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La distopia è realtà: bambini geneticamente (e illegalmente) modificati sono nati in Cina

Chi è He Jiankui? E' il ricercatore che durante una conferenza lo scorso novembre ad Hong Kong si è visto costretto ad ammettere (messo all'angolo da una fuga di notizie pubblicata da Antonio Regalado sul MIT Technology Review) di avere modificato geneticamente embrioni umani poi impiantati in utero. La prima di queste gravidanze ha originato due gemelle, mentre è notizia recente che una seconda donna è nella fase finale della gestazione.

La notizia provocò immediate reazioni indignate da parte della comunità scientifica mondiale per la palese anomalia di metodo e di merito. Nello specifico i punti critici sulla sperimentazione riguardano il non avere ottemperato a principi di trasparenza e metodo sperimentale, e violazioni
  • di una moratoria implicitamente accettata dai ricercatori sul non produrre bambini modificati, o almeno non prima di una analisi specifica del caso.
  • di principi etici base sanciti da accordi internazionali per cui qualunque "studio" su esseri umani deve mettere al primo posto la sicurezza degli stessi, essere ragionevolmente utile o non dannosa (nel caso di test su volontari sani). Vedi in merito il Codice di Norimberga e la Dichiarazione di Helsinki (giunta alla settima revisione nel 2013)
  • Ogni trattamento su essere umano deve essere sempre basato sul consenso informato, cosa già di suo problematica con i minori o le persone non coscienti, figuriamoci su un embrione.
  • Avere come elemento cardine il principio di precauzione. Modificare il genoma anche con approcci miranti ad eliminare una mutazione dannosa espone al rischio di effetti non previsti o non prevedibili quando l'arco temporale è lungo come una vita umana. Non a caso nella fase di approvazione di un farmaco (o di una terapia) l'elemento discriminante è il rapporto tra beneficio legato al suo utilizzo e il rischio (somma del rischio legato al non eseguire una terapia e degli eventuali effetti collaterali della terapia, vedi ad esempio la chemoterapia). 
  • Altro problema è che la notizia dell'avvenuta sperimentazione (quindi ex-post) è avvenuta al di fuori dei canali ufficiali, cioè non attraverso la presentazione di uno studio completo sottoposto al classico processo di peer-review con il quale si valuta la coerenza, fondatezza, logica e conclusioni di una studio scientifico. Tutti criteri fondamentali nella scienza perché fondati su dati certificati e controllati da pari (peer) e non su affermazioni.
  • La giustificazione "teorica" alla base del trattamento non aveva il carattere di urgenza (senza il trattamento il bambino sarebbe certamente nato malato o si sarebbe ammalato a breve), di ineluttabilità (non esiste altro trattamento disponibile) o di sicurezza. Anzi come vedremo, se da un lato la correzione genica potrebbe proteggere l'individuo contro un determinato patogeno (HIV nello specifico), dall'altra ci sono evidenze di un rischio aumentato per altri patogeni e per alcune patologie autoimmuni.
Che in Cina fossero operative linee di ricerca proibite altrove era già emerso nel 2015 come ben ricorda Antonio Regalado in un articolo di qualche settimana fa di cui traduco un paragrafo tratto dal MIT Technology Review:
"...Nel 2015, Huang, un ricercatore presso l'Università Sun Yat-Sen a Guangzhou, riferì per la prima volta di avere usato la CRISPR su embrioni umani. Il suo articolo fu respinto dalle più importanti riviste occidentali per non avere seguito le regole etiche di base e per lacune nel metodo scientifico, ma venne infine pubblicato su una oscura rivista in lingua inglese edita a Pechino (...). " (--> qui l'articolo completo)
Si trattava all'epoca "solo" di studi condotti in laboratorio, non seguiti da impianto in utero ma fecero accendere i riflettori su quello che sarebbe potuto avvenire (o era già in atto) a breve.

Riassumere in poche righe il procedimento genetico utilizzato per renderlo "digeribile" a chi non è un biologo molecolare, è difficile e si corre il rischio di eccessiva semplificazione. Eccessivi tecnicismi implicano il rischio opposto di non fare capire nulla. Per evitare di appesantire il testo, a ciascun termine specialistico ho associato un link di approfondimento per chi volesse saperne di più.

L'impianto di embrioni modificati implica due passaggi, la modifica del genoma e l'impianto. Il secondo punto è oggi di routine essendo la base della cosiddetta fecondazione in provetta; la tecnica di editing genomico impone invece qualche riga di spiegazione.
La tecnica usata è nota come CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), ed è oggi uno strumento di routine nella gran parte dei laboratori di ricerca per la sua potenza e versatilità operativa. Per comprenderne la portata come strumento di indagine posso affermare senza tema di smentita che la sua implementazione ha generato un punto di svolta (definendo un prima e un dopo) come avvenne a fine anni '80 con la PCR (Nobel a Kary Mullis) e ad inizio duemila con il sequenziamento del genoma umano. La CRISPR ha soppiantato metodi molto meno precisi e decisamente più lunghi e costosi.

