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Visualizzazione post con etichetta artrite. Mostra tutti i post
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Artrite reumatoide. Il futuro della diagnosi precoce

Da una semplice analisi del sangue si potrà predire la probabilità di ammalarsi di artrite reumatoide (AR) nei successivi sedici anni.
Questa la convinzione dei ricercatori della università di Oxford supportata dai dati da loro pubblicati sulla rivista Annals of the Rheumatic Diseases.
Il metodo è semplice e si basa, previo un classico prelievo di sangue, sul dosaggio degli anticorpi che riconoscono la proteina C-tenascin.
Durante il processo infiammatorio alla base delle malattie autoimmuni (tra cui AR, lupus, artrite psoriasica, ...) vi sono eventi (alterazioni molecolari, infezioni, ...) che fungono da innesco della risposta immunitaria "fuori bersaglio", diretta cioè contro il proprio organismo. In presenza di un background genetico predisponente, la risposta immunitaria anomala non viene spenta per tempo (processo noto come tolleranza immunitaria) con la conseguente distruzione di cellule e tessuti non riconosciuti come propri (ad esempio le cellule beta nel caso del diabete di tipo 1, la mielina nel caso della sclerosi multipla, etc).
In alcune malattie autoimmuni l'elemento scatenante sembra essere un processo noto come citrullinazione, vale a dire la conversione dell'arginina (uno dei mattoni che costituiscono le proteine) in citrullina. Le proteine così alterate diventano "estranee" per il sistema immunitario che scatena contro esse un attacco anticorpale, l'incipit della malattia autoimmune. A differenza delle reazioni di rigetto di un organo che diviene visibile nel giro di pochi minuti, l'effetto di questo rigetto interno (basato sugli anticorpi e non sul sistema del complemento) diviene visibile mesi se non anni dopo che è iniziato, quando gran parte delle cellule bersaglio sono state distrutte.
Citrullination.svg
Citrullinazione (wikimedia commons by Fvasconcellos)

Il possibile coinvolgimento del processo di citrullinizzazione ha indotto i ricercatori a cercare nei soggetti a rischio (per ragioni di familiarità della malattia) la presenza di anticorpi anti-citrullina prima e se tali modificazioni fossero presenti nella proteina tenascin-C (abbondante nelle articolazioni delle persone con AR). Identificare il segno della malattia prima che compaiano i sintomi permetterebbe di sviluppare terapie PRIMA che i danni siano così estesi da pregiudicare la plasticità e il recupero funzionale del tessuto.
Quantificare questi anticorpi non rappresenta in verità nulla di nuovo essendo una idea "ovvia". Il vero elemento innovatore su cui i ricercatori inglesi hanno lavorato è stato sviluppare un test di dosaggio più sensibile, denominato CCP (rimando all'articolo per chi volesse approfondire l'aspetto metodologico).
Dall'analisi di circa 2 mila pazienti si è potuto capire che entrambe le ipotesi di partenza erano vere: citrullinizzazione e tenascina-C sono coinvolti.
Il test sviluppato si è dimostrato capace di predire con una efficienza del 50 % chi nel corso della decade successiva avrebbe mostrato i sintomi della malattia. Ancora più interessante il basso di livello di falsi positivi associato al test; in altre parole il 98%  di chi era risultato positivo al test si è effettivamente ammalato successivamente.

La diagnosi precoce è fondamentale perché il trattamento precoce è l'unico modo (o almeno quello in grado di fornire migliori risultati) per assicurare al soggetto terapie adeguate.

