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Guanti elettronici per la riabilitazione soggetti colpiti da ictus

Uno dei tratti caratteristici delle persone che sono sopravvissute ad un ictus sono problemi nel linguaggio, nella deambulazione o nelle capacità prensili. 
I problemi negli arti superiori possono avere un maggior impatto sulla vita quotidiana, rispetto al danno reale. La perdita di sensazioni tattili o nel controllo muscolare del braccio o della mano rende estremamente complicato svolgere attività basilari come vestirsi, nutrirsi e maneggiare oggetti come uno spazzolino da denti o la maniglia della porta.
La riabilitazione aiuta ma è il percorso non è né breve né semplice.
Un aiuto, almeno per quanto riguarda gli arti superiori, viene da un prototipo di guanto messo a punto dai ricercatori di Stanford e della Georgia Tech.
credit: Caitlyn Seim via stanford.edu (video --> youtube)

Il guanto ha il fine di stimolare la mano (i muscoli di controllo) mediante vibrazioni opportunamente dirette. L'idea è di un guanto indossabile per alcune ore ogni giorno in contemporanea alle normali attività del soggetto come andare al supermercato o leggere un libro.
Una volta completati i test di affidabilità si inizieranno i test clinici per verificarne la capacità terapeutica e ottenere così l'autorizzazione all'ingresso sul mercato come dispositivo medico.

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Sempre in tema di guanti con funzioni riabilitative, va segnalato quello sviluppato dai ricercatori della Purdue University. Si differenzia dal precedente perché progettato per facilitare l'utilizzo dei portatori di protesi fornendo un combinato di sensori nel guanto e di un rilevatore da polso. 
video --> youtube (credit: Purdue University)




Un robot filiforme per muoversi nei punti più tortuosi (vasi sanguigni compresi)

Le prospettive aperte dalla micro-robotica (in attesa dei --> nanobot) sono enormi, con applicazioni che vanno dal monitoraggio ambientale (specie nella sensoristica) all'impiantistica fino alle applicazioni in ambito medico.
A quest'ultimo campo appartiene un robot filiforme capace di percorrere i piccoli vasi sanguigni (vene e arterie sono "facili" in questo senso) ideale per quelli dal percorso irregolare. Il prototipo è stato realizzato al Massachusetts Institute of Technology.

Il robo-filo in azione in un test in laboratorio su canali artificiali con tortuosità.
Se non vedi la GIF --> qui (credit: Kim et al.)
Non si tratta invero di una assoluta novità nel campo ma di un miglioramento (sia dimensionale che funzionale) rispetto a quelli sperimentati in ambito cardiaco, poco adatti per l'accesso ai vasi dall'andamento più tortuoso.

I nuovi robot filiformi sono morbidi, larghi meno di 1 millimetro, rivestiti con un gel lubrificante ricco di acque e il loro movimento è controllabile, grazie a microscopiche particelle magnetiche, da magneti esterni, inoffensivi e impercettibili per il paziente. 

Se non vedi il video --> youtube/MIT

Questi mini-robot possono navigare senza intoppi in canali artificiali dall'andamento tortuoso, creati per ricreare il percorso dei vasi sanguigni nel cervello umano.


Per altri articoli sul tema bio-robotica vi rimando ai precedenti articoli sul tema (--> robotica) dove sono trattati prodotti come i plantoidi, le robo-api e molto altro.

 Fonte
- Ferromagnetic soft continuum robots
Yoonho Kim et al., Science Robotics  28 Aug 2019:Vol. 4, Issue 33

- Robotic thread is designed to slip through the brain’s blood vessels
MIT / news




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Se siete geek quel tanto che basta per apprezzare l'assemblaggio e controllo di robot ad uso casalingo allora non posso non consigliarvi il nuovo prodotto della DJI, il RoboMaster S1. Programmabile sia con Python che con Scratch è un vero e proprio prodotto educational. Non è economico ma in fondo non costa poi tanto di più di un mini drone che ha però lo svantaggio di essere utilizzabile solo in certi luoghi e che di assemblabile/programmabile/espandibile ha poco.
All credit to DJI.com/it

Al momento non è in vendita su Amazon Italia ma solo Amazon.com


Maggiori informazioni sul sito della DJI Italia --> DJI - Robomaster S1





Il "mini-Shuttle" batte il record di durata di un volo orbitale

Superati i 700 giorni di missione del velivolo spaziale americano Boeing X-37B, in forza alla US Air Force.
Raffigurazione del Boeing X-37B (credit: NASA)
Una missione senza equipaggio umano e misteriosa sotto certi aspetti.

