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Visualizzazione post con etichetta OGM. Mostra tutti i post
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Legno fluorescente per massimizzarne il riutilizzo

Ecco come coniugare un approccio ecologico (utilizzo multiplo delle risorse naturali) e la lotta contro parassiti come il bostrico.

Da qualche tempo la Svizzera ha iniziato un opera di piantumazione di alberi decidui sia per compensare i danni causati dal parassita che per aumentare la quota di verde; piante che poi verranno anche sfruttate per il legno. Ideale sarebbe trovare modi per utilizzare il più possibile questi materiali prima del loro utilizzo finale come legna da ardere che reimmetterà in circolo la CO2 precedentemente legata.
Tra le varie idee c'è quella di dotare il materiale naturale di nuove proprietà associandolo a magneti, impermeabilizzandolo oppure sfruttarlo per produrre elettricità.
Altra possibilità quella, progettata da un gruppo di ricercatori svizzeri, di creare un legno luminoso grazie al trattamento con un particolare fungo. Legno che potrebbe poi essere usato per creare gioielli o complementi di arredo.
Delle piante ingegnerizzate per essere luminescenti ne ho già scritto in passato. Vi ricordo che sono in vendita ad un prezzo più che abbordabile in USA.
Attori di questo esperimento il fungo Desarmillaria tabescens (chiodino senza anelli o fungo del miele), dotato di bioluminescenza, e un legno a bassa densità come quello di balsa (Ochroma pyramidale).
Nei test campioni di legno sono stati incubati con il fungo in un ambiente umido per tempi diversi. In questa fase il fungo degrada la lignina, responsabile della rigidità e della resistenza alla compressione, senza intaccare la cellulosa così da non compromettere la stabilità del legno. Alla fine dell'incubazione il legno ha assorbito umidità pari a otto volte il peso iniziale e, una volta esposto all'aria, comincia ad emettere luce verde (lunghezza d'onda a 560 nanometri) la cui intensità raggiunge il plateau in circa 10 ore e da quel momento emette luce per una decina di giorni (arco temporale che si sta cercando di aumentare).
Campioni di legno incubati con il fungo
(credit:empa.ch)

Nulla di "magico" beninteso. 
In natura, la bioluminescenza è una proprietà nota in molti organismi, dai funghi agli animali (meduse, lucciole, ...). La luce viene prodotta grazie a processi chimici che rilasciano energia sotto forma di calore e luce. 
Da un punto di vista dell'efficienza la lucciola è sul podio con una resa quantica del 40% seguita dalle meduse (17%) mentre i funghi luminosi sono ad un più modesto 2%.

Oltre 70 sono le specie di funghi che mostrano bioluminescenza, nota anche come foxfire (vedi anche QUI) nel legno in decomposizione.
Il termine è un ibrido franco-inglese derivante da "faux" e "fire" ("falso fuoco"). Il momento ideale per osservare il fenomeno è in autunno nelle foreste di faggi.
Non del tutto chiara la funzione della bioluminescenza nei funghi. Una delle ipotesi è che serva per attrarre gli insetti utili ai funghi per veicolare altrove le loro spore. 


Leuchtholz aus dem Pilzlabor (credit: Empa-TV)

***

Il fungo del miele può germogliare in modo poco appariscente sul suolo della foresta nella classica forma di fungo, adornato solo da una striscia decorativa attorno al gambo, come un braccialetto, che gli conferisce il nome latino "Armillaria".
Molto più impressionante, tuttavia, è la sua ragnatela di fili neri che disegna su legno e terreno. I fili fungini formano spessi fasci lunghi un metro, circondati da uno strato protettivo nero contenente melanina. Sono anche raggruppati nella categoria dei rizomorfi proprio per queste ramificazioni che assomigliano a radici che si espandono alla ricerca di nuovi habitat e fonti di cibo.
Nota. Il più grande organismo vivente al mondo, una rete di funghi del miele vecchia di 2400 anni, copre un'area di diversi chilometri quadrati nello stato americano dell'Oregon. Il fungo più grande d'Europa si trova in Svizzera sul Passo del Forno. Questo fungo del miele vecchio di 1000 anni copre un'area delle dimensioni di 50 campi da calcio.

Fonte
How to make wood glow
Empa.ch (11/2024)






Luci LED fungine (image: Amazon)
 
Libro per ragazzi sulla bioluminescenza
(image: Amazon)



Le piante luminescenti sono ora disponibili (in USA)

Da qualche settimana sono in vendita negli USA piante luminescenti ottenute mediante una (tutto sommato semplice) modificazione genetica.
Il costo? 29 dollari. Prodotta dalla azienda biotech Light Bio (Sun Valley, Idaho)
Utilizzo? Casa o giardino visto che si tratta di una petunia (Petunia hybrida), pianta che si adatta bene ad entrambi gli ambienti. Pianta che alla luce ha le classiche caratteristiche di una petunia normale con fiori bianchi mentre al buio mostrano una tenue luminescenza verde, non luminoso (e fastidioso) come una lampada ma un delicato bagliore paragonabile alla luce presente con la luna piena.
Credit: Light Bio
Modifiche genetiche di questo tipo non sono invero una novità. Vi rimando ad un articolo scritto nel lontano 2013 per approfondimenti.
I primi esempi risalgono al 1986 e furono fatti sulla pianta da tabacco (Nicotiana tabacum), molto usata nei laboratori di genetica vegetale, con l'inserimento nel suo genoma del gene della luciferasi (dalla lucciole).
Nota. Questo e altri geni simili da altri organismi sono il "pane quotidiano" in tutti i laboratori di biologia molecolare per visualizzare nelle cellule la produzione e distribuzione di proteine e/o l'espressione genica. All’epoca, lo scopo dello studio era proprio monitorare l'espressione (e valutare quanto fossero controllabili) di particolari geni nella pianta.
Come spesso accade quello che nasce come uno strumento di studio, diviene con il tempo (e il suo diventare routine) una opportunità per creare qualcosa di commerciabile al di fuori dei laboratori. Tra le varie start-up nate proprio per perseguire questa idea, c'era la Light Bio che pensò di realizzare piante con scopi decorativi. Dopo vari anni di tentativi per ottimizzare i risultati (all'inizio le piante brillavano troppo debolmente, per poco tempo e avevano bisogno di "cibo" speciale per alimentare la reazione chimica) il prodotto attuale rappresenta il coronamento - ma anche il punto d'inizio - degli investimenti fatti.

Credo sia importante precisare che l'emissione di luce può essere il risultato di processi molto diversi tra loro. Ad esempio la fluorescenza è la proprietà di alcune sostanze di riemettere ad una lunghezza d'onda maggiore (energia inferiore) le radiazioni elettromagnetiche ricevute. La bioluminescenza avviene invece attraverso reazioni chimiche, nel corso delle quali l'energia chimica viene convertita in energia luminosa (l'esempio classico è la luce emessa dalle lucciole, mediata dall'enzima luciferasi).
Al primo caso appartengono alcuni organismi luminosi oggi disponibili come i GloFish, pesci da acquario disponibili in molte specie e colori, che emettono fluorescenza se esposti alla luce naturale o alla luce ultravioletta.
Image credit & info: inlandaquatics

Al secondo caso appartiene invece la "nostra" petunia che brilla senza avere bisogno di nulla di particolare (luce o nutrienti specifici) grazie a un gruppo di geni originati da un fungo bioluminescente (Neonothopanus nambi) il cui meccanismo è stato delucidato nel 2019
Nello specifico il fungo alimenta la sua reazione di emissione di luce con la molecola di acido caffeico (molecola che nulla ha a che vedere con la caffeina) prodotta in diverse piante. La clonazione dei geni del fungo dentro il genoma della petunia ha reso possibile alla pianta produrre enzimi in grado di convertire l'acido caffeico nella luciferina (la molecola che emette luce) che viene poi riciclata dalla pianta in acido caffeico; un ciclo che consenta una bioluminescenza permanente. 
I ricercatori sono riusciti ad aumentare l'intensità luminosa derivante dalla bioluminescenza selezionando geni da altre specie fungine, sfruttando tecniche di evoluzione diretta per ottenere il miglior risultato.
Ma perché proprio la petunia? La scelta viene dal suo essere una pianta ornamentale molto diffusa e, cosa non meno importante, per ridurre al minimo il rischio ecologico. La specie di petunia usata dall'azienda non è originaria del Nord America e non è considerata una specie invasiva. Quindi le possibilità che i geni modificati si diffondano nelle piante autoctone alterando l'ecosistema sono meno che irrisorie
L'azienda ha optato per non generare una pianta sterile come spesso avviene con le piante modificate proprio perché non ci sono specie selvatiche in Nordamerica. Tale scelta permette all'acquirente di espanderla a volontà il che potrebbe essere contro gli interessi dell'azienda la quale invece rilancia dicendo che contano di mettere sul mercato piante sempre nuove (e a prezzi contenuti) per mantenere vivo l'interesse dei clienti.
La petunia luminosa potrebbe essere paragonata al pomodoro viola (Solanum lycopersicum), i cui semi sono stati messi in vendita all'inizio di questo mese negli Stati Uniti ed è stato il primo prodotto alimentare geneticamente modificato venduto direttamente ai privati.
Image: Norfolk Plant Sciences
In questo caso sono stati inseriti nel genoma del pomodoro alcuni geni di una pianta del tipo bocca di leone (Antirrhinum majus) così da conferire il colore viola, mediato da alti antociani, molecole con importanti proprietà antiossidanti.

