CC

Licenza Creative Commons
Questo opera di above the cloud è concesso sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.
Based on a work at scienceabovetheclouds.blogspot.com.

The Copyright Laws of the United States recognizes a “fair use” of copyrighted content. Section 107 of the U.S. Copyright Act states: “Notwithstanding the provisions of sections 106 and 106A, the fair use of a copyrighted work (...) for purposes such as criticism, comment, news reporting, teaching, scholarship, or research, is not an infringement of copyright.”
Any image or video posted is used according to the fair use policy
Ogni news è tratta da articoli peer reviewed ed è contestualizzata e collegata a fonti di approfondimento. Ben difficilmente troverete quindi notizie il cui contenuto sia datato.
QUALUNQUE link in questa pagina rimanda a siti sicuri!! SEMPRE.
Volete aiutare questo blog? Cliccate sugli annnunci/prodotti Amazon (se non li vedete, disattivate l'Adblocker mettendo questo sito nella whitelist. NON ci sono pop up o script strani, SOLO Amazon). Visibili in modalità desktop! Se poi decidete di comprare libri o servizi da Amazon, meglio ;-)
Dimenticavo. Questo blog NON contiene olio di palma (è così di moda specificarlo per ogni cosa...)

Visualizzazione post con etichetta Psichedelici. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Psichedelici. Mostra tutti i post

Ketamina. Anestetico, droga, antidepressivo e ... probabile causa morte di Matthew Perry

Tempo fa ho descritto il più recente esempio di drug-repurposing, il processo con cui una sostanza usata per tutt'altri fini viene ripensata, previa modifica della molecola o del dosaggio, come farmaco per malattie "orfane", prive cioè di adeguati strumenti terapeutici.
La ketamina è una molecola nata come anestetico per gli animali, divenuta poi droga "ricreativa" (termine che detesto in quanto fuorviante) e infine (anche) preziosa risorsa per il trattamento della depressione resistente alle terapie standard.
Credit: Verywell / JR Bee
È di questi giorni la notizia che il compianto attore Matthew Perry era diventato dipendente dalla ketamina nell'ultimo mese di vita e che la sua morte per annegamento sia direttamente riconducibile ad una paralisi causata dalla droga. Una notizia che rinforza una nozione che dovrebbe essere ovvia: qualunque farmaco, specie quelli ad alto rischio (oppiacei, etc) va usato sotto attento monitoraggio medico e l'abuso "ricreativo" non porta mai ad esiti felici.
Image: The Independent
Vale quindi la pena usare l'articolo odierno per riassumere quello che si sa sui meccanismi con cui la ketamina esplica la sua azione.

La ketamina agisce principalmente bloccando i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA) nel cervello, di tipo eccitatorio, il cui funzionamento è essenziale per la normale funzione cerebrale. Inibendo questi recettori, questa molecola produce effetti anestetici e analgesici.
In aggiunta a questa azione si è scoperto che la ketamina interagisce con altri recettori e vie nervose, tra cui i recettori degli oppioidi, sistemi monoaminergici e i canali del calcio voltaggio-dipendenti.

I principali effetti della ketamina comprendono (a seconda del dosaggio) l'azione antidepressiva a lungo termine, eccitazione ed euforia, effetti dissociativi fino ad arrivare ad allucinazioni.

Effetti antidepressivi
Il blocco del recettore NMDA porta a un rapido aumento dei livelli di glutammato (neurotrasmettitore eccitatorio) che attiva i recettori AMPA, promuovendo la plasticità sinaptica e la formazione di nuove connessioni neurali. Altra conseguenza del blocco dei recettori NMDA l'innesco di una cascata di cambiamenti biochimici che causano una maggiore produzione di BDNF ("fattore neurotrofico derivato dal cervello"), vero motore della neuroplasticità il cui aumento è associato al miglioramento dell'umore e delle funzioni cognitive.

La ketamina inibisce l'attivazione ripetuta della abenula laterale (LHb), una regione del cervello associata a emozioni negative e depressione. Questo è il meccanismo principale che spiega il suo rapido e duraturo effetto antidepressivo.

Allucinazioni / Effetti dissociativi
Il blocco dei recettori NMDA (che hanno un ruolo chiave nell'integrazione delle informazioni sensoriali) può provocare un blocco della normale elaborazione sensoriale, portando a effetti dissociativi e allucinazioni.
Anche l'aumento dei livelli di glutammato, con l'anomala attivazione di altri recettori, contribuisce ad anomalie percettive.

Paralisi muscolare e analgesia
Anche qui ad essere coinvolto è il blocco del recettore NMDA, data la sua centralità nella trasmissione dei segnali nel sistema nervoso centrale.
A dosi basse la ketamina produce uno stato di ipnosi lieve, sollievo dal dolore e alterazioni delle percezioni visive e uditive.
Aumentando la dose può comparire un effetto dissociativo (noto come k-hole), cioè l’illusione di essere separati dall’ambiente esterno o da se stessi. In questa fase è presente anche blanda paralisi muscolare che, associata ad altre situazioni (essere in una vasca) può avere effetti nefasti.
A differenza di altri anestetici (tipo gli oppiacei) la ketamina non sopprime i riflessi respiratori. Possono però presentarsi effetti collaterali come aumento del battito cardiaco, vertigini, nausea e sogni vividi. 



***
"Allucinazioni". Un classico di Oliver Sacks



Il rospo del deserto di Sonora non è l'unico animale che può provocare allucinazioni

Del rospo "psichedelico", e dei problemi che sta vivendo dopo l'articolo del NYTimes, ne ho scritto in precedenza e lì vi rimando per una trattazione completa.
Oggi amplio un poco il tema trattando di altri animali che, se maneggiati incautamente, danno gli stessi effetti collaterali.

Rana scimmia gigante (Phyllomedusa bicolor)
Habitat: bacino amazzonico; Sud America.
credit: TimVickers
Superfluo ricordare che, essendo un anfibio, il suo nome nulla ha a che fare con i noti animali marini (Cnidaria). Il nome deriva dal greco “phyllo” (foglia o fogliame) e “medousa” (regina o protettrice), quindi significa “regina/guardiana del fogliame”.
La cute produce una secrezione che nella forma essiccata, nota come kambô, e applicata su tagli o bruciature pelle, viene usata da alcune tribù come medicina e/o rituali sciamanici; negli anni si è diffusa anche nelle città fino ad essere proibita non tanto per i suoi minimi (e poco caratterizzati) effetti allucinogeni ma per l'elevato rischio di tossicità.
I dubbi sulla reale azione psichedelica vengono dal fatto che il kambô non attiva il recettore 5-HT2A, una proteina che rileva il messaggero chimico serotonina, come invece fanno le sostanze psichedeliche.
Le secrezioni avrebbero la finalità "rituale" di aumentare la resistenza dei cacciatori mentre la funzione originale (quella evolutasi nella rana) è di provocare nei predatori rigurgito, convulsioni e un cambiamento nella funzione cardiaca.
La composizione della secrezione è ancora poco caratterizzata per quanto riguarda quale fra le varie molecole (circa 200 peptidi) presenti siano i veri effettori