Come spesso avviene nella scienza, il metodo è frutto dell'attento studio di meccanismi già esistenti in natura. L'ispirazione per questa tecnica nacque dallo studio di un sistema di difesa antivirale operato da alcuni batteri che usavano "pezzi" del DNA di un virus invasore (a cui erano sopravvissuti) per addestrare le proprie difese enzimatiche a riconoscere e "tagliare" ogni DNA la cui sequenza contenesse quel bersaglio.
Il sistema consta di una "guida" (nella figura sotto è indicata in verde) che riconosce in modo molto specifico (altrimenti il rischio sarebbe di autodigerirsi) la stringa di DNA "scippata" al virus, e di enzimi che una volta individuato il complesso "guida+DNA alieno", si assemblano in loco e tagliano il DNA virale.

In verde è indicato un "pezzo" di DNA del virus catturato dal batterio sopravvissuto e integrato nel proprio DNA all'interno di un sistema di controllo. Questo DNA "alieno" viene processato e sintetizzato come una guida capace di identificare in modo altamente specifico la presenza di DNA virale qualora il batterio dovesse essere nuovamente infettato. Se questo "incontro" si verifica, vengono richiamati enzimi che neutralizzano, distruggendolo, il DNA virale
(Image credit: i-sis.org.uk). Immagine un poco più dettagliata -->qui


E' su questo sistema che le ricercatrici Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier hanno elaborato negli anni una tecnica capace di modificare in svariati modi il DNA bersaglio (e solo quello) nelle cellule di quasi ogni organismo. Non solo inattivazione (utile ad esempio per "spegnere" definitivamente un gene dannoso in quanto mutato o dannoso in un determinato contesto) ma anche attivazione (le proteine assemblate sul bersaglio invece di "tagliare il DNA" richiamano altre componenti cellulari capaci di modulare la trascrizione genica, attivando ad esempio un gene spento) o perfino la correzione di mutazioni ripristinando la sequenza standard.
Riassumendo, la tecnica si basa sull'inserimento nella cellula bersaglio (che possono essere anche molte in una volta): una "guida" specifica per il bersaglio genomico che si vuole modificare e le proteine (o le istruzioni genetiche per produrle) deputate alla azione di modifica. Una volta "in azione" sarà poi la cellula a fare il resto attivando il sistema di riparazione ad esempio.
La guida (verde) dirige il sistema CRISPR verso il target. A seconda della tipologia di proteine usate, si potrà avere la cancellazione del bersaglio, l'inserimento di una sequenza alternativa, la correzione della sequenza o semplicemente una modifica della attività trascrizionale del gene (image credit: Mariuswalter via wikipedia)

Un approccio potente e di enorme valore scientifico che ha permesso di studiare in laboratorio l'effetto di modifiche multiple su uno o più geni contemporaneamente in tempi e a costi nettamente inferiori, di quelli classici, basati su mutagenesi e incroci ripetuti su topi knock-out o transgenici.


