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Dimenticavo. Questo blog NON contiene olio di palma (è così di moda specificarlo per ogni cosa...)

Segnali dallo spazio. Il mistero del Fast Radio Burst che si ripete ogni 16 giorni

Non preoccupatevi non siamo dalle parti di Contact o altre amenità riguardanti comunicazioni intergalattiche tra specie intelligenti (sicuramente estinte nel momento stesso in cui un segnale simile dovesse anche giungere) ma di Fast Radio Bursts (FRB), fenomeno noto da alcuni anni (vedi articolo della INAF), di cui si è rilevata una particolare variante nella frequenza.

Le FRB sono, come dice il nome, potenti impulsi di onde radio di breve durata (pochi millisecondi), sia di tipo sporadico che in sequenze ripetute, provenienti dallo spazio profondo, termine generico indicante che la sorgente emettitrice non è stata identificata (troppo distante ad esempio). 

La novità è nella rilevazione, descritta in un articolo apparso su Nature, di FRB con un particolare schema ripetitivo (periodo di 16,35 giorni), proveniente da una singola sorgente, in una galassia a mezzo miliardo di anni luce da noi. L'emissione, nota come FRB 180916.J0158+65, presenta una ripetizione di 1-2 impulsi radio ogni ora nell'arco di 4 giorni, seguiti una fase silente di 12 giorni. 

Le osservazioni, durate circa 1 anno, risalgono al periodo 2018-2019 e sono state compiute grazie al Chime Telescope (acronimo di Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment). 

La speranza dei ricercatori è che tracciando l'origine di questi impulsi si possa dedurne la causa, verosimilmente associata a eventi di elevata potenza. Tra le ipotesi formulate per spiegare la periodicità delle emissioni  radio (al netto di qualche "rivelazione" tipica di trasmissioni alla Giacobbo), vi è quella di un sistema binario, in cui il periodo di emissione sarebbe correlato al periodo orbitale di uno dei due corpi celesti, uno dei quali potrebbe essere un buco nero di "piccola" taglia (non supermassiccio tipo quelli al centro della galassia). 
Una ipotesi alternativa è che si tratti di un sistema formato da una stella di neutroni e da una stella massiccia (per forza di cose giovane data la breve vita di queste) di classe O o B. 
Sistemi simili sono ben conosciuti e sono in genere fonte di emissioni di raggi X e gamma; la stella di neutroni in questi casi è nota come pulsar (una possibile differenza tra FRB e pulsar è proposta in un  articolo su arXiv). 
Una pulsar (credit: astronomy.com).

Rimane da capire in cosa differiscano le sorgenti in stile pulsar dalle FRB e infine cosa determini la periodicità "alternante" di questa FRB in particolare. 

Il mistero delle FRB (video credit: Agenzia Spaziale Italiana)



Fonte
- A repeating fast radio burst source localized to a nearby spiral galaxy
B. Marcote et al, Nature (2020), 577, pp. 190–194



Viviamo in una realtà virtuale come Matrix?

Una domanda assurda per alcuni e ovvia per altri ma indubbiamente borderline, al più degna di un buon libro di SF (fatto) o per speculazioni filosofiche sulla irrealtà della realtà (fatto).

L'unica ragione per cui dedico alcune righe al tema su questo blog, pur nella consapevolezza assoluta che la nostra "realtà" percepita e ricordata è solo frutto della attività cerebrale, è il recente articolo di David Kipping (professore di astronomia alla Columbia University) secondo il quale le possibilità che stiamo vivendo in una simulazione sono 50 e 50 ... come (ma sono parole mie) se fossimo i protagonisti di The Sims.

Kipping è partito dalle conclusioni formulate da Nick Bostrom nell'articolo "Are we living in a computer simulation?" pubblicato nel 2003 su The Philosophical Quarterly, implementando una analisi bayesiana descritta nell'articolo "A Bayesian Approach to the Simulation Argument".