Spugna bucherellata (Verongula rigida)
La spugna bucherellata (traduzione letterale visto che non ho trovato il suo nome in italiano) e alcune altre spugne tra cui Smenospongia aura e Smenospongia echina producono 5-bromo-DMT e 5,6-dibromo-DMT e in quanto tali (la dimetiltriptamina o DMT è un allucinogeno) sono potenzialmente in grado di produrre effetti allucinogeni.
È noto che la spugna bucherellata concentra nei suoi tessuti sostanze chimiche chiamate monoammine dotate di azione neuromodulatrice. Questi composti non solo danno il sapore amarognolo alla spugna (già di suo un dissuasore per i predatori) ma possono anche alterare il comportamento nei pesci cocciuti limitando così il danno per la spugna a piccoli morsi prima di indurre il malcapitato a cambiare dieta.
Uno studio del 2008 sui ratti ha evidenziato una azione antidepressiva per il  5,6-dibromo-DMT mentre il 5-bromo-DMT mostrava proprietà sedative. 
Dato l'attuale interesse per la riscoperta di droghe modificate per uso terapeutico (su tutte l'approvazione della ketamina), non mi stupirebbe scoprire che alcune aziende stanno attivamente lavorando per selezionare prodotti da usare come antidepressivi, ansiolitici o antidolorifici.

Formica mietitrice californiana (Pogonomyrmex californicus)
Credit: Matt Reala
Il veleno della formica mietitrice californiana è costituito da enzimi non noti per indurre allucinazioni ma associati ad essi per come gli indigeni locali le usavano durante i loro rituali. Resoconti etnografici del secolo scorso riportano che le persone inghiottivano centinaia di formiche vive avvolte come palline all'interno di piume d'aquila, cosa che rende più che probabile che venissero morse dall'interno del tratto orofaringeo/esofago (dubito che fossero ancora vive nello stomaco).
Secondo gli studiosi, il dolore associato ad un tal numero di morsi di formiche, associato al freddo, al digiuno e alla privazione del sonno che caratterizzavano quei rituali, innescava allucinazioni e/o visioni mistiche insieme ad intorpidimento nella zona del morso. Uno stato che durava dalle 4 alle 8 ore.
Un morso di una di queste formiche è sufficiente ad uccidere un topo.
Il loro veleno serve come difesa dai grossi predatori, come piccoli mammiferi e lucertole.

Salpa (Sarpa salpa)
Varie sono le specie di pesci che possono causare allucinazioni uditive e visive se mangiati. Tra questi alcuni cavedani, i pesci pagliaccio e la salpa che userò qui come esempio essendo presente nel Mediterraneo.
Credit: Brian Gratwicke
Noto anche agli antichi romani come "pesce dei sogni", fatto che suggerisce i suoi potenziali effetti collaterali dopo averlo mangiato (ittioalleinotossismo). Sebbene rari sono stati documentati casi di intossicazione (Clinical Toxicology, 2006). Tra questi il caso di un quarantenne che dopo avere mangiato la salpa al forno ha in seguito avuto allucinazioni di animali urlanti e di artropodi giganti che circondavano la sua auto; sintomi durati 36 ore con cure mediche.
Non è noto quale sia il (o i) composto responsabile e alcuni ricercatori ipotizzano che si tratti di sottoprodotti derivati dalla dieta del pesce.
Importante sottolineare che questo fenomeno è diverso da altre forme di avvelenamento da pesce, i cui esempi classici sono quello del pesce palla e della ciguatera, entrambi causati da tossine prodotte da microbi simbionti nel pesce o dall'anisakis cioè pesce mangiato crudo e infetto da nematodi. 
All'interno del pesce palla sono ospitati batteri simbionti  che producono la tetrodotossina (TTX), neurotossina che può causare paralisi e morte. La ciguatera invece è causata dall'ingestione di alimenti di origine marina contaminati da una tossina, di origine non batterica, nota come ciguatossina, presente in molti microrganismi (in particolare il dinoflagellato Gambierdiscus toxicus). Può causare diarrea, vomito e debolezza, nonché un disturbo sensoriale inverso, in cui le cose calde sembrano fredde e viceversa. In entrambi i casi non si hanno allucinazioni. 
Rimane da capire se questi allucinogeni presenti nella salpa siano incidentali (dovuti alla sua dieta) oppure fungano da deterrente per i predatori.

***


Libro in cui si tratta, con piglio giornalistico/antropologico delle 4 principali piante con attività psicotropa (credit: Amazon)

Funghi allucinogeni per trattare la dipendenza da alcol?

Negli ultimi anni si sono accesi i riflettori sul potenziale utilizzo terapeutico di alcune droghe (naturali o sintetiche) per la terapia in ambito psichiatrico o nelle dipendenze.
Vi rimando sull'argomento ai precedenti articoli sulla ketamina (approvata per la depressione resistente ai farmaci) e sugli allucinogeni in generale.
Ultimo arrivato è uno studio (pubblicato su Brain) che mostra le prospettive di utilizzo della psilocibina, il principio attivo dei funghi allucinogeni, per il trattamento della dipendenza da alcol.
image from myscience.org
Nell'articolo gli autori riportano l'analisi dell'espressione di alcuni geni, noti per essere coinvolti nella dipendenza da alcol, in un'area del cervello chiamata nucleus accumbens. Questa regione svolge un ruolo centrale nella dipendenza, collegando le sensazioni piacevoli della droga alla motivazione a cercarla e ad assumerla.
Tra i dati ottenuti quello forse più inatteso è la lateralizzazione cerebrale negli effetti della psilocibina, con una modificazione dell'espressione di alcuni geni (aumento o diminuzione) nella parte sinistra o destra del nucleus accumbens.
Il nucleus accumbens (NAc) diviso nella parte sinistra e destra, e anteriore/posteriore.
Per verificarne gli effetti i ricercatori hanno iniettato la psilocibina nel NAc di ratti anestetizzati, per valutarne gli effetti sull'espressione genica e in particolare nella produzione dei recettori delle molecole alla base del circuito della ricompensa. Da qui la scoperta della diminuzione dell'espressione dei recettori 5HT-2A della serotonina) solo nel NAc sinistro e, cosa ancora più interessante, un effetto che provocava il dimezzamento dell'assunzione spontanea di alcol (effetto assente se la psilocibina veniva iniettata nel NAc destro).
Gli effetti allucinogeni della psilocibina sono legati alla sua azione sui recettori della serotonina 5-HT2A che vengono iperprodotti dopo l'assunzione.

Prova finale per dimostrare il coinvolgimento di questi recettori 5-HT2A, misurare gli effetti della psilocibina sul consumo di alcol dopo averli "inattivati" usando un bloccante specifico come la ketanserina. A conferma della predizione l'infusione del bloccante nel NAc sinistro eliminava l'effetto di riduzione dell'alcol mentre nessun cambiamento avveniva dopo infusione nel NAc destro.

Tra gli effetti fisiologici indotti dalla psilocibina, l'aumentata espressione nel NAc di ratti alcolizzati, dei recettori della dopamina D2. Poiché sappiamo già che nella dipendenza da alcol, sia gli animali che gli esseri umani mostrano una diminuzione dell’espressione dei recettori D2, questi risultati potrebbero anche spiegare come faccia la psilocibina a contrastare la dipendenza: ripristinando l’espressione di questi recettori.

