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Le scoperte scientifiche fortuite che hanno fatto la differenza

Nel precedente articolo ho sottolineato il ruolo delle scoperte fortuite nell'innovazione (--> "Il nero più nero"). Qui è l'intuito dello scienziato più che la programmazione meticolosa a fare la differenza nel vedere "oltre". Serendipità o anche vedere una porta che si apre quando un risultato sperimentale dava risultati che parevano chiudere la strada ad un dato progetto. 
Nota. Gran parte delle scoperte scientifiche nascono da una scrupolosa pianificazione sperimentale e con un chiaro obiettivo in mente. Ma spesso capita di trovare qualcosa di inatteso o di non desiderato (risultati negativi che negano l'ipotesi di partenza); un tale risultato può portare alla cancellazione del progetto in corso (ad esempio durante la sperimentazione dei farmaci) oppure la rinascita del progetto con nuovi fini se l ricercatore abbia intravisto potenziali applicazioni in altri ambiti (Talidomide e Viagra sono due esempi).
Sia in ambito fisico che bio-chimico e medico gli esempi sono innumerevoli. Limitiamoci a 18 scoperte scientifiche accidentali che però hanno cambiato il mondo.
Le migliori innovazioni possono venire da eventi imprevisti.

1. Il forno a microonde
Percy Spencer
Nel 1946 Percy Spencer, ingegnere della Raytheon Corporation, stava lavorando a un progetto relativo ai radar. Durante il test di un nuovo tubo a vuoto, si accorse che una barretta di cioccolato che aveva in tasca si era sciolta più di quanto fosse lecito attendersi data la temperatura. Incuriosito iniziò a fare test puntando il tubo su altri oggetti, come uova e chicchi di mais. La sua conclusione fu che il calore che gli oggetti in qualche modo "percepivano" proveniva dall'energia delle microonde. La strada per ottenere uno strumento vendibile fu linga: il primo modello sviluppato pesava 340 kg ed era alto 168 cm! Occorsero quasi 20 anni perché nel 1965 fosse disponibile il primo modello da cucina.


2. Chinino
Il chinino è un composto antimalarico ricavabile dalla corteccia degli alberi.
Cinchona
Oggi è più comune come additivo dell'acqua tonica, ma in formulazioni adeguate è ancora un ingrediente dei farmaci antimalarici. I missionari gesuiti in Sud America usavano il chinino per curare la malaria già nel 1600, sebbene non conoscessero nulla della molecola in sé. La storia della scoperta vuole sia avvenuta quando un febbricitante andino affetto da malaria in marcia nella giungla si fermò a bere da una pozza d'acqua alla base di un albero cinchona (Quina-Quina).
All'inizio temette di avere fatto la cosa sbagliata a causa del sapore amaro dell'acqua (in natura associato a veleni), ma accadde il contrario. La sua febbre si attenuò e riuscì a trovare la strada di casa e condividere la storia dell'albero curativo. 


3. Raggi X
W. Roentgen
Nel 1895 Wilhelm Roentgen , un fisico tedesco, stava lavorando con un tubo a raggi catodici.
Nonostante il tubo fosse coperto, si accorse che uno schermo fluorescente vicino si illuminava quando il tubo era acceso e la stanza era buia. Una "misteriosa" energia colpiva in qualche modo lo schermo. Roentgen cercò dapprima di schermare i raggi interponendo coperte e altri schermi capaci di bloccare la luce ma senza alcun successo. Si accorse poi che mettendo la mano davanti al tubo poteva vedere le proprie ossa nell'immagine sullo schermo. Sostituì lo schermo con una lastra fotografica creando così la radiografia a raggi X (X appunto perché misteriosi).
Sfortunatamente, sarebbe passato del tempo prima che i rischi dell'esposizione ai X fossero compresi.


4. Radioattività
H. Becquerel
Nel 1896 Henri Becquerel, incuriosito dalla scoperta dei raggi X, decise di studiare l'eventuale correlazione tra essi e la fosforescenza, una proprietà naturale di alcune sostanze che le fa emettere luce.
Partendo dall'idea che la fosforescenza fosse generata dai raggi X del Sole, Becquerel utilizzò i sali di uranio esposti alla luce perché sperava convinto che questi potessero convertire tali raggi in luce. Il giorno dell'esperimento il cielo era coperto per cui convinto che non avrebbe portato a nulla mise via le lastre e si ripromise di rifare il test in una giornata con cielo terso.
Tuttavia quando alla fine sviluppò le lastre scoprì che le immagini ottenute erano ugualmente chiare di quelle fatte al Sole: l'uranio emetteva i raggi anche senza essere "eccitato". Da qui iniziò lo studio della radioattività naturale.


5. Il Velcro
George de Mestral
Nel 1941, l'ingegnere svizzero George de Mestral era intento in una escursione alpina con il suo cane.
Al suo ritorno a casa, mentre spazzolava il cane si mise ad osservare con cura i semi della pianta erbacea bardana rimasti attaccati al pelo e ai suoi vestiti. Notò che i semi erano rivestiti da piccoli ganci grazie ai quali aderivano facilmente a molte superfici. Non aveva mai avuto intenzione o interesse nello sviluppare un sistema di fissaggio tra tessuti ma la visione di quei mini-ganci gli diede l'idea di creare il materiale che ora conosciamo con il marchio Velcro. Materiale divenuto popolare decenni dopo quando la NASA decise di adottarlo.