Tra i progetti futuri la creazione di piante che producono la luminescenza quando sono in condizioni di stress (ad esempio infezioni, parassiti, siccità, ...) così da informare gli agricoltori in tempo reale grazie alla rilevazione del segnale mediante droni notturni. Si potrebbero anche immaginare città illuminate da piante ... 

Se non vedete il video (––> youtube)


***

Informazioni importanti e scientificamente validate sulle tante bufale che circondano il mondo OGM sono ben descritti nei libri di Dario Bressanini (link ad amazon)

I pomodori viola. Oltre il colore c'è di più

I prodotti geneticamente modificati esistono da sempre come ho descritto in un precedente articolo sugli OGM. La vera differenza è che se prima si procedeva attraverso incroci selettivi e selezione fino ad arrivare ad un prodotto non esistente in natura fino a farlo diventare l’unica forma oggi disponibile (ad esempio le carote arancioni o il pomodoro delle dimensioni attuali), le tecniche attuali permettono di modificare ad hoc il genoma della pianta bersaglio e procedere in tempi molto più brevi all’analisi delle proprietà del prodotto ottenuto.
Ricordo per inciso che c’è una differenza sostanziale tra organismi in cui è stato inserito uno o più geni da altri specie (necessaria autorizzazione prima della messa in commercio) rispetto agli organismi in cui sono state modificate le istruzioni genetiche preesistenti (nessuna autorizzazione necessaria in quanto totalmente equivalenti al risultato di incroci selettivi).
Lo scopo di tali modifiche genetiche è molto vario e va dalla creazione di specie naturalmente resistenti ai parassiti o alla siccità, fino a varietà che producono nutrienti (ad es. vitamine) assenti nella specie originale (vedi la banana che previene la cecità nei bambini a rischio o il riso modificato per produrre sostanze nutrienti di cui è povero).
Image Credit: norfolkplantsciences

Tra i nuovi arrivati nel novero di specie vegetali “migliorate” abbiamo i pomodori viola, il cui colore non è un vezzo cromatico ma indica la presenza di alti livelli (fino a 10 volte il normale) di antiossidanti. A tale risultato si è giunti inserendo due geni presi dalla pianta bocca di leone.
Gli antiossidanti sopra menzionati appartengono al gruppo degli antociani, comuni in molti alimenti vegetali di colore violetto, azzurro o rosso. Gli antociani sono pigmenti vegetali idrosolubili, presenti sia in frutti ( come frutti di bosco, uva rossa, melanzane e ciliegie) che nei fiori.
Gli antiossidanti giocano un ruolo importante nella prevenzione di malattie “da usura” (l’invecchiamento) termine che deriva dall'azione di molecole ossidanti generate come prodotto collaterale della respirazione cellulare. Neutralizzare queste molecole è un compito a cui tutte le cellule si dedicano mediante sistemi enzimatici detossificanti ma che viene via via meno con l’età; una perdita di funzionalità che a sua volta ingenera un circolo vizioso di aumento danni ossidativi. Gli antociani sono anche dotati di proprietà antinfiammatorie.
Da qui l’importanza nell’alimentazione di prodotti che contengono antiossidanti (ma è vero anche che non bisogna abusare perché l’ossidazione serve ….).
Test condotti sui topi alimentati con questa nuova varietà di pomodori hanno mostrato un incremento dell’aspettativa di vita del 30%.

Come scritto in apertura, le piante modificate geneticamente per inserzione di geni esogeni necessitano dell’autorizzazione da parte degli enti regolatori per valutare in primis il rischio ambientale e (se usati come integratori) della produzione di dati di sicurezza ed efficacia. I dati “ecologici” sono stati ritenuti sufficienti dalla USDA (Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti) che ha dato semaforo verde per la coltivazione in USA.

Come integratori gli antociani sono noti per essere ben tollerati dalla maggior parte delle persone e non presentano rischi di effetti collaterali (chiaramente a dosaggi “sensati” vedi il caso dell'integratore a base di riso rosso).

La pianta è stata prodotta dalla britannica Norwich Plant Sciences, su cui lavora da più di un decennio (le prime notizie di queste modifiche risalgono ad un articolo pubblicato su Nature nel 2008). Paradossalmente l’autorizzazione per la richiesta coltivazione sul suolo inglese non è ancora stata presentata.

Nota storica.
Il pomodoro come oggi lo conosciamo (pur con tutte le varianti esistenti) è ben diverso da quello che cresceva naturalmente nelle Americhe. Il nome stesso ci dice che oltre alle dimensioni (piccole, come delle bacche) anche il colore era diverso ("pomo d’oro", cioè giallo)
Le versioni moderne di pomodoro derivano dalla presenza di alti livelli di licopene che conferiscono la caratteristica colorazione rossa. Su un tema analogo riguardo le mele vi rimando all'articolo dedicato.
Fonte
- http://www.norfolkplantsciences.com

- APHIS Issues First Regulatory Status Review Response: Norfolk Plant Sciences’ Purple Tomato


I bambini "OGM" avranno una vita più breve del normale

Aggiornamento ottobre 2019
Circa 1 mese dopo la pubblicazione di questo post, gli autori dell'articolo qui citato (Xinzhu Wei & Rasmus Nielsen), hanno rilevato errori nella metodologia analitica usata per identificare le mutazioni nel database con la conseguenza di una sottostima degli individui portatori. Hanno quindi deciso di fare una ritrattazione ufficiale dell'articolo perché le conclusioni non erano più supportate (--> QUI). Errori metodologici come questo non sono rari nella scienza ed è sempre un ottimo segno quando l'errore viene prontamente rilevato dalla comunità scientifica e l'autore, riconoscendolo come tale, chiede lui stesso il ritiro del lavoro.
Ho deciso di lasciare integra la discussione qui sotto sia per ragioni di trasparenza "storica" sia perché la sostanza rimane immutata: cambiare il genoma di un individuo, specie a livello embrionale, in modo permanente ed ereditabile espone a rischi ignoti sul lungo periodo che per essere accettabili DEVONO avere ragioni di urgenza e necessità. Nessuno di questi fattori era presente nella sperimentazione di He Jiankui.
He Jankui è stato condannato a 3 anni di prigione da un tribunale cinese (--> NYT)