Meglio precisare subito. Si diano pace quelli ossessionati dalla NSA (ma curiosamente indifferenti al pervasivo e reale grande fratello cinese) e dalla sorveglianza globale.
Misteriosa, nel senso che è una missione finalizzata a testare resistenza dei materiali e fattibilità dei lunghi viaggi prossimi venturi che porteranno gli umani su Marte prima e, verosimilmente, sulle lune di Giove molto più avanti.
Chiaro che quando si parla di corsa allo spazio la tutela del know-how è fondamentale soprattutto quando dall'altra parte, la Cina ha affermato chiaramente che mira ad una egemonia tecnologica e scientifica ... con buona pace dell'inutile europa ("e" minuscola") destinata a diventare un mercatino di periferia dove si piazzano i gadget e si portano le comitive in gita.  Notizia recente è la probabile versione cinese del X-37B mentre sul fronte russo tutto tace (problemi di budget oppure maggior controllo della fuga di notizie?
Il Boeing X-37B ha iniziato la sua quinta e ultima missione OTV-5 (Orbital Test Vehicle 5) il 7 settembre 2017. Si tratta di una navicella spaziale riutilizzabile, che sembra una versione in miniatura del mitico Space Shuttle della NASA, pensionato troppo presto e con dubbia lungimiranza.
Oggi per mandare e riportare a Terra gli astronauti della ISS è necessario affidarsi alle vecchie Soyuz, che saranno pure affidabili per la loro "semplicità" ma che appaiono residuati dell'epoca sovietica. Fortunatamente la NASA sta programmando il suo rientro sfruttando gli investimenti e l'inventività portate avanti da aziende private con i loro razzi riciclabili come il Falcon (fatto da SpaceX) o gli Atlas (fatto dalla ULA). 
Credit: Boeing (via Space.com)
I Boeing X-37B (2 quelli in dotazione dell'aeronautica) sono piccini se comparati con lo Space Shuttle (8,8 x 2,9 m con un'apertura alare di 4,6 m) ma dotati dello stesso sistema di lancio (verticale) e di atterraggio (come un aereo).
Come anticipato, della missione di X-37B si sa poco, oltre a quello diffuso ufficialmente il che non sorprende essendo una missione dell'aeronautica militare, quindi Pentagono, e non della NASA. Tra i fatti noti, l'energia propulsiva per mantenersi in orbita è unicamente di origine solare, i test condotti sul sistema propulsivo a ioni Hall-effect thruster (per conto della Aerojet Rocketdyne) e lo sviluppo di tecnologie per i veicoli spaziali riutilizzabili. Tra le strumentazioni caricate a bordo per test vi è l'Advanced Structurally Embedded Thermal Spreader (ASETS-II) il cui fine è misurare la prestazione in assenza di gravità delle condotte termiche oscillanti e di alcuni componenti elettronici (--> PDF disponibile sul sito della base Kirtland della USAF).

La durata minima prevista per questa missione è desumibile dallo storico delle precedenti missioni:
  • la prima missione degli X-37B (OTV-1) risale all'aprile 2010 ed è durata 224 giorni;
  • la seconda (OTV-2) iniziata a marzo 2011 è durata 468 giorni;
  • la terza (OTV-3) iniziata a dicembre 2012 è stata di 675 giorni;
  • infine la OTV-4 conclusasi a maggio 2017 dopo 718 giorni di volo (--> video dell'atterraggio).
Il Boeing X-37B al tempo della missione OTV-4, il cui record di permanenza è stato appena battuto (credit: NASA; USAF)

La OTV-5 non si è ancora conclusa sebbene abbia raggiunto l'obbiettivo di superare i precedenti 718 giorni di volo. Non si hanno notizie ma è ragionevole ipotizzare che sia questione di giorni, dato che il lancio di OTV-6 è previsto per dicembre 2019.

Credit: VideoFromSpace




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Clima. Ha senso provare a cancellare fenomeni naturali come gli uragani?

