a tenerlo spento il gene si attiverà durante lo sviluppo larvale uccidendole prima di raggiungere la fase adulta. In pratica si attiverà un controllo delle nascite senza colpire gli individui adulti, che di loro non provocano danni. Data la aspettativa di vita delle farfalle maschio sarà sufficiente non introdurre nell'ambiente nuovi individui modificati per ristabilire una popolazione di tignole numericamente accettabile.

Le prove sul campo sono iniziate qualche mese nello stato di New York, in un area di circa 3 ettari, e sono gestite direttamente da un team della Cornell University che agisce in piena autonomia rispetto all'azienda Oxitec. Le falene modificate esprimono anche una proteina fluorescente pensata apposta per facilitare il monitoraggio sul campo della diffusione degli individui.
Tra i parametri che verranno analizzati la dispersione territoriale, la vita media in confronto con la specie naturale e la capacità di competere con i maschi selvatici.

In parallelo l'azienda Oxitec sta testando ceppi di zanzare modificate (Medfly) nello stesso modo, derivate da Aedes aegypti e Aedes albopictus; l'idea è quella di neutralizzare in modo pulito i vettori di malattie endemiche come la febbre dengue e Zika solo per nominarne alcune.
Studi in corso in Brasile hanno portato al rilascio di oltre 200 milioni di Aedes aegypti modificate e i risultati sono più che promettenti; le popolazioni preesistenti di zanzare sono calate di più del 80%. Il successo è tale che almeno due città brasiliane - Piracicaba e Juiz de Fora - e Santiago de Cali in Colombia, hanno messo sotto contratto Oxitec per la bonifica dalle zanzare e stati come Panama e le Isole Cayman hanno permesso l'inizio di prove estese sul territorio.

Fonti
- Diamondback Moth info & resources
Shelton lab at Cornell University : info & Project

- Why we need a solution to the diamondback moth pest
Oxitec / news 



La Terra rotonda ... nonostante i terrapiattisti

Per secoli, l'essere umano ha dovuto accontentarsi di globi e mappe per "vedere" la curvatura del nostro pianeta. I più ardimentosi hanno voluto cercare conferma alle ipotesi arrampicandosi sulle vette così da vedere "oltre" l'orizzonte.
E' solo negli ultimi 60 anni che la visione del nostro è cambiata. Non molto tempo dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli scienziati hanno cominciato ad usare i missili V-2 tedeschi sostituendo le testate esplosive con le telecamere e lanciando i razzi in orbita; è stato solo a quel punto che le immagini della Terra come sfera sono diventate "reali" e con esse è cambiata la percezione del rapporto tra noi, il nostro pianeta e il "vuoto" circostante.

Vale la pena dunque godersi ancora una volta, anche se oramai ci siamo "abituati", alcune immagini iconiche di questa conquista aggregate sotto forma di video, e andare alla scoperta di quello che è stato anche definito il Pale Blue Dot , cioè come appare la Terra da lontano, un puntino blu pallido.
Che i terrapiattisti  dicano il contrario è parte del marketing dei 5' di celebrità per chiunque. Meno normale che i media ufficiali rilancino la notizia (!?) che una studentessa tunisina di ingegneria (sic!) abbia prodotto una tesi di dottorato (sic!) centrata sul fatto che la Terra fosse piatta (sic!); una riprova semmai del fatto che il cervello è sempre più un optional nell'era post-Lumi. Fa quasi più notizia il fatto che sia dovuto intervenire il ministro dell'istruzione tunisino, ma solo dopo molte pressioni, per bocciare d'autorità la candidata, che non l'assurdità di uno studente che arriva "indenne" a maturare tali convincimenti. Oggi come oggi, qualunque studente delle elementari dovrebbe essere in grado di capirlo attraverso attraverso test semplici come quelli ricordati dal sito BUTAC -->10 modi per capire che la Terra non è piatta. Non è un problema solo "religioso" dei paesi arabi visto che in Italia abbiamo avuto a lungo al CNR (NON il clienti fisso dell'osteria della Martesana!) un vice-presidente che sosteneva che i terremoti fossero una punizione divina. Non ci credete? Leggete il paragrafo a fondo pagina.