***

Torniamo sul caso dei bambini cinesi modificati geneticamente da He Jiankui, di cui ho trattato nell'articolo --> La distopia è realtà
Oltre alle gemelle, il terzo pargolo potrebbe essere nato a luglio.  Le coppie che sono entrate nella sperimentazione, alcune senza capirne le implicazioni, sono 8 ma si ignora quante gravidanze siano giunte a termine (vedi --> le notizie più censurate in Cina).
image credit: Mon Oo Yee (via genengnews.com)
Riassumiamo il caso in poche righe. 
Con lo scopo di rendere immuni al HIV bambini "pianificati" da donne sieropositive, He Jiankui ha modificato geneticamente l'embrione (risultato della fecondazione in vitro) prima di impiantarlo in utero, "cancellando" il gene che codifica per la proteina che funge da porta di ingresso per le varianti più comuni del virus. Ne sono risultati embrioni knock-out per il gene CCR5
Nota. Knock-out è un termine tecnico per indicare cellule o organismi in cui sono state inattivate o rimosse le due copie di un determinato gene ereditate da ciascun genitore.
Modificare geneticamente un essere umano causa criticità a più livelli, in primis di natura etica e di ragionevolezza sperimentale. "Correggere" un allele deleterio (causante una malattia invalidante o letale), meglio se agendo solo in alcuni distretti corporei, è già stato fatto ma è cosa ben diversa dal rimuovere un allele normale da tutte le cellule dell'individuo, comprese quelle germinali. Si tratta di una modifica permanente che verrà trasmessa a tutte le generazioni future. 
Nota. I geni non sono elementi accessori ma mattoni informativi parte integrante del patrimonio genetico, risultato di una selezione positiva condotta dall'evoluzione: i geni (o le varianti dello stesso gene, cioè gli alleli) dannosi vengono di solito eliminati insieme all'organismo che li porta mediante riduzione della fitness genetica. Alleli deleteri ma che possono diventare utili in particolari condizioni rimangono nel "paniere genetico" della popolazione a frequenze "sopportabili", grazie all'effetto della selezione positiva che si contrappone a quella negativa (esempio tipico sono le mutazioni geniche che causano la talassemia, malattia letale se non trattata, se presenti in doppia copia, ma che conferiscono resistenza alla malaria in singola copia). Geni "inutili" (né dannosi, né vantaggiosi) vengono persi con il passare delle generazioni perché non ci sarà nessuna pressione selettiva a contrastare l'insorgenza di mutazioni al loro interno. Riassumendo, non ci sono nel genoma geni funzionanti che sono inutili. Cancellare un gene può avere effetti imprevedibili che potrebbero comparire sul lungo periodo o al verificarsi di determinate condizioni ambientali.
Cancellare un gene non è mai un "pasto gratis". A supporto dei dubbi sulla sensatezza scientifica di tale approccio, sono stati da poco pubblicati dati che suggeriscono che se da una parte l'ablazione funzionale di CCR5 fornisce la resistenza al HIV (ma solo ad alcuni ceppi), dall'altra potrebbe diminuire l'aspettativa di vita.
L'informazione viene da una analisi retrospettiva in cui si sono incrociate le caratteristiche genetiche di migliaia di individui della popolazione generale con i dati sulla loro vita media. In sintesi, le persone che hanno entrambe le copie del gene CCR5 "naturalmente" inattive (vedi sotto), hanno il 21 % di probabilità in più, rispetto alle persone con almeno una copia attiva, di morire prima dei 76 anni.
L'analisi si basa sui dati genetici e sanitari di quasi 410 mila persone iscritte al progetto di ricerca Biobank nel Regno Unito.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine.

Resistenza naturale al HIV
La scoperta di tale fenomeno venne dall'identificazione di persone che non contraevano l'infezione nonostante appartenessero a categorie ad altissimo rischio oppure, pur infette, non progredivano verso la fase "patologica" della malattia (AIDS) in quanto il corpo riusciva a contenere l'infezione ad un livello basale.
Lo studio di questi soggetti portò alla identificazione di mutazioni nel gene CCR5 (la più comune è CCR5-Δ32); da qui si iniziarono ricerche per sviluppare farmaci in grado di bloccare la proteina CCR5, utili soprattutto nelle primissime fasi dell'infezione per bloccare l'entrata del virus nelle cellule, dando tempo al sistema immunitario di neutralizzare l'invasore. Un esempio dell'effetto protettivo di tali mutazioni anche nelle fasi avanzate della malattia lo si è visto nei recenti trapianti di midollo in pazienti con AIDS affetti da leucemia: utilizzando un midollo, compatibile, donato da un individuo con il gene mutato, quindi resistente al virus, si è ottenuta sia la guarigione dalla leucemia che un repentino calo della viremia a livelli inferiori a quelli rilevabili con le tecniche standard, e alla eradicazione del virus (i farmaci oggi in uso permettono di cronicizzare la malattia, cioè di conviverci per decenni).
Nota. La mutazione defunzionalizzante nel gene CCR5 non conferisce resistenza universale al HIV ma solo al ceppo M-trofico R5 (che predilige i macrofagi come cellule bersaglio) il quale usa la proteina CCR5 come "facilitatore" di entrata nella cellula. Il ceppo R5 è la forma predominante nelle fasi iniziali dell'infezione mentre con il tempo il virus predominante è il tipo X4, che sfrutta la proteina CXCR4 come punto di ingresso. 
Ha senso eliminare il gene CCR5 nei bambini?
C'è una netta differenza tra un trattamento clinico volto al blocco del gene CCR5 o al trapianto con cellule prive di CCR5 e bambini privati geneticamente di CCR5.
Nei primi due casi si assiste o ad un blocco temporaneo della funzionalità oppure ad una "cancellazione" limitata ad un tessuto (in questo caso le cellule del sangue) mentre tutto il resto del corpo ha un genoma "normale". Il confronto va fatto con individui privi dalla nascita e su tutte le cellule del corpo del gene funzionante (quindi non una mutazione post-zigotica). I dati appena pubblicati indicano che avere questa mutazione accorcia l'aspettativa di vita.
La ragione non è chiara ma alcuni studi suggeriscono che l'inattivazione della proteina renda le persone più sensibili ad altri virus, come l'influenza e il virus del Nilo occidentale. D'altra parte l'assenza di CCR5 sembra favorire la velocità di recupero nelle persone colpite da ictus e nei topi migliora le capacità di apprendimento e di memoria.

Una riduzione dell'aspettativa di vita sarebbe un prezzo sensato da pagare nel caso di malattie per cui il bambino non trattato avesse la certezza di non superare i primi anni di vita. Il fatto non sussiste nel caso dei bambini cinesi modificati in provetta, per varie ragioni:
  • il rischio di trasmissione del virus durante la gravidanza, nel caso di madre infetta, è oggi minimizzabile; 
  • nel caso malaugurato di infezione, i farmaci antivirali oggi disponibili permettono di vivere fino a tarda età;
  • in un futuro non troppo lontano il trapianto di midollo con cellule modificate per essere resistenti al virus potrebbe diventare una opzione reale nel caso in cui le terapie farmacologiche fallissero.
Per gli embrioni sottoposti a trattamento di disattivazione del gene, l'infezione era solo una possibilità, non una certezza, per cui la decisione di modificarlo a priori si configura più come una scusa per creare il primo umano-GM che per risolvere un problema reale. 

Lo studio che ha messo in evidenza i potenziali effetti negativi del trattamento nasce nelle concitate giornate dell'annuncio della nascita dei bambini-GM da parte di He. In quel periodo alcuni ricercatori di Berkeley stavano lavorando ad uno strumento computazionale capace di analizzare l'imponente volume di dati genetici presente nei database (come quelli della Biobank britannica) per scovarne effetti sulla salute. Poiché nella popolazione generale esistono già individui naturalmente privi di CCR5 funzionante (l'11% della popolazione in UK è eterozigote per questa mutazione), i ricercatori decisero di testare il software per predire l'effetto dell'inattivazione di CCR5.
I risultati hanno fatto scattare il campanello di allarme che va a sommarsi alle criticità di cui sopra. I bambini-GM dovranno convivere con questa spada di Damocle e, indubbiamente, rimarranno sotto monitoraggio medico per anni, non fosse altro per la loro "unicità".

Lo studio californiano ha limiti intrinseci dettati dalle caratteristiche del database usato: i dati provengono da persone di età pari o superiore a 41 anni e questo esclude chiunque sia morto prima o malati che non hanno aderito alla raccolta dati della Biobank britannica.
Tuttavia, fatto salvo il limite del database, lo studio è stato ben condotto e analizzato, e rafforza la domanda sugli effetti a lungo termine negli umani e se questi siano accettabili quando manchino le condizioni di urgenza e necessità.