Articoli precedenti su temi correlati --> qui

Fonte
- Identification of an immunodominant peptide from citrullinated tenascin-C as a major target for autoantibodies in rheumatoid arthritis


Psoriasi. Nuovi dati confermano l'efficacia dei nuovi trattamenti

La psoriasi colpisce almeno il 3% della popolazione mondiale, con numeri superiori ai 125 milioni di persone. Questa condizione non rappresenta un semplice problema estetico ma si associa nel 15% dei casi all'artrite psoriasica (AP) e ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari.
Nota. L'artrite da psoriasi è una complicanza infiammatoria delle articolazioni, di tipo cronico e debilitante, che si accompagna a grave disabilità, scarsa qualità della vita e ridotta aspettativa di vita. Tra i sintomi più comuni dolore e rigidità, psoriasi su pelle e unghie, dita gonfie e persistente tendinite dolorosa. Il danno provocato da questa infiammazione è irreversibile. Il rischio di sviluppare la psoriasi oscilla, a seconda del background genetico della popolazione, tra un minimo dello 0,3% a valori superiori al punto percentuale; ben una persona malata di psoriasi su quattro ha anche una AP non diagnosticata. 
Sebbene le cause principali della psoriasi non siano del tutto comprese, è indubbio che la componente autoimmunitaria giochi un ruolo fondamentale, come si evince dal miglioramento del quadro clinico successiva al trattamento con immunodepressivi. Un ruolo importante è sicuramente giocato anche dalla genetica e da cause ambientali.

Al momento non si dispone di terapie risolutive ma solo di trattamenti che possono fornire un sollievo temporaneo. Tra i farmaci in uso abbiamo quelli appartenenti alla classe di inibitori del Tumor Necrosis Factor-alfa (TNF-a) che perdono tuttavia di efficacia dopo un trattamento prolungato, condizione purtroppo ineludibile per una patologia cronica.
La conseguenza ovvia è che una vasta categoria di pazienti psoriasici non disponendo di farmaci utili sul medio-lungo periodo tende a saltare le visite periodiche dal medico curante.
Credit: wikipedia
Secondo un'indagine condotta tra il 2004 e il 2011 dalla National Psoriasis Foundation, il 52% dei pazienti con psoriasi ritiene inadeguati i trattamenti disponibili. Dei pazienti intervistati un numero rilevante (tra il 10 e il 49 % a seconda della sottoclasse analizzata) non fruiva di alcun trattamento (in quanto percepito come inefficace) o lo cercava solo sporadicamente (Armstrong AW et al, JAMA Dermatol. 2013).
Nota. L'efficacia di un trattamento contro la psoriasi viene quantificato con il punteggio PASI che prende in considerazione la riduzione di arrossamento, desquamazione e lo spessore delle placche psoriasiche, oltre alla percentuale dell'area corporea coinvolta. Vedi QUI per la tabella parametrica.
Acquistano quindi particolare importanza i dati presentati da Novartis sugli effetti del farmaco Cosentyx (un anticorpo monoclonale diretto contro la interleuchina 17, IL-17, una citochina proinfiammatoria) raccolti in tre anni di studio clinico. I dati sono stati presentati al 24mo congresso della European Academy of Dermatology and Venereology tenutosi a Copenhagen:
  • I dati preliminari (studi clinici FUTURE 1 e 2) su un campione ridotto di pazienti hanno mostrato un sostanziale miglioramento nei pazienti trattati con il farmaco, quantificati dal parametro PASI 75, che può essere semplificato con l'avere "normalizzato" il 75% della pelle.  Il 64% dei pazienti mostrava miglioramenti in accordo con il parametro "pelle pulita" (PASI superiore a 90).  
  • Dato ancora più importante, non sono stati riscontrati problemi di sicurezza e/o effetti collaterali di rilievo. 
I dati sono stati confermati dopo l'allargamento del campione a 320 pazienti, trattati con dosaggio fisso del farmaco per tre anni. 
  • Il 69% dei soggetti ha ottenuto valori almeno pari a PASI 90 già nel primo anno di trattamento;
  • l'efficacia è stata mantenuta per almeno tre anni con il 64% dei pazienti rimasti nella categoria superiore a PASI 90. Il 43% dei pazienti ha raggiunto il massimo risultato (PASI 100 cioè pelle normale) alla fine del terzo anno e nel 44% dei casi già dal primo anno.
  • Estendendo la finestra di efficacia (limitando l'efficacia al superamento di PASI 75, il numero di pazienti che hanno raggiunto questo traguardo arriva all'83%.
Con il 2015 il Cosentyx (secukinumab) è inibitore della IL-17A approvato dalle autorità regolatorie sia in Europa che negli USA. Al momento sono più di 9600 i pazienti trattati con il farmaco, un numero adeguato per escludere problemi evidenti di reazioni avverse (di cui è sempre importante tenere conto quando si sperimenta un anticorpo).