Cosa ha fatto He Jiankui?
Ha usato la CRISPR per creare individui resistenti (teoricamente) all'infezione da HIV. 
Nota. L'infezione virale può essere immaginata come l'incontro tra virus in possesso di una chiave molto specifica e cellule dotate di una serratura adatta. Il virus è dotato sulla parete esterna di proteine capaci di interagire in modo specifico con proteine che la cellula espone sulla propria membrana per comunicare con altre cellule o rispondere a segnali. Una volta avvenuto il contatto virus-cellula, il virus viene accolto (o forza l'ingresso) hackerando il sistema di controllo cellulare, sia nella barriera di ingresso che, una volta entrato, nella funzionalità cellulare. Questo spiega perché la maggior parte dei virus sia capace di infettare solo particolari cellule (ad esempio quelle della mucosa respiratoria ma non i linfociti) in uno stesso organismo e che tale tessuto-specificità sia anche specie-specifica (il nostro virus del raffreddore non è capace di attecchire nella gola del cane o gatto di casa, o perché la "chiave non si adatta a quella serratura" oppure perché le sue istruzioni di riprogrammazione non sono comprese o efficaci in quel contesto cellulare). L'efficacia infettiva del virus HIV nasce dall'avere come bersaglio le cellule deputate alla protezione dell'organismo cioè i linfociti e i macrofagi.
Nel caso dell'HIV è noto da tempo che nella popolazione umana esistono soggetti definiti "super-resistenti" all'infezione. Alcuni individui ad altissimo rischio infezione (per stile di vita, per partner già infetti, etc) sembravano immuni al virus o magari pur essendo infetti erano capaci di tenere sotto controllo la viremia senza alcun trattamento esterno con il risultato che o del virus non c'era traccia oppure rimanevano sieropositivi senza mai sviluppare l'AIDS.
Si scoprì poi che alcuni di questi soggetti avevano mutazioni nella "porta d'ingresso" del virus. Ma non nella proteina CD4, il bersaglio del "gancio" virale, ma in una delle proteine accessorie che sono a stretto contatto con la CD4.  Le due proteine ausiliarie sono CCR5 e CXCR4, il cui ruolo "naturale" è di corecettori per la normale funzionalità immunitaria (vedi figura --> QUI). Possiamo immaginare il virus che per riuscire a fermarsi sulla e a penetrare nella cellula bersaglio sia costretto oltre ad "aggrapparsi" alla CD4 ad "afferrare" anche (ma non solo) la CCR5 per riuscire a stabilizzare il legame.
I portatori di mutazioni nel gene codificante per la CCR5 (alterandolo o spegnendolo) hanno una innata resistenza a molti ceppi di HIV, senza che questa mutazione si associ ad evidenti problemi di salute o di funzionalità immunitaria. 
Sottolineo "evidenti" essendo contestualizzato alle condizioni di vita attuali. Se il gene fosse inutile o funzionalmente ridondante sarebbe stato eliminato dalla selezione naturale per mancanza di una pressione selettiva nel corso delle migliaia di generazioni dell'evoluzione dell'Homo sapiens. Tra le ipotesi più accreditate quella che giochi un ruolo nella riduzione del rischio di patologie autoimmuni come ad esempio la sclerosi multipla e nella difesa da altri patogeni. In altre parole la sua assenza non ha effetti nell'immediata probabilità di sopravvivenza ma potrebbe fornire sul lungo periodo (su n generazioni) un vantaggio come fitness genetica.
La summa di queste informazioni spiega perché CCR5 sia al centro di protocolli terapeutici miranti a contrastare la diffusione del virus nell'organismo. L'idea in parole semplici sarebbe di sbarrare le porte di ingresso nelle cellule bersaglio dando così tempo ai linfociti di identificare e distruggere (senza essere loro stessi infettati) il virus.
E' bene ricordare però che come tutti i virus anche l'HIV esiste in varianti, alcune delle quali possono fare a meno di CCR5 per "agganciarsi" alla cellula
Comunque sia è proprio su CCR5 che He Jiankui decise di concentrarsi, per "risolvere alla radice il problema" creando umani geneticamente modificati nel gene CCR5 così da essere resistenti all'attacco virale (o meglio a questo virus). Scelta quantomeno ardita per molte ragioni.
  1. Non ha affrontato un bisogno medico reale.  Decidere di disattivare il gene CCR5 poiché il padre delle gemelle era sieropositivo non ha senso, soprattutto se si considera che le bambine non sono risultate infette. E in casi di gravidanze a rischio la procedura comune è quella di usare gli antivirali già approvati. Anche se si fosse deciso di bloccare CCR5 per minimizzare il rischio infezione, ci sono farmaci sperimentali progettati proprio per questo scopo. 
  2. Manca la logica scientifica per spiegare una procedura così drastica. Disattivare CCR5 non conferisce completa immunità all'HIV per il discorso sulle varianti fatto prima. Sebbene le persone con deficit innati nel gene appaiano sane, ci sono indizi di una loro maggiore sensibilità al WNV (virus del Nilo occidentale) e, cosa più preoccupante, un maggior rischio di complicazioni mortali legate ad una "semplice" influenza. Quindi He ha fornito alle gemelle una resistenza ad un virus che avrebbe potuto essere bloccato (in caso di reale necessità) in altri modi senza esporle a rischi imprevedibili per il futuro.
  3. L'editing genetico non è stato fatto correttamente.
    Da quanto si legge dai resoconti di chi era alla conferenza i dubbi non sono di poco conto. I dati completi sono ora sotto esame dei peer reviewers che dovranno decidere sulla "pubblicabilità" quindi si può solo parlare in base ai rumors. Sembra ad esempio che il ricercatore sia riuscito a modificare solo la metà dei geni CCR5 di una delle gemelle. Due sono quindi le possibilità: la bambina è eterozigote per la mutazione (una copia originale e una modificata) o è un mix di cellule contenenti i due geni parentali modificati e altre con i due geni normali (evento chiamato mosaicismo, comune quando la modifica ha funzionato solo su parte delle cellule trattate). Se siamo nel primo caso allora la bambina non avrà alcuna resistenza all'HIV (esprimerà solo meno CCR5); se siamo nel secondo caso la resistenza reale dipenderà dal caso, cioè se le cellule "editate" sono quelle che hanno originato le cellule del sistema immunitario, sarà resistente, altrimenti (ad esempio sono le cellule muscolari ad essere modificate) non godrà di alcuna protezione