Fonte
-  CCR5-∆32 is deleterious in the homozygous state in humans.
X. Wei et al, Nature Medicine, 25 (2019) pp. 909–910

 - Gene edits to ‘CRISPR babies’ might have shortened their life expectancy
Nature Medicine

- Gene edits to ‘CRISPR babies’ might have shortened their life expectancy
Scientific American

- China’s ‘CRISPR Babies’ May Be More Likely to Die Young
Smithsonian Magazine





I bambini geneticamente modificati sono tra le news più censurate in Cina

L'onnipresenza del sistema di sorveglianza cinese sui media tradizionali e sui social media non è di per sé una notizia. Quanto avvenuto nelle ultime settimane ad Hong Kong (e il parziale blocco di Telegram) è solo un esempio.
Chiunque abbia passato, per lavoro o turismo, del tempo in Cina sa bene quanto possa essere complicato (o impossibile) accedere a canali di news esteri o anche solo usare motori di ricerca. Già nel 1997 la rivista Wired aveva coniato il termine "Great Firewall" (sulla falsariga della Grande Muraglia") per indicare il sistema di controllo del Golden Shield Project, gestito dal ministero per la pubblica sicurezza, con il quale si identificano e bloccano notizie "non permesse", anche quelle che a noi potrebbero sembrare "notizie normali".

image source: theconversation.com
I metodi utilizzati sono vari: IP blocking; filtri DNS; filtri URL; Packet filtering;  Connection reset e il sempreverde man-in-the-middle attack. Di interesse anche il video reportage del WSJ --> Life Inside China's Total Surveillance State (yotube)
La macchina censoria è talmente capillare che anche persone con grado di istruzione medio-alto sono ignare di eventi che invece dovrebbero conoscere bene (non mi riferisco al caso ovvio e oramai vetusto dei moti di piazza Tienanmen). Una prova sul campo l'ho avuto qualche anno fa quando parlando con un collega cinese (quindi una persona che ha avuto modo di viaggiare oltre confine) constatai che era completamente all'oscuro delle forti tensioni in atto da almeno un decennio nello Xinjiang (che avevo visitato tempo addietro) né di eventi base della loro storia recente; una specie di tabula rasa su cui i media ufficiali "plasmano" il concetto stesso di opinione pubblica. 
Volere sapere di più è del resto controproducente se si vuole godere dei diritti base (istruzione, sanità, diritto di residenza nelle città, passaporto ...). A differenza di quanto avviene in altri paesi il sistema del "welfare" cinese è basato sul Sistema di Credito Sociale: più si abbassa il tuo punteggio (legato a segnalazioni di attività "non consone") e meno sono le prestazioni a cui hai diritto. Se il tuo punteggio scende sotto una certa soglia, diventi una specie di fantasma … .
Il motivo per cui ne tratto qui, un blog di notizie scientifiche, è che questo controllo si esercita anche sui fatti scientifici ma in modo alquanto strabico: non rileva cioè anomalie procedurali (se queste aumentano la produttività, vedi anche --> inquinamento atmosferico e ozono) ma interviene senza mezze misure quando la notizia della "anomalia" supera i confini.

Il termine Far West (anzi qui Far East) della sperimentazione biomedica è stato spesso usato per indicare la possibilità di svolgere lì attività di ricerca o trattamenti terapeutici sperimentali vietati o fortemente regolati in occidente. Il che ha portato a due fenomeni:
  • il turismo medico da una parte (vedi articolo --> turismo delle staminali); 
  • l'attivazione di collaborazioni tra team occidentali e gruppi di ricerca cinesi per delocalizzare sperimentazioni la cui approvazione da noi (sia come finanziamenti che a livello ministeriale) sarebbe stata farraginosa o inutile (nella migliore delle ipotesi bisogna preventivare centinaia di pagine di documentazione ridondante e colloqui con i burocrati che rasentano il teatro di Ionesco). E mi riferisco alla sola sperimentazione "normale". Tutti coloro che già operavano in ambiti controversi (la sperimentazione su embrioni ad esempio) hanno optato per la soluzione più semplice cioè fare i pendolari (e non è un modo di dire) Europa-Cina su base settimanale come fanno di routine alcuni colleghi olandesi.

I legittimi (e indispensabili) lacciuoli regolatori dei paesi occidentali, uniti ad una burocrazia bizantina (e in questo noi siamo imbattibili) hanno quindi, come si suol dire, "fatto buttare il bambino insieme all'acqua sporca", facendo fuggire non solo i "fuorilegge" ma anche chi non aveva nulla da nascondere ma si è trovato di fronte al bivio se lavorare oppure dedicare tutto il proprio tempo a preparare documenti e rimbalzare tra un ufficio ministeriale e l'altro.
La sperimentazione clinica in stile Far East non è appannaggio esclusivo della Cina come ben insegna il caso russo, non fosse altro per il ricordo di quella "terapia" a base di cellule staminali che hanno causato nel paziente un tumore cerebrale (vedi cellule sbagliate e tumore cerebrale).

Arriviamo così al caso, di cui ho scritto poco tempo fa (--> la distopia è realtà) e che ha fatto sobbalzare la comunità scientifica internazionale, cioè l'annuncio della nascita di due gemelle geneticamente modificate (GM).

Image: Mark Schiefelbein/AP via The Guardian

Subito dopo la notizia le autorità cinesi sono intervenute su più livelli, con l'attivazione di procedimenti giudiziari e legislativi (preventivi), il cui zelo è quantomeno sospetto se paragonato al permissivismo operativo.
Questo è però quanto vediamo noi da fuori.

Quale è stata la reazione nel paese al superamento di una linea considerata "invalicabile"  cioè la modifica genetica di embrioni umani? Nessuna, ma non per assenza di interesse, semplicemente perché la notizia che ha campeggiato sui media generalisti e nei congressi scientifici è stata censurata.
Il dato viene da fonti non sospette, uno studio condotto da ricercatori dell'università di Hong Kong che grazie allo speciale statuto regionale godono (godevano?) di una legislazione più libera rispetto a quella cinese. I ricercatori hanno analizzato la diffusione di notizie critiche emerse nel 2018 in ambito sanitario e non.
Lo studio, chiamato "WeChatscope" in quanto centrato sulle notizie veicolate attraverso la piattaforma WeChat, ha una valenza conoscitiva ben maggiore rispetto ad analoghe che avrebbero potuto essere condotte in occidente. Il motivo è che, dato il ferreo controllo delle notizie sui media ufficiali e il blocco/filtraggio dei motori di ricerca stranieri, WeChat è la vera via di diffusione delle notizie che appaiono sui canali di comunicazione classici ed è la principale fonte di informazione e di dibattito per i cinesi (specie i giovani) e come tale attentamente monitorato dalle autorità.
Un monitoraggio che porta alla individuazione di post "anomali" e alla cancellazione automatica di un account, oltre a penalizzazioni nel sistema di credito sociale.
 Lo studio ha tenuto traccia degli articoli apparsi su account pubblici di WeChat, creandone una copia su database esterni, e  vericando con il tempo quali e quanti di questi fossero spariti o "soltanto" editati nei punti chiave.
Grazie a particolari software i ricercatori hanno analizzato gli 11 mila articoli censurati lo scorso anno taggandoli per le parole chiave, creando così un elenco dei dieci argomenti più censurati.
Le notizie attinenti al caso dei bambini-GM hanno "scalato" la poco invidiabile classifica degli articoli censurati già dal giorno successivo a quello in cui He Jiankui annunciò la nascita delle gemelle.
Tra gli altri argomenti colpiti ci sono quelli della guerra commerciale USA-Cina (per un cinese non esiste), la politica locale e internazionale, il caso del medico incarcerato per aver criticato la medicina tradizionale cinese, lo scandalo dell'azienda di vaccini taroccati (--> articolo su The Lancet), le accuse di molestie sessuali contro un professore dell'università di Pechino, … . Non entrano in classifica argomenti di cui si sa "a priori" non essere lecito parlare come critiche all'establishment, Tibet, ...
La maggior parte dei post o articoli cancellati è stata sostituita con una notifica che diceva che il post era stato rimosso "per violazione delle leggi e dei regolamenti correlati". Alcuni post sono stati rimossi dagli utenti che li hanno caricati e la cosa non è strana: secondo la legge le persone possono essere accusate qualora il loro post (che ad esempio rimanda ad un articolo poi censurato o anche a loro commenti) venga ripubblicato più di 500 volte (numero molto facile da raggiungere con una platea di decine di milioni di utenti attivi in ogni momento).


Il fenomeno, come ovvio, trascende la dimensione social: subito dopo l'annuncio della nascita delle gemelle-OGM un articolo apparso su un organo di stampa ufficiale aveva trattato il caso come di un successo della ricerca cinese e di "una svolta storica" … salvo poi essere rimosso non appena era apparso evidente che la comunità scientifica internazionale non condivideva in nulla tale entusiasmo. Stesso dicasi per gli articoli pubblicati mesi o anni prima che celebravano il lavoro di He: tutti scomparsi nei giorni successivi allo scandalo, rimossi anche dai siti web governativi.
Fonti

- wechatscope

- ‘Gene-edited babies’ is one of the most censored topics on Chinese social media
Nature / news (2019)


La distopia è realtà: bambini geneticamente (e illegalmente) modificati sono nati in Cina

Chi è He Jiankui? E' il ricercatore che durante una conferenza lo scorso novembre ad Hong Kong si è visto costretto ad ammettere (messo all'angolo da una fuga di notizie pubblicata da Antonio Regalado sul MIT Technology Review) di avere modificato geneticamente embrioni umani poi impiantati in utero. La prima di queste gravidanze ha originato due gemelle, mentre è notizia recente che una seconda donna è nella fase finale della gestazione.