Aggiornamento 1. In data 23 novembre 2015 Novartis ha reso pubblico che il farmaco Cosentyx ha ricevuto l'autorizzazione dagli enti regolatori della Commissione Europea per essere utilizzato nella terapia della spondilite anchilosante e dell'artrite psorisiaca (--> link)

Aggiornamento 2. In data 14 novembre 2016 e in occasione del meeting dell'American College of Rheumatology i risultati dello studio triennale sull'utilizzo del Cosentyx nel trattamento della psoriasi artritica (➡ link).

Fonte
- Novartis presents new data showing that the majority of patients are able to maintain clear or almost clear skin with Cosentyx across 3 years
  --> pdf
- Il trattamento della psoriasi nell’adulto
Istituto Superiore di Sanità --> pdf


Dal trattamento della psoriasi la cura per alcuni calvi?

Introduzione
Se non fossi una persona di scienza sempre pronta ad esaminare dati e trovare riscontri avrei magari omesso di leggere questa curiosa notizia apparsa sul sito della università di Yale. Ma l'esperienza insegna che sono proprio le osservazioni estemporanee e non prevedibili ottenute durante la fase di sperimentazione (clinica e preclinica) ad avere reso possibile  lo sviluppo di farmaci innovativi, a volte dei veri e propri blockbuster.
Credit: Michael S. Helfenbein / Yale University 
(via scienceblog)
Osservazioni spesso legate strettamente correlate ad effetti collaterali inattesi, come testimonia la scoperta del Viagra nato come farmaco per abbassare la pressione che manifestò però da subito effetti collaterali ... non voluti).
Due parole veloci in proposito. I farmaci sono per definizione delle molecole farmacologicamente attive in grado cioè di modificare uno o più parametri fisiologici. Ne consegue che un farmaco "funzionante" induce un effetto che non è necessariamente percepito positivamente dal paziente ma è parte del processo di ripristino della normalità fisiologica. Parliamo di effetti attesi, la cui entità varia notevolmente a seconda della tipologia del farmaco: ad esempio i farmaci per chi soffre di mal d'auto si associano a sonnolenza mentre molti chemioterapici ad ampio spettro provocano sensazioni molto sgradevoli legati alla natura citotossica (volutamente tale) del farmaco. Al momento della approvazione di un farmaco si redige un attento bilancio del rapporto rischio-beneficio, per valutare se l'eventuale malessere dovuto al principio attivo sia ragionevolmente accettabile a fronte della malattia da curare. Altre reazioni avverse (RA) sono invece inattese, sia perché manca un chiaro nesso funzionale (o almeno un nesso prevedibile a priori) tra meccanismo di azione e RA, sia perché si manifestano in pazienti con caratteristiche altre (cioè non specifiche della malattia) rispetto alla media della popolazione e quindi non analizzati durante la sperimentazione. Esempi di quest'ultimo tipo riguardano pazienti con patologia concomitante oltre a quella per cui viene trattato, soggetti che assumono sostanze terze e ancora persone con un profilo genetico che predispone a reazioni avverse anche molto serie.
Riassumendo, ogni reazione avversa osservata durante la sperimentazione (o successivamente) quando il farmaco è in commercio viene registrata e valutata statisticamente, per trovare un eventuale nesso di causalità imprevisto.
Se ad esempio una persona si rompe la gamba durante la fase di sperimentazione di un farmaco contro il raffreddore, è molto probabile che non vi sia una correlazione causale ma solo casuale. Qualora dovessero verificarsi tuttavia eventi anche solo parzialmente simili in altri soggetti, l'evento apparentemente non correlato potrebbe in realtà nascondere un'aumentato rischio di fratture o mini stati confusionali che rendono più probabile il verificarsi di un incidente.
E' necessario quindi non trascurare mai nulla. Sarà l'analisi statistica e medica a valutare se esiste o meno un nesso di causalità.
Tenendo a mente queste osservazioni si comprende sia perché la sperimentazione di molti farmaci venga interrotta ben prima che si giunga alla richiesta di entrata in commercia che il motivo alla base del ritiro di farmaci dal mercato pur essendo stati approvati da molti anni: non si tratta di trascuratezza analitica ma del limite dell'analisi statistica che rende possibile trovare correlazioni "a rischio", nei casi di effetti collaterali imprevisti, rari o specifici per un sottogruppo di persone, solo quando un numero sufficientemente alto di soggetti (per definizione eterogenei) avrà ricevuto il farmaco.
Altre volte è proprio grazie a queste osservazioni che si scopre che il farmaco X induce delle RA che se ricalibrate potrebbero essere molto utili per trattare la patologia Y o ancora che una certa associazione tra farmaco X e farmaco Y per tutt'altra malattia evidenzia una azione sinergica positiva.
Questo è il caso dell'osservazione fatta da medici di Yale che hanno osservato come il trattamento di un farmaco sviluppato originariamente per l'artrite reumatoide è non solo utile per la psoriasi ma ha anche un effetto incredibilmente potente su ricrescita di capelli e peli in un soggetto affetto da alopecia universalis.