Serio o faceto? Forse una semplice curiosità intellettuale che lo ha spinto, sfruttando il teorema Bayesiano, a indagare il problema partendo da un test proposto nel 2017 dal fisico Tom Campbell per verificare se la realtà è una simulazione. Assunto principale del test è che se esiste un "computer" che sta creando le nostre percezioni (quindi alla base della simulazione) questo debba in ogni caso avere risorse limitate, tale da rendere la realtà simulata solo in quel dato momento in cui le informazioni arrivano all'osservatore. Per eseguire il test Campbell ha iniziato una raccolta fondi su Kickstarter (non storcete il naso, oramai anche in ambito scientifico ci si finanzia così invece di passare attraverso società di Venture Capital) dal titolo esplicito "Viviamo in una realtà virtuale?"

Per maggiori dettagli sul tipo di analisi condotta vi rimando all'articolo che Scientific American ha dedicato al tema

--> "Do we live in a simulation?"




E per i più "convinti/curiosi"tre saggi moderni sul tema (non il mio genere ma apprezzati dai lettori)

 

In un ambito meno speculativo ma a me più affine (fantascienza) l’eccellente Simulacron-3 che ha ispirato (anche se i fratelli/sorelle Wachowski lo negano) Matrix, e il racconto "Il mondo in una bolla" di Philip K. Dick 
 




Alle Ebridi il più antico fossile di animale "terricolo"

Kampecaris obanensis, una creatura lunga un pollice simile a un millepiedi, è considerata, ad oggi, l'animale terrestre più antico mai rinvenuto.
La notizia viene dall'articolo pubblicato sulla rivista Historical Biology.
La traccia fossile di K. obanensis di cui si nota il corpo segmentato
(credit: British Geological Survey/Reuters)

La datazione radiometrica del reperto, rinvenuto sull'isola Kerrera nelle Ebridi (Scozia), colloca il reperto a 425 milioni di anni fa (da qui in poi Mya), nel periodo Siluriano.
Lo stato delle terre emerse nel Siluriano. Credit: Encyclopædia Britannica
Vale la pensa precisare che si parla qui di animali e non di organismi unicellulari e/o a tracce riconducibili alla presenza di una forma di vita più che alla forma di vita stessa (vedi l'esempio delle stromatoliti). Se si volesse parlare di prime tracce biologiche in senso generale allora senza dubbio tale primato spetterebbe ai cianobatteri (a cui dobbiamo la massiccia immissione di ossigeno nell'ambiente) che hanno lasciato tracce della loro presenza in roccie australiane datate 3,5 miliardi di anni (periodo noto come Archeano). Le stromatoliti sono il miglior esempio di reperto di per sé non univocamente biologico ma che, in determinate condizioni è indice della attività biologica di organismi unicellulari. Per maggiori informazioni sui microbialiti (le strutture originate dall'attività dei cianobatteri) vi rimando alla pagina di approfondimento del dipartimento geologico australiano. Ci sono indizi dell'esistenza della vita anche a 3,7 e 3,9 miliardi di anni ma i dati sono controversi (per alcuni esempi vedi -->oldest fossils?) 
Stromatoliti recenti nella Shark Bay (Australia)
Credit: Paul Harrison

Precisazione forse ovvia ma necessaria. Essendo Kampecaris un organismo "molle" e privo di guscio l'unica traccia fossile che poteva lasciare era la sua "impronta" (vedi foto) nella roccia.

Quale è allora la pecularità della Kampecaris visto che non è la più antica traccia fossile? 
Si tratta del più antico ritrovamento attribuibile alla vita animale sulla terraferma, in un certo senso l'avanguardia in un ambiente vergine (e fino ad allora totalmente ostile per la vita) come era quello fuori dall'acqua in cui si erano avventurate prima solo alcune specie vegetali; un territorio quindi che era una interessante opportunità di cibo visto il competitivo (e affollato) ambiente acquatico

Al tempo in cui viveva la Kampecaris, le attuali Ebridi avevano caratteristiche lacustri adatte, secondo i palentologi e paleobiologi, ad una specie che si nutriva di piante in decomposizione. Deduzione non campata in aria dato che nella stessa zona furono rinvenuti in passato i resti fossili di Cooksonia, la più antica pianta terrestre conosciuta.