Il prossimo passo sarà quello di mappare la lateralizzazione degli effetti in modo più preciso e verificare se può essere generalizzata ad altri psichedelici (LSD, DMT, ecc.). In un futuro prossimo si potranno sviluppare trattamenti mirati al NAc mediati da questo allucinogeno per gli alcolisti che non riescono a resistere al richiamo dell'alcol.


Fonte
Psilocybin reduces alcohol self-administration via selective left nucleus accumbens activation in rats.


***


Letture consigliate in ambito neuroscienze e genetica (link associato al miglior prezzo su Amazon)





Rospi psichedelici ... ma anche no

Il rospo del deserto di Sonora (Incilius alvarius) ha la particolare peculiarità di essere diventato un oggetto del desiderio tra fricchettoni e adepti New Age grazie alla sua capacità, mediata da secrezioni cutanee, di alterare la mente.
Incilius alvarius
In verità tale capacità, ne scriverò a breve, non è del tutto provata se non come avente azione neurologica (cosa diversa dal produrre sensazioni psichedeliche come ad esempio fanno i funghi allucinogeni)
Vi rimando al precedente articolo sul tema (-> "Farmaci psichedelici")
Comunque sia tale proprietà (complice anche un articolo apparso sul New York Times) non sta facendo per nulla bene ai rospi che si sono trovati inseguiti (e a volte sequestrati) da cercatori di esperienze   psicogene tanto che qualche mese fa il National Park Service degli Stati Uniti si è visto costretta ad pubblicare un messaggio sui social media chiedendo ai visitatori del parco di “astenersi dal leccare” il rospo.
Oltre al danno/disturbo per i poveri rospi inseguiti dai novelli hippies, c'è anche il rischio di effetti collaterali gravi per gli umani dato che le secrezioni cutanee possono causare se ingerite (assorbite attraverso le mucose), anche l'arresto cardiaco.
Non solo lo stress da inseguimento ma anche il loro "rapimento" concorre a rendere la vita difficile ai rospi. Trasferiti al di fuori del proprio territorio natale rende loro difficile l'adattamento al nuovo ambiente diminuendone la sopravvivenza. A questo aggiungiamo che raccogliere e stipare in un ambiente limitato un gran numero di rospi aumenta il rischio di trasmissione di malattie come il fungo chitride.
Usare i rospi per farsi un "trip" non è in verità nulla di nuovo ma il numero di persone coinvolte si è impennato dopo l'articolo del NYT. Per decenni, le persone hanno raccolto le secrezioni per poi fumarle una volta essiccate. Il principale effettore dell'effetto psicotropo è il 5-MeO-DMT, che una volta inalato può causare allucinazioni uditive e visive; un effetto che le è valso il soprannome di "molecola di Dio".

Perché i rospi abbiano evoluto (e soprattutto selezionato) una molecola con siffatti (per quanto da dimostrare**) effetti non è del tutto chiaro. Vero che un gran numero di specie di rospi (e alcune rane come quelle appartenenti all'ordine Phyllomedusa) secerne tossine dalla loro pelle ma un conto è una sostanza "repellente" e un altro una sostanza psicotropa. Una ipotesi è che tali secrezioni, i cui composti specifici variano da specie a specie, si sono  probabilmente evolute come un modo per mantenere umido il corpo del rospo. Nel corso del tempo, i composti, che hanno mostrato attività neurologica (e non solo) se ingeriti in sufficienti quantità, hanno fornito un valore aggiunto (quindi selezionati) per la capacità di sopravvivenza rendendosi non appetibili ai predatori.

Il rospo Incilius alvarius sembra aver fatto un ulteriore passo nella sua fabbrica di molecole repellenti grazie ad un enzima, presente nell'essudato, che converte la bufotenina, un composto prodotto anche da altri rospi, in 5-MeO-DMT, una molecola simile alla dimetiltriptamina (DMT), un noto allucinogeno.
Ecco allora che quando uno di questi rospi avverte una minaccia secerne sula il suo cocktail molecolare  sia dalle ghiandole parotoidi (dietro ciascun occhio) che da altre ghiandole sulle zampe. 
Un chiaro messaggio al predatore che suona come "non mangiarmi! Non ho un buon sapore! E forse te lo ricordi". Se ingerite in grandi quantità da un potenziale predatore, le tossine possono causare coma e morte da arresto cardiaco.
In verità non c'è un vero accordo sul fatto che questa secrezione sia da considerarsi psichedelica (per definizione deve avere anche altre proprietà oltre a quelle allucinogene) invece che "solo" psicotropa.
Il termine psichedelico deriva dal greco ed indica “estensione della mente”. Non basta quindi un senso inebriante. Ci sono varie molecole/droghe (siano esse stimolanti o depressivi) che alterano la percezione/attività cerebrale senza però lasciare nel fruitore una sensazione di "avere visto oltre l'immaginazione o avere avuto intuizioni nuove" come invece descrive chi assume sostanze tipo LSD etc.

 Confusione rafforzata anche da uno studio del 2020 pubblicato su Scientific Reports. Studio statisticamente poco affidabile per il basso numero partecipanti, metà dei quali riferì (in base a esperienze precedenti legati all'assunzione della "droga" di aver avuto un'esperienza spirituale e in alcuni casi, visione di "luce" come tipico dei veri allucinogeni.

Lo studio è di tipo osservazionale retrospettivo. Gli autori dell'articolo hanno raccolto le testimonianze dai fruitori che avevano assunto la droga prima dell'inizio dello studio.
La 5-MeO-DMT pare avere una azione agonista sulla via serotoninergica, mediata dall'interazione con il recettore 5-HT2A, proprio come altri allucinogeni. Uno studio condotti sui topi mostra effetti nella plasticità neuronale ma una attività "psicotropa" inferiore rispetto alla psilobicina.

Un dato interessante viene dalla sua attività antidepressiva. La ricerca di varianti molecolari prive della componente allucinogena potrebbe aprire la strada (come è stato fatto con la ketamina) per nuovi farmaci.


Fonti
5-MeO-DMT modifies innate behaviors and promotes structural neural plasticity in mice
Pol Puigseslloses et al,  Mol Psychiatry. 2024 Mar 14

Acute and subacute psychoactive effects of Kambô, the secretion of the Amazonian Giant Maki Frog (Phyllomedusa bicolor): retrospective reports
Timo Torsten Schmidt et al, Scientific Reports volume 10, Article number: 21544 (2020)


***

Libro in cui si tratta, con piglio giornalistico/antropologico delle 4 principali piante con attività psicotropa (credit: Amazon)

Nomen omen?




