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Come creare ossigeno su Marte

Nel film Total Recall il buon Schwarzi arriva nel 2084 in un insediamento umano su Marte protetto da una megacupola, fondamentale sia come protezione dai raggi cosmici (l'atmosfera marziana è sottile, priva di ozono, e per di più il pianeta manca di campo magnetico) che per contenere un'atmosfera respirabile.
Paraitepuy Pass su Marte (Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS)
Vero che mancano alcuni decenni ma è verosimile che l'ambiente in cui vivranno le prime generazioni di coloni sul pianeta rosso saranno grotte o insediamenti sotterranei, condizionati con aria respirabile.
Escludendo a priori di trasportare ossigeno su Marte, i coloni dovranno produrlo localmente scindendo la CO2 atmosferica e/o l'acqua sotterranea, congelata o intrappolata nei minerali. Sebbene il processo sia fattibile, pur non in volumi tali da riempire una cupola cittadina, esistono altri fattori limitanti che sono i catalizzatori delle reazioni chimiche per la produzione di ossigeno. Catalizzatori che quindi dovrebbero essere trasportati dalla Terra in un processo continuo, cosa estremamente costosa.
Una soluzione viene da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Synthesis che descrive come produrre i catalizzatori, necessari ad estrarre ossigeno dall'acqua (e altre reazioni utili), direttamente su Marte usando il materiale là disponibile.
L’obiettivo iniziale dei ricercatori era indagare se uno strumento delle dimensioni di un frigorifero e dotato di un braccio robotico per le analisi, fosse anche in grado di ottenere catalizzatori usando come materiale di partenza materiale da meteoriti di origine marziana.
Lo strumento testato dai ricercatori
(Credit: Qing Zhu et al, Nature Synthesis)


Grazie ad una intelligenza artificiale integrata nel sistema il dispositivo ha prima dissolto e frazionato il materiale mediante acidi e alcali, per poi analizzarne le componenti presenti; queste sono state la base su cui applicare quali delle quasi 4 milioni di formule chimiche memorizzate fosse utile per ottenere una sostanza chimica in grado di scomporre l’acqua. Un processo che ad un essere umano avrebbe richiesto 2 mila anni di verifiche sperimentali. L'analisi ha permesso di ottenere un catalizzatore utilizzabile per  ottenere ossigeno dall'acqua.
Video credit: Nature

Per ogni metro quadrato di materiale marziano, il sistema potrebbe produrre quasi 60 grammi di ossigeno all’ora, eliminando potenzialmente la necessità di rifornimenti di ossigeno e catalizzatori per gli astronauti.

In verità, come ha fatto notare un ricercatore del MIT, esiste un modo molto più semplice per produrre ossigeno su Marte partendo dall'aria marziana ricca di anidride carbonica. Il rover Perseverance (vedi precedente articolo sul tema), in missione su Marte dal 2020, ha già montato (pur se di piccole dimensioni) uno strumento utile all'uopo chiamato MOXIE dimostratosi in grado di produrre ossigeno anche se in bassa quantità a causa dei limiti nella potenza erogabile dal rover. In futuro, una versione grande di MOXIE (non ci sono reali limiti tecnici per produrlo) sarebbe in grado di produrre ossigeno più che sufficiente per il fabbisogno di un piccolo insediamento umano. MOXIE potrebbe inoltre essere usato per produrre una quantità sufficiente di gas utilizzabile come ossidante necessario per produrre carburante per lanciare un velivolo per un viaggio di ritorno sulla Terra (le stime attuali sono di poter produrre 2-3 chilogrammi all'ora).
Lo strumento MOXIE montato sul rover Perseverance
(Credit: NASA/JPL-Caltech via Nature)
La strumentazione montata su Perseverance
(credit: NASA/JPL) 

Usare l’intelligenza artificiale per sintetizzare materiali utili in questo modo è una nuova area di ricerca, afferma Cooper, che ha applicazioni oltre i viaggi spaziali.

