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Visualizzazione post con etichetta Betelgeuse. Mostra tutti i post
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Svelata la compagna nascosta di Betelgeuse

A meno di un anno di distanza dal precedente articolo sulla possibilità che Betelgeuse fosse in realtà un sistema binario, ecco arrivare l'evidenza visiva della "piccola" compagna che orbita intorno alla supergigante rossa.
Credit: NSF NOIRLab
La difficoltà nella identificazione e visualizzazione è conseguenza della luminosità e dimensioni di Betelgeuse e alla stretta orbita (circa 4 UA) della giovane compagna di massa equivalente al Sole, così giovane da non avere ancora iniziato a "bruciare" idrogeno nel suo nucleo. La variazione di luminosità periodica (6 anni) di Betelgeuse sarebbe la conseguenza del "balletto" del sistema binario.

Un sistema non destinato a durare sia perché si stima che questa verrà inglobata dalla gigante rossa nei prossimi 10 mila anni che per l'imminenza (cosmicamente parlando) dell'esplosione di Betelgeuse.



Fonte
Radial Velocity and Astrometric Evidence for a Close Companion to Betelgeuse
Morgan MacLeod et al, (2025) Astrophysical Journal


Non avrete bisogno di un telescopio per vedere la supernova di Betelgeuse né riuscirete a vedere se è un sistema binario, ma un telescopio dobsoniano è tutto quello che serve per fare astrofotografia dalla Terra.
Telescopio riflettore newtoniano 130EQ


Betelgeuse è una stella binaria?


***
Pronunciatela come volete (Betel-gurz o Beetle-juice) ma Betelgeuse è da anni tra le stelle preferite dagli astronomi, amatoriali e non, sia per la sua facilità di osservazione che per il destino inesorabile che è dietro l'angolo.
Betelgeuse (arancione) è la stella più luminosa della costellazione di Orione.
Si nota anche Rigel in azzurro
(image: sciencenews.org)
Tra le stelle più luminose facilmente visibili dalla Terra c'è la gigante rossa Betelgeuse, 1000 volte più grande del Sole e con una luminosità media 100 mila volte superiore. Pur essendo nota da sempre e studiata in dettaglio da più di un secolo, era caduta un po' nel dimenticatoio fino al 2019 quando l'inaspettato calo della luminosità (noto come “Great Dimming”) fece pensare all'imminenza della sua fine sotto forma di supernova (evento atteso entro i prossimi millenni, un battito di ciglia sui tempi cosmici). 
"L'allarme" rientrò dopo un anno quando si comprese che l’ampia oscillazione di luminosità rilevata era dovuta alla presenza di una nube di polvere. La rinnovata attenzione non è stata però vana avendo portato alla misura della rotazione e della pulsazione (l'espansione e la contrazione periodiche degli strati esterni della stella) dell'astro.
Le stelle più luminose nel cielo notturno. Rigel e Betelgeuse appartengono alla Costellazione di Orione (ricordo che le costellazioni non definiscono aree nello spazio ma la posizione vista dalla Terra, tanto è vero che le stelle appartenenti ad una stessa costellazione spesso si trovano a centinaia di anni luce di distanza tra loro).
Betelgeuse è una stella variabile semi-regolare la cui magnitudine apparente varia da 0,2 a 1,2. La curva di luce emessa evidenzia un lungo periodo secondario (LSP) di circa 2100 giorni, cosa non insolita per le stelle nel ramo delle giganti rosse del diagramma di Hertzsprung-Russell (con valori che vanno da centinaia a migliaia di giorni) ma la cui origine è sconosciuta sebbene si creda che sia un ciclo secondario a uno più breve. La durata dell'LSP è nell'ordine di una decina di volte più lenta della pulsazione radiale di questo tipo di stelle.

Dall'analisi della variabilità di Betelgeuse arrivano ora due lavori le cui conclusioni riportano in auge una vecchia teoria** di Betelgeuse come stella doppia la cui compagna, delle dimensioni del Sole ha (avrebbe) un periodo orbitale di 2100 giorni.
Nota. Nel 2020 avevo dedicato un articolo al possibile rapporto tra velocità di rotazione della stella e l'essere un tempo stata parte di un sistema binario.
Il primo** a proporre che Betelgeuse fosse un sistema binario fu l'astronomo inglese Henry Cozier Plummer nel 1908, che spiegò il ciclo luminoso con l’azione gravitazionale di una stella compagna che tira avanti e indietro Betelgeuse.
Nelle decadi successive gli astronomi accumularono dati molto più “strani” sulla stella, tra cui una sorta di “ebollizione” della sua atmosfera esterna che produce pulsazioni con cicli di 400 giorni e sottocicli di 200 giorni, che culminano in enormi getti di materia espulsi nello spazio. Con tutte queste complicazioni, l'idea della stella compagna passò di moda sostituita da nuovi modelli meglio capaci di spiegarne la fenomenologia. Furono gli “sbiadimenti” luminosi del 2019 a riportare l’attenzione sulla stella morente. 
Simulazione della superficie in ebollizione di Betelgeuse 
Entrambi i lavori sono stati caricati su arXiv.org (quindi non ancora sottoposti a peer review) tra agosto e settembre. Il lavoro di MacLeod et al. ha preso in esame le misurazioni della stella a partire dal 1896 mentre quello di Goldberg et al, ha utilizzato gli ultimi 20 anni di misurazioni ad altissima precisione del movimento di Betelgeuse.

Nell lavoro di MacLeod si ipotizza che che se il ciclo di sei anni è causato da una stella compagna, avrebbe dovuto ripetersi stabilmente per secoli. Dall'analisi dei registri contenenti 128 anni di osservazioni si è avuta la conferma il ciclo di luminosità è reale. I calcoli fatti portano ad ipotizzare che la stella compagna avrebbe una massa di circa 0,6 volte quella del sole e orbita ogni 2110 giorni a una distanza di poco più del doppio del raggio di Betelgeuse. 