6. Saccarina
La saccarina, il dolcificante artificiale oggi usato in associazione con altre molecole, è circa 400 volte più dolce dello zucchero.
Constantine Fahlberg
Fu scoperto nel 1878 alla Johns Hopkins University da Constantine Fahlberg, mentre lavorava sul catrame di carbone. Dopo una lunga giornata in laboratorio, tornò a casa senza lavarsi le mani (cosa molto comune al tempo se si pensa che nemmeno i medici lo facevano prima di operare ...) e iniziò a cenare. Dopo avere preso un involtino come spuntino notò che era stranamente dolce; la stessa cosa capitava con tutto quello che toccava mentre il gusto era normale quando il cibo era preso con una posata. Tornò in laboratorio e iniziò ad assaggiare i composti della giornata (!!!) fino a quando non identificò la fonte tra i risultati di un esperimento che aveva combinato l'acido o-solfobenzoico con il cloruro di fosforo e l'ammoniaca.
Uomo fortunato, assaggiare sostanze chimiche in laboratorio non è ovviamente cosa da fare a meno che tu non sia il capostipite della cucina molecolare come lo chef Ferran Adrià.
Dovettero passare anni prima che dalla scoperta si passasse al suo utilizzo (il concetto di dieta era di là da venire, anche per le classi medio-alte). Nel 1907 i diabetici iniziarono ad usarlo al posto dello zucchero ma il vero punto di svolta si ebbe con il razionamento dello zucchero durante la prima guerra mondiale e la ricerca di sostituti di facile produzione. Finita la guerra il boom lo si ebbe con l'inizio dell'era del binomio salute-dieta.


7. Il pacemaker
Nel 1956, Wilson Greatbatch era intento alla creazione di un dispositivo per la registrazione del ritmo cardiaco. Mentre armeggiava con i fili prese dalla scatola il resistore sbagliato per completare il circuito; se ne accorse subito perché le dimensioni non combaciavano ma procedette lo stesso. Notò che il circuito emetteva degli impulsi elettrici la cui frequenza gli fece pensare a quella del battito cardiaco.
Wilson Greatbatch
Greatbatch pensava già da tempo che la stimolazione elettrica potesse essere usata per stimolare i circuiti del cuore qualora ci fosse stato un "guasto"; il nuovo dispositivo aggiunse il tassello mancante ad una idea rimasta nella periferia dei suoi pensieri. Doveva ora "solo" crearne una versione abbastanza piccola da essere utilizzabile come stimolatore su una persona. Cominciò a ridurre il suo dispositivo e nel 1958, una versione del suo pacemaker fu testata con successo su un cane con disfunzioni cardiache.


8. LSD
Albert Hofmann
La scoperta della molecola che tanto successe ebbe nei psichedelici anni '60 è di Albert Hofmann.
L'acido lisergico fu inizialmente isolato da un fungo che cresce sulla segale. Nel 1943 Hofmann la assaggiò (di nuovo !?) accidentalmente durante la fase di purificazione; ne seguì un senso di irrequietezza e stordimento per cui tornò a casa per riposarsi. Lì sprofondò "in una specie di ubriachezza che non era spiacevole e che era caratterizzata da una intensa capacità di immaginazione". Incuriosito, provò la sostanza in modo consapevole per registrarne gli effetti nel dettaglio e tornò a casa in bicicletta (che dire sull'attitudine folle degli scienziati di un tempo?). Sopravvissuto al ritorno a casa, divulgò la notizia ed è così che la LSD divenne nota al pubblico. Tra i più affezionati seguaci di questa droga cito solo Timothy Leary (per inciso, il padrino di Winona Ryder).
Se in un primo tempo la sostanza acquisto notevole popolarità nella terapia psicologica dopo la sua messa al bando rimase nella nicchia dei fruitori di droghe "psichedeliche". Solo recentemente ne è ricominciato lo studio sistematico nel trattamento di diverse patologie psichiatriche, in particolare ansia e depressione specie nel contesto di patologie inguaribili o invalidanti, disturbi ossessivi, dolore cronico.


9. Play-doh
Noah McVicker
Non doveva essere un giocattolo. L'argilla, progettata da Noah McVicker quando lavorava in un'azienda di saponi, doveva servire come detergente per la carta da parati. Un prodotto assolutamente utile al tempo, quando il carbone imperava e il suo naturale prodotto, la fuliggine, finiva per ricoprire le pareti di casa (oltre che i polmoni).
Il prodotto argilloso sviluppato da McVicker faceva il suo dovere; bastava passarla sulle pareti e la fuliggine scompariva. Fortunatamente per noi e sfortunatamente per la sua azienda il progresso portò prima la carta da parati lavabile con acqua e poi la proibizione di usare il carbone come materiale di combustione nelle città. Ma prima che i McVicker cessassero l'attività, un provvidenziale episodio invertì il destino oramai segnato dell'argilla; un insegnante di scuola materna di nome Kay Zufall aveva sentito dire che i bambini usavano spesso a casa quel materiale per giocarci e fare decorazioni. Lo portò in classe e i suoi bambini lo adorarono da subito. Venuti a conoscenza dell'inatteso utilizzo, i McVickers decisero di renderlo più adatto ad un uso ludico, rimuovendo in primis ogni traccia di detergenti e poi aggiungendo dei coloranti. Passaggio finale la scelta del nome suggerita dallo stesso Zufall: invece del previsto Kutol's Rainbow Modeling Compound il ben più accattivante Play-doh.