Il primato del Kampecaris non è però assoluto in quanto sebbene questo sia il reperto fossile più antico trovato, si ritiene che i primi animali a stabilirsi sulla terraferma fossero simili ai lombrichi (artropodi certo ma anellidi e non miriapodi) 25 milioni di anni prima

I primi coloni della terraferma furono i muschi (450 Mya) e in seguito piante con stelo come la Cooksonia che diedero il via ad ecosistemi terrestri più complessi.
I primi vertebrati terrestri - anfibi evolutisi da pesci con pinne muscolose che abitavano in acque poco profonde - sono datati 375 Mya, animali che sono in tutto i nostri (idem per rettili, uccelli e mammiferi odierni) antenati.
Torniamo ora al Kampecaris
Di lunghezza intorno ai 2,5 centimetri e con corpo segmentato, assomigliava ai millepiedi moderni - le zampette però non si sono conservate nella traccia fossile - ma solo esteriormente. Pur essendo un artropode apparteneva ad un gruppo oggi estinto non imparentato con i millepiedi odierni (miriapodi, subphylum Tracheata).

La comparsa di questi animali non si colloca in un periodo a caso della storia terrestre ma è il "frutto" del vero evento chiave nell'evoluzione della vita sulla Terra, noto come esplosione cambriana databile ca. 530 Mya di cui scrissi tempo fa (--> Immagini cambriane)
Per chi volesse vedere dal "vivo" i luoghi che portano le innumerevoli tracce fossili di questo evento suggerisco Burgess Shale (British Columbia, Canada) per il medio cambriano, le Cambrian Maotianshan shale beds (Yunnan, China) e il Sirius Passet (Groenlandia) per il primo cambriano, e per il tardo cambriano le Orsten in Svezia.
Il ritrovamento è un tassello importante nello studio dell'evoluzione che ci permette di guardare indietro nel tempo

 

Fonte
- Myriapod divergence times differ between molecular clock and fossil evidence: U/Pb zircon ages of the earliest fossil millipede-bearing sediments and their significance
ME Brookfield et al, (2020) Historical Biology



Perché alcuni suoni sono capaci di evocare attenzione ed allarme nel nostro cervello

In presenza di un pericolo incombente l'essere umano avvisa chi è vicino urlando. Perché il segnale di allarme sia efficace, induca cioè uno stato di attenzione immediato  in chi lo riceve, quello che conta non è, solo, la sua intensità ma la frequenza del suono (in senso fisico, cioè la frequenza dell'onda sonora).

 Non si tratta, ovviamente, di una caratteristica limitata al genere Homo e nemmeno ai soli primati. Molti animali sociali (e questo di fatto esclude gran parte dei rettili), dagli scimpanzé agli uccelli, emettono in caso di bisogno segnali di allarme caratterizzati da suoni rapidi e ripetitivi, di cui l'urlo umano è una variante.

I segnali di allarme delle auto, le sirene della polizia, i rilevatori di fumo e ...  le urla dei bambini non sono semplicemente rumorose. Tutte queste hanno la particolarità di avere frequenze tra  40 e 80 Hz.

Da qui la domanda su cosa abbiano di così particolare questi suoni da attirare l'attenzione anche dell'individuo più distratto e resiliente all'azione. La risposta va cercata in cosa succede nel cervello quando capta questi suoni.

Un compito, quello della decodifica dei segnali neurali attivati da questi suoni, a cui si sono dedicati i ricercatori dell'università di Ginevra, con un approccio sistematico: 

  1. esporre volontari ad una gamma di suoni diversi (ampiezza, frequenza, ...) fino ad identificare i parametri che inducono una sensazione di sgradevolezza e allerta;
  2. tracciare a livello cerebrale le aree e le reti neurali che si attivano in concomitanza con la comparsa di tale sensazione.