L'analisi di Goldberg prefigura due scenari.
  • Nel primo caso la variabilità è dovuta a pulsazioni degli strati più esterni della stella, cosa che indicherebbe che non solo è più grande del previsto ma che si trova già molto avanti nel suo percorso evolutivo cosa che avvicinerebbe il momento della sua esplosione a supernova entro un centinaio di anni.
  • L’altra ipotesi, più accreditata dal team, è che la variabilità a lungo termine mostrata da Betelgeuse sia dovuta alla presenza di una stella compagna di piccola massa, chiamata α Ori B (dove Ori è il nome alternativo di Betelgeuse cioè α Orionis) che altera la polvere che circonda il sistema, cosa che spiegherebbe la riduzione di luminosità apparente. La compagna avrebbe massa 1,17 volte il Sole, periodo orbitale di 2170 giorni e distanza da Betelgeuse di circa 2,43 volte il raggio di Betelgeuse. In questo caso il tic-toc che ci separa dalla supernova sarebbe posticipato (fino a un centinaio di migliaia di anni) con buona pace di tutti noi che aneleremmo vedere questo evento in diretta.
Testare se queste ipotesi sono corrette sarà molto difficile se non impossibile data la differenza di dimensioni e vicinanza del (ipotetico) sistema binario.
Anche se α Ori B fosse reale la sua aspettativa di vita è grama. L'orbita della stella si va restringendo mentre Betelgeuse ruba il suo momento angolare. Tra circa 10 mila anni, Betelgeuse lo inghiottirà completamente, sempre che non esploda prima.


Fonte
A Buddy for Betelgeuse: Binarity as the Origin of the Long Secondary Period in α Orionis
Radial Velocity and Astrometric Evidence for a Close Companion to Betelgeuse

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Non avrete bisogno di un telescopio per vedere la supernova di Betelgeuse né riuscirete a vedere se è un sistema binario, ma un telescopio dobsoniano è tutto quello che serve per fare astrofotografia dalla Terra.
Telescopio riflettore newtoniano 130EQ


Qual è la distanza di sicurezza da una supernova?

Una supernova è la spettacolare esplosione di una stella massiccia giunta a fine vita**, così spettacolare che è raccomandabile guardarla da molto lontano.
Illustration Credit: NASA/CXC/M. Weiss
Tale premessa spiega la domanda che si sono posti alcuni astronomi cioè quale sia la distanza di sicurezza minima. La risposta viene da uno studio basato sui dati ottenuti dall’osservatorio a raggi X Chandra, che pone a 160 anni luce tra noi e la stella perché l'evento sia osservabile senza subirne gli effetti. Studi precedenti avevano fissato il paletto a 50 anni luce dalla Terra e altri avevano descritto gli scarsi effetti di una supernova avvenute a 300 anni luce da noi, non associabili a evidenti cambiamenti della biosfera (o estinzioni di massa) sulla Terra.
L'ultimo evento distruttivo risale alla fine dell'Ordoviciano (500 milioni di anni fa) in cui si ritiene che l'estinzione di massa sia stata innescata, attraverso una serie di effetti a cascata, da GRB (gamma ray burst) prodotti da una non meglio identificata supernova, i cui effetti sono però evidenti nella d'elezione dello strato di ozono dell'antica atmosfera.
Una supernova distante 30 anni luce di distanza produrrebbe gravi danni sulla Terra a causa dell'effetto dei raggi X e gamma sullo strato di ozono, danneggiato il quale aprirebbe la strada all'azione dannosa dei raggi ultravioletti provenienti dal Sole. A questo si aggiungerebbe la ionizzazione dell'azoto e dell'ossigeno atmosferici  portando alla formazione di grandi quantità di protossido di azoto, che tra le altre cose causa l'effetto serra, quindi un forte impatto sul clima.
Tra i primi organismi ad essere colpiti il fitoplancton il cui declino impatterebbe la catena alimentare oceanica e con esso la biosfera in generale.

Fortunatamente (oggi) non ci sono (più) stelle entro un raggio di 30 anni luce che abbiano la potenzialità di originare supernova; discorso simile anche espandendo il raggio a 100 anni e ampliando le previsioni centinaia di milioni di anni da ora; o almeno non ci sono stelle massicce che sono per natura di breve vita e destinate a "esplodere".
** Esistono due diversi tipi di supernova. La supernova di tipo II è una stella massiccia che collassa quando ha esaurito il combustibile nucleare e non è più in grado di produrre energia per controbilanciare la massa soprastante. Non mi risultano esserci stelle massicce entro la distanza di sicurezza di 160 anni luce.
La supernova di tipo I si verifica quando una piccola e debole stella nana bianca collassa avendo raggiunto una massa critica in seguito alla cattura di materiale da una stella compagna in un sistema binario. Queste stelle sono fioche e difficili da trovare, quindi manca una precisa indicazione di quante ce ne siano nelle vicinanze; una stima meramente teorica indica un numero di alcune centinaia entro 160 anni luce, ma non se ne conosce nessuna pronta ad esplodere. La stella IK Pegasi B (parte di un sistema binario) è il candidato progenitore di supernova più vicino conosciuto situato a circa 150 anni luce di distanza.
C'è in effetti una stella gigante (15-20 masse solari) che gli astronomi prevedono esploderà "presto": Betelgeuse. La stella, di cui ho scritto in precedenza, si trova a 430 anni luce da noi e la sua supernova produrrà sarà visibile per diverse settimane anche in pieno giorno.
Nella storia dell’umanità (quindi poche migliaia di anni) non si hanno evidenze di supernova verificatesi entro una distanza inferiore al centinaia di anni luce. La supernova più recente (1987) visibile ad occhio nudo è stata la SN 1987A, distante ben 168 mila anni luce, e la seconda visibile senza strumenti in base ai resoconti storici (la prima è quella di Keplero nel 1604, distante 20 mila anni luce).
La più vicina nell'ultimo decennio è quella avvenuta nella galassia M101, distante ben 21 milioni di anni luce.
Alcune stime suggeriscono che la frequenza di supernove "con effetti potenziali" (per la distanza) potrebbero verificarsi ogni 15 milioni di anni; un altro studio che l’esplosione di una supernova entro 10 parsec (33 anni luce) si verifica ogni 240 milioni di anni. In modo più semplice potremmo rifarci al principio antropico per dire che il fatto stesso che abbiamo la possibilità di pensare a tali eventi è la prova che la Terra si trova in un'area relativamente sicura dove questi eventi sono estremamente rari tanto da aver permesso alla vita di emergere e restare negli ultimi 3,5 miliardi di anni.
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Fonte
X-Ray-luminous Supernovae: Threats to Terrestrial Biospheres
Ian R. Brunton et al, (2023) The Astrophysical Journal



Nuove variazioni luminosità di Betelgeuse

La stella rossa di Betelgeuse è una delle più luminose del nostro cielo.
Immagine di Betelgeuse ripresa da ALMA  (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array). 


