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Il processo endosimbiontico che ha originato mitocondri e cloroplasti è in atto ancora oggi

Il processo simbiontico che ha originato cloroplasti e mitocondri non è un unicum evolutivo che si perde nella notte dei tempi ma è in atto anche oggi. 
Dove? L'ameba Paulinella chromatophora (quindi un protista) ha un cianobatterio come simbionte obbligato, cioè una simbiosi talmente avanzata che il batterio non potrebbe più vivere al di fuori della cellula ameboide in quanto alcuni dei suoi geni sono già stati trasferiti nel genoma dell'eucariote. 
Paulinella chromatophora (credit: arcella.nl)

In altre parole il cianobatterio sta compiendo la stessa strada (ed è già a buon punto) che lo porterà a diventare un cloroplasto.
Nota. Un processo simile è avvenuto eoni fa al mitocondrio con il risultato di una simbiosi talmente perfetta da avere trasferito al nucleo (quindi al genoma cellulare) parte delle informazioni genetiche necessarie al proprio funzionamento. Ne abbiamo parlato negli articoli dedicati alla controparte reale dei midichlorians,  i depositari della "Forza" nel regno immaginifico creato da Star Wars.
Eventi di questo tipo sono catalogati simbiogenesi primaria. Si parla invece di simbiogenesi secondaria quando un eucariote eterotrofo "arruola" indirettamente un cloroplasto "schiavizzando" un Archeaplastidia cioè eucarioti autotrofi divenuti capaci di fotosintesi nel Cambriano dopo avere catturato (e conservato al suo interno senza digerirlo) un batterio autotrofo.
Gli Archeaplastidia comprendono alghe rosse, alghe verdi e glaucofite

***

Pianeta neonato (ma gigante) a soli 350 anni luce da noi

Grazie ai dati ricavati nell'ambito della Missione Gaia, gestita dalla ESA, i ricercatori del Rochester Institute of Technology hanno individuato un esopianeta a 330 anni luce dal Sistema solare. 
Non il più vicino tra quelli finora scoperti ma, per ora, il il più giovane tra quelli prossimali. L'articolo è stato pubblicato sul Research Notes of the American Astronomical Society.

Bene precisare che non si tratta di un pianeta "colonizzabile", anche se fossimo in grado di raggiungerlo, essendo un pianeta che oltre ad essere ancora in fase di formazione, ha una massa 10 volte quella di Giove, cosa che lo posizionerebbe tra Giove e una nana bruna (a tutti gli effetti una stella "fallita").
Rappresentazione artistica di un pianeta in formazione
(Credit: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC-Caltech)
Il nome, invero molto burocratico, è 2MASS 1155-7919 b (la lettera alla fine indica il pianeta, mentre la prima parte è la stella) e si trova nella costellazione del Camaleonte. Il pianeta orbita intorno ad una giovane stella di soli 5 milioni di anni, una neonata se paragonata al nostro Sole (circa 5 miliardi di anni), e alla considerevole distanza di 600 UA (1 UA e' la distanza Terra-Sole) che su scala del nostro sistema vorrebbe dire a metà strada tra la eliopausa e la Nube di Oort.
Come questo giovane mondo alieno gigante possa essere finito così lontano dalla giovane stella progenitrice è un mistero che gli scienziati sperano di risolvere in futuro.

Il dato è  interessante perché come è come avere un telescopio verso il passato con cui guardare la genesi dei pianeti nei sistemi stellari neonati.

Precedenti articoli tematici sul blog riguardo la ricerca degli esopianeti --> QUI 


Fonte
- Identification of the Youngest Known Substellar Object within ~100 pc
A, Dickson-Vandervelde et al. (2020) Research Notes of the American Astronomical Society



Il "suono" del vento solare registrato dalla sonda Parker

Torniamo sulla missione Parker a distanza di qualche mese dal suo primo passaggio vicino al Sole, nella serie di orbite concentriche che lo porteranno ad arrivare al limitare della corona solare.
L'occasione è la diffusione dei primi dati analizzati.
Credit: JHUAPL
Lanciata nell’agosto 2018 la missione ha come scopo primario individuare il modo in cui l’energia (quindi anche il calore) si muove attraverso la corona solare e capire cosa accelera il vento solare e con esso le particelle energetiche "sparate" verso lo spazio.
Il percorso di avvicinamento della sonda Parker al Sole (credit: Phoenix7777)

In questi mesi la sonda Solar Parker ha registrato il suono del vento solare convertendo le fluttuazioni energetiche in suoni artificiali, più facili da comprendere per i non addetti ai lavori ,con un effetto degno dei migliori film di fantascienza .
Una precisazione quest'ultima non secondaria visto che sui giornali si parla del "suono caratteristico del vento solare" quando è altresì ovvio che nella spazio vuoto il suono NON esiste essendo una percezione del nostro orecchio a variazioni di pressione dell'aria (e nello spazio vuoto, non c'è aria che possa giustificare una variazione pressoria). Citando una celebre frase del film Alien "Nello spazio nessuno può sentirti urlare " proprio perché il suono non può essere trasmesso.
Il vento solare non è quindi una variazione di pressione dell'aria indotta ma è un flusso composto da elettroni, protoni e ioni più pesanti che viene proiettato verso l'estero alla velocità di 470 km/sec (=1,7 milioni di kmh o usando termini più sensati in astrofisica 0,0015 volte la velocità della luce)

Come fa la sonda Parker a catturare il "suono" del Sole? Grazie al FIELDS, uno strumento che intercetta le fluttuazioni elettriche e magnetiche prodotte dalle onde nel plasma solare.