10. Penicillina
Nel 1928 Alexander Fleming, un professore di batteriologia al St. Mary's Hospital di Londra, notò che la muffa aveva iniziato a crescere sulle sue piastre di Petri in cui stava crescendo colonie di batteri Staphylococcus (un evento scocciante come noto a chiunque abbia usato i batteri in laboratorio). 
Mentre cercava di salvare qualcuna delle sue colonie notò che in prossimità della muffa i batteri non crescevano. Il caso volle che la muffa in questione appartenesse ad un ceppo alquanto raro, Penicillin notatum, capace (si scoprì poi) di produrre la penicillina come arma anti-batterica. Fleming capì che una sostanza in grado di bloccare la crescita dei batteri poteva fornire accesso a terapie fino all'ora impossibili (ogni ferita poteva portare alla cancrena).
Pochi anni dopo (poco prima dell'inizio della guerra) la penicillina per uso medico divenne una realtà.


11. Viagra
Il sildenafil, principio attivo del farmaco, era stato pensato dalla Pfizer come farmaco per la cura dell'angina pectoris. Durante la sperimentazione clinica emersero i noti effetti (totalmente indesiderati nel contesto) per cui la sperimentazione venne interrotta. Il farmaco venne rivalutato come finalità e rimodulato per la terapia della disfunzione erettile (e non solo). Un "incidente" di percorso che ha generato la classica gallina dalle uova d'oro per l'azienda.

12. Insulina
Nel 1889, due medici dell'università di Strasburgo stavano cercando di capire in che modo il pancreas fosse coinvolto nei processi digestivi; per farlo utilizzarono alcuni animali ai quali venne rimosso chirurgicamente (oggi è sufficiente una iniezione per "disattivarlo"). Alcuni giorni dopo, notarono che in prossimità dell'urina lasciata dall'animale brulicavano molte mosche evidentemente attratte da qualcosa che prima dell'intervento l'urina non conteneva. Le analisi di laboratorio dimostrarono che i livelli di zucchero erano nettamente più alti e questo spiegava l'attrazione esercitata sulle mosche. Quindi era la perdita di funzionalità del pancreas la causa di una malattia umana caratterizzata dalla "dolcezza" dell'urina (da cui il nome diabete mellito). Ci vollero altri anni per comprendere quale fosse il prodotto del pancreas che regolava la glicemia. Il risultato venne da una serie di esperimenti fatti a Toronto tra il 1920 e il 1922, grazie al quale i ricercatori isolarono una secrezione pancreatica che chiamarono insulina (che poi si scoprì essere una proteina), scoperta premiata con il premio Nobel. Nel giro di un anno, la società farmaceutica Eli Lilly iniziò a produrre e vendere insulina, salvando milioni di persone da morte per "consunzione" (l'unico trattamento, palliativo, prima di allora era una dieta priva di zuccheri).


13. Gomma vulcanizzata
Charles Goodyear (credits)
Erano anni che Charles Goodyear cercava un modo per trasformare la gomma in un qualcosa di più utilizzabile. Tanto per iniziare non doveva congelare d'inverno e non doveva liquefarsi al sole. Aveva investito tutto ciò che possedeva in questa ricerca ma ancora nulla di utile e la sua famiglia era sull'orlo della miseria e non riusciva nemmeno a portare il cibo in tavola.
Ad un certo qualcosa avvenne e fu qualcosa di casuale. Goodyear versò un poco di acido nitrico su una gomma per rimuovere il colore dorato precedentemente usato. Il risultato fu che la gomma diventò nera e, frustrato, la gettò nella spazzatura. Quando tornò per recuperare il materiale scoprì che era diventato duro all'esterno e più liscio e asciutto di qualsiasi altra gomma prodotta in precedenza. Non era ancora sufficiente perché una volta messa su fuoco vivo continuava a sciogliersi.
Ed è qui che la storia comincia a essere meno chiara. La narrazione vuole che in seguito ad una emozione incontrollata abbia lanciato in aria la gomma trattata accidentalmente con lo zolfo che poi atterrò su una stufa. Invece di scogliersi si carbonizzò creando una sostanza quasi coriacea, impermeabile e resistente al calore. Ulteriori test lo convinsero che poteva migliorare di molto la resa scaldando la miscela di gomma e zolfo con vapore. Il processo di vulcanizzazione della gomma era iniziato e Goodyear non vide più davanti a sé lo spettro della fame.


14. Corn Flakes
John Kellogg
La ricetta per i Corn Flakes nacque nel 1894 da un tentativo fallito di cuocere il grano. A quel tempo, John Kellogg era il sovrintendente medico in un ricovero per lungo degenti, di proprietà della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, e si convinse della necessità di creare una dieta per i residenti,che unisse i precetti salutisti ai dettami religiosi (tra cui stile di vita naturale e vegetarismo).
Un giorno misero a bollire del grano, ma lo lasciarono accidentalmente cuocere troppo a lungo. Quando se ne accorsero e lo tolsero dal fuoco, scoprirono che quando cercavano di stendere l'impasto il grano tendeva a formare delle scaglie e che queste avevano un invitante gusto croccante. Dopo un po' di tentativi realizzarono che lo stesso effetto poteva essere ottenuto usando mais (ben più economico e prodotto localmente) anziché grano. La ricetta per i Corn Flakes era nata.