Betelgeuse, la stella supergigante sita nella costellazione di Orione, aveva mostrato nel 2019 una riduzione di luminosità apparente che aveva fatto pensare all'imminenza della fine della sua (breve, come per tutte le stelle massicce) vita. 
Di questo fenomeno e della successiva attribuzione ad un offuscamento causato da un'enorme espulsione di materia stellare, ne scrissi a suo tempo, tema poi ripreso in un aggiornamento del 2022, articoli a cui rimando.
Per avere una idea delle sue dimensioni ecco un grafico preso dal sito ESO in cui si confronta Betelgeuse con il sistema solare.
image credit: eso.org

Ad aprile 2023 la sua luminosità era tornata al suo valore standard, per poi aumentare negli ultimi mesi a quasi il doppio. Una variabilità che fa parte del suo essere definita una stella variabile semiregolare pulsante, vale a dire con una certa periodicità nei suoi cambiamenti di luminosità, benché con ampiezze non costanti
Le variazioni di luminosità rilevate nell'ultimo secolo
Image credit:  Joyce et al. 2020 via bfcspace.com


Betelgeuse ha mostrato che la sua luminosità varia con un ciclo di 400 giorni, ma i suoi recenti cambiamenti di luminosità sono stati anormali e questo ha rinforzato l'idea che potrebbe diventare una supernova in prossimo futuro.
Per essere precisi, è certo che Betelgeuse darà luogo ad una supernova (per le sue caratteristiche di massa), il problema è quanto presto. Se fosse giunta nel suo stadio finale (vedi sotto) l'evento potrebbe avvenire in un intervallo (molto piccolo su scala stellare) di "un qualunque momento nelle prossime migliaia di anni"
Un recente articolo prodotto da un gruppo di ricerca dell'università giapponese di Tohoku ha rinforzato l'idea che Betelgeuse sia entrata nelle fasi finali, stato caratterizzato dal raggiungimento nella fornace stellare di eventi di fusione nucleare che coinvolgono il carbonio (possibile solo in stelle con massa iniziale di almeno 8 masse solari). Una volta raggiunte le condizioni per il verificarsi della fusione del carbonio si passa velocemente (in termini stellari) si ha la produzione di neon, sodio e magnesio. Segue l'utilizzo, come carburante nucleare, di neon, ossigeno e infine silicio, l'ultima fase che permette un rilascio netto di energia. Una volta formatosi un nucleo di ferro-nichel qualunque reazione di fusione sarà di tipo endotermico, per cui non potendo più essere liberata energia la stella verrà privata della pressione idrostatica e collasserà su se stessa (l'evento finale dipenderà dalla sua massa residua).

Per avere una idea dei tempi sempre più veloci che caratterizzano le ultime fasi della vita di una stella gigante vi rimando a questa figura.
 
Con il crearsi delle condizioni (e il consumo del carburante più leggero spostato sempre più all'esterno) le stelle massicce riescono ad arrivare all'ultima fase energicamente sostenibile, quella che coinvolge il silicio.
Quindi per stimare l'intervallo di tempo in cui attendersi l'esplosione di Betelgeuse è necessario capire in che fase del ciclo stellare si trova, o meglio se ha raggiunto condizioni di temperatura e pressione interne da attivare le reazioni di fusione degli elementi più pesanti. In modo semplicistico se la stella ha finito l’elio ha una aspettativa di vita di un migliaio di anni mentre se si trova nella fase di fusione del carbonio la vita rimanente si conta in centinaia di anni (qui un articolo - in PDF - specialistico sull'argomento).

Su questa stima le ipotesi divergono. Mentre lo studio del gruppo giapponese (vedi sotto) propende per una Betelgeuse moribonda, un gruppo di ricercatori ungheresi sostiene che la stella si trovi ancora nella prima fase  di combustione dell'elio stimando così la data della supernova entro i prossimi 100 mila anni. Evento che in ogni caso vedremo solo parecchie centinaia di anni dopo che è avvenuto dato che la distanza (stimata) è di circa 700 anni luce.
Il valore impreciso della distanza nasce dalla sua luminosità variabile che rende la misurazione, basata sul parallasse, alquanto complicato. A questo si aggiunga il problema che le stelle più luminose saturano i sensori. Una stima la pone a circa ∼200 parsec (1 psc corrisponde a 3,26 anni luce)


Lo studio giapponese stima che Betelgeuse abbia 8,5 milioni di anni e al momento della sua formazione avesse 19 masse solari, 8 delle quali siano oramai state perse (“usate o eiettate”). 

La stima della massa iniziale non è pura accademia ma determina il destino stesso della stella; tanto più massiccia era alla nascita e tanto più rapido sarà il suo ciclo vitale.

Altra variabile difficile da valutare ma essenziale per stimare l'età della stella è che in origine Betelgeuse potesse essere parte di un sistema binario (gran parte delle stelle è tale, con il sole rara eccezione) per cui la stella potrebbe essere diventata massiccia solo in seguito alla fusione delle due stelle originarie (ne ho scritto in un precedente articolo)


Siamo ad una distanza di sicurezza? Tutte le stime concordano in tal senso sia per la distanza che per la presenza dello scudo fornito dalla nostra magnetosfera.