Fonte
- Automated synthesis of oxygen-producing catalysts from Martian meteorites by a robotic AI chemist
Qing Zhu et al, (2023) Nature Synthesis



Per Nerd e aspiranti tali tre modellini di rover marziani, per tutti i gusti



Letture scientifico-divulgative su Marte e vivere sul pianeta rosso



Tracce di Theia nel mantello terrestre?

https://www.nature.com/articles/d41586-023-03385-9
Image Credit: Hernán Cañellas (via Nature)
L'ipotesi più accreditata sull'origine della Luna è che sia il risultato di una collisione immane, circa 4,5 miliardi di anni fa, tra quella che potremmo chiamare proto-Terra e un pianeta delle dimensioni di Marte battezzato come Theia (vedi in proposito anche l'articolo del 2012 che ho messo in calce al presente).
Un evento postulato per spiegare le particolari caratteristiche geologiche della Luna (assenza di un nucleo metallico, composizione simile al mantello terrestre, assenza di parti volatili, etc) che la rendono una sorta di "estratto" del mantello terrestre volato in orbita 

Tra le più recenti simulazioni fatte con i supercomputer la seguente mostra come il tempo trascorso tra la collisione e la formazione della Luna sia stato di poche ore 

Nuovi dati a supporto dello scontro tra pianeti vengono ora dall'interno della Terra, nello specifico da alcune particolarità di alcune parti del mantello fino ad ora di difficile interpretazione.
Queste "macchie" (formazioni rocciose) rilevate grazie alla studio della propagazione delle onde sismiche (qui più lente), sono lunghe migliaia di chilometri e leggermente più dense dell’ambiente circostante, dato che suggerisce essere costituite da materiale diverso rispetto al resto del mantello.
L'analisi dei modelli al computer suggerisce che una certa quantità di materia proveniente da Theia sia rimasta incastrata nella metà inferiore del mantello terrestre,

L'idea di partenza è che un impatto di tale portata nell'infanzia de nostro pianeta avrebbe dovuto lasciare una qualche traccia e che la stranezza di alcune regioni del mantello potesse essere una vestigia. Ipotesi poi messa alla prova con simulazioni al computer.
La simulazione al computer del rimescolamento del mantello dopo l'impatto
(credit: Nature)

L’energia dello scontro planetario avrebbe parzialmente sciolto il mantello terrestre, formando due strati: una parte superiore fusa e una parte inferiore prevalentemente solida. Lo strato superiore fuso si sarebbe mischiato con quello "alieno" mentre altro materiale proveniente da Theia sarebbe affondato attraverso la parte fusa del mantello depositandosi nello strato inferiore. Nel frattempo parte del materiale sarebbe finito in orbita per originare la Luna.

Fonte
Moon-forming impactor as a source of Earth’s basal mantle anomalies
Qian Yuan et al, (2023) Nature

Se penso alla Luna non posso non associarla alla serie TV cult della mia infanzia "Spazio 1999"
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Articolo del 2012, parte della Lectio Magistralis di un noto astrofisico ospite alla Milanesiana.

(di ERIC M. GALIMOV)
L’origine e l’evoluzione della vita e l’origine del sistema Terra-Luna sono tra i più ardui problemi scientifici, poiché è difficile sottoporli a uno studio sperimentale, e la loro analisi teorica è ambigua: troppi i fattori coinvolti e alcuni di essi non sono noti (…). Il paradigma dell’origine del sistema formato dalla Terra e dalla Luna è la teoria del mega impatto. Essa ipotizza una catastrofica collisione di due vasti corpi planetari nella storia iniziale del sistema solare. Il risultato fu che la Terra e la Luna ne emersero come corpi magmatici completamente fusi (…).
 