Grazie a questa sonda sarà possibile conoscere da vicino la nostra stella, un dato che ci fornirà informazioni sul campo magnetico, plasma e particelle energetiche, oltre a registrare immagini del vento solare.

Alcuni dettagli sulla missione
La Parker Solar Probe viaggerà attraverso l'atmosfera del Sole, più vicino alla "superficie" di qualsiasi sonda del passato, affrontando brutali condizioni di calore e radiazione.
La fase di avvicinamento al Sole sfrutterà l'effetto fionda gravitazionale di Venere durante sette passaggi in sette anni. La navicella volerà attraverso l'atmosfera del Sole fino a 4,8 milioni di km dalla sua "superficie", ben all'interno dell'orbita di Mercurio e più di sette volte più vicina di qualsiasi altra sonda del passato.

La traiettoria di avvicinamento al Sole (credit: Phoenix7777)

La navetta volerà abbastanza vicino al Sole da "vedere" il vento solare accelerare da subsonico a supersonico, passando nella zona dove vengono "sparate" verso lo spazio le particelle solari ad alta energia. Per sopportare queste condizioni (temperature al di fuori del veicolo spaziale che raggiungono poco meno di 1400 °C), la sonda si avvarrà di uno scudo composito di carbonio spesso circa 12 cm.
Durante il passaggio attraverso la parte più esterna dell'atmosfera solare, nota come corona, la sonda effettuerà una serie di misurazioni e di foto, molto attese dalla comunità scientifica per aiutare a comprendere l'origine e l'evoluzione del vento solare. Non semplici curiosità scientifiche ma informazioni decisive per la nostra capacità di prevedere i cambiamenti che le fluttuazioni energetiche solari hanno sulla vita e sulla tecnologia terrestre.

Perché studiare il sole e il vento solare?
Innanzitutto perché il Sole è l'unica stella a portata di mano, e il suo "comportamento" influenza direttamente la nostra esistenza. Il vento solare, per inciso, colpisce la Terra con particelle ad alta energia a velocità superiori a 500 km al secondo; è solo grazie al campo magnetico terrestre che siamo protetti e la cui interazione possiamo ammirare con le aurore boreali. Il problema diventa ben più reale per i satelliti nelle orbite esterne e, nel caso di picchi di attività solari, per gli astronauti sulla stazione orbitale.
Le variazioni del vento solare impattano il campo magnetico terrestre pompando energia nelle fasce di radiazione, che si ripercuotono poi  nell'atmosfera terrestre con un effetto noto come tempo meteorologico spaziale.
Lo spazio meteorologico può impattare sui satelliti alterandone l'orbita, accorciandone la vita o interferendo con l'elettronica di bordo. In una epoca in cui il viaggio spaziale (anche turistico) diventerà sempre più frequente, diventa imperativo comprendere questo ambiente proprio come i primi navigatori oceanici dovettero capire gli alisei e le corrente marine.
La missione è gestita dal Goddard Space Flight Center della NASA e dal Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (JHUAPL).


Fonto
-  Parker Solar Probe
- Parker Solar Probe Team Hears First Whispers  of the Solar Wind's birth
JHUAPL



Riconoscimento facciale a lungo raggio e al buio. Lavori in corso

L'Army Research Lab, il  dipartimento hi-tech dell'esercito USA, sta lavorando ad un sistema di riconoscimento facciale a lungo raggio funzionante anche al buio.
Credit: USPTO/Polaris via onezero.medium.com
I soldi impiegati ($ 4,5 milioni) sono anche abbastanza contenuti se pensiamo al budget della Difesa, ai soldi usati dalla R&D della Silicon Valley e soprattutto alle importanti applicazioni sul campo.
Lo scopo è sviluppare una tecnologia di riconoscimento facciale capace di mappare (quindi leggere e ricostruire) il calore emesso dai volti così da identificare persone specifiche.
Non si tratta di un leak di notizie ma dalla semplice analisi dei contratti pubblicati sul database di spesa federale per progetti del biennio 2019-2021.
I sistemi di riconoscimento oggi in uso in campo militare necessitano di un upgrade in quanto le tecnologie si basano  su immagini generate da telecamere standard, non molto diverse da quelle presenti su un iPhone. Quello che serve è un sistema che analizzi le immagini a infrarossi, il che aumenterebbe di molto la capacità risolutiva. Ma non solo. I sensori devono poter funzionare  in teatri operativi reali capaci di "vedere" attraverso il vetro di un parabrezza (molto utile quando vi è rischio auto bombe presso check points) e obiettivi poco visibili (controsole, in penombra o per la presenza di nebbia).
Per essere utile tale tecnologia dovrebbe essere incorporata in un dispositivo abbastanza piccolo da essere trasportato e usato da un singolo individuo, e capace di operare da una distanza tra 10 e 500 metri e di confrontare i risultati con una black-list (rischio alto) o anche white-list (soggetti "amici"). Identificare le persone che transitano 500 m da un luogo di alta sicurezza farebbe dormire sonni più tranquilli a tutti.
Un esempio di come una immagine "incompleta" (bruciata o buia) se comparata con un DB di immagini validate potrebbe DB di immagini validate potrebbe fornire conferma sull'identità della persona in avvicinamento
(credit: William Parks and Benjamin S. Riggan via dsiac.org).
Altro esempio di ricostruzione immagine
(credit:  USPTO/Polaris via onezero.medium.com)


Fonti
- Army Develops Face Recognition Technology That Works in the Dark
Defense System Information Analysis Center (disiac.org )
- The Military Is Building Long-Range Facial Recognition That Works in the Dark


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