Se non vedi il video -->youtube (all credits to Nature)

***

La barzelletta REALE del dirigente CNR creazionista
Non so cosa sia più strano tra la politica che nel 2014 nominò Roberto De Mattei, un teologo e docente di Storia della cristianità e della Chiesa (sic!!) alla carica di vicepresidente del CNR (che fino a prova contraria è un ente scientifico) oppure le sue dichiarazioni sul terremoto in Giappone
"(...) La luce della fede ci insegna che le grandi catastrofi, o sono un richiamo paterno della bontà di Dio, o sono esigenze della divina giustizia (...)" (La Repubblica)
Ma siccome il miracolo della provvidenza di averci donato cotanto illuminato non bastava, il nostro già nel 2009 organizzò al CNR (quindi a spese del contribuente) un convegno i cui atti sono riassunti in un libro curato dallo stesso. Di Seguito una frase estratta dal libro 
"Obiettivo del convegno (e del libro) è quello di rendere evidenti i limiti della scienza e di ristabilire una visione cristiana del mondo che ponga il concetto di creazione al suo posto centrale portatore di ordine, di finalità e di intelleggibilità, perché una società in ordine richiede l'esistenza di un'autorità superiore, la quale ci avrebbe risparmiato questa ideologia evoluzionista che oggi invade tutti gli ambiti dell'azione e del pensiero"
Quale miglior CV per entrare ai piani alti del CNR? E io stupidino che partecipai anche ad un concorso nazionale in gioventù


Dalla sonda cinese che cade ai problemi dei futuri astronauti su Marte

Siamo a Pasqua eppure in tanti sono con la testa verso l'alto per cercare di scorgere l'arrivo dall'alto dei cieli non di Babbo Natale ma della ferraglia cinese nota come Tiangong1 (Palazzo Celeste).
La probabilità che tale prodigio tecnologico e organizzativo (sarcastico) caschi sul suolo italiano è stimato nello 0,2 % quindi possiamo ragionevolmente stare tranquilli. L'orario previsto è per la notte (3 am) di domani. L'ampia variabilità nelle previsioni è legata al fatto che la sonda non è progettata in modo aerodinamico essendo stata pensata per lo spazio, per cui al contatto con l'atmosfera la sua superficie di attrito potrebbe farle cambiare traiettoria in modo non prevedibile.
Fonte Agenzia Spaziale Italiana (13:00 del 1/4/18). La sonda è poi caduta nel Pacifico

Di sonde che cadono (o sono fatte cadere perché a fine vita) sul nostro pianeta ce ne sono molte, ultima in ordine di tempo una parte della Soyuz russa avvistata pochi giorni fa sul Cilento e i cui frammenti sono poi finiti nel Mediterraneo.

In genere le sonde quando troppo grosse per disintegrarsi al rientro nell'atmosfera vengono fatte cadere in modo controllato in un area disabitata come quella dell'oceano Pacifico tra il Cile e l'Australia.  Nel caso della Tiangong1 il problema è che il centro di controllo cinese ha perso il contatto con essa (si dice) già nel 2016 e hanno aspettato la primavera del 2017 per comunicarlo ufficialmente. Come facile immaginare un oggetto fuori controllo precipita dove "può" e non dove si "vuole". Tali lacune gestionali non ci stupiscono più di tanto se consideriamo l'esito del recente lancio di una sonda cinese finita nei pressi di un villaggio con i locali intenti a mirare il razzo in caduta e i fumi (tossici) con i loro smartphone (per altre info vi rimando alla parte finale di un precedente articolo -->  Da SpaceX alla sonda cinese).
Gestire una agenzia aerospaziale non è come comprare tutti i bar di una città ... (e la resa delle squadre di calcio milanesi ne è una conferma indiretta).
Ma visto che siamo in clima di veicoli spaziali e sull'onda dell'entusiasmo nato con il recente lancio del Falcon Heavy, ho deciso di dedicare l'odierno articolo pasquale a qualcosa di più ameno, riassumendo le problematiche "biologiche" che i viaggi spaziali in genere e la colonizzazione su Marte prossima ventura in particolare comporteranno. Forse, anzi probabilmente, non vedrò il realizzarsi della prima colonia marziana ma si tratta di un evento ineluttabile e nemmeno troppo lontano nel tempo dato il ritmo di crescita della popolazione mondiale. Le problematiche che i viaggiatori e coloni umani dovranno affrontare saranno tuttavia tali e tante che anche un amante dei viaggi selvaggi come sono io avrebbe serie perplessità nel decidere se unirsi ad una tale esperienza.