La notizia provocò immediate reazioni indignate da parte della comunità scientifica mondiale per la palese anomalia di metodo e di merito. Nello specifico i punti critici sulla sperimentazione riguardano il non avere ottemperato a principi di trasparenza e metodo sperimentale, e violazioni
  • di una moratoria implicitamente accettata dai ricercatori sul non produrre bambini modificati, o almeno non prima di una analisi specifica del caso.
  • di principi etici base sanciti da accordi internazionali per cui qualunque "studio" su esseri umani deve mettere al primo posto la sicurezza degli stessi, essere ragionevolmente utile o non dannosa (nel caso di test su volontari sani). Vedi in merito il Codice di Norimberga e la Dichiarazione di Helsinki (giunta alla settima revisione nel 2013)
  • Ogni trattamento su essere umano deve essere sempre basato sul consenso informato, cosa già di suo problematica con i minori o le persone non coscienti, figuriamoci su un embrione.
  • Avere come elemento cardine il principio di precauzione. Modificare il genoma anche con approcci miranti ad eliminare una mutazione dannosa espone al rischio di effetti non previsti o non prevedibili quando l'arco temporale è lungo come una vita umana. Non a caso nella fase di approvazione di un farmaco (o di una terapia) l'elemento discriminante è il rapporto tra beneficio legato al suo utilizzo e il rischio (somma del rischio legato al non eseguire una terapia e degli eventuali effetti collaterali della terapia, vedi ad esempio la chemoterapia). 
  • Altro problema è che la notizia dell'avvenuta sperimentazione (quindi ex-post) è avvenuta al di fuori dei canali ufficiali, cioè non attraverso la presentazione di uno studio completo sottoposto al classico processo di peer-review con il quale si valuta la coerenza, fondatezza, logica e conclusioni di una studio scientifico. Tutti criteri fondamentali nella scienza perché fondati su dati certificati e controllati da pari (peer) e non su affermazioni.
  • La giustificazione "teorica" alla base del trattamento non aveva il carattere di urgenza (senza il trattamento il bambino sarebbe certamente nato malato o si sarebbe ammalato a breve), di ineluttabilità (non esiste altro trattamento disponibile) o di sicurezza. Anzi come vedremo, se da un lato la correzione genica potrebbe proteggere l'individuo contro un determinato patogeno (HIV nello specifico), dall'altra ci sono evidenze di un rischio aumentato per altri patogeni e per alcune patologie autoimmuni.
Che in Cina fossero operative linee di ricerca proibite altrove era già emerso nel 2015 come ben ricorda Antonio Regalado in un articolo di qualche settimana fa di cui traduco un paragrafo tratto dal MIT Technology Review:
"...Nel 2015, Huang, un ricercatore presso l'Università Sun Yat-Sen a Guangzhou, riferì per la prima volta di avere usato la CRISPR su embrioni umani. Il suo articolo fu respinto dalle più importanti riviste occidentali per non avere seguito le regole etiche di base e per lacune nel metodo scientifico, ma venne infine pubblicato su una oscura rivista in lingua inglese edita a Pechino (...). " (--> qui l'articolo completo)
Si trattava all'epoca "solo" di studi condotti in laboratorio, non seguiti da impianto in utero ma fecero accendere i riflettori su quello che sarebbe potuto avvenire (o era già in atto) a breve.

Riassumere in poche righe il procedimento genetico utilizzato per renderlo "digeribile" a chi non è un biologo molecolare, è difficile e si corre il rischio di eccessiva semplificazione. Eccessivi tecnicismi implicano il rischio opposto di non fare capire nulla. Per evitare di appesantire il testo, a ciascun termine specialistico ho associato un link di approfondimento per chi volesse saperne di più.

L'impianto di embrioni modificati implica due passaggi, la modifica del genoma e l'impianto. Il secondo punto è oggi di routine essendo la base della cosiddetta fecondazione in provetta; la tecnica di editing genomico impone invece qualche riga di spiegazione.
La tecnica usata è nota come CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), ed è oggi uno strumento di routine nella gran parte dei laboratori di ricerca per la sua potenza e versatilità operativa. Per comprenderne la portata come strumento di indagine posso affermare senza tema di smentita che la sua implementazione ha generato un punto di svolta (definendo un prima e un dopo) come avvenne a fine anni '80 con la PCR (Nobel a Kary Mullis) e ad inizio duemila con il sequenziamento del genoma umano. La CRISPR ha soppiantato metodi molto meno precisi e decisamente più lunghi e costosi.

Come spesso avviene nella scienza, il metodo è frutto dell'attento studio di meccanismi già esistenti in natura. L'ispirazione per questa tecnica nacque dallo studio di un sistema di difesa antivirale operato da alcuni batteri che usavano "pezzi" del DNA di un virus invasore (a cui erano sopravvissuti) per addestrare le proprie difese enzimatiche a riconoscere e "tagliare" ogni DNA la cui sequenza contenesse quel bersaglio.
Il sistema consta di una "guida" (nella figura sotto è indicata in verde) che riconosce in modo molto specifico (altrimenti il rischio sarebbe di autodigerirsi) la stringa di DNA "scippata" al virus, e di enzimi che una volta individuato il complesso "guida+DNA alieno", si assemblano in loco e tagliano il DNA virale.

In verde è indicato un "pezzo" di DNA del virus catturato dal batterio sopravvissuto e integrato nel proprio DNA all'interno di un sistema di controllo. Questo DNA "alieno" viene processato e sintetizzato come una guida capace di identificare in modo altamente specifico la presenza di DNA virale qualora il batterio dovesse essere nuovamente infettato. Se questo "incontro" si verifica, vengono richiamati enzimi che neutralizzano, distruggendolo, il DNA virale
(Image credit: i-sis.org.uk). Immagine un poco più dettagliata -->qui


E' su questo sistema che le ricercatrici Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier hanno elaborato negli anni una tecnica capace di modificare in svariati modi il DNA bersaglio (e solo quello) nelle cellule di quasi ogni organismo. Non solo inattivazione (utile ad esempio per "spegnere" definitivamente un gene dannoso in quanto mutato o dannoso in un determinato contesto) ma anche attivazione (le proteine assemblate sul bersaglio invece di "tagliare il DNA" richiamano altre componenti cellulari capaci di modulare la trascrizione genica, attivando ad esempio un gene spento) o perfino la correzione di mutazioni ripristinando la sequenza standard.
Riassumendo, la tecnica si basa sull'inserimento nella cellula bersaglio (che possono essere anche molte in una volta): una "guida" specifica per il bersaglio genomico che si vuole modificare e le proteine (o le istruzioni genetiche per produrle) deputate alla azione di modifica. Una volta "in azione" sarà poi la cellula a fare il resto attivando il sistema di riparazione ad esempio.
La guida (verde) dirige il sistema CRISPR verso il target. A seconda della tipologia di proteine usate, si potrà avere la cancellazione del bersaglio, l'inserimento di una sequenza alternativa, la correzione della sequenza o semplicemente una modifica della attività trascrizionale del gene (image credit: Mariuswalter via wikipedia)

Un approccio potente e di enorme valore scientifico che ha permesso di studiare in laboratorio l'effetto di modifiche multiple su uno o più geni contemporaneamente in tempi e a costi nettamente inferiori, di quelli classici, basati su mutagenesi e incroci ripetuti su topi knock-out o transgenici.