I farmaci "psichedelici". Una risorsa di cui però si ignora il meccanismo di azione

Ne ho scritto in passato (a partire dall'approvazione della ketamina come antidepressivo) quindi non dico nulla di nuovo citando gli studi in dirittura d'arrivo su farmaci derivati da molecole con attività non solo psicotropa ma psichedelica (vedi i funghi allucinogeni). Studi mirati a verificare l'efficacia del trattamento (riduzione dei sintomi) senza però che sia compreso a fondo il loro meccanismo d'azione cerebrale.
Illustration by Kasia Bojanowska
Il tutto nasce dall'utilizzo (plurisecolare se non millenario) da parte di alcune culture di droghe naturali a scopi rituali e terapeutici. Esempi in tal senso sono la psilocibina (da funghi allucinogeni), la mescalina (presente nel peyote, una pianta succulenta del Messico), l'ibogaina (estratta dalla corteccia di un arbusto centro-africano). 
Libro in cui si tratta, con piglio giornalistico/antropologico delle 4 principali piante con attività psicotropa (credit: Amazon)


Già alla fine degli anni '50 si iniziarono studi per determinare in modo rigoroso il loro potenziale terapeutico come antidepressivi, che però vennero in gran parte terminati quando queste e altri allucinogeni sintetici (ketamina, LSD, MDMA, ...) quando queste sostanze furono vietate o sottoposte a forte controllo nella maggior parte dei paesi. 
Si è dovuto attendere l’inizio degli anni 2000 per nuovi studi clinici che confermarono sia il potenziale terapeutico che la possibilità di usare versioni modificate di queste molecole, depauperate della loro attività allucinogena così da evitare rischio dipendenze e abusi.

Il 2019 ha segnato un momento importante di queste sperimentazioni quando una variante della ketamina (più sicura e priva di effetti allucinogeni) ha ricevuto il via libera da parte della FDA come  trattamento per il disturbo da stress traumatico (PTSD). Lo scorso maggio (2023) l'Oregon ha aperto il suo primo centro di trattamento per la somministrazione di psilocibina, risultato però di un percorso diverso cioè della decisione dello Stato di legalizzarla (la psilocibina rimane invece illegale negli altri stati). Negli ultimi mesi una organizzazione di ricerca senza scopo di lucro ha chiesto formalmente alla FDA l'approvazione della MDMA (nota anche come ecstasy) per il PTSD in base a due studi che ne hanno evidenziato la capacità, previa somministrazione sotto stretto controllo, di ridurre i sintomi più velocemente di altri trattamenti oggi disponibili.

Ci sono però alcune ombre in questi risultato legati sia ai limiti della sperimentazione animale per farmaci ad uso psichiatrico che (conseguenza del precedente e dei forti vincoli nel loro utilizzo sugli umani) le grandi lacune nella conoscenza del meccanismo d'azione di MDMA e di altre sostanze psichedeliche. Il recente cambiamento normativo che ha reso "più semplice" usare/studiare queste droghe sugli umani aiuterà a fare luce su alcuni meccanismi ma ci vorranno anni per avere un quadro paragonabile a quello dei farmaci non psichiatrici approvati. La comprensione del meccanismo del farmaco è inoltre un passaggio obbligato per disegnare molecole che mantengono la funzione terapeutica ma più sicure e private della loro componente allucinogena.

Alcune informazioni aggiuntive.
Da un punto di vista farmacologico, la parola “psichedelico” si riferisce storicamente a molecole con attività allucinogena (ad es. psilocibina, LSD, etc) che si legano ad uno dei vari recettori della serotonina chiamato 5-HT2A presente sulla superficie dei neuroni. Sebbene tale definizione non includa sostanze come ketamina o l’ibogaina, queste droghe sono spesso raggruppate insieme alle sostanze psichedeliche sia negli articoli di ricerca che sui media. Perfino il tetraidrocannabinolo, il principio attivo della cannabis, è talvolta catalogato come sostanza psichedelica. Va da sé che il permanere di tale definizione vaga, combinata con la mancanza di reagenti e protocolli standardizzati, può rendere difficile per i ricercatori confrontare il loro lavoro con quello pubblicato da altri colleghi.
Aggiungiamo poi il fatto che sostanze "psichedeliche" come ketamina e MDMA, sono funzionalmente "sporchi" perché interagiscono con molti tipi di neuroni e molecole nel cervello. Perfino gli psichedelici classici (LSD e psilocibina) interagiscono, anche, con recettori diversi dal 5-HT2A.

La recente "promozione" della ketamina da anestetico veterinario, (mal)usato come droga da party dagli umani, a farmaco antidepressivo è conseguenza della sua capacità di legare e bloccare il recettore NMDA, recettore ionotropico del glutammato presente sulla membrana dei neuroni e che gioca un ruolo essenziale nella plasticità sinaptica e nel consolidamento della memoria. Con il blocco si innesca una serie di eventi molecolari che, in modo inatteso (vale a dire non previsto dalle conoscenze precedenti), contrastano lo stato depressivo. Alcuni studi hanno ipotizzato che il tutto sia conseguenza dell'azione di un prodotto di degradazione della ketamina che va a legare a un recettore non ancora identificato.
Un recente articolo ha provato che la ketamina può rimanere intrappolata nel recettore NMDA e sopprimere, in alcune regioni del cervello, l’attività del recettore fino a 24 ore, il che potrebbe spiegare la potenza e velocità del suo effetto rispetto ai classici antidepressivi.

Alcuni ipotizzando che tutte le droghe "psichedeliche" potrebbero avere qualcosa in comune, anche se non utilizzano il recettore della serotonina. Una conferma in questa direzione viene da studi che hanno mostrato che tutte queste sostanze si legano (anche) al recettore di un fattore di segnalazione cerebrale noto come fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), coinvolto nella crescita dei neuroni e nel ricablaggio del cervello.
Vero che anche gli antidepressivi classici, come il Prozac (fluoxetina), si legano al recettore, ma il legame è fino a 1000 volte più debole rispetto agli psichedelici, il che spiega perché uno sembri migliorare i sintomi in poche ore, mentre gli altri richiedano molti mesi.
In verità sebbene non tutti i ricercatori concordano con il ruolo prominente del recettore BDNF, vi è accordo sul fatto che le droghe psichedeliche aumentino la plasticità cerebrale, consentendo ai dendriti e agli assoni che formano i circuiti neurali di diversificarsi e creare nuove connessioni. La plasticità potrebbe aiutare una persona depressa a vedere il mondo in un modo diverso, o aiutare una persona con PTSD a disconnettere i propri ricordi traumatici da una risposta di paura. Vero però che la plasticità in sé e per sé non è necessariamente una buona cosa: ci sono buone ragioni per cui il cablaggio del cervello si sviluppa in questo modo e mantiene connessioni tra esperienze ed effetti.
Ad esempio alcune condizioni patologiche come autismo e schizofrenia, potrebbero (talvolta) derivare da un’eccessiva plasticità del cervello. Inoltre, tutti i tipi di droga, comprese la cocaina e le anfetamine, possono indurre una sorta di plasticità e tutto noi conosciamo l'effetto negativo (fisico e psichico) indotto da queste sostanza.
Forse la ketamina induce un particolare tipo di plasticità che consente ai neuroni di regolare la loro attività di fronte a uno stimolo che normalmente li influenzerebbe in un certo modo. A differenza dei meccanismi di plasticità che rafforzano o indeboliscono specifiche connessioni neuronali durante l’apprendimento e la memoria, questa plasticità omeostatica consente ai neuroni di combattere contro fattori che cercano di cambiarli. In questo modo, la ketamina potrebbe fornire al cervello gli strumenti di cui ha bisogno per mantenere uno stato sano. Se questo meccanismo si rivelasse vero, la ketamina potrebbe servire da “Stele di Rosetta” per comprendere come funzionano altre sostanze psichedeliche.
Altri scienziati, tuttavia, non pensano affatto che le sostanze psichedeliche influenzino direttamente la plasticità. Piuttosto, potrebbero sbloccare qualcosa noto come metaplasticità, rendendo i neuroni più suscettibili a uno stimolo che induce plasticità, ad esempio un ormone. Questa teoria darebbe maggiore importanza ad altri fattori – l’interazione sociale, per esempio, o la rivisitazione di un ricordo traumatico – nel rimodellare i neuroni e formare nuove connessioni.
In un esperimento di somministrazione ai topi di queste sostanze (MDMA, ibogaina, LSD, ketamina o psilocibina) si sono osservati risultati comportamentali interessanti. I topi trattati sono diventati più disposti a dormire in uno scompartimento con altri (chiaro segno di riduzione di stress) e l’effetto è durato per settimane. Poiché i topi adulti non tendono a cambiare il loro comportamento sociale, la scoperta suggerisce che i farmaci psichedelici sono stati in grado di riaprire il “periodo critico”, la fase in cui i topi giovani imparano ad associare la socialità a qualcosa di positivo. Nello stesso studio si è  anche scoperto che i neuroni degli animali trattati hanno iniziato a esprimere un insieme di geni coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare, una zona che che funge da “malta” tra i neuroni: il rimodernamento libera i dendriti e gli assoni dando loro la capacità di formare nuove connessioni.
Ma proprio come la plasticità, troppa metaplasticità potrebbe essere dannosa “fondendo il cervello”: rompendo i circuiti neurali guadagnati con fatica, causando convulsioni e amnesia e distruggendo la capacità di apprendere. 