15. Teflon
Roy Plunkett
Nel 1938 Roy Plunkett era un dipendente della Dupont Company intento allo sviluppo di nuovi refrigeranti, tra cui il gas tetrafluoroetilene (TFE). Un giorno tornò ad aprire un cilindro in cui aveva immagazzinato questo gas, fu sorpreso dallo scoprire che il TFE si era polimerizzato a formare una polvere bianca sul fondo del contenitore.
Curioso, Plunkett condusse alcuni esperimenti e scoprì che la polvere non solo era resistente al calore, ma aveva anche un basso attrito superficiale ed era inerte agli acidi corrosivi. Un mix ideale per rivestire il fondo delle pentole.


16. Super colla
Harry Coover Jr. stava testando diverse miglioramenti della plastica con lo scopo di renderla trasparente per usarla per i mirini delle armi (era in corso la seconda guerra mondiale). 
Harry Coover Jr
Mentre stava sviluppando una classe di sostanze chimiche nota come acrilati, scoprì che il prodotto risultava troppo appiccicoso per essere utile, quindi abbandonò quell'approccio. Anni dopo, siamo nel 1951, Coover era di nuovo alle prese con gli acrilati ma questa volta con l'intento di produrre un rivestimento resistente al calore per le cabine di pilotaggio dei jet. Un giorno, un collega versò uno dei composti tra due lenti allo scopo di misurare la variazione della rifrazione. Immaginate lo sconcerto quando scoprì che le costose lenti, una volta unite, non potevano essere separate. Uno spreco di costose attrezzature di laboratorio, pensò.
Con il tempo riprese l'idea e anni entrò in commercio il prodotto noto come Super Glue.

17. Vetro antirottura dei parabrezza
Nel 1903 a Edouard Benedictus cadde una palla di vetro riempita con una soluzione di nitrato di cellulosa, una sorta di plastica liquida. Il vetro si ruppe e il liquido evaporò. Anzi no: il vetro si ruppe ma non si frantumò, rimanendo al suo posto, mentre il liquido diffondeva tra le fessure. L'essere rimasti in posizione era qualcosa di stupefacente perché era come se una maglia (la plastica liquida) avesse tenuto fermi i pezzi. Questo fu il primo esempio di vetro "sicuro". Nel 1929 venne montato di serie su tutte le autovetture della Ford. Oggi questo vetro (noto come vetro stratificato) è obbligatorio nel parabrezza anteriore.
E. Benedictus

18. Vaselina
Nel 1859 Robert Chesebrough stava monitorando le attività nei pozzi di petrolio della Pennsylvania quando cominciò a circolare una strana voce tra gli operai di un pozzo di estrazione: una sostanza gelatinosa, conosciuta come rod wax, continuava a penetrare nei macchinari causandone malfunzionamenti. Quando arrivò si accorse che essa veniva anche impiegata per lenire i tagli e le ustioni sulla pelle, quindi ne portò a casa un campione per studiarlo.
R. Chesebrough (credits)
Da questa sostanza nacque quella che noi oggi conosciamo come vaselina.


Fonti
- Devo l'idea di questo articolo ad una serie di lavori apparsi sul The Business Insider.




Libra? Non solo una criptovaluta ma un pericolo per gli stati

Si è parlato molto in queste settimane dell'entrata di Facebook nel mondo delle criptovalute con Libra.
Diciamolo meglio, l'entrata di un colosso economico e con le tasche piene dei dati personali (leggasi contatti, abitudini, profilazione degli interessi e tutto cioè che un utente nemmeno sa di essere) in un alveo finora appannaggio degli stati sovrani, o delle aggregazioni di stati sovrani (UE), cioè il battere moneta, sebbene virtuale.

Per capire meglio i veri rischi (reali) sottostanti, al di là degli (ipotetici) benefici per un utente, vi rimando direttante ad un articolo pubblicato su EconomyUp, una testata di riferimento per tematiche riguardanti il mondo delle Startup, dell'Economia digitale e dell'Innovazione, quindi una fonte non accusabile di conservatorismo economico.


Screenshot della pagina dell'articolo su EconomyUp (credit: economyup.it)

Dal MIT il materiale più nero di sempre ... a parte i buchi neri

Realizzato in laboratorio il materiale più nero del nero mai visto in natura (buchi neri esclusi).

Ricordo di avere letto per la prima volta del nero assoluto in un breve racconto di Jack London "L'ombra e il baleno", dove questo pigmento, capace di assorbire ogni radiazione nel visibile, permetteva di ottenere l'invisibilità dell'oggetto o corpo su cui fosse stato spruzzato.