I risultati di tale studio, pubblicati sulla rivista Nature Communications, hanno mostrato che non solo il suono "allertante" attiva il classico circuito di elaborazione del segnale sonoro (che dall'orecchio interno va alla corteccia uditiva, di fatto le aree di Brodmann 41 e 42) ma vengono sollecitate anche le aree corticali e subcorticali coinvolte nell'attivazione dell'attenzione e in quelle del pericolo. Un risultato che spiega perché il cervello entri in uno stato di allerta reattiva nel momento stesso inn cui percepisce questi suoni.

Di seguito la sintesi dei punti chiave dello studio.

I ricercatori hanno esposto 16 pazienti epilettici (vedremo poi perché proprio loro)  ad una gamma di suoni ripetitivi, con frequenza compresa tra 0 e 250 Hz, fino ad identificare la soglia di fastidio prima e di "insopportabilità" poi (relativa al soggetto e non, sia chiaro, a soglie capaci di causare alcun danno fisico... impossibile del resto per la gamma di suoni usati). Nello specifico l'esperimento è avvenuto in due fasi. Nella prima fare si è chiesto ai partecipanti di segnalare quando la percezione del suono cambiava da "rugoso/ruvido" (suoni distinti l'uno dall'altro) a fluido/uniforme (si percepisce un unico suono, evento tipico quando le frequenze superano una certa soglia).

Nota. L'orecchio degli esseri ha una soglia dettata dalla capacità di processamento dei suoni, per cui suoni troppo ravvicinati non sono più distinguibili come "molteplici". Si tratta di una conseguenza della particolare struttura trasduttiva del nostro orecchio capace di captare suoni tra 20 e 20 mila Hz (già in fase adulta il limite scende a 16 kHz). Altri animali (ad esempio i cani) sono sono in grado di captare anche gli ultrasuoni. Da notare che gli infrasuoni, pur non percettibili in modo conscio dagli umani sembrano capaci di evocare sensazioni negative


Sulla base delle risposte, i ricercatori identificarono in 130 Hz il limite superiore della ruvidità del suono, al di sopra del quale il suono veniva percepito come continuo. 

La domanda successiva era comprendere perché mai il cervello giudicasse sgradevoli i suoni ruvidi? A tale scopo si chiese ai partecipanti di ascoltare suoni a diversa frequenza, classificandone la sopportabilità su una scala da 1 a 5, da sopportabile a insopportabile. I suoni che emersero come insopportabili avevano frequenze tra 40 e 80 Hz, non a caso la gamma di frequenze utilizzate dagli allarmi ... e dai neonati. Una delle caratteristiche più importanti di queste frequenze è che sono percepibili a distanza, un elemento evidentemente importante nella selezione di quali suoni usare per massimizzare l'efficacia dell'allarme (quindi la sopravvivenza).

Tecnicamente quello che avviene è che se l'intervallo tra un suono e l'altro scende sotto i 25 millisecondi, il cervello non è in grado di anticiparne "l'arrivo" per cui i circuiti di soppressione sonora (evidenti quando smettiamo di accorgerci di un suono che pur persiste) smettono di funzionare: ecco perché non si può ignorare il pianto di un neonato o l'antifurto della macchina sotto casa che nelle sere d'estate rischia di indurre chi abita in zona a gesti sconsiderati.

Il passo successivo era comprendere cosa avviene nel cervello quando elabora i segnali derivanti da queste frequenze. Qui la procedura si è fatta più invasiva, dato l'utilizzo della EEG intracranica, tecnica solitamente usata per mappare nei pazienti epilettici le aree in cui sorgono i "cortocircuiti" neurali. 

Ecco spiegata la ragione del coinvolgimento (volontario) nello studio di individui affetti da epilessia intrattabile per cui era già previsto tale esame diagnostico. 

I risultati ottenuti hanno permesso di capire che quando  il suono viene percepito come continuo (frequenza superiore a 130 Hz), si attiva solo il circuito neurale classico che porta all'elaborazione di quanto udito (la corteccia uditiva nel lobo temporale superiore). Al contrario quando i suoni vengono percepiti come ruvidi (in particolare a frequenze tra 40 e 80 Hz) si attiva una risposta neurale prolungata che coinvolge un numero ben maggiore di regioni corticali e subcorticali che non fanno parte del circuito uditivo convenzionale. Tra le aree attivate ci sono l'amigdala, l'ippocampo e l'insula, tutte aree, guarda caso, in prima fila nelle risposte che evocano attenzione, avversione e dolore. Facile capire ora come mai questi suoni hanno una tale capacità di attenzionare e indurre all'azione chi è in ascolto.