Fonte
- The evolutionary stage of Betelgeuse inferred from its pulsation periods
Hideyuki Saio et al, (2023) arXiv





Betelgeuse perde pezzi. I nuovi dati dalle osservazioni di Hubble

Di Betelgeuse se ne è scritto poco più di 2 anni fa (a cui rimando con questo link per maggiori dettagli) complice alcune variazioni di luminosità che avevano fatto pensare ad una sua imminente (e prevista) fine.
"Imminente" sulla nostra scala temporale dato che essendo da noi distante 640 anni luce potrebbe essere già esplosa.
"Prevista" perché data la sua massa (che la rende poco longeva) e le caratteristiche spettrali si sa che si trova nella fase finale della sua vita, pronta ad evolvere in una supernova. Quando? Entro 100 mila anni (inezia per la vita stellare).
Curiosità. La sua effettiva distanza da noi non è precisa per una serie di ragioni esposte su astronomy/stackexchange
Il calo di luminosità era stato spiegato prima per la presenza di nubi interstellari e poi, in modo apparentemente definitivo, con la comparsa di macchie (zone a minor temperatura, per quanto sempre “stellari”) sufficientemente ampie da causare un crollo del 40% della luminosità rilevata sulla Terra.

Arriva ora uno studio ulteriore che sembra supportare un aumento della instabilità della stella la quale avrebbe espulso una sua area superficiale di dimensioni 400 miliardi di volte quella standard del nostro Sole (vedi CME). Per quanto molto più grande del Sole (1400 volte la grandezza e massa di almeno 15 volte), la dimensione della massa espulsa è tale che deve avere coinvolto non solo la corona (come le CME) ma anche un pezzo della sua superficie, fenomeno definito  come Surface Mass Ejection e mai osservato prima.
Credits: NASA, ESA, Elizabeth Wheatley (STScI)
La cause dell’evento sarebbe una cella convettiva all'interno della stella che ha interessato la superficie, un'area che trasformata in sfera avrebbe un diametro di oltre un milione e mezzo di chilometri di diametro (per capirci il Sole ha un diametro di 1,3 milioni km). Dopo l’espulsione la stella starebbe ancora “vibrando” per il contraccolpo tanto da avere azzerato il suo periodo di oscillazione di 400 giorni.

I nuovi dati sono stati raccolti grazie ad Hubble e alla sonda STEREO-A.

Articoli successivi sul tema --> In che fase del ciclo vitale è Betelgeuse?


Fonte

La "diretta" degli ultimi giorni di vita di una stella prima di diventare supernova

Gli ultimi giorni di vita di una stella prima di diventare supernova (e poi buco nero o stella di neutroni, ancora non si sa)

Tra i vantaggi di avere telescopi (orbitali e terrestri) che monitorano incessantemente lo spazio c’è quello di rilevare eventi non cercati e, a volte, usare i dati registrati come sorta di macchina del tempo per tornare agli eventi precursori dell’evento osservato. Altre volte sono invece indizi di qualcosa di anomalo in atto (vedi il caso di Betelgeuse) che inducono gli astronomi ad “accendere i riflettori” in una particolare direzione.

In genere le supernova vengono scoperte quando avvengono e solo dopo si guarda a come era la stella prima del collasso. Il caso recente di una supergigante rossa che ha generato una SN di tipo II rappresenta un caso direi unico della testimonianza “in diretta” degli ultimi giorni di vita di una stella distante 120 milioni di anni luce da noi, sita nella galassia Ngc 5731.

L’osservazione è avvenuta mediante due telescopi situati alle Hawaii e lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal con un titolo che inizia con “Final Moments of (…)”.
La galassia NGC 5731 e la supernova SN 2020tlf
(Immagine sfondo: Donald Pelletier (CC per 4.0). Riquadro V.V. Jacobson-Galan et al.)

Inutile qui ricapitolare dettagli base sulla evoluzione stellare, facili da trovare online. Mi limito solo con il dire che il destino di una supergigante rossa è segnato dal suo “DNA” cioè dalla sua massa di partenza che (al netto di eventi esterni come la fusione con altre stelle) la porta diretta alla supernova, dai cui resti emergerà una stella di neutroni o un buco nero a seconda della massa residua. Altra notazione importante è che non vanno confuse le giganti rosse (fase in cui transiterà anche il nostro Sole) con le supergiganti rosse che originano (in tempi ben più brevi) da stelle con massa tra 8 e 30 masse solari (Ms). Nel primo caso si originerà una nana bianca, nel secondo una supernova di tipo II, vale a dire un’improvvisa e immensa eiezione di massa ed energia che renderà l’oggetto celeste miliardi di volte più luminoso, lasciando al centro un residuo ancora più “esotico”.

Image credit: R.N. Bailey (immagine in HD --> wikimedia)

Gli indizi che stava per accadere qualcosa ad una stella risalgono all’estate 2020, in cui venne osservata una massiccia emisssione di materia (e luce) da parte di una supergigante rossa di massa circa 10 volte il Sole. Pochi mesi dopo, in autunno, dove c’era la stella è apparsa una supernova (chiamata  SN 2020tlf) le cui caratteristiche spettrali sono state analizzate grazie al Low Resolution Imaging Spectrometer (Lris). Dall’analisi si sono ottenute le prove dirette della presenza di materia densa attorno alla stella al momento dell’esplosione, probabilmente lo stesso gas espulso ad inizio estate.

Oltre all’interesse in sé di una osservazione in diretta, i dati raccolti hanno permesso di aggiornare le precedenti teorie su come le supergiganti rosse si comportano appena prima di esplodere. L’idea comune era che le supergiganti rosse fossero relativamente quiescenti prima della loro morte, senza prove di eiezioni violente o emissioni luminose; idea contraddetta da quanto ora osservato che dice che, almeno alcune di queste stelle, subiscono una massiccia esplosione degli strati esterni di gas poco prima di iniziare il collasso (veloce) che porterà alla supernova.