    Cosa ancora peggiore da un punto di vista tecnico, la mutazione introdotta non è quella voluta. Il piano era di eliminare una piccola sezione del gene CCR5, imitando una mutazione naturale (chiamata delta 32) che si trova in circa il 10% degli europei. I dati presentati alla conferenza non mostrano però evidenze di quella mutazione: una delle bambine ha una mutazione CCR5 completamente diversa, e l'altra ne ha due. Sebbene localizzate nello stesso gene, si tratta di mutazioni fuori bersaglio e, a meno che i dati sperimentali non lo provino, è sbagliato presumere che queste avranno lo stesso effetto della mutazione "programmata". L'unico modo per testarlo sarebbe di riprodurre le stesse mutazioni in animali e verificare la funzionalità immunitaria (ed eventuali altri effetti). Esperimenti tardivi e che richiedono mesi se non anni per acquisire dati sufficienti. Ovviamente He Jiankui non ha fatto alcuno di questi test.
  4. Consenso informato?  Non è chiaro se i partecipanti alla sperimentazione fossero effettivamente a conoscenza di ciò a cui avevano accettato di partecipare. Il reclutamento delle coppie candidate è avvenuto tramite una associazione di soggetti infetti da HIV. Il progetto sperimentale venne presentato come finalizzato allo sviluppo di un vaccino contro l'AIDS sebbene nei dettagli del consenso si citasse in effetti la CRISPR e l'editing genetico, ma in un linguaggio molto tecnico. Secondo un resoconto pubblicato dalla rivista The Atlantic, poco tempo dopo lo scoppio del caso una rivista cinese (Sanlian Life Week) pubblicò le interviste ad alcuni dei partecipanti allo studio che si erano ritirati, i quali affermarono di non avere idea né del rischio di effetti collaterali né che la tecnica in questione fosse una tecnologia proibita ed eticamente controversa. L'articolo della rivista venne in seguito cancellato dal sito online della rivista ma le copie digitali si sono salvate e sono state tradotte e divulgate. Cosa forse ancora più imbarazzante, il modulo del consenso informato attribuiva al team di He Jiankui tutti i diritti di immagine sull'utilizzo delle foto dei bambini su riviste, calendari, cartelloni pubblicitari, materiale propagandistico, confezione del prodotto e poster in auto e ascensori ... .
  5. Non ha informato l'università e l'ospedale dei suoi test? Al netto di dinieghi di tali enti per coprirsi le spalle, lo stesso He Jiankui ha detto di avere informato solo l'ospedale ma non l'università. Per fare i suoi esperimenti "in tutta tranquillità" si prese un mese di congedo non retribuito. Una riservatezza la sua che stona con il suo investimento nelle pubbliche relazioni, sia attraverso un PR americano che con la produzione di video (5) su YouTube in cui descriveva lo scopo della sua ricerca. Notare bene, mentre era già attivo nelle attività promozionali, nessuna pubblicazione scientifica (o almeno su riviste definibili tali) sul suo lavoro era disponibile.
  6. Chi sapeva? Sebbene non abbia mai esplicitamente parlato delle sue intenzioni ai vari congressi internazionali a cui partecipò (limitandosi alla discussione dei test in laboratorio e sugli animali) è certo che con alcune persone abbia condiviso le sue intenzioni. Alcuni di questi (tra cui noti ricercatori di Stanford e Berkeley) lo sconsigliarono vivamente dall'imbarcarsi in un progetto così a rischio mentre altri come Michael Deem della Rice University furono più ricettivi (o qualcosa di più visto che Deem aveva una piccola partecipazione nelle due società di He, ed è ora sotto inchiesta negli USA).
  7. Enti di controllo. A differenza di altri paesi, la Cina ha una agenzia che si occupa della supervisione di tutte le ricerche mediche condotte nel paese ed è quindi difficile oggi capire chi e quanto sapesse cosa. Negli altri paesi il controllo avviene o ad opera dei rispettivi enti (ciascuno dotato di un proprio comitato etico, che poi risponde di violazioni alla legge). Negli USA tra l'altro la sperimentazione sugli embrioni non è vietata in modo esplicito tranne nei casi in cui i finanziamenti siano di natura federale; è anche vero però che la sola idea di procedere ad un impianto in utero di embrioni senza l'approvazione della FDA è considerato uguale ad immettere sul mercato un farmaco non approvato, cioè è un crimine federale e come tale in grado di dissuadere anche il più border-line tra i ricercatori. La FED americana considera accettabile in linea di principio un intervento per correggere il genoma embrionale ma solo dopo attento scrutinio. Mai si era superata la linea tra il sapere di poterlo fare e il farlo
In tutto questo ci sono persone che hanno approfittato della notizia per sollevare il problema degli OGM, ma si tratta di questioni molto diverse che afferiscono a domande solo in parte coincidenti. Nel caso degli OGM, le domande a cui i ricercatori devono rispondere è il non provocare danni all'ambiente e al consumatore finale e ad oggi NESSUNO studio scientifico ha mai trovato anche la minima traccia di problemi (per intenderci sono anni che il mangime degli allevatori o la soia è OGM).
Nel caso della modifica del genoma umano le domande da porsi ricadono in un ambito totalmente inesplorato e vertono sulle generazioni future. Il passo dalla correzione di una mutazione dannosa al "confezionamento" di bambini progettati ad hoc (scegliendo il colore degli occhi, il carattere, l'intelligenza, etc etc) è breve ... una volta intrappresa questa strada.
In ogni caso se editing si farà dovrà almeno avere solide basi scientifiche, sia come fine che come metodica usata.
Nota. In tutto questo non potevano mancare i difensori di He, anche se con alcune riserve formali (che però a me suonano come "ha fatto solo alcune leggerezze"). Tra questi George Church di Harvard che in una intervista a Science disse che l'unico errore grave di He è stato nella parte burocratica e nella preparazione di una documentazione adeguata. Commento stigmatizzato da molti ma che non sorprende da uno che forse appartiene alla categoria del "non posso farlo qui perché sennò mi arrestano". Altro esempio, questa volta nostrano, quello del vicedirettore dell'Espresso che dall'alto della sua competenza su cose di scienza (...) ha paragonato la vicenda di He a quella di Galileo (sic!) ... . Una vera perla di saggezza radical-chic
*** aggiornamento maggio 2019***