Non c'è forse una contraddizione profonda, presente in molti media "impegnati", tra lodare la "meglio gioventù" delle esibizioni di piazza (pardon, manifestazioni) contro i cambiamenti climatici, eventi molto "cool & social media appealing", e non alzare nemmeno un sopracciglio di disapprovazione sui tentativi in atto (falliti) di spegnere sul nascere gli uragani?
All the ways we’ve tried to kill hurricanes. From seeding them with particles of silver iodide to chilling vast stretches of ocean water, so far no method mooted for dispersing hurricanes has managed to best the storms’ power and unpredictability.
Per quanto terribili si tratta di eventi assolutamente naturali in molte aree del globo e per capirlo basta conoscere le basi della meteorologia, l'esistenza di celle convettive (quelle tropicali in primis, cioè la cella di Hadley), e la climatologia storica per vedere che il problema è semmai nella comparsa di aree densamente abitate in luoghi "inopportuni".

(credit: NASA)
Un ripasso utile e molto semplificato circa la formazione degli uragani lo si trova nel sito della NASA --> How Do Hurricanes Form?
Un conto è auspicare il miglioramento dei modelli predittivi disponibili (tra i migliori cito ECMWF, GFDL, GFS, e UKMET) che consenta di fare prevenzione, un altro è ipotizzare di volere cancellare il fenomeno perché .... "conviene". Un assunto che va contro ogni concetto di ambiente naturale e che invece è alla base della antropizzazione ambientale che tanti danni ha creato e creerà. Si agisce sulle cause e non sugli epifenomeni, possibilmente quando questi siano reali e non fenomeni naturali diventati ... fastidiosi.

Sempre che l'ideale sotteso non sia quello di arrivare ad una Terra con clima "a comando", tipo pioggia solo di notte e mai nel fine settimana, ... . Alla faccia della natura con "N" maiuscola e di chi studia i cambiamenti climatici in modo serio.
Non che questo mi stupisca. Basta ascoltare le persone, che magari hanno discusso animatamente fino a 10' di prima di cambiamenti climatici (avendo come base quanto letto su Facebook ...) e che poi chiosano, senza nemmeno accorgersi del controsenso, "che palle, ieri ha piovuto e siamo sotto i 20°C a ottobre" (Nota. Milano cioè clima sub-alpino e non Florida, temperatura superiore alla media, 22 °C, autunno, non pioveva da un mese, interlocutrice "ggggiovane").
Coerenza, please.



Invece di contrasto degli epifenomeni, cortei e interviste a chi non conosce la materia, si lavori per agire sulle cause. Cause che oggi si trovano nella industrializzazione e inquinamento selvaggio in Cina e India e nella crescita della popolazione in aree incapaci di sostenere un decimo dell'attuale.

Come iniziare? Studiando la materia con umiltà e dando voce agli esperti veri (Mercalli? No, grazie).

Approfondimenti per chi vuole andare oltre il sentito dire e imparare (saggistica soft e hard)



Nel 2030 la Cina sarà leader nella AI?

Obiettivo della Cina per il 2030 è diventare leader nel campo della AI (Intelligenza Artificiale).

Un aiuto al raggiungimento di tale scopo, oltre ai soldi che gli occidentali versano in continuo per acquistare prodotti cinesi, l'enorme mole di "materiale umano" che viene dato in pasto agli algoritmi del "grande fratello cinese" che monitora ogni singolo individuo che vive da quelle parti. I sistemi di Face-Id sono tra i più utilizzati e fungono da raccordo con altri strumenti di analisi predittiva.
Credit: Gilles Sabrie/NYT/eyevine

Nel 2017, il Partito Comunista Cinese fissò il 2030 come data per raggiungere l'ambizioso obiettivo di leadership. Per rispettare i tempi sono stati posti tutta una serie di obiettivi intermedi da raggiungere entro il 2020. Tra questi il posizionamento ai primi posti nelle pubblicazioni scientifiche sulla AI, il divenire la destinazione preferita per i talenti più brillanti e sviluppare un'industria della AI capace di competere con i leader del settore.
All'approssimarsi di questa prima scadenza, gli analisti hanno confermato i notevoli progressi ottenuti nel campo e si cominciano ad intravvedere i segnali della capacità di tenere (o richiamare) in Cina i nuovi talenti.

L'iniziativa presentata nel 2017, nota come "Piano di sviluppo dell'intelligenza artificiale di nuova generazione", si è dimostrata efficace nello stimolare una miriade di politiche dedicate all'innovazione riversando miliardi di dollari di investimenti nella R&D da parte di ministeri, governi provinciali e società private.
La Cina ora possiede aziende leader a livello mondiale, operanti nella visione artificiale, nel riconoscimento vocale e nell'elaborazione del linguaggio naturale.