Di seguito il video dell'animazione dal titolo esplicativo "Red Supergiant Star Goes Supernova"


Fonte
Final Moments. Precursor Emission, Envelope Inflation, and Enhanced Mass Loss Preceding the Luminous Type II Supernova 2020tlf
W. V. Jacobson-Galán et al, (2022), The Astrophysical Journal





Scienza per i più giovani

Non c'è solo Betelgeuse

Betelgeuse (stella preferita perché grande, arancione e ... mi ricorda Beetlejuice😉) è una gigante rossa che terminerà tra non molto (astronomicamente parlando) la sua vita con l’effetto pirotecnico della supernova prima e dell’inevitabile collasso in un buco nero poi.
La cosa di per sé non avrebbe nulla di curioso essendo il destino comune a tutte le stelle massicce. 
Diventa però interessante perché con i suoi 640 anni luce  è la stella massiccia più vicina e per di più lo scorso anno ha mostrato un calo del 20% della luminosità, fenomeno che aveva fatto ipotizzare l'essere pronta al collasso gravitazionale che innesca la supernova (vedi l'articolo precedente sul tema).
Ipotesi quest’ultima che è venuta meno dopo che gli astronomi hanoo scoperto che la variazione di luminosità era conseguente ad una imponente espulsione di materia che aveva creato immense nubi di polvere e gas nella nostra direzione, oscurando così parte del segnale.
Schema che riassume la cause della apparente perdita di luminosità di Betelgeuse. 
(Illustration credit: credit: NASA, ESA, and E. Wheatley, STScI)
Temete l'effetto di una supernova o di un γ-ray burst? Fate bene, ma almeno nel caso di Betelgeuse siamo ragionevolmente ad una distanza di sicurezza, stimata, per le supernova, in 50 anni luce. Vedi anche l'interessante articolo sulla nostra "fortunata" posizione galattica.

Ma se pensiamo che Betelgeuse con la sua massa 11 volte quella del Sole e una luminosità 135 mila volte superiore, sia un vicino a cui … è meglio non essere troppo vicino data la sua corta vita, che dire allora di VY Canis Majoris, un vero gigante che per di più sta attraversando un lungo periodo di apparente affievolimento dovuto alle sue stesse emissioni di gas e polvere?
Un articolo pubblicato lo scorso mese su The Astronomical Journal ne analizza l’evoluzione grazie ai dati ottenuti con il telescopio spaziale Hubble.

L’astro è una ipergigante rossa (con raggio, massa e luminosità di 1420, 15 e 300 mila volte quelle solari) distante 3840 anni luce. Tradotto in termini meno astratti, se sostituissimo la stella al nostro Sole, questa occuperebbe lo spazio ben oltre l'orbita di Giove. 
VY Canis Majoris, il Sole e l'orbita terrestre messi a confronto (image credit: Oona Räisänen )
Il record dimensionale va però a UY Scuti con raggio, massa e luminosità di 1708, 8 e 340 mila volte quelle solari. 
credit: Faren29.
A differenza di Betelgeuse che è facile individuare nel cielo anche per il suo colore arancio, VY Canis Majoris (VY CM) non è oggi più visibile ad occhio nudo in seguito all'espulsione di enormi quantità di materia (circa 100 volte quelli persi da Betelgeuse), i cui “pezzi” singoli hanno massa doppia di Giove!
Si ritiene che tali eventi siano originati da fenomeni convettivi simili a quelli che originano le eruzioni solari (basati su celle convettive) ma chiaramente su scala gigante; per capirci, ciascuna cella convettiva su VY CM è grande come il Sole!
Per rendere l'idea delle dimensioni cominciamo ad osservare quello che avviene con le protuberanze solari che in genere danno luogo ad un arco.
Immagine di una protuberanza solare particolarmente grande affiancata per soli fini comparativi a Giove (a fianco la minuscola Terra). (Image credit: NASA, Goddard SFC)

Dettaglio di un arco coronale sul Sole visto dalla sonda TRACE con un filtro specifico per raggi X (171 Å). Si tratta di strutture magnetiche chiuse (analoghe a quelle chiuse presenti nei buchi coronali delle regioni polari e nel vento solare) che emergono dalla superficie del sole e sono pieni di plasma caldissimo. A causa di tale attività magnetica gli archi coronali possono essere i precursori dei brillamenti e delle espulsioni di massa coronali. La temperatura in queste zone arriva al milione di kelvin rispetto ai meno di 10 mila della sottostante fotosfera (image credit: NASA)

Scaliamo verso l'alto queste strutture ed avremo quelle di VY CM con archi di plasma che partono dalla stella e si estendono per migliaia di unità astronomiche (1 UA è la distanza Terra-Sole).

Ingrandimenti progressivi di VY Canis Majoris in una composizione di immagini di Hubble e (ultima a dx) una rappresentazione artistica. Da sinistra l'immagine multicolore della enorme nube di materia emessa dalla stella (la nube è ha un diametro di oltre 10 mila UA) e lo zoom sulla regione. Il puntino rosso al centro serve per indicare la dimensione del nostro sistema solare fino a Nettuno che coincide con la dimensione della stella. Clicca per ingrandire o vai all'originale (credit: NASA)

L’enorme nube di materia emessa dalla stella ipergigante vista da Hubble.
Image credit: Nasa, Esa, R. Humphreys
La differenza rispetto a quelli solari non è però solo dimensionale. Mentre le protuberanze solari  formano archi che in buona parte ricadono sulla stella, quelli di Canis maioris sono veri e propri getti che si perdono nello spazio e con essi se ne va la luminosità stellare.
Un affievolimento rivelatosi molto utile ai ricercatori per datare l'inizio degli eventi eruttivi. A tale scopo si sono concentrati sul movimento e velocità delle masse di plasma più vicine alla stella; i risultati hanno confermato il dato aneddotico (scomparsa dalla osservazione a occhio nudo) datando l'inizio delle emissioni nel periodo a cavallo tra il 19esimo e 20esimo secolo.
Più importante di tutto, i dati hanno fornito informazioni uniche sulla dinamica stellare di questi giganti stellari.
Si tratta infatti di stelle "rare" data la loro vita esiziale rispetto alle nane rosse (poche decine di milioni di anni contro decine di miliardi), meno probabili in galassie antiche (più ricche di elementi pesanti) e con maggiore densità nelle zone di alta formazione stellare. Tradotto, avere a portata di telescopio uno di questi giganti in una fase instabile è un evento che difficilmente si ripeterà ... di sicuro non su scala umana. 
 