Questi studi potrebbero portare innovazione anche in aree apparentemente diverse della neurofisiologia. I ricercatori stanno verificando se nei topi queste sostanze riescano ad aprirealtri periodi critici. L’apertura di un periodo critico nella corteccia motoria, ad esempio, potrebbe allungare il periodo di tempo in cui le persone che hanno avuto un ictus possono trarre beneficio dalla terapia fisica. Le sostanze psichedeliche potrebbero aiutare le persone a recuperare i sensi perduti o indeboliti oltre il breve intervallo temporale oggi accettato per iniziare una terapia di recupero.

Se però il contesto è essenziale, l’esperienza allucinogena stessa potrebbe essere necessaria per aprire i periodi critici sopra citati.
Vero anche che l'esketamina, la versione modificata della ketamina approvata per la terapia antidepressiva (necessita di dosaggio molto inferiori e questo evita gli effetti collaterali della droga), non è inferiore alla ketamina per cui è possibile agire sulla riduzione degli effetti allucinogeni.
Non è necessario ingerire un farmaco per avere un cambiamento neurochimico, abbiamo continuamente cambiamenti neurochimici causati dalla nostra esperienza e la psicoterapia stessa funziona (anche) attraverso l'indizione di cambiamenti epigenetici.
Ecco allora che forse il farmaco potrebbe semplicemente migliorare la capacità della terapia di cambiare permanentemente la prospettiva di una persona. Una ipotesi non condivisa da altri ricercatori secondo i quali gli effetti diretti delle sostanze psichedeliche sul cervello sono parte fondamentale della loro efficacia terapeutica.


Tra i problemi della sperimentazione clinica in ambito psichiatrico il ben noto "effetto placebo" che (a differenza delle malattie in altri distretti corporei) può da solo rendere conto dell'80% dell'effetto terapeutico.
L'effetto placebo lo si osserva nei gruppi di controllo in doppio cieco dove sia il medico che il paziente non sanno se la "pillola" è un farmaco o un placebo. Chiaramente il problema diventa ancora più importante se il trattamento farmacologico è associato ad un effetto intenso che palesa immediatamente al paziente cosa ha ricevuto. Per cercare di minimizzare questi condizionamenti la FDA ha approvato un sistema per gli studi sull’MDMA in cui gli psichiatri, che non sono coinvolti nella somministrazione della terapia, valutano il miglioramento dei sintomi di ogni persona senza sapere chi ha ricevuto il farmaco.
Una misurazione del problema placebo viene dai ricercatori di Heifets Labs che hanno sviluppato un modo  per quantificare l’intensità dell’effetto placebo; il team di ricerca ha testato la ketamina su persone sottoposte a intervento chirurgico che erano state messe sotto anestesia e incapaci di sperimentare gli effetti dissociativi del farmaco. Le persone che escono dall’intervento chirurgico spesso sperimentano sintomi di depressione accentuati. Ma i ricercatori hanno scoperto che, indipendentemente dal fatto che un paziente avesse ricevuto ketamina o un placebo, i suoi sintomi miglioravano se pensavano che avrebbero potuto assumere il farmaco: l’aspettativa stessa di ricevere il farmaco stesso avrebbe potuto migliorare il loro umore.

Articolo precedente sul tema "Il farmaco psichedelico che spegne la PTSD"

Una potente droga psichedelica "spegne" i sintomi dello stress post-traumatico

Le droghe psichedeliche come l'MDMA e la psilocibina, il composto allucinogeno presente nei funghi magici, sono da qualche tempo sotto i riflettori per il loro potenziale terapeutico in psichiatria.
Vedi in proposito articoli sul blog come "Rave party, sballo chimico e terapia depressione"
Ora, un piccolo studio condotto su veterani affetti da stress post-traumatico (PTSD) suggerisce che un potente, ma poco studiato, farmaco psichedelico chiamato ibogaina potrebbe trovare impiego per i danni conseguenti a traumi cerebrali (TBI). In estrema sintesi i veterani che si sono sottoposti in autonomia al trattamento hanno mostrato una riduzione dei sintomi di oltre l’80%.

L'articolo, pubblicato su Nature Medicine, ha tuttavia dei forti limiti dovuti sia alle procedure osservazionali che al limitato numero di soggetti coinvolti, oltre alla mancanza di un gruppo di controllo.

L'ibogaina è ricavata dalla corteccia di un arbusto (Tabernanthe iboga) originario dell'Africa centrale, dove viene utilizzato per scopi rituali. Del meccanismo di azione della molecola si sa poco essendo sottoposta a forte controllo in molti paesi e come tale un problema per i ricercatori; a questo si aggiunge il rischio legato a a irregolarità fatali del battito cardiaco. Ad oggi è principalmente usata nella terapia della dipendenza e astinenza da oppioidi.
La mancanza di terapie universali per i pazienti affetti da PTSD ha riportato l'interesse per l’ibogaina.
Uno dei ricercatori coinvolti nello studio aveva sentito parlare di veterani che cercavano l'ibogaina per attenuare i sintomi del trauma cranico (di tipo cognitivo e fisico) seguendone alcuni per monitorare gli effetti da loro sperimentati dopo l'assunzione della droga in una struttura in Messico, dove l'uso del farmaco non era soggetto a restrizioni. Importante sottolineare che i ricercatori non hanno avuto alcun ruolo nella somministrazione del farmaco ma hanno solo registrato i resoconti dei fruitori. A scopo precauzionale i partecipanti hanno ricevuto un integratore di magnesio insieme alla sostanza psichedelica per minimizzare il rischio di effetti collaterali cardiaci.