Ci sono ancora importanti gap specie in ambito hardware e nei sistemi di addestramento degli algoritmi.
Ad esempio ancora oggi le piattaforme open source più usate sono TensorFlow e Caffe. Queste piattaforme sono state sviluppate negli USA in ambito accademico e privato con il fine di progettare, costruire e addestrare gli algoritmi che consentono ai computer di imitare l'apprendimento del cervello umano. Sta guadagnando terreno però PaddlePaddle, una delle principali piattaforme open source sviluppata dalla cinese Baidu, sempre più usata nel campo della AI.
In ambito hardware la Cina paga il fatto che la maggior parte dei chip a semiconduttore abilitati alla AI sono realizzati da società statunitensi come Nvidia, Intel, Apple, Google e Advanced Micro Devices. Questa è la vera ragione per cui, di fronte alla sfida globale cinese gli USA hanno iniziato da anni il processo di homing dei siti produttivi entro il territorio nazionale e a limitare l'export di tecnologia hardware sensibile.
Gli analisti ritengono che ci vorranno dai 5 ai 10 anni per la Cina per raggiungere il livello di innovazione e di conoscenze teoriche presenti oggi negli USA e in UK.

***

Curioso, ma non troppo, che da noi sia ancora in auge il caso NSA (avente come finalità unicamente l'antiterrorismo) e il libro di un personaggio come Snowden, mentre regni un silenzio assordante da parte degli "indignati" sul caso Cina (e sui disordini di Hong Kong).
La domanda non è peregrina, se ci si ricorda il caso del Verdi tedeschi ai tempi della DDR: utili idioti fortemente miopi o personaggi già a libro paga cinese?
E l'Europa? Con buona pace dei portavoce dei burocrati di Bruxelles, la partita in questo campo è già persa pur vantando anni di risultati eccellenti e professionisti di primo livello.
C'è chi protegge la propria industria e chi giorno dopo giorno si fa comprare
svendendo il proprio know-how. Questo capita ad un continente fatto per vecchi.

Articoli precedenti su temi correlati
--> Software spia cinesi dentro la Bayer
--> Smartphone, server, chip spia
--> Le notizie più censurate in Cina
--> La distopia è realtà


Fonte
- Will China lead the world in AI by 2030?
Nature / news



Nessuno è perfetto ... ci dice il nostro DNA

Il vecchio adagio "nessuno è perfetto" ha trovato una conferma scientifica grazie alla disponibilità di analisi genetiche sempre più approfondite e meno costose.
Che il Progetto Genoma prima ed il suo successore, 1000 genome project, fossero destinati ad essere una sorgente di informazioni era cosa attesa. Le scoperte che si stanno accumulando continuano a fornire spunti sempre nuovi e questo è fonte di entusiasmo sia per gli addetti ad i lavori che per il lettore amante la scienza. 
Prima di tornare alla ricerca citata nel primo paragrafo è bene fare un ulteriore premessa: la variabilità genetica fra noi esseri umani, sebbene assolutamente irrisoria come percentuale è tuttavia presente. La sua entità è facilmente desumibile ad esempio sia dalla difficoltà di trovare organi compatibili per i trapianti che dalle impronte genetiche che i vari laboratori CSI potrebbero usare per risalire a noi.
Oltre alle variazioni silenti che definiamo genericamente polimorfismi (localizzate fuori dalle zone codificanti e regolatore dei geni o quelle geniche che non causano variazione nel contenuto informativo) non mancano quelle che alterano l'informazione genetica. 
Ciascuno di noi è portatore di difetti genetici che rimangono latenti poiché hanno carattere recessivo (entrambe le copie del gene devono essere mutate). Queste mutazioni emergeranno, anche con frequenze dirompenti, qualora aumentasse la frequenza di accoppiamenti tra individui legati da certo grado di parentela (evento tipico nelle zone isolate dove tutti sono più o meno imparentati) o per pura sfortuna (nuova mutazione) con conseguente aumento della frequenza dei soggetti omozigoti.
Il caso delle mutazioni dominanti è in genere "meno importante" perché l'effetto della mutazione si manifesta subito anche nel portatore; se la mutazione è deleteria, è probabile che il portatore non riuscirà a raggiungere l'età riproduttiva (o se lo fa a riprodursi), per cui l'allele viene eliminato dal pool genico della popolazione.