Semplifichiamo il tutto accantonando il problema del viaggio e le correlate necessità logistiche (dimensione veicolo e tipo di propulsione) e tutte le problematiche che dovrebbe affrontare l'astronauta nel viaggio di circa 10 mesi per Marte e concentriamoci sulle sfide che dovranno affrontare da subito i "fondatori" delle colonie.
Per i viaggi spaziali vi rimando a precedenti articoli come --> "Viaggiare nello spazio "gonfia" la testa"
Cominciamo con il dire una cosa ovvia ma fondamentale: Marte non è un posto ideale in cui vivere (e non solo per la nostra specie) in quanto la nostra biologia non si è evoluta in quelle condizioni.
  • La pressione atmosferica marziana è circa l'1% di quella terrestre ed è composta per il 95% di CO2 e il resto azoto e argon con tracce irrilevanti di ossigeno.
  • La scarsa atmosfera impedisce il riscaldamento (o meglio il trattenere l'energia propria e quella ricevuta dal Sole) con conseguenza di una temperatura media di circa -60 gradi con banda di oscillazione giornaliere che possono andare da -130 a +20 gradi celsius.
  • Le tempeste di sabbia possono durare mesi con venti anche superiori a 100 kmh. C'è di peggio sulla Terra (ad esempio la bora a Trieste) ma in questo caso rappresentano un vero problema per i trasporti, comunicazioni e sicurezza in generale di chi si trova in loco.
  • Sebbene in passato dotata di un campo magnetico, oggi Marte ne è priva con conseguente assenza della magnetosfera. Una assenza grave in quanto espone la superficie del pianeta sia ai raggi cosmici che a quelli Solari che nei momenti di maggiore attività (il Sole va incontro a cicli di attività evidenti con le tempeste solari che come sappiamo possono mettere fuori uso i satelliti nell'alta atmosfera) friggerebbero qualunque organismo (tranne forse il resistente Deinococcus radiodurans). Questa capacità sterilizzante spiega l'assenza attuale di vita su Marte (o almeno sulla sua superficie). Anche in presenza di protezioni capaci di ridurre la quantità di radiazioni ricevute queste avrebbero un effetto moltiplicatore sul rischio di tumori cutanei rispetto a quello terrestre (ben noto a tutti); altri effetti di una radiazione eccessiva sono l'aumento di patologie neurodegenerative.
  • Non esistono bacini stabili di acqua liquida sulla superficie, sia a causa della bassa temperatura e pressione (oltre che minore gravità) che favorisce una immediata sublimazione da ghiaccio a vapore poi perso nello spazio. Ci sono tracce della presenza temporanea di acqua sulla superficie a causa dello scioglimento stagionale del ghiaccio ma oltre al fatto di essere "labile" quest'acqua è acida a causa della presenza di perclorato, abbondante nel suolo marziano (il perclorato è tossico per la tiroide). Purificare l'acqua dai perclorati è impresa, a mia conoscenza, quasi impossibile e questo creerà ovvi problemi nelle riserve idriche che i coloni si troveranno a gestire. La nota positiva è che il sottosuolo marziano è ricco di ghiaccio d'acqua; la scelta del luogo dei primi insediamenti dovrà quindi tenere conto della facile accessibilità a questi depositi. Per contrastare l'effetto da perclorati i coloni dovranno assumere iodio extra. Altro modo per ricavare l'acqua "pulita" potrebbe essere quello di estrarla dall'atmosfera attraverso un minerale noto come zeolite.
  • Marte ha una gravità alla superficie pari a circa 0,376 volte quella terrestre, quindi un uomo di 70 kg peserebbe lì 26 kg (il peso è cosa diversa dalla massa che invece rimane costante) e questo non è privo di conseguenze. Esperimenti di microgravità condotti sulla stazione spaziale orbitale hanno dimostrato che anche sul medio periodo (settimane) la ridotta o assente gravità provoca diminuzione della massa ossea, indebolimento muscolare e problemi cardiocircolatori. Il calcio rilasciato dalle ossa nel circolo sanguigno causa altri problemi come costipazione, calcoli e disturbi dell'umore. E' inevitabile ipotizzare che la permanenza prolungata sul suolo marziano anche in presenza di palestre attrezzate porterà a gracilismo rendendo molto difficile  per l'astronauta riadattarsi alla gravità terrestre. 