I suoni percepiti come fluidi o ruvidi attivano diverse reti cerebrali. Mentre i primi inducono risposte principalmente nel sistema uditivo "classico", quelli ruvidi attivano una rete cerebrale più ampia coinvolta nell'elaborazione dell'avversione e della salienza (image credit: UNIGE.ch)

Si tratta del primo studio su umani in cui viene dimostrata la capacità di alcune frequenze di attivare aree neurali chiave.

I dati ottenuti saranno di sicuro interesse per lo studio di alcune malattie che hanno la particolarità di generare risposte cerebrali anomale quando i soggetti si "imbattono" in suoni  a 40 Hz. Tra le patologie che presentano questa anomala risposta vi è l'Alzheimer, l'autismo (ben nota la loro non sopportazione di particolari suoni) e la schizofrenia. Dallo studio delle reti neurali anomalmente attivate a queste frequenze, si spera di sviluppare metodi per una diagnosi precoce (e sicura) della malattia, al posto di altre procedure nettamente più complesse.

Fonte
- The rough sound of salience enhances aversion through neural synchronisation
Luc H. Arnal et al, Nat. Comm, (2019) 10:3671



Nobel per la Chimica e la Fisica. Letture "fuori dal coro" per capire meglio

Nelle ultime due settimane sono stati assegnati i premi Nobel, tra i quali quelli che vale la pena sempre citare sono SOLO quelli per la medicina, la chimica (spesso attinenti a tematiche sovrapponibili) e la fisica. 
La ragione del mio totale disinteresse per gli altri è che mentre questi sono basati su criteri e dati oggettivi gli altri due sono nel migliore dei casi basati su una totale (per quanto rispettabile) soggettività di giudizio (letteratura) per la natura stessa del lavoro giudicato e in altri è un veicolo puramente politico o ideologico (fatto salvo quello a Mandela o altri casi simili, cosa dire del Nobel ad un Obama appena eletto?)
Non che la valutazione delle scoperte scientifiche sia sempre trasparente od univoca ma di sicuro meno "opinabile". Nel caso del Nobel per la medicina di quest'anno si trattava di un riconoscimento atteso (dei 3 premiati Alter e Houghton avevano ricevuto già nel 2000 il Lasker Award for Clinical Medical Research, un riconoscimento che quasi sempre preannuncia il Nobel) per la scoperta del virus della epatite C in un'epoca ben lontana dagli strumenti di analisi odierni. Anche i Nobel a Penrose (studio dei buchi neri) e al duo Charpentier-Doudna non sono sorprendenti sia per l'innegabile lavoro svolto (in verità decenni fa) dal primo che dal ben più recente sviluppo della tecnologia CRISPR-Cas di editing genomico nel secondo caso. Degli studi sottesi si è parlato a lungo e ne potete leggere su molti siti/riviste di divulgazione. Quello che faccio oggi invece è quello di portare all'attenzione le voci fuori dal coro o il fare emergere punti nascosti che i giornali generalisti tralasciano (anzi, meglio dire che molto spesso non comprendono). Lo faccio in questa occasione reindirizzandovi agli articoli in cui tali punti (esclamativi o interrogativi) sono stati sollevati. 
 