Come prevedibile il superamento della linea rossa per quanto illegale favorisce la comparsa di emulatori in paesi in cui i controlli etici sono meno che formali. E' di pochi giorni fa la notizia che un ricercatore russo, Denis Rebrikov, si è detto pronto a ripetere l'esperimento usando come attenuante quella di permettere la gravidanza (o meglio lo sviluppo di un embrione non infetto) in una donna sieropositiva (--> Nature). Il suo motto è "I think I’m crazy enough to do it".
Tra le criticità, prima discusse, sono emersi nuovi dati che (--> i bambini-GM rischiano una vita più breve del normale) che, sebbene in seguito ridimensionati, denotano i problemi sottostanti ad un uso "leggero" di questi strumenti. 

Articolo correlato --> I bambini OGM sono tra le notizie più censurate in Cina.


*** aggiornamento aprile 2022***
He Jiankui è stato rilasciato.
Un ruolo ancora tutto da esplorare quello di Michael Deem, il ricercatore americano (finora passato sotto i radar) che ha collaborato con il cinese.



Fonti
- Genome-edited baby claim provokes international outcry
Nature
- CRISPR-baby scientist fails to satisfy critics
Nature
- Ten ways in which He Jiankui violated ethics
Nature Biotechnology

La sedicenne che solca gli oceani in vela e chi traversa l'Antartide a piedi

Per solcare gli oceani con la vela o i ghiacci dell'Antartide con gli sci, conta sia la preparazione mentale e fisica che la capacità di pianificare.
Proprio come nella scienza.

***

Lo confesso.
Sono un viaggiatore seriale. L'etichetta ben mi si addice non tanto per i miei più di 70 paesi visitati (tra cui mancano curiosamente, ma anche no, i paesi meta del turismo classico mentre abbondano posti oggi "da evitare") ma per il mio modo di viaggiare pianificato nei modi ma "wild" nei fatti.
Mi sarei trovato, credo, a mio agio nel diciannovesimo secolo come membro di spedizioni come quella di Lewis e Clark, Shackleton, Stanley e Livingstone, etc.
Ma per quanto mi ritenga un viaggiatore sono lontano anni luce dalla scorza, preparazione e capacità di persone impegnate, una nella circumnavigazione in solitaria del globo in barca a vela (e come persona più giovane ad averlo fatto) e l'altra (anzi altre due) la traversata a piedi, anche qui in solitaria, dell'Antartide.

Cosa c'è di scientifico in queste imprese?
La preparazione del fisico, la pianificazione del viaggio e il metodo con cui si accettano le variabili in gioco ma non si lascia nulla al caso. Nessuno scienziato può ritenersi tale se non fa della pianificazione e della comprensione delle variabili, il suo mantra.

Ecco in breve le due imprese e i riferimenti per leggere nel dettaglio le varie fasi dell'avventura.

Laura Dekker
La giovane velista olandese si propose di diventare la più giovane a circumnavigare il globo su una barca a vela in solitaria. Nonostante alcuni impedimenti posti dai tribunali del suo paese (la magistratura non cesserà mai di stupirmi per le velleità di condizionamento) alla fine ottiene il nulla osta e dopo 518 giorni di navigazione completa il percorso ad una età di 16 anni e 123 giorni.
credit: Savyasachi via wikipedia
Nulla è stato lasciato al caso. Nonostante la giovane età al momento della partenza era già una velista esperta. Il viaggio è stato monitorato da un sistema satellitare e l'idea iniziale era quella di non passare in mare più di 3 settimane consecutive sebbene poi si siano raggiunte le 6-7 settimane saltando alcuni punti di stop.
I maggiori pericoli erano sia naturali (stagione monsonica e uragani) che umani (la pirateria al largo della Somalia). Per tali ragioni la rotta fu cambiata (invece di passare per il mar Rosso, si è circumnavigata l'Africa) e durante le stagioni di burrasca è rimasta in porto (ad esempio alle Canarie) o in altro caso tornando a casa per qualche settimana per la scuola (nel resto del tempo studiò da sola durante le traversate).
Perché lo scopo non era quello di fare il giro del mondo più veloce o senza stop (fatto da altri intrepidi) ma di farlo in solitaria entro una certà età, in condizioni di sicurezza e senza rinunciare ai suoi "obblighi" di studio.
Una differenza non da poco perché dimostra responsabilità e pianificazione.