Un mese dopo il trattamento, i partecipanti mostravano una riduzione media dell’88% dei sintomi di disturbo da stress post-traumatico, dell’87% dei sintomi della depressione e dell’81% dei sintomi dell’ansia. In media, i partecipanti presentavano una disabilità da lieve a moderata prima del trattamento, che scompariva nel mese successivo, come valutato da un sondaggio sulle loro capacità cognitive, mobilità e altre funzioni.

Nessuno dei partecipanti ha manifestato effetti collaterali cardiaci. Lo studio rientra nella tipologia “prova del concetto” sul potenziale del farmaco. Il passo successivo sarà studiare se il farmaco può conferire un beneficio a lungo termine e utilizzare neuroimaging e biomarcatori per valutare come funziona il farmaco.

Gli unici dati in tal senso oggi disponibili vengono da studi sui topi in cui si è dimostrato che l'ibogaina potrebbe riaprire temporaneamente un "periodo critico" (nome dato alle finestre temporali normalmente osservate durante lo sviluppo iniziale in cui il sistema nervoso è particolarmente malleabile). La ibogaina mantiene il periodo critico per almeno quattro settimane, rispetto alle due settimane osservate con una droga simile, psilocibina, ottenuta da funghi allucinogeni.

Dato lo stadio più che preliminare dello studio è verosimile che MDMA e psilocibina, in fase avanzata di sperimentazione, siano candidati migliori nel breve termine mentre l'ibogaina richiederà anni di studio per determinarne l'efficacia e la sicurezza.

Articolo su temi correlati "Farmaci psichedelici e meccanismi ignoti"

Fonte
Magnesium–ibogaine therapy in veterans with traumatic brain injuries
Kirsten N. Cherian et al, (2024) Nature Medicine


Le scoperte scientifiche fortuite che hanno fatto la differenza

Nel precedente articolo ho sottolineato il ruolo delle scoperte fortuite nell'innovazione (--> "Il nero più nero"). Qui è l'intuito dello scienziato più che la programmazione meticolosa a fare la differenza nel vedere "oltre". Serendipità o anche vedere una porta che si apre quando un risultato sperimentale dava risultati che parevano chiudere la strada ad un dato progetto. 
Nota. Gran parte delle scoperte scientifiche nascono da una scrupolosa pianificazione sperimentale e con un chiaro obiettivo in mente. Ma spesso capita di trovare qualcosa di inatteso o di non desiderato (risultati negativi che negano l'ipotesi di partenza); un tale risultato può portare alla cancellazione del progetto in corso (ad esempio durante la sperimentazione dei farmaci) oppure la rinascita del progetto con nuovi fini se l ricercatore abbia intravisto potenziali applicazioni in altri ambiti (Talidomide e Viagra sono due esempi).
Sia in ambito fisico che bio-chimico e medico gli esempi sono innumerevoli. Limitiamoci a 18 scoperte scientifiche accidentali che però hanno cambiato il mondo.
Le migliori innovazioni possono venire da eventi imprevisti.

1. Il forno a microonde
Percy Spencer
Nel 1946 Percy Spencer, ingegnere della Raytheon Corporation, stava lavorando a un progetto relativo ai radar. Durante il test di un nuovo tubo a vuoto, si accorse che una barretta di cioccolato che aveva in tasca si era sciolta più di quanto fosse lecito attendersi data la temperatura. Incuriosito iniziò a fare test puntando il tubo su altri oggetti, come uova e chicchi di mais. La sua conclusione fu che il calore che gli oggetti in qualche modo "percepivano" proveniva dall'energia delle microonde. La strada per ottenere uno strumento vendibile fu linga: il primo modello sviluppato pesava 340 kg ed era alto 168 cm! Occorsero quasi 20 anni perché nel 1965 fosse disponibile il primo modello da cucina.


2. Chinino
Il chinino è un composto antimalarico ricavabile dalla corteccia degli alberi.
Cinchona
Oggi è più comune come additivo dell'acqua tonica, ma in formulazioni adeguate è ancora un ingrediente dei farmaci antimalarici. I missionari gesuiti in Sud America usavano il chinino per curare la malaria già nel 1600, sebbene non conoscessero nulla della molecola in sé. La storia della scoperta vuole sia avvenuta quando un febbricitante andino affetto da malaria in marcia nella giungla si fermò a bere da una pozza d'acqua alla base di un albero cinchona (Quina-Quina).
All'inizio temette di avere fatto la cosa sbagliata a causa del sapore amaro dell'acqua (in natura associato a veleni), ma accadde il contrario. La sua febbre si attenuò e riuscì a trovare la strada di casa e condividere la storia dell'albero curativo. 


3. Raggi X
W. Roentgen
Nel 1895 Wilhelm Roentgen , un fisico tedesco, stava lavorando con un tubo a raggi catodici.
Nonostante il tubo fosse coperto, si accorse che uno schermo fluorescente vicino si illuminava quando il tubo era acceso e la stanza era buia. Una "misteriosa" energia colpiva in qualche modo lo schermo. Roentgen cercò dapprima di schermare i raggi interponendo coperte e altri schermi capaci di bloccare la luce ma senza alcun successo. Si accorse poi che mettendo la mano davanti al tubo poteva vedere le proprie ossa nell'immagine sullo schermo. Sostituì lo schermo con una lastra fotografica creando così la radiografia a raggi X (X appunto perché misteriosi).
Sfortunatamente, sarebbe passato del tempo prima che i rischi dell'esposizione ai X fossero compresi.


4. Radioattività
H. Becquerel
Nel 1896 Henri Becquerel, incuriosito dalla scoperta dei raggi X, decise di studiare l'eventuale correlazione tra essi e la fosforescenza, una proprietà naturale di alcune sostanze che le fa emettere luce.
Partendo dall'idea che la fosforescenza fosse generata dai raggi X del Sole, Becquerel utilizzò i sali di uranio esposti alla luce perché sperava convinto che questi potessero convertire tali raggi in luce. Il giorno dell'esperimento il cielo era coperto per cui convinto che non avrebbe portato a nulla mise via le lastre e si ripromise di rifare il test in una giornata con cielo terso.
Tuttavia quando alla fine sviluppò le lastre scoprì che le immagini ottenute erano ugualmente chiare di quelle fatte al Sole: l'uranio emetteva i raggi anche senza essere "eccitato". Da qui iniziò lo studio della radioattività naturale.


5. Il Velcro
George de Mestral
Nel 1941, l'ingegnere svizzero George de Mestral era intento in una escursione alpina con il suo cane.
Al suo ritorno a casa, mentre spazzolava il cane si mise ad osservare con cura i semi della pianta erbacea bardana rimasti attaccati al pelo e ai suoi vestiti. Notò che i semi erano rivestiti da piccoli ganci grazie ai quali aderivano facilmente a molte superfici. Non aveva mai avuto intenzione o interesse nello sviluppare un sistema di fissaggio tra tessuti ma la visione di quei mini-ganci gli diede l'idea di creare il materiale che ora conosciamo con il marchio Velcro. Materiale divenuto popolare decenni dopo quando la NASA decise di adottarlo.