Una teoria alquanto curiosa perché invece dell'invisibilità (per cui serve o il passaggio indisturbato dei fotoni o la loro curvatura attorno all'oggetto) il nero assoluto sarebbe semmai utile per mimetizzarsi in condizioni di scarsa luminosità e non in piena luce dove si apparirebbe come ... buchi neri ambulanti. A proposito di invisibilità potrebbe interessarvi l'articolo "la realtà del mantello dell'invisibilità di Harry Potter".
Nota. Il buco nero è tale perché ogni cosa, luce compresa, che vi entra scompare nella singolarità. Nella vita quotidiana il colore di un oggetto è funzione della quantità (percentuale) e qualità (lunghezza d'onda) della luce incidente che viene riflessa (per approfondimenti vi rimando all'ottima sezione sul colore della Stanford University).
Ma possiamo perdonare al grande Jack London questo errore scientifico a fini narrativi.
La ricerca del nero assoluto è tuttavia una realtà, per fini che vedremo poi, con miglioramenti continui che sono culminati con quello che si riteneva il top cioè il Vantablack ®.
Non è photoshop ma l'effetto di spruzzare sulla statua il Vantablack. Se non vi basta, la BMW ha un modello, VBX6, con carrozzeria "nero assoluto". (image credit: Surrey NanoSystems via focus.it)

Verbo declinato al passato perché poco tempo fa i ricercatori del MIT hanno annunciato un nuovo materiale, ancora senza nome, che (parodiando il claim di Tim Cook) è "il più scuro di sempre" grazie alla sua capacità di assorbimento della luce superiore al 99,995 per cento contro il 99,96 per cento di Vantablack. Può sembrare un miglioramento esiziale visto che si parla di decimali ma traducendo in linguaggio semplice il nuovo materiale riflette 10 volte meno luce del Vantablack.

La composizione di questo nuovo materiale è, a grandi linee simile a quella del Vantablack (nanotubi di carbonio o CNT) con una particolare struttura e geometria (allineati verticalmente) che appaiono come microscopiche stringhe che svettano dalla superficie come una piccola foresta.
Come spesso avviene nella scienza, la scoperta è frutto del caso nel senso che la si è ottenuta mentre si cercava altro. Proprio qui sta la differenza tra uno scienziato ed uno che "si occupa di cose scientifiche", cioè nella capacità di vedere oltre un risultato inatteso e comprenderne potenzialità al di fuori della ricerca in corso. Nello specifico i ricercatori stavano testando nuovi approcci per produrre CNT su materiali elettricamente conduttivi come l'alluminio; durante uno di questi esperimenti si resero conto che sul supporto di alluminio pretrattato per la reazione di sintesi (e già scuro di suo) il nero diventava via via "più nero". La conferma a questa sensazione visiva venne da test che mostrarono una assorbanza quasi assoluta.

Non è ben chiaro perché i CNT organizzati in tal modo siano così foto-assorbenti ma il risultato rimane.

Il nuovo nero da record è stato anche oggetto a New York di una installazione artistica, intitolata The Redemption of Vanity,  dell'artista del MIT Diemut Strebe. Un'opera invero già preziosa di suo se si pensa che l'oggetto è un diamante giallo naturale da 16,78 carati (valore 2 milioni di dollari) rivestito con il nuovo materiale: invece di apparire come una gemma brillante, scintillante e altamente riflettente appare come un vuoto senza luce.
Una spruzzata del nuovo materiale e la lucentezza del diamante scompare (immagino dato il costo dello stesso che sia facile da rimuovere ...). Credit: Diemut Strebe via MIT news

Quali applicazioni per il nero assoluto? Ad esempio nella strumentazione ottica (fotocamere, telescopi e perfino nei telescopi spaziali) in cui la rimozione di luce e bagliore ha un valore fondamentale.

La ricerca è stata pubblicata su ACS Applied Materials & Interfaces.


Articolo successivo su tema correlato --> "Il super-bianco"



Fonti
-  MIT engineers develop “blackest black” material to date
MIT news

- Breakdown of Native Oxide Enables Multifunctional, Free-Form Carbon Nanotube–Metal Hierarchical Architectures
Kehang Cui & Brian L. Wardle, (2019) ACS Applied Materials & Interfaces.





Predators. La mostra di predatori, fortunatamente, scomparsi

Potrebbe sembrare una immagine tratta dal nuovo Jurassic Park o da un film della The Asylum tipo "Godzilla contro super-boa", ma è realtà. O meglio la realtà di 60 milioni di anni fa quando questo serpente di 13 metri era vivo e vegeto. 

Si tratta di una ricostruzione basata su di un modello animatronico del Titanoboa cerrejonensis che insieme ad altri enormi predatori estinti fanno parte della bella mostra "Predators", che è stata inaugurata a maggio allo zoo di Chester (UK).
Scopo dell'esposizione è la sensibilizzazione alla protezione delle specie in via di estinzione. Chiamatemi insensbile ma mentre mi dolgo per la scomparsa del Dodo o della tigre dai denti a sciabola, sono più che felice che il Titanoboa non sia più tra noi

Fonti


L'atlante interattivo delle lune del sistema solare

National Geographic ha messo a disposizione sul suo sito un interessantissimo atlante interattivo per reperire tutte le informazioni sulle più di 200 lune presenti nel sistema solare. 
Credit: National Geographic
Per accedere all'atlante clicca su --> The Atlas of the moons (nationalgeographic.com)
Ovviamente mi riferisco al sito americano e non a NatGeo italiano, controllato - in senso letterale - dal gruppo La Repubblica … che riesce nell'impresa di banalizzare un sito autorevole. Niente di strano dati i precedenti (Huffington Post vs Huffington Post edizione italiana, tutto fuorché indipendente)