All'inizio il piano prevedeva 26 fermate e 14 incontri con un team di supporto (principalmente familiari) ma data la scarsità di fondi disponibili alla fine il numero di incontri fu ridotto a 5, come quello con il padre in Nuova Zelanda in occasione del 16.mo compleanno.
credit: lauradekker.nl
Se non vedi il video --> youtube

 Potete guardare il film-documentario (Maidentrip) che ne è stato tratto sul sito Fandor
--> https://www.fandor.com/films/maidentrip#

Qui sopra il libro che racconta la sua traversata. Se non vedete l'immagine dovete disabilitare il vostro adblock per Amazon


 Fonti
 Dailymail





Colin O’Brady e Louis Rudd
Due personaggi tra loro molto diversi, Colin O’Brady e Louis Rudd.
Il primo un 33enne atleta diventato tale in seguito ad un incidente con ustioni talmente gravi sulle gambe che si dubitava che potesse tornare a camminare. Una sfida che vinse dedicandosi a sport durissimi come il triathlon prima e sfide come il seven summits (scalare le 7 cime più alte in ciascun continente) e perfino la sfida dei tre poli (polo nord, polo sud e cima Everest in un arco di tempo ancora imbattuto).
L'impresa odierna, la traversata dell'Antartide passando (un'altra volta) per il polo sud.
Cosa guardi per ore quando sei nel mezzo del "nulla bianco"? La bussola
(credit: Colin O'Brady via bendbulletin)
Il profilo di Rudd (49 anni) è più simile all'esploratore dei vecchi tempi. Arruolatosi nei Royal Marines a 16 anni, è ancora in servizio con il grado di capitano. Ma non si tratta (come comune da noi) di militari da scrivania. Ha combattuto in Kosovo, Iraq (3 turni) e Afghanistan (4 turni). La sua ultima "azione" è stata però una sfida con la natura in una impresa dove per quanto dura potesse essere
"nobody’s shooting at me"
e
"unlike the wounds of war, suffering in Antarctica is temporary".
Mai come in questo caso non si può che dare ragione al veterano.
O'Brady e Rudd poche ore prima della partenza da Punta Arenas (credit: NYT)
La cosa curiosa è che la pianificazione è avvenuta in modo indipendente e solo a poche settimane dall'inizio (la finestra temporale per godere del tempo "migliore" è limitata) si resero conto di non essere soli. Dopo una fase di incertezza sia operativa (la traversata dell'Antartide doveva essere in solitaria) che umana (una sfida con se stessi è una cosa, farlo con la consapevolezza di essere in gara è un altro) il "gelo" si sciolse dopo l'incontro a Punta Arenas, punto di partenza del volo cargo per l'Antartide.
Scoprirono di avere in comune l'idea di una sfida con la natura e con se stessi più che con l'altro. 
Nota. Come detto la traversata è "senza supporto" vale a dire che non potevano accettare aiuto (cibo, materiali, ...) fosse anche una tazza di te durante il transito dalla base permanente Amundsen-Scott situata al polo. Quindi tutto il necessario doveva essere caricato sulla slitta da loro stessi trainata, sci ai piedi. Cosa non da poco, soprattutto nei primi giorni con il carico pieno e con dislivelli che nella prima parte arrivano fino a 2800 metri.
L'accordo preso riguardava il punto di partenza (sulla banchina di ghiaccio - spesso 180 metri - a circa 3 miglia dal continente vero e proprio), quello intermedio (il polo) e il traguardo nel Ross Ice Shelf. Sarebbero partiti insieme, anche se a 1 miglio di distanza, perdendosi di vista già dopo pochi giorni nell'immensità del "vuoto bianco" .
Credit: Colin O'Brady instagram

O'Brady e Rudd non sono stati i primi a tentare questo tipo di impresa nei 100 anni da che è iniziata l'esplorazione dell'Antartide. Nel 2016 ci aveva provato un altro ufficiale dell'esercito britannico, Henry Worsley (discendente del Worsley che aveva partecipato al viaggio di Shackleton), il cui tentativo si interruppe a sole 126 miglia dal traguardo quando dovette essere evacuato (morì due giorni per una infezione da congelamento). 
Dopo la morte, Rudd insieme a 6 soldati fecero la parte mancante del percorso per onorarne la memoria.
Nel 2017 fu la volta di Ben Saunders che rinunciò dopo avere percorso 800 delle 1100 miglia complessive.

O'Brady e Rudd sono i primi ad averla portata a termine, in 54 e 56 giorni rispettivamente, e all'interno del tempo pianificato (le provviste erano pensate per coprire circa 1 settimana oltre il tempo stimato).

Il percorso seguito da O'Brady e Rudd (credit: phys.org)


Il dettaglio della traversata, conclusasi lo scorso dicembre, lo trovate sia sul sito di Colin O'Brady (dettagliato)
--> colinobrady.com
che su quello di Louis Rudd
--> lourudd.com/

Un ottimo articolo, con foto e mappe in tempo reale, è presente sul NYT
--> No One Has Ever Crossed Antarctica Unsupported. Two Men Are Trying Right Now.