Nobel per la Fisica 
Mi riferisco  alla "metà del Nobel" assegnato cioè quella a Roger Penrose (l'altra metà è stata assegnata al duo Genzel e Ghez). Una delle cose che affascina i media è da sempre la presenza in una notizia oggettiva di spunti su cui ricamare e costruire storie che spesso e volentieri travalicano le pur presenti affermazioni iniziali. 
E' in un certo senso il caso di Penrose su cui in questi giorni potete leggere le cose più varie ed eventuali tra cui "la dimostrazione di un universo prima del nostro", "lo scienziato ateo che non esclude Dio" basate su alcune recenti affermazioni di Penrose che non sempre sono in linea con il lavoro da lui stesso sviluppato decenni prima (e a cui si riferisce il Nobel). L'articolo che vi invito a leggere in proposito è quello del bravo Ethan Siegel, un astrofisico prestato poi a titolo definitivo a "scrittore di scienza" capace di tradurre ed elaborare concetti tosti perché siano compresi da non addetti al settore.
Diciamo che anche il suo buon amico (a volte "avversario") Stephen Hawking non avrebbe condiviso alcune "estrapolazioni" da lui fatte.
Clicca sull'immagine per andare all'articolo completo
 

A proposito di buchi neri, segnalo il recente comunicato dello European Southern Observatory (ESO) sull'osservazione delle ultime fasi di vita di una stella simile al Sole mentre viene "inghiottita", quindi spaghettificata, da un buco nero --> Death by Spaghettification



 
Nobel per la Chimica 
Il metodo CRISPR-Cas nasce dallo studio del meccanismo evoluto dai batteri per difendersi dai virus incorporando l'informazione genetica di precedenti incontri a rischio in modo da fungere come "impronta digitale" con cui identificare e distruggere il portatore di questa sequenza al successivo incontro pericoloso fatto da una delle cellule "discendenti". Charpentier e Doudna hanno trovato il modo per sfruttare ed "evolvere" questo meccanismo naturale in modo da usarlo come strumento potentissimo di editing genomico in laboratorio (sia su cellule isolate che in vivo iniettando virus portatori della "strumentazione" di editing). 
Una applicazione eclatante di questa tecnica la si è vista nel caso dei bambini geneticamente modificati di cui ho scritto in passato (--> "La distopia è realtà").
Come impatto siamo dalle parti della PCR da parte di Kary Mullis (Nobel 1993) anche se ritengo quest'ultima nettamente più dirompente come impatto: si può parlare di una era pre e post PCR senza la quale, ad esempio, il Progetto Genoma o la diagnosi molecolare fatta in ore sarebbero impensabili.
Nota. Come al solito alcuni scrissero che la scoperta era "banale" o "già fatta" o "pensata" (i Nobel Khorana e Kleppe nel 1968) ma di fatto, e lo ricordo bene per averla vista in diretta, una tecnica anche solo potenzialmente simile alla PCR, prima di Mullis non esisteva nemmeno come argomento di discussione.

Di sicuro CRISPR-Cas ha rivoluzionato la progettualità nei laboratori di genetica molecolare permettendo approcci estremamente precisi in un tempo e a costi meno che frazionali rispetto al "prima". Il "ma" in questo caso non si riferisce alla parte scientifica ma ad alcuni sottesi che sono stati bellamente ignorati dai media intenti a fotografare le due scienziate mano nella mano. La verità è che da anni in corso una battaglia legale sui diritti di brevetto tra le due (o meglio tra gli istituti/enti a cui afferiscono). I soldi in ballo con questi brevetti farebbero impallidire il budget annuale della ricerca di tutto la UE e dintorni. 

In parte ricorda la querelle Robert Gallo e Luc Montagnier (Nobel conferito al solo francese insieme a Barré-Sinoussi) su chi avesse veramente scoperto il virus HIV. Nel caso Charpentier-Doudna siamo molto lontani da quei toni, una battaglia più legata sui diritti di brevetto, una diatriba che va avanti in tribunale. L'articolo che qui allego si riferisce all'ultima fase della battaglia legale 

Clicca sull'immagine per andare all'articolo completo




 

La Tesla Roadster con a bordo "Starman" ha appena avuto un incontro ravvicinato con Marte

20 mesi dopo il lancio del Falcon Heavy che portava nello spazio una Tesla con a bordo Starman (vi rimando --> all'articolo scritto allora) ecco che la nostra ha effettuato il primo fly-by di Marte nel suo percorso orbitale con periodo 557 giorni.

