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Per essere un vero pesce robot deve avere una batteria liquida al posto del sangue

Un pesce robot con "sangue" che funge sia da batteria che da attuatore di movimento per le pinne è una novità anche in un campo dove innovatività è la parola chiave.
Abbiamo trattato in questo blog robot declinati in modo "inconsueto" come i plantoidi o secondo canoni più classici come quelli mimanti caratteristiche animali (vedi --> robo-api, robo-serpenti, robo-salamandre, ...).
Usare il sangue (perifrasi per indicare il liquido fatto circolare all'interno del robot) con finalità (anche) di batteria è però qualcosa in cui non mi ero ancora imbattuto. Una scelta che ha permesso di aumentare la quantità di energia immagazzinata nel robot del 325%  rispetto a una macchina con batteria separata. Un risparmio notevole in termini di peso complessivo e potenza disponibile.

Il robot, flessibile e morbido al tatto, misura circa 40 centimetri ed è privo di batterie solide. A farne le veci è un fluido che ha la doppia funzione di immagazzinare energia e muovere le "pinne" del pesce. 
Un robo-pesce flessibile la cui batteria è il liquido che circola al suo interno. La forma del pesce è ispirata al pesce leone
(credit: James Pikul via Natura)
Questo approccio costruttivo, che fa a meno di batterie pesanti ed ingombranti, consente alla macchina di immagazzinare più energia in uno spazio più piccolo e di operare per periodi più lunghi.
Nota. Le batterie di flusso redox (ossido-riduttive), RFB,  utilizzano componenti fluidi o semi-solidi fluidi e sono rinomate per i loro tempi di risposta rapidi, la sicurezza e la flessibilità di progettazione, sebbene abbiano una minore densità di energia e potenza rispetto alle batterie agli ioni di litio. L'utilizzo delle RFB è stato finora relegato alle applicazioni fisse su larga scala, dove costi e scalabilità sono più importanti della portabilità e del fattore di forma. Per trovare risposta alle necessità del pesce-robot i ricercatori hanno sviluppato una RFB ibrida basata sullo ioduro di zinco, in cui il catolita, l'elettrolita a contatto con il catodo, contiene zinco il quale si deposita sull'anodo durante il processo di ricarica.
I ricercatori della Cornell stimano in 37 ore il periodo di funzionamento del robot senza richiedere la ricarica. Chiaramente si tratta ancora di un prototipo ma la direzione è quella di creare robot autonomi, adatti a diverse situazioni ambientali, in grado di orientarsi e di portare a termine attività anche in assenza di diretto controllo da remoto.
Le applicazioni potenziali sono molte, ad esempio missioni di ricerca e soccorso e nell'esplorazione in acque profonde. 
Parte degli scienziati coinvolti sono italiani.

Il precedente esempio di robo-pesce è un modello prodotto dal MIT, usato per esplorare le barriere coralline --> Articolo originale

Fonte
- Electrolytic vascular systems for energy-dense robots
Cameron A. Aubin et al, (2019) Nature, 571, pp. 51–57

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