  • Viste le difficoltà locali gli astronauti dovranno essere in condizioni fisiche perfette quando sbarcheranno sul pianeta. Le navi di trasporto dovranno quindi avere sistemi capaci di simulare l'attrazione gravitazionale (ad esempio una rotazione della navicella capace di creare forza centrifuga) e palestre in cui tenersi in esercizio e prevenire la perdita di massa muscolare anzitempo. 
  • I primi coloni soffriranno ovviamente dell'isolamento e degli spazi stretti in cui dovranno vivere (non parliamo di mesi ma di almeno una decina di anni). A questo aggiungiamo la minore luminosità solare (inferiore del 30% rispetto a quella terrestre). L'effetto di questo insieme di agenti stressogeni è oggi monitorato sia sugli equipaggi a bordo della ISS che, sulla Terra, nella base italo-francese in Antartide (--> base Concordia); per ragioni diverse entrambi i residenti di questi avamposti vivono isolati, in ambienti ristretti e con luce artificiale per molto tempo. Lo stato di stress che può emergere in queste situazioni non è da trascurare e può anche passare inosservato fino alla comparsa deflagrante di comportamenti devianti. In caso di problemi il personale "disfunzionale" non potrà essere evacuato e riportato sulla Terra, almeno non in tempi brevi. Quindi è fondamentale prevenire o rilevare da subito la comparsa di crisi psicotiche sviluppando strumenti preventivi e di sistemi di monitoraggio comportamentale (e/o basato su marcatori metabolici dello stress). 
  • Non di pari impatto ma lo stesso importanti sono i 5 minuti di ritardo tra l'invio e la consegna di un messaggio tra Terra e Marte. A questo probabilmente ci si abituerà soprattutto nella gestione delle emergenze. Le tempeste di sabbia potrebbero cancellare i collegamenti per molto più tempo anche qualora si usasse come ponte di trasmissione un satellite in orbita stazionaria intorno al pianeta.  
  • I moduli abitativi saranno verosimilmente di natura modulare così da permettere facili ampliamenti quando necessario. Le componenti verranno inviate in anticipo nel sito prescelto. Le futuristiche stampanti 3D potranno ovviare alla necessità di creare pezzi di ricambio ad hoc. Altre ipotesi sui moduli abitativi prevedono il riutilizzo delle astronavi oppure materiali locali come il ghiaccio marziano pressurizzato arricchito di componenti prelevate dai moduli di atterraggio oppure strutture gonfiabili ultra resistenti o ancora moduli ottenuti comprimendo o fondendo a caldo la regolite (il suolo marziano).
  • Ad oggi le aree potenzialmente idonee vengono selezionate tra candidati localizzati nella fascia temperata del pianeta, vale a dire tra le latitudini marziane 50 nord e sud.
  • L'approvvigionamento di energia si baserà su fonti eoliche, geotermiche e solari così da garantire la totale autosufficienza. L'ossigeno invece potrebbe essere ricavato dalla abbondante CO2 esterna scindendola grazie ad opportune celle elettrolitiche. Sebbene i perclorati nel terreno siano tossici per la tiroide, hanno il vantaggio che una volta estratti dal terreno potrebbero essere utilizzati come componenti per il combustibile per razzi.
  • Le tute per esterni potrebbero essere fatte di nanotubi di idruro di toro idrogenato, flessibili e schermanti a sufficienza per permettere di rimanere all'esterno fino a 4 ore al giorno.
  • Sulla alimentazione e le coltivazioni in serre apposite molto si è scritto (vedi anche il libro "The Martian"). Diciamo che le coltivazioni idroponiche basate su illuminazioni LED giocheranno un ruolo chiave (la luce solare è inferiore, ma con radiazioni maggiori, di quella terrestre per cui le nostre piante si sono evolute). Esperimenti condotti sulla Terra con "simulazioni" di suolo marziano hanno permesso di ottenere discreti risultati su 14 varietà di vegetali tra cui pomodori, bietole e segale. Per spinaci e patate è stato necessario invece arricchire il terreno con fertilizzanti. 
Credi: NASA Ames Research Center

Insomma tutt'altro che una passeggiata anche per il più convinto tra gli adepti delle tecniche di extreme survival





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