(ovviamente l'immagine è posticcia) Image credit: medium

A dare l’annuncio è stato un tweet di Space X con il messaggio

In questo momento, Marte e la Terra sono nel punto di maggior prossimità orbitale, un evento che non si ripeterà prima di altri 15 anni. Il razzo di SpaceX segue un'orbita solare indipendente e questo incontro è stato pianificato in anticipo scegliendo il momento esatto del lancio; possiamo immaginare tre orbite ellissoidali che si sono ora intersecate pronte a divergere nuovamente. 

Starman continuerà a volare fintanto che la sua spinta iniziale (durante la quale consumò il carburante) permetterà di mantenerne l'orbita. I veri nerd in stile The Bing Bang Theory, sperano un giorno di riuscire, in qualche missione futura, a recuperare razzo e Starman ma un evento del genere sarà più il frutto di una coincidenza che di una manovra pianificata, data l'assenza di valore intrinseco di tale recupero. Una "manovra" di pari difficoltà dei tentativi sempre vani di recuperare il premio con la gru meccanica nei dispositivi presenti al Luna Park.

Ma lo spazio che affronterà sarà sostanzialmente uguale, un "vuoto" inospitabilmente freddo e a bassissima densità di materia (sempre maggiore tuttavia del spazio interstellare al di là della eliosfera). Ciò significa che Starman e la sua Roadster hanno buone probabilità (micrometeoriti e radiazioni cosmiche permettendo) di conservarsi bene, come fossero in una cella criogenica senza fattori alteranti come umidità, variazioni di temperatura o presenza di sostanze chimiche corrosive.  La Roadster sta viaggiando a quasi 55 mila miglia all'ora (la Terra va a 67 mila mph mentre Marte, più esterno viaggia a 54 mila mph).

I primi calcoli avevano fatto supporre che il roadster si sarebbe disintegrato durante un incontro ravvicinato con Marte; calcoli poi corretti ipotizzano invece un suo scontro fatale con la Terra, Venere o il sole tra circa 10 milioni di anni. Beh, per il momento non abbiano preoccupazioni ci possa cadere un detrito in testa.

Notazione divertente. In quasi coincidenza con il fly-by di giovedì "l'auto ha superato la sua garanzia di 36.000 miglia 36.098,2 volte mentre guidava intorno al sole" e se "la batteria fosse ancora funzionante, Starman avrebbe ascoltato la [ovvia] canzone Space Oddity 264.916 volte e Life On Mars? 356.963 volte". Queste sì sono statistiche degne di Sheldon e compagnia.

Se volete vedere dove si trova la Tesla Roadster ora

➡️https://whereisroadster.com



Per chi mi ha chiesto in passato quale telescopio comprare ... dipende dal budget e dalla passione

Il meglio ad un prezzo ragionevole

Appena più in basso ma nemmeno troppo

Budget ma non giocattoli










Fuga biologica da una azienda biotech cinese a causa di errori in procedure base

Di nuovo un caso Cina.
Vero che il detto recita "solo chi non fa, non commette errori" ma in Cina si devono dare una regolata. 
In passato si è scritto su queste pagine del problema locale attinente la resistenza agli antibiotici, il rilascio di inquinanti ambientali da fabbriche "fantasma" o, molto banalmente, il caso covid19 di cui scrissi in tempi non sospetti (gennaio 2020).

Cosa è successo questa volta?
Tutto nasce in una biotech cinese impegnata nella produzione di un vaccino contro la brucellosi, una infezione animale causata da un batterio Gram negativo, importante economicamente per l'impatto sugli allevamenti di mammiferi (bovini, ovini, ...  mentre non mi risulta comune in quelli avicoli). Essendo un batterio non si fa grossi problemi nell'infettare anche gli umani, sebbene avvenga raramente e solo nelle persone a diretto contatto con gli animali. La sintomatologia è variabile ma in genere non eccessivamente preoccupante  letalità inferiore al 2%); il rischio maggiore è nelle complicanze e nella cronicizzazione dell'infezione.