Cosa ha fatto He Jiankui?
Ha usato la CRISPR per creare individui resistenti (teoricamente) all'infezione da HIV. 
Nota. L'infezione virale può essere immaginata come l'incontro tra virus in possesso di una chiave molto specifica e cellule dotate di una serratura adatta. Il virus è dotato sulla parete esterna di proteine capaci di interagire in modo specifico con proteine che la cellula espone sulla propria membrana per comunicare con altre cellule o rispondere a segnali. Una volta avvenuto il contatto virus-cellula, il virus viene accolto (o forza l'ingresso) hackerando il sistema di controllo cellulare, sia nella barriera di ingresso che, una volta entrato, nella funzionalità cellulare. Questo spiega perché la maggior parte dei virus sia capace di infettare solo particolari cellule (ad esempio quelle della mucosa respiratoria ma non i linfociti) in uno stesso organismo e che tale tessuto-specificità sia anche specie-specifica (il nostro virus del raffreddore non è capace di attecchire nella gola del cane o gatto di casa, o perché la "chiave non si adatta a quella serratura" oppure perché le sue istruzioni di riprogrammazione non sono comprese o efficaci in quel contesto cellulare). L'efficacia infettiva del virus HIV nasce dall'avere come bersaglio le cellule deputate alla protezione dell'organismo cioè i linfociti e i macrofagi.
Nel caso dell'HIV è noto da tempo che nella popolazione umana esistono soggetti definiti "super-resistenti" all'infezione. Alcuni individui ad altissimo rischio infezione (per stile di vita, per partner già infetti, etc) sembravano immuni al virus o magari pur essendo infetti erano capaci di tenere sotto controllo la viremia senza alcun trattamento esterno con il risultato che o del virus non c'era traccia oppure rimanevano sieropositivi senza mai sviluppare l'AIDS.
Si scoprì poi che alcuni di questi soggetti avevano mutazioni nella "porta d'ingresso" del virus. Ma non nella proteina CD4, il bersaglio del "gancio" virale, ma in una delle proteine accessorie che sono a stretto contatto con la CD4.  Le due proteine ausiliarie sono CCR5 e CXCR4, il cui ruolo "naturale" è di corecettori per la normale funzionalità immunitaria (vedi figura --> QUI). Possiamo immaginare il virus che per riuscire a fermarsi sulla e a penetrare nella cellula bersaglio sia costretto oltre ad "aggrapparsi" alla CD4 ad "afferrare" anche (ma non solo) la CCR5 per riuscire a stabilizzare il legame.
I portatori di mutazioni nel gene codificante per la CCR5 (alterandolo o spegnendolo) hanno una innata resistenza a molti ceppi di HIV, senza che questa mutazione si associ ad evidenti problemi di salute o di funzionalità immunitaria. 
Sottolineo "evidenti" essendo contestualizzato alle condizioni di vita attuali. Se il gene fosse inutile o funzionalmente ridondante sarebbe stato eliminato dalla selezione naturale per mancanza di una pressione selettiva nel corso delle migliaia di generazioni dell'evoluzione dell'Homo sapiens. Tra le ipotesi più accreditate quella che giochi un ruolo nella riduzione del rischio di patologie autoimmuni come ad esempio la sclerosi multipla e nella difesa da altri patogeni. In altre parole la sua assenza non ha effetti nell'immediata probabilità di sopravvivenza ma potrebbe fornire sul lungo periodo (su n generazioni) un vantaggio come fitness genetica.
La summa di queste informazioni spiega perché CCR5 sia al centro di protocolli terapeutici miranti a contrastare la diffusione del virus nell'organismo. L'idea in parole semplici sarebbe di sbarrare le porte di ingresso nelle cellule bersaglio dando così tempo ai linfociti di identificare e distruggere (senza essere loro stessi infettati) il virus.
E' bene ricordare però che come tutti i virus anche l'HIV esiste in varianti, alcune delle quali possono fare a meno di CCR5 per "agganciarsi" alla cellula
Comunque sia è proprio su CCR5 che He Jiankui decise di concentrarsi, per "risolvere alla radice il problema" creando umani geneticamente modificati nel gene CCR5 così da essere resistenti all'attacco virale (o meglio a questo virus). Scelta quantomeno ardita per molte ragioni.
  1. Non ha affrontato un bisogno medico reale.  Decidere di disattivare il gene CCR5 poiché il padre delle gemelle era sieropositivo non ha senso, soprattutto se si considera che le bambine non sono risultate infette. E in casi di gravidanze a rischio la procedura comune è quella di usare gli antivirali già approvati. Anche se si fosse deciso di bloccare CCR5 per minimizzare il rischio infezione, ci sono farmaci sperimentali progettati proprio per questo scopo. 
  2. Manca la logica scientifica per spiegare una procedura così drastica. Disattivare CCR5 non conferisce completa immunità all'HIV per il discorso sulle varianti fatto prima. Sebbene le persone con deficit innati nel gene appaiano sane, ci sono indizi di una loro maggiore sensibilità al WNV (virus del Nilo occidentale) e, cosa più preoccupante, un maggior rischio di complicazioni mortali legate ad una "semplice" influenza. Quindi He ha fornito alle gemelle una resistenza ad un virus che avrebbe potuto essere bloccato (in caso di reale necessità) in altri modi senza esporle a rischi imprevedibili per il futuro.
  3. L'editing genetico non è stato fatto correttamente.
    Da quanto si legge dai resoconti di chi era alla conferenza i dubbi non sono di poco conto. I dati completi sono ora sotto esame dei peer reviewers che dovranno decidere sulla "pubblicabilità" quindi si può solo parlare in base ai rumors. Sembra ad esempio che il ricercatore sia riuscito a modificare solo la metà dei geni CCR5 di una delle gemelle. Due sono quindi le possibilità: la bambina è eterozigote per la mutazione (una copia originale e una modificata) o è un mix di cellule contenenti i due geni parentali modificati e altre con i due geni normali (evento chiamato mosaicismo, comune quando la modifica ha funzionato solo su parte delle cellule trattate). Se siamo nel primo caso allora la bambina non avrà alcuna resistenza all'HIV (esprimerà solo meno CCR5); se siamo nel secondo caso la resistenza reale dipenderà dal caso, cioè se le cellule "editate" sono quelle che hanno originato le cellule del sistema immunitario, sarà resistente, altrimenti (ad esempio sono le cellule muscolari ad essere modificate) non godrà di alcuna protezione
    Cosa ancora peggiore da un punto di vista tecnico, la mutazione introdotta non è quella voluta. Il piano era di eliminare una piccola sezione del gene CCR5, imitando una mutazione naturale (chiamata delta 32) che si trova in circa il 10% degli europei. I dati presentati alla conferenza non mostrano però evidenze di quella mutazione: una delle bambine ha una mutazione CCR5 completamente diversa, e l'altra ne ha due. Sebbene localizzate nello stesso gene, si tratta di mutazioni fuori bersaglio e, a meno che i dati sperimentali non lo provino, è sbagliato presumere che queste avranno lo stesso effetto della mutazione "programmata". L'unico modo per testarlo sarebbe di riprodurre le stesse mutazioni in animali e verificare la funzionalità immunitaria (ed eventuali altri effetti). Esperimenti tardivi e che richiedono mesi se non anni per acquisire dati sufficienti. Ovviamente He Jiankui non ha fatto alcuno di questi test.
  4. Consenso informato?  Non è chiaro se i partecipanti alla sperimentazione fossero effettivamente a conoscenza di ciò a cui avevano accettato di partecipare. Il reclutamento delle coppie candidate è avvenuto tramite una associazione di soggetti infetti da HIV. Il progetto sperimentale venne presentato come finalizzato allo sviluppo di un vaccino contro l'AIDS sebbene nei dettagli del consenso si citasse in effetti la CRISPR e l'editing genetico, ma in un linguaggio molto tecnico. Secondo un resoconto pubblicato dalla rivista The Atlantic, poco tempo dopo lo scoppio del caso una rivista cinese (Sanlian Life Week) pubblicò le interviste ad alcuni dei partecipanti allo studio che si erano ritirati, i quali affermarono di non avere idea né del rischio di effetti collaterali né che la tecnica in questione fosse una tecnologia proibita ed eticamente controversa. L'articolo della rivista venne in seguito cancellato dal sito online della rivista ma le copie digitali si sono salvate e sono state tradotte e divulgate. Cosa forse ancora più imbarazzante, il modulo del consenso informato attribuiva al team di He Jiankui tutti i diritti di immagine sull'utilizzo delle foto dei bambini su riviste, calendari, cartelloni pubblicitari, materiale propagandistico, confezione del prodotto e poster in auto e ascensori ... .
  5. Non ha informato l'università e l'ospedale dei suoi test? Al netto di dinieghi di tali enti per coprirsi le spalle, lo stesso He Jiankui ha detto di avere informato solo l'ospedale ma non l'università. Per fare i suoi esperimenti "in tutta tranquillità" si prese un mese di congedo non retribuito. Una riservatezza la sua che stona con il suo investimento nelle pubbliche relazioni, sia attraverso un PR americano che con la produzione di video (5) su YouTube in cui descriveva lo scopo della sua ricerca. Notare bene, mentre era già attivo nelle attività promozionali, nessuna pubblicazione scientifica (o almeno su riviste definibili tali) sul suo lavoro era disponibile.
  6. Chi sapeva? Sebbene non abbia mai esplicitamente parlato delle sue intenzioni ai vari congressi internazionali a cui partecipò (limitandosi alla discussione dei test in laboratorio e sugli animali) è certo che con alcune persone abbia condiviso le sue intenzioni. Alcuni di questi (tra cui noti ricercatori di Stanford e Berkeley) lo sconsigliarono vivamente dall'imbarcarsi in un progetto così a rischio mentre altri come Michael Deem della Rice University furono più ricettivi (o qualcosa di più visto che Deem aveva una piccola partecipazione nelle due società di He, ed è ora sotto inchiesta negli USA).
  7. Enti di controllo. A differenza di altri paesi, la Cina ha una agenzia che si occupa della supervisione di tutte le ricerche mediche condotte nel paese ed è quindi difficile oggi capire chi e quanto sapesse cosa. Negli altri paesi il controllo avviene o ad opera dei rispettivi enti (ciascuno dotato di un proprio comitato etico, che poi risponde di violazioni alla legge). Negli USA tra l'altro la sperimentazione sugli embrioni non è vietata in modo esplicito tranne nei casi in cui i finanziamenti siano di natura federale; è anche vero però che la sola idea di procedere ad un impianto in utero di embrioni senza l'approvazione della FDA è considerato uguale ad immettere sul mercato un farmaco non approvato, cioè è un crimine federale e come tale in grado di dissuadere anche il più border-line tra i ricercatori. La FED americana considera accettabile in linea di principio un intervento per correggere il genoma embrionale ma solo dopo attento scrutinio. Mai si era superata la linea tra il sapere di poterlo fare e il farlo
In tutto questo ci sono persone che hanno approfittato della notizia per sollevare il problema degli OGM, ma si tratta di questioni molto diverse che afferiscono a domande solo in parte coincidenti. Nel caso degli OGM, le domande a cui i ricercatori devono rispondere è il non provocare danni all'ambiente e al consumatore finale e ad oggi NESSUNO studio scientifico ha mai trovato anche la minima traccia di problemi (per intenderci sono anni che il mangime degli allevatori o la soia è OGM).
Nel caso della modifica del genoma umano le domande da porsi ricadono in un ambito totalmente inesplorato e vertono sulle generazioni future. Il passo dalla correzione di una mutazione dannosa al "confezionamento" di bambini progettati ad hoc (scegliendo il colore degli occhi, il carattere, l'intelligenza, etc etc) è breve ... una volta intrappresa questa strada.
In ogni caso se editing si farà dovrà almeno avere solide basi scientifiche, sia come fine che come metodica usata.
Nota. In tutto questo non potevano mancare i difensori di He, anche se con alcune riserve formali (che però a me suonano come "ha fatto solo alcune leggerezze"). Tra questi George Church di Harvard che in una intervista a Science disse che l'unico errore grave di He è stato nella parte burocratica e nella preparazione di una documentazione adeguata. Commento stigmatizzato da molti ma che non sorprende da uno che forse appartiene alla categoria del "non posso farlo qui perché sennò mi arrestano". Altro esempio, questa volta nostrano, quello del vicedirettore dell'Espresso che dall'alto della sua competenza su cose di scienza (...) ha paragonato la vicenda di He a quella di Galileo (sic!) ... . Una vera perla di saggezza radical-chic
*** aggiornamento maggio 2019***