Il caso in esame
La alopecia universalis NON è la calvizie comune che colpisce molte persone già a partire dalla terza decade, ma è una rara condizione che porta alla totale perdita dei peli del corpo. Una forma più comune di questa malattia è la alopecia areata che riguarda solo piccole aree, in genere localizzate sul cuoio capelluto.
Come si arriva da un farmaco approvato per l'artrite reumatoide alla alopecia?
La decisione di testare il tofacitinib citrato, questo il principio attivo, su soggetti con psoriasi non è peregrina ma si basa sulla natura autoimmune di entrambe le patologie; sono quindi bersagli ideali per farmaci immunomodulanti. In aggiunta a questa motivazione teorica alcuni dati ottenuti da osservazioni sul campo, hanno spinto i ricercatori a fare alcuni test molto limitati usando il farmaco in modalità off-label su pazienti con artrite reumatoide e psoriasi: i dati mostravano che entrambe le sintomatologie miglioravano.
Studi in parallelo condotti su topi con alopecia mostrarono in contemporanea una inattesa ricrescita pilifera, il che era un segnale che anche la alopecia universalis aveva una base autoimmunitaria verosimilmente specifica per i follicoli piliferi.
Off-label. L'approvazione di un farmaco riguarda solo la specifica patologia su cui i test clinici sono stati condotti. Qualora durante l'uso "generale" venisse osservata una azione positiva per una patologia terza, il trattamento off-label (al di fuori dell'indicazione prevista) non può essere attuato senza indicazione medica e giustificazione di uso temporaneo. Perché il farmaco venga autorizzato per un nuovo uso (sia quindi prescrivibile e "garantito") sono necessari nuovi studi miranti a comprovare l'efficacia sulla "nuova" patologia.
C'era quindi un razionale alla base del trattamento con un farmaco anti-reumatico di un soggetto con psoriasi e alopecia.
I nuovi test condotti, sebbene su numeri ridottissimi, confermano l'ipotesi di lavoro: da una parte si assiste all'atteso miglioramento della psoriasi e dall'altra si osserva una sostanziale ricrescita di capelli, sopracciglia, ciglia e degli altri peli tipici di un adulto senza però che si verificasse l'eccesso opposto di una crescita generalizzata (ipertricosi). Peli che il soggetto aveva perso totalmente 7 anni prima.
Il cambiamento del soggetto con psoriasi e alopecia durante il trattamento a 2, 5 e 8 mesi dall'inizio)
Credit: Brittany G Craiglow e Brett A King
Dopo alcuni mesi di trattamento il paziente non ha mostrato alcun effetto collaterale né sono emerse dalle analisi del sangue anomalie "nascoste", il che fa ben sperare di potere estendere il trattamento ad un numero maggiore di soggetti per determinare il profilo rischio/beneficio.
E' verosimile che l'azione pro-pilifera del farmaco sia dovuta alla sua azione di modulatore immunitario, in grado quindi di spegnere l'infiammazione a carico dei follicoli piliferi, principale causa di questa forma di alopecia.