Qui sopra IL libro di riferimento per chi ama l'avventura in Antartide: la tragica esplorazione di  Ernest Shackleton a bordo della Endurance. Se non vedete l'immagine dovete disabilitare il vostro adblock per Amazon




Ricordo che in Antartide c'è la base Concordia a gestione italo-francese, in cui sono in atto ricerche molto interessanti, i cui risultati sono monitorati dalla NASA in funzione dei viaggi spaziali prossimi venturi (--> La base Concordia)

Quando chi inquina di più (Cina) prende la medaglia di paese "leader" nella lotta all'inquinamento ... c'è qualcosa che non va

Che cosa accomuna la Londra di metà 800, Los Angeles di fine anni '60 e la Pechino attuale? 
Un grave inquinamento dell'aria che almeno nei primi due casi è stato "superato" da contingenze socio-economiche (Londra) e da drastiche politiche che hanno tuttavia richiesto decenni per mostrare i primi effetti. 
Per il resto si tratta di casi che attengono a situazioni diverse sia come posizione geografica (clima) che dal contesto storico. Sebbene siano (state) caratterizzate dall'essere luoghi economicamente e/o politicamente importanti, l'area metropolitana di Los Angeles con poco più di mille abitanti per km² ha ben poco a che spartire con Hong Kong o la Londra di Dickens.
Nota. Mi riferisco qui non alla Los Angeles propriamente detta ma all'area metropolitana di L.A. che con i suoi 12500 km² copre un'area più estesa delle Marche (9500 km²). La densità aumenta se si prende in considerazione il "core" fatto da Los Angeles-Long Beach-Anaheim, un'area in cui la densità abitativa è maggiore di San Francisco o di NYC.
Nonostante il suo clima temperato e il non essere sede di industria pesante (come i bacini carboniferi degli Appalachi o le città industriali dei Grandi Laghi), un mix che ha minimizzato l'inquinamento da riscaldamento o da processi produttivi, alla fine degli anni '60 Los Angeles viveva avvolta in una nebbia malsana dovuta in primis all'inquinamento automobilistico e all'industria leggera che si innestavano su scarsa piovosità e ventilazione.
L.A. a distanza di 40 anni (credit e dati su --> geoprojectgrp)
Se nel caso di Londra (dove l'inquinamento era in grandissima parte dovuto al carbone) il miglioramento fu lento e figlio di molteplici fattori tra cui la creazione di una rete di trasporti efficiente che permise ad un sempre maggior numero di persone che risiedevano forzatamente a Londra per lavoro di spostarsi verso la periferia o cittadine vicine ...
Livelli di particolato in µg/m3 a Londra negli ultimi 3 secoli (credit: ourworldindata)
... nel caso di Los Angeles la svolta avvenne nel 1970 con la legge federale nota come Clean Air Act  centrata sul rigido e progressivo controllo sia delle emissioni industriali che di quelle degli autoveicoli; atto che venne poi rinforzato nel 1990 con norme dirette a contrastare le piogge acide e il buco dell'ozono.

Pechino, o meglio la Cina, sono un caso a sé.
Chiunque abbia viaggiato in Cina nell'ultimo ventennio avrà visto come il problema ambientale non sia mai stato qualcosa di particolarmente sentito e non si tratta di una "insensibilità" moderna (ne parlava già Terzani negli anni '60). Solo recentemente le autorità hanno cominciato ad entrare nell'ordine delle idee di dovere affrontare il problema. Non per una improvvisa consapevolezza ambientale ma perché le stime attuali indicano in 1 milione le morti premature e in 38 miliardi di dollari annui i danni causati dall'inquinamento. L'onnipresenza di cittadini dotati di mascherine è un chiaro segno che il problema è reale (vedi --> Pollution in China e l'articolo sul --> South China Morning Post).
Credit: BBC via pinterest
C'è una differenza importante tra questi tre casi: tutti e tre hanno (avuto) pesanti effetti sulla popolazione locale ma solo il terzo (vedi figura sotto) sta contribuendo in maniera decisa al riscaldamento globale attraverso una quantità di gas serra immessi nell'atmosfera in un decennio paragonabile a quella di tutti i paesi occidentali negli ultimi 50 anni.

Per ingannare il tempo di un viaggio transcontinentale mi sono posto una domanda politicamente scorretta, cioè quanto pesa il nostro (europeo) inquinamento e quindi quale è, al di là della retorica, il vero contributo di investimenti annuali dell'ordine di miliardi di euro quando magari il risultato è di abbassare di mezzo punto il valore locale, se altri paesi continuano ad inquinare. Una domanda tutt'altro che banale se si pensa che i media sono capaci di scrivere paginate sulla non ratifica da parte degli USA di qualche comma di Parigi-2020 ma sottacere sui guasti provocati dai paesi del BRIC.
Nella scienza sono sempre i numeri che devono parlare e non le personali convinzioni o, peggio, ideologie..

Un dato affidabile viene da un recente articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature in cui spicca il seguente grafico.