Navigarci è molto semplice una volta presa un po' di confidenza. Scelto (scrollando con il mouse o le dita, nel caso di un tablet) il pianeta di interesse, compariranno le lune, comprensive di informazioni come le traiettorie orbitali e le loro caratteristiche. Il tutto arricchito da una ricostruzione virtuale della superficie.
Screenshot della mappa dedicata ad Encelado

Le mie preferenze vanno al ghiacciato Encelado con il suo oceano sotterraneo e al sempre nuvoloso Titano. Come non citare però Charon (Caronte) che date le dimensioni più che la luna di Plutone forma un curioso sistema binario. 

Altri atlanti interattivi da consultare sono il --> Solar System Atlas e quello della --> NASA

In conclusione uno strumento utile da navigare sia da soli che per spiegare l'astronomia "vicina" ai vostri figli.

Aggiornamento -->  Scoperte nuove lune di Saturno


I bambini "OGM" avranno una vita più breve del normale

Aggiornamento ottobre 2019
Circa 1 mese dopo la pubblicazione di questo post, gli autori dell'articolo qui citato (Xinzhu Wei & Rasmus Nielsen), hanno rilevato errori nella metodologia analitica usata per identificare le mutazioni nel database con la conseguenza di una sottostima degli individui portatori. Hanno quindi deciso di fare una ritrattazione ufficiale dell'articolo perché le conclusioni non erano più supportate (--> QUI). Errori metodologici come questo non sono rari nella scienza ed è sempre un ottimo segno quando l'errore viene prontamente rilevato dalla comunità scientifica e l'autore, riconoscendolo come tale, chiede lui stesso il ritiro del lavoro.
Ho deciso di lasciare integra la discussione qui sotto sia per ragioni di trasparenza "storica" sia perché la sostanza rimane immutata: cambiare il genoma di un individuo, specie a livello embrionale, in modo permanente ed ereditabile espone a rischi ignoti sul lungo periodo che per essere accettabili DEVONO avere ragioni di urgenza e necessità. Nessuno di questi fattori era presente nella sperimentazione di He Jiankui.
He Jankui è stato condannato a 3 anni di prigione da un tribunale cinese (--> NYT)

***

Torniamo sul caso dei bambini cinesi modificati geneticamente da He Jiankui, di cui ho trattato nell'articolo --> La distopia è realtà
Oltre alle gemelle, il terzo pargolo potrebbe essere nato a luglio.  Le coppie che sono entrate nella sperimentazione, alcune senza capirne le implicazioni, sono 8 ma si ignora quante gravidanze siano giunte a termine (vedi --> le notizie più censurate in Cina).
image credit: Mon Oo Yee (via genengnews.com)

Riassumiamo il caso in poche righe. 
Con lo scopo di rendere immuni al HIV bambini "pianificati" da donne sieropositive, He Jiankui ha modificato geneticamente l'embrione (risultato della fecondazione in vitro) prima di impiantarlo in utero, "cancellando" il gene che codifica per la proteina che funge da porta di ingresso per le varianti più comuni del virus. Ne sono risultati embrioni knock-out per il gene CCR5
Nota. Knock-out è un termine tecnico per indicare cellule o organismi in cui sono state inattivate o rimosse le due copie di un determinato gene ereditate da ciascun genitore.
Modificare geneticamente un essere umano causa criticità a più livelli, in primis di natura etica e di ragionevolezza sperimentale. "Correggere" un allele deleterio (causante una malattia invalidante o letale), meglio se agendo solo in alcuni distretti corporei, è già stato fatto ma è cosa ben diversa dal rimuovere un allele normale da tutte le cellule dell'individuo, comprese quelle germinali. Si tratta di una modifica permanente che verrà trasmessa a tutte le generazioni future. 
Nota. I geni non sono elementi accessori ma mattoni informativi parte integrante del patrimonio genetico, risultato di una selezione positiva condotta dall'evoluzione: i geni (o le varianti dello stesso gene, cioè gli alleli) dannosi vengono di solito eliminati insieme all'organismo che li porta mediante riduzione della fitness genetica. Alleli deleteri ma che possono diventare utili in particolari condizioni rimangono nel "paniere genetico" della popolazione a frequenze "sopportabili", grazie all'effetto della selezione positiva che si contrappone a quella negativa (esempio tipico sono le mutazioni geniche che causano la talassemia, malattia letale se non trattata, se presenti in doppia copia, ma che conferiscono resistenza alla malaria in singola copia). Geni "inutili" (né dannosi, né vantaggiosi) vengono persi con il passare delle generazioni perché non ci sarà nessuna pressione selettiva a contrastare l'insorgenza di mutazioni al loro interno. Riassumendo, non ci sono nel genoma geni funzionanti che sono inutili. Cancellare un gene può avere effetti imprevedibili che potrebbero comparire sul lungo periodo o al verificarsi di determinate condizioni ambientali.
Cancellare un gene non è mai un "pasto gratis". A supporto dei dubbi sulla sensatezza scientifica di tale approccio, sono stati da poco pubblicati dati che suggeriscono che se da una parte l'ablazione funzionale di CCR5 fornisce la resistenza al HIV (ma solo ad alcuni ceppi), dall'altra potrebbe diminuire l'aspettativa di vita.
L'informazione viene da una analisi retrospettiva in cui si sono incrociate le caratteristiche genetiche di migliaia di individui della popolazione generale con i dati sulla loro vita media. In sintesi, le persone che hanno entrambe le copie del gene CCR5 "naturalmente" inattive (vedi sotto), hanno il 21 % di probabilità in più, rispetto alle persone con almeno una copia attiva, di morire prima dei 76 anni.
L'analisi si basa sui dati genetici e sanitari di quasi 410 mila persone iscritte al progetto di ricerca Biobank nel Regno Unito.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine.