6. Saccarina
La saccarina, il dolcificante artificiale oggi usato in associazione con altre molecole, è circa 400 volte più dolce dello zucchero.
Constantine Fahlberg
Fu scoperto nel 1878 alla Johns Hopkins University da Constantine Fahlberg, mentre lavorava sul catrame di carbone. Dopo una lunga giornata in laboratorio, tornò a casa senza lavarsi le mani (cosa molto comune al tempo se si pensa che nemmeno i medici lo facevano prima di operare ...) e iniziò a cenare. Dopo avere preso un involtino come spuntino notò che era stranamente dolce; la stessa cosa capitava con tutto quello che toccava mentre il gusto era normale quando il cibo era preso con una posata. Tornò in laboratorio e iniziò ad assaggiare i composti della giornata (!!!) fino a quando non identificò la fonte tra i risultati di un esperimento che aveva combinato l'acido o-solfobenzoico con il cloruro di fosforo e l'ammoniaca.
Uomo fortunato, assaggiare sostanze chimiche in laboratorio non è ovviamente cosa da fare a meno che tu non sia il capostipite della cucina molecolare come lo chef Ferran Adrià.
Dovettero passare anni prima che dalla scoperta si passasse al suo utilizzo (il concetto di dieta era di là da venire, anche per le classi medio-alte). Nel 1907 i diabetici iniziarono ad usarlo al posto dello zucchero ma il vero punto di svolta si ebbe con il razionamento dello zucchero durante la prima guerra mondiale e la ricerca di sostituti di facile produzione. Finita la guerra il boom lo si ebbe con l'inizio dell'era del binomio salute-dieta.


7. Il pacemaker
Nel 1956, Wilson Greatbatch era intento alla creazione di un dispositivo per la registrazione del ritmo cardiaco. Mentre armeggiava con i fili prese dalla scatola il resistore sbagliato per completare il circuito; se ne accorse subito perché le dimensioni non combaciavano ma procedette lo stesso. Notò che il circuito emetteva degli impulsi elettrici la cui frequenza gli fece pensare a quella del battito cardiaco.
Wilson Greatbatch
Greatbatch pensava già da tempo che la stimolazione elettrica potesse essere usata per stimolare i circuiti del cuore qualora ci fosse stato un "guasto"; il nuovo dispositivo aggiunse il tassello mancante ad una idea rimasta nella periferia dei suoi pensieri. Doveva ora "solo" crearne una versione abbastanza piccola da essere utilizzabile come stimolatore su una persona. Cominciò a ridurre il suo dispositivo e nel 1958, una versione del suo pacemaker fu testata con successo su un cane con disfunzioni cardiache.


8. LSD
Albert Hofmann
La scoperta della molecola che tanto successe ebbe nei psichedelici anni '60 è di Albert Hofmann.
L'acido lisergico fu inizialmente isolato da un fungo che cresce sulla segale. Nel 1943 Hofmann la assaggiò (di nuovo !?) accidentalmente durante la fase di purificazione; ne seguì un senso di irrequietezza e stordimento per cui tornò a casa per riposarsi. Lì sprofondò "in una specie di ubriachezza che non era spiacevole e che era caratterizzata da una intensa capacità di immaginazione". Incuriosito, provò la sostanza in modo consapevole per registrarne gli effetti nel dettaglio e tornò a casa in bicicletta (che dire sull'attitudine folle degli scienziati di un tempo?). Sopravvissuto al ritorno a casa, divulgò la notizia ed è così che la LSD divenne nota al pubblico. Tra i più affezionati seguaci di questa droga cito solo Timothy Leary (per inciso, il padrino di Winona Ryder).
Se in un primo tempo la sostanza acquisto notevole popolarità nella terapia psicologica dopo la sua messa al bando rimase nella nicchia dei fruitori di droghe "psichedeliche". Solo recentemente ne è ricominciato lo studio sistematico nel trattamento di diverse patologie psichiatriche, in particolare ansia e depressione specie nel contesto di patologie inguaribili o invalidanti, disturbi ossessivi, dolore cronico.


9. Play-doh
Noah McVicker
Non doveva essere un giocattolo. L'argilla, progettata da Noah McVicker quando lavorava in un'azienda di saponi, doveva servire come detergente per la carta da parati. Un prodotto assolutamente utile al tempo, quando il carbone imperava e il suo naturale prodotto, la fuliggine, finiva per ricoprire le pareti di casa (oltre che i polmoni).
Il prodotto argilloso sviluppato da McVicker faceva il suo dovere; bastava passarla sulle pareti e la fuliggine scompariva. Fortunatamente per noi e sfortunatamente per la sua azienda il progresso portò prima la carta da parati lavabile con acqua e poi la proibizione di usare il carbone come materiale di combustione nelle città. Ma prima che i McVicker cessassero l'attività, un provvidenziale episodio invertì il destino oramai segnato dell'argilla; un insegnante di scuola materna di nome Kay Zufall aveva sentito dire che i bambini usavano spesso a casa quel materiale per giocarci e fare decorazioni. Lo portò in classe e i suoi bambini lo adorarono da subito. Venuti a conoscenza dell'inatteso utilizzo, i McVickers decisero di renderlo più adatto ad un uso ludico, rimuovendo in primis ogni traccia di detergenti e poi aggiungendo dei coloranti. Passaggio finale la scelta del nome suggerita dallo stesso Zufall: invece del previsto Kutol's Rainbow Modeling Compound il ben più accattivante Play-doh.


10. Penicillina
Nel 1928 Alexander Fleming, un professore di batteriologia al St. Mary's Hospital di Londra, notò che la muffa aveva iniziato a crescere sulle sue piastre di Petri in cui stava crescendo colonie di batteri Staphylococcus (un evento scocciante come noto a chiunque abbia usato i batteri in laboratorio). 
Mentre cercava di salvare qualcuna delle sue colonie notò che in prossimità della muffa i batteri non crescevano. Il caso volle che la muffa in questione appartenesse ad un ceppo alquanto raro, Penicillin notatum, capace (si scoprì poi) di produrre la penicillina come arma anti-batterica. Fleming capì che una sostanza in grado di bloccare la crescita dei batteri poteva fornire accesso a terapie fino all'ora impossibili (ogni ferita poteva portare alla cancrena).
Pochi anni dopo (poco prima dell'inizio della guerra) la penicillina per uso medico divenne una realtà.


11. Viagra
Il sildenafil, principio attivo del farmaco, era stato pensato dalla Pfizer come farmaco per la cura dell'angina pectoris. Durante la sperimentazione clinica emersero i noti effetti (totalmente indesiderati nel contesto) per cui la sperimentazione venne interrotta. Il farmaco venne rivalutato come finalità e rimodulato per la terapia della disfunzione erettile (e non solo). Un "incidente" di percorso che ha generato la classica gallina dalle uova d'oro per l'azienda.