Come detto, sono abituato a guardare i dati prima e poi a leggere le conclusioni nell'articolo perché sono i dati a dovere parlare e non le interpretazioni.
Il grafico è abbastanza chiaro. Sono rimasto però sorpreso dalla frase riassuntiva che campeggia in cima alla figura.
Ho virgolettato "sorpreso" perché da qualche anno il gruppo editoriale a cui appartiene Nature ha scelto di occuparsi (come evidente dai suoi editoriali) di questioni politiche o volte al politicamente corretto invece che di scienza pura. 
Se i numeri dicono chiaramente che le emissioni causanti l'effetto serra a partire dal 2001 (l'anno dell'ingresso della Cina nel WTO) sono maggioritarie ed ammontano a più del doppio del cumulo delle restanti, dall'altra il testo riassuntivo della figura riporta una versione edulcorata che dice che EU+USA+CINA+India sono responsabili di più del 56% delle emissioni globali nell'ultimo decennio. Peccato che in quel 56% i 2/3 siano da attribuire alla Cina e il trend non induce all'ottimismo.

Quello che si evince è che la EU nel suo complesso investe miliardi di PIL per ridurre le emissioni dell'1% in un decennio, un guadagno "mangiato" dalla curva della sola India (che a differenza della Cina è meno esposta al consumo di combustibile fossile per riscaldamento domestico).
Che gli USA figurino tra i cattivi e il leader cinese tra i più convinti sostenitori (a parole) della lotta ai gas serra (ma anche in favore della globalizzazione ... chissà come mai) ha un che di surreale se si usano i numeri come guida. 
Il problema delle emissioni e del cambiamento climatico è serio e come tale va affrontato. Poco utile giocare a fare i virtuosi con medaglie virtuali quando i miasmi del vicino di casa (sulla Terra siamo tutti "vicini") superano la staccionata per entrare nelle nostre case.
Non è mai un buon segno quando i dati vengono"letti" a seconda della convenienza o dei dettami geopolitici del potente di turno (la Cina che oggi condiziona la politica di molti paesi grazie al controllo dei bond e della bilancia dei pagamenti).

Fonte
-  Nations must triple efforts to curb greenhouse-gas emissions
Nature / news (12/2018)

Le prime rocce marziane inviate sulla Terra verranno dal cratere Jezero

E' di qualche settimana fa l'annuncio della NASA della scelta del sito su Marte in cui verranno prelevate, nel corso della missione Mars 2020, per la prima volte delle rocce da riportare sulla Terra per analisi approfondite.

Si tratta di Jezero un cratere largo 45 chilometri che secondo i ricercatori ospitava in tempi remoti un lago di acqua (precisazione non ovvia quando si parla di altri pianeti). Il luogo ideale insomma dove cercare tracce, verosimilmente fossili, di vita marziana.
Foto scattata dal Mars Reconnaissance Orbiter in cui si vedono gli effetti dell'acqua fuoriuscita dal cratere in tempi remoti. (Credit: NASA/JPL/JHUAPL/MSSS/Brown University)
Jezero è un cratere meteoritico risalente ad almeno un miliardo di anni fa, che si riempì successivamente di acqua (dato estrapolato dalla tipologia di rocce presenti). Acqua presente in quantità non trascurabili visto che sono evidenti le tracce di fuoriuscita oltre i bordi del cratere. Tra le rocce presenti, particolare interesse va alle rocce carbonatiche la cui chimica aiuterebbe a capire la cronistoria dell'interazione tra l'atmosfera marziana e l'acqua del lago.


Proprio la variegata geologia dell'area in cui sorge Jezero ha fornito a quest'ultimo il vantaggio decisivo nella "gara" con altri siti candidati come Northeast Syrtis e Columbia Hills, precedentemente percorse dal rover Spirit tra il 2004 e il 2011.

La partenza della missione Mars 2020 con a bordo il rover da 2,4 miliardi di dollari è prevista per luglio 2020 con atterraggio su Marte nel febbraio 2021. Il rover trasporterà 37 provette e varie componenti da installare sul braccio robotico in grado di perforare la roccia ed estrarne sottili "carote" cilindriche che verranno stoccate in attesa di una missione di recupero ancora da definire.
La NASA non ha ancora presentato infatti il piano dettagliato sulle modalità di rientro dei campioni sulla Terra. L'idea più accreditata è quella di inviare una missione (sempre robotizzata) sul pianeta già alla fine del 2020.

Un altro punto da decidere è se e quali altri siti, oltre a Jezero, verranno visitati dal rover. Alcuni scienziati sono molto interessati ad un sito distante 28 chilometri, in una località nota come Midway, in cui sono presenti alcune delle rocce più antiche presenti su Marte. Ad oggi la velocità media dei rover che hanno solcato la superficie marziana è intorno ai 180 metri all'ora, quindi al netto di un percorso non troppo incidentato, dovrebbe metterci come minimo una settimana.

Maggiori dettagli seguiranno nei prossimi mesi

Articolo precedente sul tema --> Missione Insight  oppure seguire il tag --> Missione Marte


Fonte
- NASA Announces Landing Site for Mars 2020 Rover

- Jezero Crater or Bust! NASA Picks Landing Site for Mars 2020 Rover

- Mars 2020 landing site offers unique opportunities

***
Un bel libro sui viaggi (e perigli) marziani prossimi venturi. Molto tecnico a tratti ma a me piace così




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