Un risultato interessante viene da un studio di qualche tempo fa condotto congiuntamente dalla Yale University (USA) e dal Wellcome Trust Sanger Institute (UK). Il lavoro, pubblicato  sulla rivista Science, evidenzia che ciascuno di noi porta una "carica" di 100 mutazioni (del tipo CNV) geniche in grado di inattivare del tutto l'allele correlato. Un valore questo ben al di sopra di quanto previsto.
Ancora peggio, in media ogni individuo (per tutto il resto sano) ha 20 geni in cui entrambi gli alleli sono funzionalmente inattivi. In totale i geni coinvolti colpiti sono 253. Questo significa anche che visto che il numero di geni stimato è di poco superiore ad i 20000, lo spegnimento di circa l'1% dei geni è tollerato, cioè non provoca malattie, e anche questo è un dato inatteso se si considera che molte malattie genetiche sono causate da 1 singola mutazione.
Precisiamo subito. Si tratta di geni prima trascurati e, molto probabilmente, non coinvolti nei processi fondamentali della cellula e/o con funzioni ridondanti. 
Tuttavia è un risultato sorprendente non tanto per la mutazione in sé (ai polimorfismi noti SNP siamo oramai abituati) quanto al fatto che si tratta di null mutationcioè una mutazione in grado di disattivare funzionalmente un gene (il gene non produce alcuna proteina o ne produce una non funzionante).

Sarà interessante a questo punto studiare i circuiti regolatori di cui fanno parte e capirne la funzione.

***

Il crollo dei prezzi dell'analisi genetica ha reso disponibili una serie di test in cui è sufficiente inviare un campione di saliva (o uno striscio di cellule prelevate dalla bocca grazie ad un semplice cotton fioc) al laboratorio. Nel giro di qualche settimana ricevere i risultati dell'analisi con i geni analizzati e le probabilità di malattia di origine genetica, di intolleranza alimentare o anche solo il vostro albero genealogico inteso come popolazione di provenienza (direi inutile in Italia ma molto in voga negli USA per capire quanti quarti di irlandese, di tedesco, di ispanico o di nativo si possiede).
Alcuni dei test pubblicizzati sono pura fuffa mentre altri (in primis quelli dell'azienda storica 23andMe) sono ben fatti. Poi è chiaro che io preferisco avere informazioni dettagliate anche con dati grezzi da analizzare con i miei strumenti informatici, mentre un non addetto ai lavori necessiterà solo (di più sarebbe inutile e confondente) una lista dei risultati.
Nota. La FDA ha imposto, giustamente, norme severe riguardo la tipologia di informazioni divulgabili ai non addetti ai lavori per evitare il rischio di indurre timori di malattia magari ingiustificati. Nel senso che se per alcuni geni una mutazione può dare esito scontato (ad esempio talassemia o fibrosi cistica, nei soggetti omozigoti) nella maggior parte dei casi si tratta di probabilità e di una complessa serie di interazioni genetico-ambientali per cui solo al verificarsi di date condizioni la probabilità di ammalarsi diventa rilevante. Ma è sempre una analisi probabilistica, un concetto che molti potrebbero travisare.
 Questa la ragione per cui i dati ottenibili da questi kit commerciali sono generici.



Quando il condor della California fu salvato dall'estinzione

Nel 1982 erano rimasti solo 22 esemplari di condor della California (Gymnogyps californianus).
Dalle cime della Sierra Nevada su fino allo Utah e poi nelle montagne rocciose canadesi, erano tutti spariti, vittime indirette del piombo dei fucili. Indirette perché il loro crollo demografico non era attribuibile all'essere stati impallinati ma all'avere ingurgitato i pallini di piombo insieme alle carcasse di uccelli uccisi, ma non recuperati, dai cacciatori (caduti ad esempio in zone impervie anche per i cani da riporto).
Risultato, un avvelenamento progressivo causato dall'accumulo di piombo nell'organismo.
Credit: National Park Service/AP via Washington Post
22 esemplari è un numero che lasciava poche speranze di sopravvivenza della specie, sia per la difficoltà di incontrare il partner in un'area così ampia che per il ridotto pool genetico.

Ma non c'era scelta. Per questa ragione tutti e 22 i condor rimasti vennero catturati e inseriti all'interno di un programma di allevamento a fini riproduttivi.
Dopo 10 anni e l'ottenimento di un discreto numero di individui, i primi condor vennero reintrodotti nell'ambiente naturale. 
Sono passati quasi 30 anni e il programma ha raggiunto un nuovo traguardo: il pulcino numero 1000. Il giovane è stato covato nelle terre selvagge dello Zion National Park nello Utah da due genitori allevati in cattività. 

L'articolo completo è apparso qualche settimana fa sul Washington Post.

Se non vedi il video --> youtube


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