Sebbene il farmaco in se non sia particolarmente efficace per la psoriasi (attività non omogenea in diversi pazienti) la speranza dei ricercatori è quella di avere trovato un farmaco utilizzabile per una patologia per cui ad oggi mancano trattamenti anche solo minimamente utili, cioè l'alopecia areata (più comune della forma universalis e quindi a maggior impatto terapeutico).
Molto improbabile invece che possa avere qualche utilità per i calvi "normali", dato che le cause sottostanti sono di natura diversa.

Articoli simili (vecchi farmaci-nuove indicazioni) in questo blog: alzheimer; ipertensione o in generale selezionando il tag pharma nel riquadro a destra.
Vedi anche "Dall'artrite un farmaco contro l'eczema" e "Nuove prospettive per la terapia della psoriasi", "Un farmaco immunomodulante per la calvizie".


Fonte
- In hairless man, arthritis drug spurs hair growth — lots of it
 Yale/news (2014)  
- Killing Two Birds with One Stone: Oral Tofacitinib Reverses Alopecia Universalis in a Patient with Plaque Psoriasis
Journal of Investigative Dermatology (2014) 134, 2988–2990

Psoriasi. Un nuovo farmaco della Novartis per i pazienti con complicanze

Psoriasi. Un nuovo farmaco della Novartis per i pazienti con complicanze artritiche

La Psoriasi è una patologia cronica recidivante di cui soffrono circa due milioni e mezzo di italiani.
La malattia non comporta solo un danno estetico caratterizzato da lesioni cutanee facilmente distinguibili dal medico da quelle dovute ad  altre cause, ma ha il problema di essere associata ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari. La malattia psoriasi comprende diverse forme e complicanze che evito qui di ripetere essendo ben descritte altrove (vedi referenze a fondo pagina).
Menziono qui solo l'artrite da psoriasi in quanto è proprio questa complicanza (presente nel 30% dei pazienti) il bersaglio del trattamento sviluppato da Novartis, di cui tratto oggi.

L'artrite da psoriasi (AP) è una complicanza infiammatoria delle articolazioni, di tipo cronico e debilitante, che si accompagna a grave disabilità, scarsa qualità della vita e ridotta aspettativa di vita. Tra i sintomi associati dolore e rigidità, psoriasi  su pelle e unghie, dita gonfie e persistente tendinite dolorosa. Il danno provocato da questa infiammazione è irreversibile. Su scala generale si stima che tra lo 0,3% e l'1% della popolazione è a rischio di AP e ben uno su quattro persone affette da psoriasi può avere una AP non diagnosticata.

Sebbene le cause principali della psoriasi non siano del tutto comprese, è indubbio che la componente autoimmunitaria giochi un ruolo fondamentale, come si evince dal miglioramento del quadro clinico successivamente al trattamento con immunodepressivi. Un ruolo importante è sicuramente giocato anche dalla genetica e da cause ambientali.

Al momento non si dispone di terapie risolutive ma di trattamenti che possono fornire un sollievo temporaneo. Tra i farmaci in uso abbiamo la classe di inibitori del Tumor Necrosis Factor-alfa (TNF-a) che perdono tuttavia di efficacia dopo un trattamento prolungato, condizione purtroppo ineludibile per una patologia cronica.
Il risultato è una vasta categoria di pazienti psoriasici non dispone di farmaci dotati d una qualche efficacia duratura.