L’ipotesi del mega impatto fu avanzata alla metà degli anni Settanta da due team di scienziati americani. Secondo la loro tesi, la Luna si formò con l’addensamento del materiale fuso espulso nell’orbita circumterrestre in seguito alla collisione della proto-Terra con un altro corpo planetario delle dimensioni di Marte.
Il problema cruciale che si trovano ad affrontare gli scienziati impegnati sull’origine della Luna consiste nella domanda: perché la massa lunare è carente di ferro rispetto alla massa terrestre? Il contenuto di ferro della Terra è del 33,5%, mentre quello della Luna è in una percentuale compresa tra il 10% e il 15%. L’ipotesi del mega impatto fornì una semplice risposta: la collisione da cui nacque la Luna si verificò nel momento in cui la Terra aveva già attraversato il processo di differenziazione e gran parte del ferro si era concentrato nel suo nucleo metallico, e la Luna si formò dal mantello terrestre, carente di ferro.
Un più dettagliato studio al computer della dinamica del mega impatto compiuto all’inizio del Duemila mostrò che il materiale fuso espulso in un’orbita circumterrestre proveniva non tanto dal mantello terrestre ma soprattutto, almeno per l’80%, dal corpo impattante. Poiché l’origine e la composizione chimica del corpo impattante sono sconosciute, ciò privava la teoria dell’impatto di argomenti geochimici. Inoltre, la derivazione della Luna dal corpo estraneo alla Terra rende le affinità tra la Terra e la Luna, come la somiglianza nel frazionamento isotopico, argomenti contrari all’ipotesi del mega impatto (…) 
Un modello alternativo (…) la Luna non si è formata in seguito a una collisione catastrofica, ma tramite la frammentazione di un immenso addensamento di particelle gassose (…). La contrazione di questo addensamento gravitazionale conduce all’aumento della temperatura al suo interno con una conseguente parziale evaporazione delle particelle e dei corpi solidi da cui è formata  (…) conduce alla formazione di due corpi condensati, embrioni della Terra e della Luna. Entrambi sono poveri di ferro ed elementi volatili e ricchi di elementi refrattari.
L’ipotesi proposta sembra quindi piuttosto convincente. Soddisfa i principali requisiti: povertà di ferro sulla Luna, identità isotopica tra Terra e Luna, ricchezza di elementi refrattari sulla Luna e scarsezza di elementi volatili. Supera le principali difficoltà della teoria del mega impatto. Nonostante ciò, la teoria del mega impatto continua a dominare la letteratura scientifica (…). La nuova concezione è incompatibile con la teoria oggi accettata sulla formazione dei pianeti del sistema solare. Il paradigma dice che i pianeti si formarono tramite collisione dei corpi solidi, i planetesimi. Si ritiene che i planetesimi siano cresciuti da qualche metro a centinaia di chilometri. La formazione della Luna dovuta a un mega impatto è coerente con la teoria standard della formazione dei pianeti. A differenza della teoria standard, la nuova concezione ipotizza che la formazione di corpi planetari possa verificarsi da uno stato disperso. Ma questa supposizione non dimostrata rende discutibile l’ipotesi. Dovremmo quindi riconoscere che la nuova concezione, nonostante i suoi vantaggi, non può essere accolta per via della sua parziale imperfezione.



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Tra i recenti contributi allo studio della nascita della Luna, l'articolo pubblicato sulla rivista Science a marzo 2015. L'approccio usato dagli astronomi della NASA è stato indiretto e basato sul fatto che dopo l'impatto della Terra con un pianeta delle dimensioni di Marte sarebbero stati scagliati nello spazio una miriade di frammenti di dimensione intorno al chilometro, parte dei quali sarebbero stati catturati dalla fascia di asteroidi sita tra Marte e Giove. Molti di questi frammenti, fusi con quelli preesistenti, sarebberon poi precipitati nel corso dei miliardi di anni successivi sulla Terra. Lo studio delle caratteristiche di queste rocce ha permesso di datare l'origine della Luna in 4,47 miliardi di anni fa. Un valore simile a quello ottenuto con altri metodi e che quindi ne è la conferma.  
Fonte
W. F. Bottke et al, Science 17 April 2015 

Ig-Nobel 2023: i premi alla scienza che fa ridere ma anche pensare

Anche quest’anno insieme ai Nobel bisogna ricordare i vincitori degli IgNobel, autori delle ricerche più strampalate ma nondimeno del tutto sensate … anche se a volte bisogna essere molto addentro il campo per capirne la logica. In verità, come del resto avviene per i Nobel, le categorie premiate sono varie e includono ad esempio anche la letteratura (per dettagli vi rimando alla lista completa dei vincitori del 2023 in cui potrete anche trovare il link agli articoli premiati). 
Tra le ricerche premiate (i lavori possono essere anche molto vecchi ma devono essere stati pubblicati su riviste peer reviewed) nelle varie categorie ne scelgo alcune

Letteratura
In questa categoria il premio è stato assegnato ad un team multinazionale “per lo studio delle sensazioni che le persone provano quando ripetono una sola parola molte, molte, […] volte”. La ricerca si è basata sul chiedere le sensazione di alcuni partecipanti chiamati a scrivere molte volte alcune parole, fino a raggiungere il punto di … trovarle strane o mai sentite. Un fenomeno opposto al déjà vu detto jamais vu che descrive la sensazione di estraneità a qualcosa di noto. 