Come prevedibile il superamento della linea rossa per quanto illegale favorisce la comparsa di emulatori in paesi in cui i controlli etici sono meno che formali. E' di pochi giorni fa la notizia che un ricercatore russo, Denis Rebrikov, si è detto pronto a ripetere l'esperimento usando come attenuante quella di permettere la gravidanza (o meglio lo sviluppo di un embrione non infetto) in una donna sieropositiva (--> Nature). Il suo motto è "I think I’m crazy enough to do it".
Tra le criticità, prima discusse, sono emersi nuovi dati che (--> i bambini-GM rischiano una vita più breve del normale) che, sebbene in seguito ridimensionati, denotano i problemi sottostanti ad un uso "leggero" di questi strumenti. 

Articolo correlato --> I bambini OGM sono tra le notizie più censurate in Cina.


*** aggiornamento aprile 2022***
He Jiankui è stato rilasciato.
Un ruolo ancora tutto da esplorare quello di Michael Deem, il ricercatore americano (finora passato sotto i radar) che ha collaborato con il cinese.



Fonti
- Genome-edited baby claim provokes international outcry
Nature
- CRISPR-baby scientist fails to satisfy critics
Nature
- Ten ways in which He Jiankui violated ethics
Nature Biotechnology

Farfalle OGM per combattere i danni causati dalle larve

E' di pochi mesi fa la notizia dell'approvazione dell'utilizzo di zanzare maschio modificate dopo che le prove sul campo avevano dimostrato la loro sicurezza ambientale e la loro estrema efficacia nel ridurre drasticamente il numero di consimili "selvatiche" (articolo precedente --> "Il governo USA arruola le zanzare").
Tignole (credit: Oxitec via wired.com)
Se in quel caso l'azienda produttrice (MosquitoMate) aveva scelto la strada della modifica "blanda"(non genetica) allevando maschi di zanzara portatori di un batterio capace di indurre sterilità nelle femmine dopo l'accoppiamento, voglio oggi citare un approccio genetico per colpire insetti infestanti in modo mirato.
Il dipartimento dell'agricoltura statunitense ha approvato le prove in campo aperto di una farfalla modificata geneticamente in quanto portatori di un gene che se espresso nello stadio larvale porta al blocco della crescita e quindi alla morte dell'insetto. L'obbiettivo è quindi colpire l'insetto nella fase in cui crea più danni alle coltivazioni.
La farfalla bersaglio è la tignola delle crucifere (Plutella xylostella, nota in USA come diamondback) responsabile da sola di danni per circa 5 miliardi di dollari all'anno a carico dei coltivatori di verdure come broccoli, cavoli, cavoli, cavoletti di Bruxelles e canola. 
credit: shelton.entomology.cornell.edu
L'insetto, originario dell'Europa e poi migrato in America, ha sviluppato negli anni la resistenza ad oltre 90 insetticidi costringendo i coltivatori a nuovi trattamenti che inevitabilmente si sono tradotti in nuova resistenza.
L'approccio genetico promette di mettere la parola fine a questa rincorsa e ha due pregi innegabili in quanto a sicurezza ambientale: non ha alcuna conseguenza su altri insetti fossero anche specie simili di farfalle in quanto solo la progenie generata dall'insetto modificato ne è colpita; non prevede l'utilizzo di alcun trattamento chimico. Da questo si evince che non ha alcun effetto sugli individui adulti preesistenti e tantomeno su qualunque altro insetto o sui predatori.

Vediamo come funziona e perché  è un esempio dei benefici che gli OGM (se ben progettati) consentono.
La tignola geneticamente modificata (nota con OX4319L) porta un gene biocida la cui espressione è regolata negativamente dall'antibiotico tetraciclina il che permette di controllare quando esprimere il gene. Negli allevamenti di queste farfalle maschio, la presenza dell'antibiotico consente il normale sviluppo larvale in quanto il gene viene tenuto spento; una volta adulti e liberati nelle aree test il gene è innocuo in quanto anche se potenzialmente attivo (non c'è più l'antibiotico che lo tiene spento) non ha alcun effetto sull'adulto. I maschi entreranno in competizione con i maschi "naturali" (basta liberarne un numero adeguato per renderli vincenti) e  trasmetteranno alla progenie il gene "killer"; non essendoci alcun antibiotico a tenerlo spento il gene si attiverà durante lo sviluppo larvale uccidendole prima di raggiungere la fase adulta. In pratica si attiverà un controllo delle nascite senza colpire gli individui adulti, che di loro non provocano danni. Data la aspettativa di vita delle farfalle maschio sarà sufficiente non introdurre nell'ambiente nuovi individui modificati per ristabilire una popolazione di tignole numericamente accettabile.

Le prove sul campo sono iniziate qualche mese nello stato di New York, in un area di circa 3 ettari, e sono gestite direttamente da un team della Cornell University che agisce in piena autonomia rispetto all'azienda Oxitec. Le falene modificate esprimono anche una proteina fluorescente pensata apposta per facilitare il monitoraggio sul campo della diffusione degli individui.
Tra i parametri che verranno analizzati la dispersione territoriale, la vita media in confronto con la specie naturale e la capacità di competere con i maschi selvatici.

In parallelo l'azienda Oxitec sta testando ceppi di zanzare modificate (Medfly) nello stesso modo, derivate da Aedes aegypti e Aedes albopictus; l'idea è quella di neutralizzare in modo pulito i vettori di malattie endemiche come la febbre dengue e Zika solo per nominarne alcune.
Studi in corso in Brasile hanno portato al rilascio di oltre 200 milioni di Aedes aegypti modificate e i risultati sono più che promettenti; le popolazioni preesistenti di zanzare sono calate di più del 80%. Il successo è tale che almeno due città brasiliane - Piracicaba e Juiz de Fora - e Santiago de Cali in Colombia, hanno messo sotto contratto Oxitec per la bonifica dalle zanzare e stati come Panama e le Isole Cayman hanno permesso l'inizio di prove estese sul territorio.