12. Insulina
Nel 1889, due medici dell'università di Strasburgo stavano cercando di capire in che modo il pancreas fosse coinvolto nei processi digestivi; per farlo utilizzarono alcuni animali ai quali venne rimosso chirurgicamente (oggi è sufficiente una iniezione per "disattivarlo"). Alcuni giorni dopo, notarono che in prossimità dell'urina lasciata dall'animale brulicavano molte mosche evidentemente attratte da qualcosa che prima dell'intervento l'urina non conteneva. Le analisi di laboratorio dimostrarono che i livelli di zucchero erano nettamente più alti e questo spiegava l'attrazione esercitata sulle mosche. Quindi era la perdita di funzionalità del pancreas la causa di una malattia umana caratterizzata dalla "dolcezza" dell'urina (da cui il nome diabete mellito). Ci vollero altri anni per comprendere quale fosse il prodotto del pancreas che regolava la glicemia. Il risultato venne da una serie di esperimenti fatti a Toronto tra il 1920 e il 1922, grazie al quale i ricercatori isolarono una secrezione pancreatica che chiamarono insulina (che poi si scoprì essere una proteina), scoperta premiata con il premio Nobel. Nel giro di un anno, la società farmaceutica Eli Lilly iniziò a produrre e vendere insulina, salvando milioni di persone da morte per "consunzione" (l'unico trattamento, palliativo, prima di allora era una dieta priva di zuccheri).


13. Gomma vulcanizzata
Charles Goodyear (credits)
Erano anni che Charles Goodyear cercava un modo per trasformare la gomma in un qualcosa di più utilizzabile. Tanto per iniziare non doveva congelare d'inverno e non doveva liquefarsi al sole. Aveva investito tutto ciò che possedeva in questa ricerca ma ancora nulla di utile e la sua famiglia era sull'orlo della miseria e non riusciva nemmeno a portare il cibo in tavola.
Ad un certo qualcosa avvenne e fu qualcosa di casuale. Goodyear versò un poco di acido nitrico su una gomma per rimuovere il colore dorato precedentemente usato. Il risultato fu che la gomma diventò nera e, frustrato, la gettò nella spazzatura. Quando tornò per recuperare il materiale scoprì che era diventato duro all'esterno e più liscio e asciutto di qualsiasi altra gomma prodotta in precedenza. Non era ancora sufficiente perché una volta messa su fuoco vivo continuava a sciogliersi.
Ed è qui che la storia comincia a essere meno chiara. La narrazione vuole che in seguito ad una emozione incontrollata abbia lanciato in aria la gomma trattata accidentalmente con lo zolfo che poi atterrò su una stufa. Invece di scogliersi si carbonizzò creando una sostanza quasi coriacea, impermeabile e resistente al calore. Ulteriori test lo convinsero che poteva migliorare di molto la resa scaldando la miscela di gomma e zolfo con vapore. Il processo di vulcanizzazione della gomma era iniziato e Goodyear non vide più davanti a sé lo spettro della fame.


14. Corn Flakes
John Kellogg
La ricetta per i Corn Flakes nacque nel 1894 da un tentativo fallito di cuocere il grano. A quel tempo, John Kellogg era il sovrintendente medico in un ricovero per lungo degenti, di proprietà della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, e si convinse della necessità di creare una dieta per i residenti,che unisse i precetti salutisti ai dettami religiosi (tra cui stile di vita naturale e vegetarismo).
Un giorno misero a bollire del grano, ma lo lasciarono accidentalmente cuocere troppo a lungo. Quando se ne accorsero e lo tolsero dal fuoco, scoprirono che quando cercavano di stendere l'impasto il grano tendeva a formare delle scaglie e che queste avevano un invitante gusto croccante. Dopo un po' di tentativi realizzarono che lo stesso effetto poteva essere ottenuto usando mais (ben più economico e prodotto localmente) anziché grano. La ricetta per i Corn Flakes era nata.


15. Teflon
Roy Plunkett
Nel 1938 Roy Plunkett era un dipendente della Dupont Company intento allo sviluppo di nuovi refrigeranti, tra cui il gas tetrafluoroetilene (TFE). Un giorno tornò ad aprire un cilindro in cui aveva immagazzinato questo gas, fu sorpreso dallo scoprire che il TFE si era polimerizzato a formare una polvere bianca sul fondo del contenitore.
Curioso, Plunkett condusse alcuni esperimenti e scoprì che la polvere non solo era resistente al calore, ma aveva anche un basso attrito superficiale ed era inerte agli acidi corrosivi. Un mix ideale per rivestire il fondo delle pentole.


16. Super colla
Harry Coover Jr. stava testando diverse miglioramenti della plastica con lo scopo di renderla trasparente per usarla per i mirini delle armi (era in corso la seconda guerra mondiale). 
Harry Coover Jr
Mentre stava sviluppando una classe di sostanze chimiche nota come acrilati, scoprì che il prodotto risultava troppo appiccicoso per essere utile, quindi abbandonò quell'approccio. Anni dopo, siamo nel 1951, Coover era di nuovo alle prese con gli acrilati ma questa volta con l'intento di produrre un rivestimento resistente al calore per le cabine di pilotaggio dei jet. Un giorno, un collega versò uno dei composti tra due lenti allo scopo di misurare la variazione della rifrazione. Immaginate lo sconcerto quando scoprì che le costose lenti, una volta unite, non potevano essere separate. Uno spreco di costose attrezzature di laboratorio, pensò.
Con il tempo riprese l'idea e anni entrò in commercio il prodotto noto come Super Glue.

17. Vetro antirottura dei parabrezza
Nel 1903 a Edouard Benedictus cadde una palla di vetro riempita con una soluzione di nitrato di cellulosa, una sorta di plastica liquida. Il vetro si ruppe e il liquido evaporò. Anzi no: il vetro si ruppe ma non si frantumò, rimanendo al suo posto, mentre il liquido diffondeva tra le fessure. L'essere rimasti in posizione era qualcosa di stupefacente perché era come se una maglia (la plastica liquida) avesse tenuto fermi i pezzi. Questo fu il primo esempio di vetro "sicuro". Nel 1929 venne montato di serie su tutte le autovetture della Ford. Oggi questo vetro (noto come vetro stratificato) è obbligatorio nel parabrezza anteriore.
E. Benedictus

18. Vaselina
Nel 1859 Robert Chesebrough stava monitorando le attività nei pozzi di petrolio della Pennsylvania quando cominciò a circolare una strana voce tra gli operai di un pozzo di estrazione: una sostanza gelatinosa, conosciuta come rod wax, continuava a penetrare nei macchinari causandone malfunzionamenti. Quando arrivò si accorse che essa veniva anche impiegata per lenire i tagli e le ustioni sulla pelle, quindi ne portò a casa un campione per studiarlo.
R. Chesebrough (credits)
Da questa sostanza nacque quella che noi oggi conosciamo come vaselina.


Fonti
- Devo l'idea di questo articolo ad una serie di lavori apparsi sul The Business Insider.




Powered By Blogger
"Un libro non merita di essere letto a 10 anni se non merita di essere letto anche a 50"
Clive S. Lewis

"Il concetto di probabilità è il più importante della scienza moderna, soprattutto perché nessuno ha la più pallida idea del suo significato"
Bertrand Russel

"La nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza deve essere necessariamente infinita"
Karl Popper