Resistenza naturale al HIV
La scoperta di tale fenomeno venne dall'identificazione di persone che non contraevano l'infezione nonostante appartenessero a categorie ad altissimo rischio oppure, pur infette, non progredivano verso la fase "patologica" della malattia (AIDS) in quanto il corpo riusciva a contenere l'infezione ad un livello basale.
Lo studio di questi soggetti portò alla identificazione di mutazioni nel gene CCR5 (la più comune è CCR5-Δ32); da qui si iniziarono ricerche per sviluppare farmaci in grado di bloccare la proteina CCR5, utili soprattutto nelle primissime fasi dell'infezione per bloccare l'entrata del virus nelle cellule, dando tempo al sistema immunitario di neutralizzare l'invasore. Un esempio dell'effetto protettivo di tali mutazioni anche nelle fasi avanzate della malattia lo si è visto nei recenti trapianti di midollo in pazienti con AIDS affetti da leucemia: utilizzando un midollo, compatibile, donato da un individuo con il gene mutato, quindi resistente al virus, si è ottenuta sia la guarigione dalla leucemia che un repentino calo della viremia a livelli inferiori a quelli rilevabili con le tecniche standard, e alla eradicazione del virus (i farmaci oggi in uso permettono di cronicizzare la malattia, cioè di conviverci per decenni).
Nota. La mutazione defunzionalizzante nel gene CCR5 non conferisce resistenza universale al HIV ma solo al ceppo M-trofico R5 (che predilige i macrofagi come cellule bersaglio) il quale usa la proteina CCR5 come "facilitatore" di entrata nella cellula. Il ceppo R5 è la forma predominante nelle fasi iniziali dell'infezione mentre con il tempo il virus predominante è il tipo X4, che sfrutta la proteina CXCR4 come punto di ingresso. 
Ha senso eliminare il gene CCR5 nei bambini?
C'è una netta differenza tra un trattamento clinico volto al blocco del gene CCR5 o al trapianto con cellule prive di CCR5 e bambini privati geneticamente di CCR5.
Nei primi due casi si assiste o ad un blocco temporaneo della funzionalità oppure ad una "cancellazione" limitata ad un tessuto (in questo caso le cellule del sangue) mentre tutto il resto del corpo ha un genoma "normale". Il confronto va fatto con individui privi dalla nascita e su tutte le cellule del corpo del gene funzionante (quindi non una mutazione post-zigotica). I dati appena pubblicati indicano che avere questa mutazione accorcia l'aspettativa di vita.
La ragione non è chiara ma alcuni studi suggeriscono che l'inattivazione della proteina renda le persone più sensibili ad altri virus, come l'influenza e il virus del Nilo occidentale. D'altra parte l'assenza di CCR5 sembra favorire la velocità di recupero nelle persone colpite da ictus e nei topi migliora le capacità di apprendimento e di memoria.

Una riduzione dell'aspettativa di vita sarebbe un prezzo sensato da pagare nel caso di malattie per cui il bambino non trattato avesse la certezza di non superare i primi anni di vita. Il fatto non sussiste nel caso dei bambini cinesi modificati in provetta, per varie ragioni:
  • il rischio di trasmissione del virus durante la gravidanza, nel caso di madre infetta, è oggi minimizzabile; 
  • nel caso malaugurato di infezione, i farmaci antivirali oggi disponibili permettono di vivere fino a tarda età;
  • in un futuro non troppo lontano il trapianto di midollo con cellule modificate per essere resistenti al virus potrebbe diventare una opzione reale nel caso in cui le terapie farmacologiche fallissero.
Per gli embrioni sottoposti a trattamento di disattivazione del gene, l'infezione era solo una possibilità, non una certezza, per cui la decisione di modificarlo a priori si configura più come una scusa per creare il primo umano-GM che per risolvere un problema reale. 

Lo studio che ha messo in evidenza i potenziali effetti negativi del trattamento nasce nelle concitate giornate dell'annuncio della nascita dei bambini-GM da parte di He. In quel periodo alcuni ricercatori di Berkeley stavano lavorando ad uno strumento computazionale capace di analizzare l'imponente volume di dati genetici presente nei database (come quelli della Biobank britannica) per scovarne effetti sulla salute. Poiché nella popolazione generale esistono già individui naturalmente privi di CCR5 funzionante (l'11% della popolazione in UK è eterozigote per questa mutazione), i ricercatori decisero di testare il software per predire l'effetto dell'inattivazione di CCR5.
I risultati hanno fatto scattare il campanello di allarme che va a sommarsi alle criticità di cui sopra. I bambini-GM dovranno convivere con questa spada di Damocle e, indubbiamente, rimarranno sotto monitoraggio medico per anni, non fosse altro per la loro "unicità".