Fonti
- Diamondback Moth info & resources
Shelton lab at Cornell University : info & Project

- Why we need a solution to the diamondback moth pest
Oxitec / news 



La mela che non scurisce

Sbucciare la mela, tagliarla a fette e riporla in un recipiente fintanto che avremo preparato gli altri ingredienti per una torta o una macedonia, porta con sé il fastidioso effetto dell'imbrunimento. Non che tale fenomeno comporti pericoli o un calo delle proprietà organolettiche, ma di sicuro crea su chi sta preparando il dolce una pressione a fare in fretta. Semmai è bene scegliere in anticipo il grado di maturazione del frutto a seconda dell'utilizzo che se ne vuole fare. Un frutto troppo maturo non è adatto ad esempio a fare la marmellata in quanto gli enzimi liberati nel processo degradano la pectina (uno zucchero complesso) e rendono il processo di gelificazione meno efficace. Una marmellata liquida non è certo il massimo da presentare. 

L'imbrunimento è un fenomeno del tutto naturale presente anche in altri frutti e in alcune verdure, dovuto all'ossidazione della polpa a contatto con l'aria (nello specifico l'ossigeno), un evento facilitato da alcuni enzimi del frutto.

Non a caso tra i metodi preventivi classici (i "rimedi della nonna") possiamo citare il succo di limone (o l'anidride solforosa in ambito industriale) che crea un ambiente acido denaturando, quindi inattivando, gli enzimi catalizzanti l'ossidazione. L'enzima chiave del processo è la tirosinasi (e in genere le polifenolossidasi) il cui ruolo, sia in piante che animali, è la produzione di pigmenti (tra cui la melanina) attraverso l'ossidazione della tirosina.
Per quale motivo la mela dovrebbe attivare un processo ossidativo? Un punto che si tende a trascurare è che a differenza di una bistecca, il frutto che mangiamo è ancora vivo (già immagino la reazione inorridita di un vegano ...) . Il che è naturale in quanto il frutto è il mezzo che la pianta usa per disseminare i suoi semi. Una volta raccolto o caduto dall'albero manterrà la sua capacità di generare energia per un certo periodo di tempo, almeno fino a che non sarà mangiato da un animale (e i semi espulsi) o avrà trovato "terreno" fertile. Per mantenere le funzioni vitali una volta recisi i vegetali solitamente combinano l’ossigeno dell’aria con una molecola organica immagazzinata nei tessuti, solitamente uno zucchero, per produrre energia e sintetizzare altri composti, con la produzione finale di acqua e anidride carbonica. In altre parole il processo noto come respirazione. In generale la “sopravvivenza” di un vegetale dopo il raccolto è inversamente proporzionale alla sua velocità di respirazione. La vita di broccoli e lattuga, ad esempio, è molto più breve di quella di patate, cipolle e limoni, perché hanno delle velocità di respirazione molto più elevate. Nota finale: il motivo per cui una mela troppo matura "rovina" un cesto di mele è legato alla produzione dell'etilene, un ormone vegetale volatile che ha, tra le altre, la funzione di sincronizzare la maturazione contemporanea dei frutti "climaterici" (quelli che maturano dopo la separazione dalla pianta). 
Quindi quando tagliamo a fette una mela oppure questa si ammacca per una caduta, l'ossigeno atmosferico entrerà in contatto con gli enzimi liberati dalla lesione cellulare e si avvierà il processo ossidativo con lo scurimento della mela. 
credit: Okanagan Specialty Fruits, Inc

In una società come la nostra dove si tende a aborrire le imperfezioni estetiche del cibo (solo in parte organolettiche) e si deve tenere conto di tutte le problematiche legate al trasporto di frutta che "deve" essere disponibile ogni giorno dell'anno, è ovvio che si cerchi di prevenire il fenomeno. Fino a pochi anni fa la via per migliorare le caratteristiche di una pianta si basava su incroci ed innesti; oggi si opta per una via più veloce e controllata cioè la modifica genetica (o funzionale) della pianta.
Per chi leggendo queste righe ricavasse la conferma della sua "obiezione di principio" a tutto ciò che ha a che fare con gli OGM, temo rimarrà deluso nello scoprire che niente di diverso si è fatto nell'ultimo millennio (e con impatto ben maggiore) mediante tecniche che ben potremmo catalogare come "ingegneria genetica manuale". Alcuni esempi? La selezione delle mele dalla variante naturale del Caucaso a quelle moderne (--> Le mele antiche del Caucaso), la selezione delle carote fatte diventare arancioni mentre in natura erano viola oppure il pomodoro le cui varianti "domestiche" ben poco hanno a che fare con le poco attraenti piante selvatiche (--> Smithsonian). Se invece vogliamo parlare di piante assemblate cito il classico esempio del mandarancio.
La mela che non scurisce una volta tagliata è oggi realtà, avendo varcato la soglia dei supermercati americani. In realtà la notizia non è recentissima nel senso che già nel 2012 se ne era parlato (con titoli "fuorvianti" come quello del Corriere "La mela che inquieta l'America") sebbene come possibilità. Oggi a distanza di 5 anni è arrivato il nulla osta da parte degli enti di controllo che non hanno ravvisato alcun indizio di pericolo nel prodotto. Nessuna lamentela è inoltre sorta da parte di gruppi di consumatori nelle aree testate prima del lancio.
Questa non è una novità. E' fondamentale ricordare che ad oggi nessuno studio e nessun ente di controllo ha ravvisato il minimo indizio di pericolosità negli OGM. Oltre che per i primi cauti approcci sulla nostra tavola, gli OGM sono usati da anni nei mangimi e anche lì (numeri alla mano) non sono state riscontrate controindicazioni. Il che stride profondamente con le notizie allarmiste usate dagli attivisti anti-OGM rivelatesi basate sul nulla; gli studi scientifici che hanno spesso addotto come prova si sono rivelati non solo errati (il che è accettabile in ambito scientifico) ma manipolati, quindi falsi, come ben esemplifica il caso dello studio condotto alla università Federico II. Vedi sul tema --> "Manipolazione dati studio anti-OGM",
Si è passati quindi dalla presenza di "ingredienti" OGM a prodotti integralmente OGM.
Un dato curioso è a differenza delle piante modificate per diventare resistenti ai parassiti (utili per i coltivatori), le Arctic Apples® (questo il brand delle mele che non scuriscono) sono state create per venire incontro alla domanda dei consumatori. Sarà forse anche per questo motivo che al momento l'accoglienza dei consumatori è stata positiva.
La procedura usata per eliminare il rischio "imbrunimento" è abbastanza semplice da un punto di vista concettuale ed è fondata sui principi della RNAi (RNA interference). In estrema sintesi si fa produrre alle cellule del frutto un RNA antisenso (vale a dire complementare all'RNA "senso") contro il mRNA codificante la polifenolo ossidasi; ne risulta che la quantità di enzima prodotto è ridotta del 90%, sufficiente ad evitare le reazioni di ossidazione all'aria della polpa.
Questa mela è verosimilmente l'apripista di una serie di prodotti simili oggi in lista d'attesa del semaforo verde da parte dei regolatori. Se infatti ci sono voluti 5 anni per il via libera della mela, ne sono serviti solo 2 per la patata che non scurisce prodotta dalla Simplot (Boise, Idaho).
Arriveranno in Europa? Sicuramente ma difficile dire quando considerando la burocrazia elefantiaca di cui soffre la EU. Del resto c'è un modo dire tra gli addetti ai lavori del mondo tech che riassume bene il concetto: la Silicon Valley inventa, l'Europa inventa le regole e la Cina reinventa il progetto abbassando i prezzi e cancellando le regole.
Ma non solo di "abitudini alimentari" edonistici si tratta. La frutta modificata geneticamente ha ricadute potenzialmente enormi nella prevenzione delle malattie. Vedi a proposito il precedente articolo --> "Una banana transgenica salverà i bambini dalla cecità"
Articolo successivo sullo stesso tema --> I pomodori viola.


Fonti
- FDA concludes Arctic Apples and Innate Potatoes are safe for consumption
FDA, news (2015)

- Genetically modified apple reaches US stores, but will consumers bite?
Nature (nov. 2017) 551, pp149–150

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