Fonte
- The Mass-loss History of the Red Hypergiant VY CMa* 
Roberta M. Humphreys et al, The Astronomical Journal (2021)
- Hubble Solves Mystery of Monster Star's Dimming


A corollario del caso VY Canis Majoris aggiungo alcuni dati su una "semplice" gigante rossa, V Hydrae (raggio, massa e luminosità pari a 430, 1 e 7850 volte quelle solari, quindi di fatto una stella solare giunta a fine vita), distante 1200 anni luce da noi.
I dati, forniti ancora una volta dal telescopio Hubble, riportano l'emissione dalla stella di "bolle" di gas ultra caldo (9400 gradi, il doppio della temperatura della stella) di dimensioni doppie del pianeta Marte. Le sfere di plasma (chiamate "cannonballs" nell'articolo) sono scagliate alla ragguardevole velocità di 700 mila km/h.

Secondo il comunicato della NASA/JPL queste palle di fuoco compaiono ogni 8,5 anni da almeno 4 secoli.

Sull'origine di queste bolle c'è stata sempre incertezza. Se in precedenza, gli astronomi avevano ipotizzato si trattasse da qualcosa di simile a dischi di accrescimento (materiale in orbita attorno alla stella che viene spinto via dall'attività stellare) la spiegazione era troppo stirata e senza vere fondamenta. 

I nuovi dati di Hubble suggeriscono ora che la causa prima sia una invisibile (perché oscurata dal luminoso vicino) compagna in quello che quindi risulterebbe essere un sistema binario.  Secondo questa ipotesi tale compagna si verrebbe ogni 8,5 nella parte più prossimale della sua orbita ellittica; quando questo accade parte del materiale degli strati più esterni della gigante rossa verrebbe "risucchiato" sotto forma di disco dalla stella transitante e infine (con qualcosa di simile ad un effetto fionda) scagliato nello spazio mentre si allontana.

L'ipotesi è intrigante perché potrebbe spiegare molte altre osservazioni con le stesse caratteristiche, tutte viste nei pressi di stelle morenti.


I dati sono stati ottenuti grazie allo spettrografo per immagini (STIS) montato su Hubble e copre un intervallo di tempo di 11 anni.

La spettroscopia decodifica la luce dell'oggetto, rivelando informazioni su velocità, temperatura, posizione e movimento.

Lo studio è stato pubblicato su "The Astrophysical Journal".







Betelgeuse. L'alta velocità di rotazione eredità di fusione di un sistema binario?

Betelgeuse (credit: universetoday.com)
Non è difficile vedere Betelgeuse nelle notti d'inverno, tra le 10 stelle più brillanti dei nostri cieli.
Basta guardare nella costellazione di Orione, cercare la "spalla" sinistra del cacciatore o semplicemente la seconda stella piu luminosa dal colore rosso-arancione.
credit: [Bob King / Sky & Telescope] via medium.com
Il colore è la luminosità sono già indizi che si tratta di una supergigante rossa, una stella dall'evoluzione e destino ben diversa rispetto al nostro Sole  che, tra alcuni miliardi di anni, transiterà nello stadio gigante rossa prima di divenire una nana bianca.  Betelgeuse potrebbe oggi essere nella fase Carbonio - Neon - Ossigeno) quindi nella fase finale della supergigante.
Nota. Per dare l'idea delle sue dimensioni, se spostassimo Betelgeuse al posto del Sole, occuperebbe un volume fin quasi all'orbita di Giove.
credit: focus.it
Al contrario, Betelgeuse si accomiaterà dai vicini in modo molto appariscente e violento, una supernova di tipo II, come tipico di una stella supermassiccia dotata di una vita breve (sulla scala temporale dell'universo) e turbolenta. La supernova sarà visibile ad occhio nudo anche dalla Terra e non dovrebbe mancare molto (in questo caso su scala temporale terrestre, con stime che vanno dal secolo al milione di anni); questo almeno è quanto si evince dalle caratteristiche spettrali e dalla variazione di luminosità osservate negli ultimi anni, con oscillazioni dovute a pulsazioni stellari con periodo tra i 2070 e i 2355 giorni.
Nota. Data la distanza che ci separa, 600 anni luce, Betelgeuse potrebbe anche essere già esplosa, solo che il "messaggio" luminoso non ci è ancora arrivato. Per comprendere i problemi interpretativi sulla difficoltà di prevedere l'imminenza di una esplosione in base alla variazione di luminosità (l'unico elemento facilmente quantificabile) vi rimando ad un articolo di qualche mese fa del sempre ottimo Ethan Siegel (--> "This Is Why Betelgeuse (Probably) Isn't About To Explode"). Altra stella candidata ad imminente esplosione è V Sagittae.
Tale variabilità è tipica delle fasi finali della stella quando il "carburante" atomico standard (idrogeno ed elio) per la fusione nucleare comincia a non essere più sufficiente per generare l'energia necessaria a contrastare la caduta gravitazionale della massa soprastante; la stella subisce improvvisi "crolli" sufficienti per innalzare la temperatura in modo da innescare reazioni di fusione nucleare con atomi pesanti (carbonio,...). Questi cicli si ripetono fino a che si arriva al limite del ferro, oltre il quale ogni reazione è energicamente sfavorevole. Quando l'energia prodotta non sarà più sufficiente, tutta la massa soprastante precipiterà repentinamente verso il centro provocando una serie di eventi nello stato della materia locale che culmineranno in una supernova dalle cui "ceneri" residuerà una stella di neutroni.
Perché non un buco nero? Pur essendo Betelgeuse una stella massiccia (15-20 masse solari - Ms) non lo è a sufficienza perché la massa del core residuo dopo l'esplosione possa generare un buco nero. Vale a dire che la massa non basta perché la gravità consenta di concentrare la materia al di sotto del limite detto raggio di Schwarzschild, un valore che segna il punto di non ritorno nella formazione di un buco nero. In soldoni se il nucleo finale residuo (ripeto il nucleo RESIDUO, non la massa iniziale prima dell'esplosione) è inferiore a 1,40 Ms si originerà una nana bianca, sotto le 3 Ms una stella di neutroni mentre valori superiori porteranno ad un collasso "senza fine" dentro un buco nero
Ma non si vuole qui parlare dei processi di nucleosintesi stellare per cui esistono eccellenti libri divulgativi, quanto di una teoria pubblicata poche settimane fa circa l'origine di Betelgeuse.
L'articolo in cui tale teoria è stata formulata è "Is Betelgeuse the Outcome of a Past Merger? " ed è stato pubblicato da Manos Chatzopoulos sul sito arXiv.org.