Credit: CNN
Batterio causa della brucellosi (fonte: CNN)
Nota. Negli anni '80 la brucellosi era ampiamente diffusa in Cina. Da allora la sua diffusione è stata contenuta grazie all'utilizzo di vaccini e a una migliore prevenzione attraverso il controllo del bestiame allevato. A livello globale negli ultimi decenni sono  stati rilevati vari focolai, come nel 2008 con le 1000 persone infettate in Bosnia e il conseguente abbattimento massiccio degli animali da allevamento. La malattia ha tuttavia  molti serbatoi naturali. Ad esempio il 60% delle femmine di bisonte del Parco nazionale di Yellowstone è positivo al batterio.
Sei sono le specie note di batteri appartenenti al genere Brucella causanti la malattia : B. melitensis, B. aboutus, B.suis, B. canis, B. ovis, B. neotomae, di cui primi 4 sono noti per avere causato infezioni in esseri umani. Il latte non pastorizzato è uno dei mezzi di infezione anche se nel caso cinese la via di diffusione è stata aerea.

La terapia umana prevede antibiotici quali doxiciclina e rifampicina per un tempo di circa 6 settimane, tempo molto più lungo del normale per una terapia antibiotica, spiegabile con la tendenza del batterio a causare malattie croniche se non del tutto eliminato (riesce a sfuggire al controllo del sistema immunitario rifugiandosi dentro le cellule).

Ovviamente il costo per gestire questi problemi negli allevamenti diventa importante soprattutto oggi quando è vieppiù importante operare per minimizzare l'utilizzo degli antibiotici negli allevamenti intensivi per prevenire la comparsa di batteri resistenti.

La soluzione ideale per contenere il rischio brucellosi passa quindi dall'utilizzo di uno dei vaccini anti-brucellosi disponibili. La fase produttiva del vaccino era proprio quello a cui era dedita l'azienda cinese;
ovviamente per produrre il vaccino serve il patogeno di riferimento (anche se poi vengono usati loro derivati strutturali).
Tutto nella norma e codificato dalle linee guida ministeriali (oltre che dalle varie GLP e GMP) di qualunque paese evoluto.

Che qualcosa non stesse andando per il verso giusto lo hanno capito già nel 2019 quando le autorità sanitarie hanno notato una impennata di malati umani tra gli addetti e nelle vicinanze dell'azienda sita nel nord-ovest della Cina. La notizia è trapelata solo nell'ultimo mese ed è stata riportata dalla CNN in seguito ad un comunicato della Commissione Sanitaria di Lanzhou, capoluogo della provincia di Gansu.
In sintesi sono 3245 le persone che hanno contratto la malattia mentre 1401 sono quelle risultate positive al test ma non malate. Lo screening ha coinvolto 21847 persone su 2,9 milioni di abitanti della città.

Le autorità hanno identificato l'origine della contaminazione nell'attuazione di procedure non adeguate.
Il che detto così può sembrare un errore umano e come un rischio insito quando le procedure di controllo non sono adeguate a prevenire o neutralizzare questi eventi.
In realtà è molto peggio. L'origine di tutto nasce dall'avere usato disinfettanti scaduti che vuol dire sterilizzare un ambiente in cui si è manipolato un patogeno usando poco più dell'acqua fresca.
I batteri sono passati direttamente nei liquidi di scarico e nelle condotte di ventilazione che davano sull'ambiente esterno. Sarebbero stati in particolare i gas di scarico, sotto forma di aerosol, il principale veicolo di infezione. 
I primi ad essere colpiti sono stati i dipendenti della vicina clinica veterinaria di Lanzho a partire da novembre con poi una forte accelerazione. Entro la fine di dicembre, almeno 181 persone dell'istituto erano state infettate. L'epidemia si è poi diffusa anche alla estremità nord-orientale del paese, mediante  13 persone infettatesi mentre lavoravano alla clinica veterinaria.

Le autorità hanno in seguito revocato all'impianto le licenze di produzione di vaccini e ritirato vari lotti. Questo è uno dei tanti rischi inevitabili che si hanno quando si opera al di sotto di standard di sicurezza talmente basilari da non essere considerabili errori ma "faciloneria" assurta a sistema.




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