Lo studio californiano ha limiti intrinseci dettati dalle caratteristiche del database usato: i dati provengono da persone di età pari o superiore a 41 anni e questo esclude chiunque sia morto prima o malati che non hanno aderito alla raccolta dati della Biobank britannica.
Tuttavia, fatto salvo il limite del database, lo studio è stato ben condotto e analizzato, e rafforza la domanda sugli effetti a lungo termine negli umani e se questi siano accettabili quando manchino le condizioni di urgenza e necessità.

Fonte
-  CCR5-∆32 is deleterious in the homozygous state in humans.
X. Wei et al, Nature Medicine, 25 (2019) pp. 909–910

 - Gene edits to ‘CRISPR babies’ might have shortened their life expectancy
Nature Medicine

- Gene edits to ‘CRISPR babies’ might have shortened their life expectancy
Scientific American

- China’s ‘CRISPR Babies’ May Be More Likely to Die Young
Smithsonian Magazine





Tungsteno come radioprotezione per viaggi spaziali?

Non per tutti (per ora) ma alcuni microbi sembrano trarre beneficio dalla presenza di questo metallo, quando messi in condizioni di sopravvivenza estreme.
Cellule di M. sedula cresciute in presenza di POM-t
(credit: Tetyana Milojevic via phys.org)
Il tungsteno è un metallo pesante (per quanto incerta sia questa definizione) dotato di un punto di ebollizione intorno ai 5900 gradi Celsius (circa la temperatura alla "superficie" del Sole) e in combinazione con il carbonio ha una durezza simile a quella del diamante. Per quanto i più vecchi tra noi associno il tungsteno solo al filamento delle vecchie lampadine, ha anche un ruolo biologico come cofattore enzimatico in alcuni microorganismi (batteri ed archea), specie tra i termofili. 

Ricercatori dell'università di Vienna hanno recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Microbiology i risultati di un lavoro in cui vengono caratterizzate le interazioni su scala nanometrica tra il microbo di turno e il tungsteno ambientale. Risultati che permettono non solo di comprendere la biogeochimica del tungsteno, ma anche come tale interazione possa permettere la sopravvivenza dei microrganismi in condizioni estreme come quelle che sperimenterebbe in una sonda in viaggio nello spazio. 

Solo pochi organismi (tutti microbici e tra nessi nessun eucariote) sono in grado non solo di usare il tungsteno ma di vivere in un ambiente in cui esso sia "facilmente" reperibile in forma assimilabile, vale a dire in zone ad alta temperatura.
La biochimica e astrobiologa Tetyana Milojevic si è concentrata su uno di questi microbi, Metallosphaera sedula, archèobatteri (o più correttamente Archea) termoacidofili isolati da una solfatara in Italia e dotati di una insolita resistenza ai metalli pesanti.
L'ecosistema microbico in cui vive M. sedula (credit: microbewiki)

Usando poliossometallati di tungsteno (POM-t), prodotti artificiali simili ai minerali fatti di solfuro ferroso, si è osservato essere idonee matrici inorganiche facilitanti la crescita di questi batteri, in particolare per funzioni come la respirazione microbica (respirazione è il processo chimico che permette di ricavare energia dalle fonti, organiche o inorganiche, disponibili).
Scheelite (Rob Lavinsky, iRocks.com)

La Metallosphaera sedula vive in ambienti acidi caldi e respira attraverso l'ossidazione dei metalli presenti. I test di laboratorio miravano a verificare la sua adattabilità in sistemi inorganici basati sul POM-t; test superato con la dimostrazione dell'incorporazione di un mix eterogeneo di specie redox di tungsteno nella cellula.
Volendo semplificare al massimo il processo, si assiste alla biotrasformazione della scheelite, il minerale da cui si estrae il tungsteno, la cui struttura viene prima rotta favorendo la solubilizzazione del tungsteno che viene mineralizzato sulla superficie del batterio. Il prodotto è molto simile al carburo di tungsteno noto come nanomateriale ad alto potenziale per il futuro perché "ecologicamente sostenibile" in quanto sintetizzabile dai batteri. La "corazza" sulla superficie del batterio lo protegge dall'ambiente "difficile" in cui si trova a vivere e potrebbe fungere anche da armatura radioprotettiva adatta perfino per lo spazio profondo.

I viaggi spaziali del futuro necessiteranno di un ecosistema autosostenibile, tra cui microbi in grado di produrre e riciclare tutto ciò che potrebbe servire durante il viaggio, come i nanomateriali. La ricerca non può che orientarsi verso microbi evolutisi in ambienti estremi.

Fonti
- Nanoscale Tungsten-Microbial Interface of the Metal Immobilizing Thermoacidophilic Archaeon Metallosphaera sedula Cultivated With Tungsten Polyoxometalate. 
T. Milojevic et al. (2019) Front. Microbiol. 10:1267.

- Biotransformation of scheelite CaWO4 by the extreme thermoacidophile Metallosphaera sedula: tungsten-microbial interface. 
A. Blazevic et al. (2019) Front. Microbiol. 10:1492.

- M. sedula 


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