Vediamone i punti salienti.
Betelgeuse è probabilmente una stella in fuga, essendo stata espulsa dal suo luogo d'origine, noto come l'Associazione Orion OB1. Attualmente si muove attraverso il mezzo interstellare (ISM) a circa 30 km/sec, un movimento che crea un enorme shock di prua che si estende per oltre quattro anni luce, nel punto in cui il vento stellare prodotto da Betelgeuse si scontra con l'ISM (qualcosa di simile alla eliopausa attraversata qualche mese fa dalla sonda Voyager).
Betelgeuse ha inoltre due caratteristiche "strane": una velocità di rotazione troppo elevata per le sue dimensioni e una luminosità mutevole.
Velocità di rotazione. Il classico esempio usato per spiegare la correlazione inversa tra velocità angolare e dimensioni è quello della pattinatrice che per aumentare la propria velocità mette le mani al petto raccogliendosi su se stessa così da diminuire il momento d'inerzia. Un concetto alla base della conservazione del momento angolare.
Per la stessa ragione per cui una pattinatrice può variare la sua velocità, a parità di massa, variando la propria estensione spaziale,  così una stella (o altro) aumenta la velocità di rotazione al diminuire della dimensione. Nel caso di Betelgeuse sembra che sia avvenuto l'opposto data la sua velocità di rotazione di circa 5,5 km/secondo contro i 2 km/sec del molto più piccolo Sole.
Il momento angolare di un sistema deve rimanere costante … sempre che ovviamente non intervengano forze esterne a mutarlo.
Potete approfondire il tema con un esercizio centrato sulla rotazione delle nane bianche --> chimica online 
Se una stella diminuisce di raggio ma non cambia di massa (come è il caso di una stella che si espande perché è variata la fase di nucleosintesi) dovrebbe automaticamente diminuire la velocità di rotazione.
Nota. nel caso di una stella di neutroni la elevata velocità iniziale, tipica di una stella di dimensioni ridotte (ricordo che alla densità tipica di queste stelle, una stella di massa solare occuperebbe lo spazio dell'isola di Manhattan), tende con il tempo a diminuire a causa del raffreddamento e della trasformazione della materia che acquisisce caratteristiche di superfluido (bassa viscosità e attrito)
Luminosità variabile. Secondo alcuni queste variazioni sono l'indicazione esterna che qualcosa sta avvenendo "dentro" la stella e che sono prodromiche dell'esaurimento del combustibile nucleare, quindi preannunciano la supernova. Vi rimando a fine articolo per dati appena pubblicati che spiega la diminuita luminosità con la presenza di macchie sulla superficie stellare.
Video di inizio febbraio 2020 che confermava la sospetta variazione di luminosità di Betelgeuse

Concentriamoci per il momento sulla anomala velocità di rotazione
Dall'analisi di queste tre caratteristiche gli autori dell'articolo arrivano ad ipotizzare uno scenario in cui l'alta velocità di rotazione sia la somma della sua velocità di crociera causata dall'espulsione più una ulteriore "accelerata" causata da un evento di fusione stellare.
In parole semplici, la stella "espulsa" doveva essere inizialmente un sistema binario successivamente fusosi in una unica entità stellare, la Betelgeuse attuale. Un evento quello della fusione che non può essere avvenuto troppo in là nel tempo (siamo nell'ordine di alcuni milioni di anni) visto che permane una alta velocità angolare.
Tre le ragioni che hanno portato a questa ipotesi:
  • la rotazione aggiuntiva impressa alla stella dopo l'espulsione dalla "culla stellare" non bastava a spiegare la velocità angolare attuale. Betelgeuse ruota più velocemente di quanto dovrebbe.
  • I dati accumulati nel tempo sulle stelle massicce indicano che il 60% di queste sono parte di un sistema stellare binario
  • Un numero non irrilevante di queste stelle ha una elevata velocità di rotazione. Le osservazioni fatte con il telescopio satellitare Keplero indicano l'esistenza di stelle giganti con una velocità di rotazione 18 volte quelle solari, con punte che arrivano all'incredibile valore (per le dimensioni sottese) di 450 km/s. 
Se a questo aggiungiamo che molte stelle massicce in tali sistemi binari mostrano interazioni con un terzo corpo stellare, la possibilità che le loro velocità "eccessive" siano frutto di una fusione stellare diventa ragionevole.
Probabilmente qualche milione di anni fa, Betelgeuse e il suo compagno binario furono espulsi per qualche ragione dalla Orion OB1 Association. La stella primaria doveva avere circa 16 Ms, quella secondaria circa 2-3 Ms.
Mentre la stella più grande lasciava la sequenza principale ed evolveva nella fase supergigante rossa, la sua espansione volumetrica la portò a raggiungere 200-300 raggi solari con il risultato di inglobare la stella compagna più piccola. La velocità teorica della nuova stella, ottenuta da questo evento (incremento di massa), è compatibile con l'attuale rotazione di Betelgeuse.
Gli autori forniscono calcoli interessanti anche sulla rapidità dell'evento che fece "precipitare" in una spirale "mortale" la stella secondaria dentro quella maggiore. Sarebbero state sufficienti meno di 175 orbite per il contatto e meno di 5 giorni perché le forze mareali del nucleo di elio della stella primaria distruggero e inglobassero la stella secondaria.
Una conferma indiretta viene dalla quantità di azoto insolitamente alta presente nell'atmosfera di Betelgeuse. Secondo i ricercatori, anche questo può essere spiegato dalla fusione: mentre la stella compagna veniva consumata, gli atomi di azoto presenti nel nucleo della stella maggiore venivano spostati verso l'esterno.
Due fotogrammi da una delle simulazioni presentate nell'articolo. L'immagine a sinistra mostra la configurazione originale del sistema stellare binario a massa diseguale; l'immagine a destra mostra la disgregazione della seconda ad opera delle onde mareali della prima. [credit: Chatzopoulos et al. 2020 via aasnova.org]