La buona notizia arriva da Novartis che pubblica sul sito dell'azienda una nota in cui si annuncia il buon esito di due studi clinici (FUTURE 1 e 2) avanzati di una molecola, la AIN457 (secukinumab). Il farmaco è un anticorpo monoclonale interamente umano che blocca selettivamente l'azione della interleuchina 17A (IL-17A), una proteina chiave nel processo infiammatorio.
Nel rapporto si cita con soddisfazione il raggiungimento di quelli che tecnicamente si chiamano endpoint (obiettivi) primari e secondari.
Nota. Come descritto altrove in questo blog (QUI), prima di iniziare la sperimentazione clinica l'azienda farmaceutica deve dichiarare quali sono gli obiettivi che vuole raggiungere con i test. E' su questa dichiarazione che si basa l'analisi dei risultati ottenuti. Gli endpoint si distinguono in primari (ineludibili) e secondari (forniscono valore aggiunto) e possono riguardare aspetti molti diversi della malattia o dello stato fisiologico in generale: si va dalla normalizzazione di parametri metabolici alla scomparsa di marcatori legati alla malattia fino (nel caso di un trattamento contro la caduta dei capelli) a stabilizzazioni o addirittura a ricrescita. Questa precisazione è importante in quanto spesso si ritiene che un farmaco approvato debba avere proprietà taumaturgiche in realtà non previste durante la sua progettazione. Se il farmaco X nasce ed entra in sperimentazione come (ad esempio) normalizzatore della funzionalità renale, misurabile attraverso marcatori specifici, in pazienti sottoposti a chemioterapia, questa è l'unica funzione per cui quel farmaco verrà giudicato (oltre ovviamente a non essere dannoso). Non sul fatto che sia una terapia per quel tumore o che sia utilizzabile in soggetti non trattati con chemioterapici.
Una volta iniziata la sperimentazione se il farmaco non si dimostrerà in grado di raggiungere l'endpoint primario, non verrà approvato anche se durante la sperimentazione si scoprisse per puro caso che è un ottimo cardiotonico. Per ottenere una validazione in tal senso è necessario ripartire con uno studio dedicato al rilevare effetti cardiotonici.
Nel concreto l'endpoint primario dei due studi clinici di fase III, in cui sono stati coinvolti più di 1000 pazienti) era dimostrare tollerabilità ed eefficacia del trattamento con secukinumab  rispetto ad un placebo su pazienti con AP.
Il risultato è stato raggiunto, quindi il trattamento è superiore rispetto al placebo.
Nota. L'utilizzo del placebo per provare l'efficacia di un farmaco potrà sorprendere molti non addetti ai lavori ma è un controllo chiave in molte malattie ad eziologia complessa. Potrebbe sembrare ovvio che un farmaco funzioni sempre meglio (o non funzioni affatto) di un placebo. In realtà la situazione è molto più complessa dato il cosiddetto 'effetto placebo è ben noto e può arrivare in alcune patologie a spiegare miglioramenti nel 30% dei pazienti; addirittura si arrivano a punte del 90% nei casi in cui la componente psicologica giochi un ruolo chiave. Il confronto con il placebo viene usato quindi in quei casi in cui la componente "psicosomatica" giochi un ruolo non secondario purché la malattia non ponga a rischio immediato la vita del soggetto e non esista un trattamento alternativo di comprovata efficacia.
I risultati dettagliati non sono stati ancora resi disponibili e verranno presentati nei prossimi mesi alla comunità medica nell'ambito di un congresso.
La conclusione positiva degli studi di fase III, condotti negli USA e in UE, precede solitamente l'approvazione del farmaco.


Aggiornamento ottobre 2015. I dati conclusivi della sperimentazione clinica sono stati presentati da Novartis e descritti in un successivo articolo sul blog (vedi QUI).



Fonti
- Novartis AIN457 (secukinumab) is the first ever IL-17A inhibitor to meet primary endpoint in two Phase III studies in psoriatic arthritis
- Novartis, news (25 settembre, 2014)
- psoriasionline.it
- Psoriasi (wikipedia)


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