A conclusione dell'articolo gli autori scrivono che le fusioni stellari sono "una caratteristica prevalente nell'Universo e che rappresentano un modo coerente per spiegare la formazione di stelle giganti e supergiganti ad alta velocità di rotazione ...".
Non escludono tuttavia una spiegazione alternativa del fenomeno, di cui però mancano conferme: Betelgeuse era si parte di un sistema binario ma in seguito all'esplosione come supernova del suo "partner" venne sbalzata verso la direzione attuale mantenendo parte dell'energia "di spinta" sotto forma di rotazione.

Fonte
Is Betelgeuse the Outcome of a Past Merger?
E. Chatzopoulos et al (11 maggio 2020 arXiv.org)


*** 
E' di pochi giorni fa un articolo che spiega in modo soddisfacente l'origine del repentino calo di luminosità di Betelgeuse.
A formulare la spiegazione un team del Max Planck Institute for Astronomy che indica nella comparsa di macchie stellari la causa prima di questo calo.
Quello che aveva stupito all'inizio gli osservatori non era tanto la variazione di luminosità, comune nelle giganti rosse, ma la sua entità, circa il 40%, rilevata nell'ultimo anno a partire da ottobre 2019.
Credit: ESO / M. Montargès et al. via phys.org
Per comprendere il fenomeno gli astronomi hanno sviluppato diversi scenari, dalla presenza di polvere interstellare fino all'imminenza di una supernova. L'ipotesi ora formulata è che le variazioni di temperatura nella fotosfera (la superficie luminosa della stella) sono la causa del calo di luminosità; nello specifico la causa va cercata nella presenza di macchie "fredde" che coprono il 50-70% della superficie.
Come scritto in precedenza queste stelle sono soggette a pulsazioni, un periodico alternarsi di contrazione ed espansione, attribuibile all'esaurimento del carburante nucleare.
Ricordiamoci che la fase di gigante rossa è la fase espansa di una stella originariamente più piccola ma con massa sostanzialmente identica. Per tale ragione l'attrazione gravitazionale sugli strati più esterni sarà minore di quella presente nella stella primigenia. A cascata ne deriva che tali strati saranno più facilmente persi nello spazio durante le periodiche oscillazioni della attività stellare.
Per ragioni analoghe ragione la gigante rossa collassata a stella di neutroni eserciterà una attrazione gravitazionale enormemente maggiore sulla superficie e nelle immediate vicinanze.
Le pulsazioni sommate alla minore forza gravitazionale superficiale rendono relativamente facile l'espulsione degli strati esterni. Il gas così rilasciato si raffredderà generando composti che gli astronomi chiamano polvere. Questa nozione aveva reso quasi ovvio attribuire alla polvere interstellare la causa prima della riduzione di luminosità.
Nota. Questo è il motivo per cui le giganti rosse sono, insieme alle supernova, la principale fonte degli elementi pesanti nell'Universo, alla base dell'esistenza stessa dei pianeti e, infine, degli organismi viventi
Per verificare tale ipotesi i ricercatori si sono avvalsi di particolari telescopi per quantificare la radiazione nella gamma spettrale delle onde submillimetriche (radiazione terahertz), una radiazione mille volte maggiore di quella della luce visibile ma invisibile all'occhio umano.
Il metodo è particolarmente adatto alla rilevazione della polvere interstellare perché (specie alla basse temperature dello spazio) emette luminosità proprio a queste lunghezze d'onda, una volta irradiata dalla stella "alle sue spalle"
Il risultato sorprese non poco i ricercatori. Betelgeuse appariva il 20% più scuro del previsto anche nella gamma delle onde submillimetriche. L'ipotesi che vedeva la polvere come causa dovette quindi essere accantonata.
La variazione di luminosità doveva quindi essere cercata in una variazione radiante della stella stessa.
La fisica ci insegna che la luminosità di una stella dipende dal suo diametro e soprattutto dalla sua temperatura superficiale.
  • Se diminuisce solo la dimensione della stella, la luminosità DEVE diminuire in modo uniforme su tutte le lunghezze d'onda. 
  • Al contrario se la causa sono cambiamenti di temperatura, l'effetto sulla radiazione luminosa sarà diverso a seconda della lunghezza d'onda misurata.
Sa riduzione luminosa altera in modo diverso la luce visibile e le onde submillimetriche, la conclusione sarà che la causa deve essere riduzione della temperatura superficiale media di Betelgeuse.
Il risultato conferma questa supposizione. A questo punto due possibilità:
  •  La causa potrebbe essere attribuita al calo di 200K su tutta la superficie
  • oppure di 400K solo nelle aree delle macchie, dato che queste coprono il 50-70% della stella. Questa sembra essere l'ipotesi che le osservazioni avvalorano.
Poco si conosce circa i cicli delle macchie in questi astri, a differenza della enorme mole di informazioni disponibili sulle macchie solari.

Le osservazioni nei prossimi anni ci daranno maggiori informazioni sulla correlazione tra le macchie e le oscillazioni luminose di Betelgeuse.

Un ulteriore aggiornamento sul fenomeno che ha interessato Betelgeuse lo trovate su "Betelgeuse perde i pezzi".

Articolo successivo su fenomeni simili nelle stelle massicce --> "Non c'è solo Betelgeuse"

Fonte
-Betelgeuse Fainter in the Submillimeter Too: An Analysis of JCMT and APEX Monitoring during the Recent Optical Minimum
Thavisha E. Dharmawardena et al. (2020) The Astrophysical Journa







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