Geologia
La ricerca mi ricorda molto il simpatico Brick (il figlio minore della serie TV The Middle) che aveva il vezzo di leccare gli oggetti per conoscerli. Ebbene, qualcosa di simile è stato studiato da Jan Zalasiewicz (University of Leicester) che ha cercato di rispondere al quesito sul “perché ai geologi piace leccare le rocce” (attitudine vera come descritto in questo articolo) il che mi fa pensare anche all’avversione di Sheldon per la geologia e al personaggio di Bert

L'articolo premiato ha il nome esplicativo “Eating fossils in cui si descrive questa arte antica per studiare le rocce (ivi compreso a volte abbrustolirle, bruciarle e bollirle) in assenza di strumenti analitici moderni

Ingegneria
O meglio il premio qui va alla necrobiotica, una variante della robotica che utilizza parti morti di animali in una sorta di cross-over tra Frankenstein e steam-punk. Il premio è stato conferito per aver “rianimato ragni morti come strumenti meccanici da "presa” cioè per avere riutilizzato l’eccellente sistema di locomozione di un ragno (morto) adattandolo a diventare un perfetto strumento da presa in grado di acciuffare oggetti delicati.
Image: newatlas.com

Salute pubblica
Il vincitore è un coreano che lavora alla Stanford University premiato per il lavoro pluriennale nella messa a punto di un wc hgh tech (altro che quelli giapponesi). Nello specifico si tratta di un dispositvo che ​ha incorporato tecnologie tra cui l’analisi delle urine, un sistema per l’analisi visiva della defecazione (argh!!), un sensore per l’impronta anale abbinato a una telecamera di identificazione (altro che analisi dell’iride) e un sistema trasmissione dati. In effetti strumenti simili hanno utilità sia nel monitoraggio a distanza dei pazienti che negli studi clinici.

Comunicazione e neurologia
Vero che ci sono persone capaci di ripetere una parola o perfino di parlare al contrario. Rari e per questo studiati come fatto dagli autori dello studio premiato che ha analizzato la materia grigia in alcune regioni cerebrali di due persone con queste capacità.

Medicina
Il numero di peli nel naso è uguale nelle due narici? La risposta viene da uno studio effettuato su alcuni cadaveri che ha dimostrato che in media ce ne sono 120 a sinistra e 122 a destra. La cosa curiosa è che il punto di partenza della ricerca era per acquisire informazioni per il trattamento della alopecia areata, che oltre alla calvizie presentano un maggiore rischio di allergie e infezioni respiratorie associate alla perdita di peli nel naso.

Nutrizione
Il lavoro premiato è vecchio (risale al 2011) e indagava l’aumento del senso di gusto grazie all’elettricità. Fosse questo sarebbe anche “normale” ma il punto saliente, riportato nelle motivazioni del premio, è “per esperimenti per determinare come le bacchette e le cannucce elettrificate possono cambiare il gusto del cibo”. Grazie a tali strumenti i ricercatori evidenziarono come usando queste bacchette elettriche per mangiare (studio fatto in Giappone, da noi magari avrebbero usato come strumenti forchette elettrificate) i volontari percepissero dei sapori altrimenti nascosti.
Image: newatlas.com

Educazione
Chi non si è mai annoiato a scuola alzi la mano. Ma la noia non è un qualcosa da accantonare, ma la si può studiare. Il premio ai ricercatori è perché hanno scoperto che anche solo aspettarsi che una lezione sarà noiosa la renderà noiosa, ma anche che se gli studenti vedono i loro insegnanti annoiati o li percepiscono come tali saranno meno motivati. Quindi siate pimpanti o voi docenti all’inizio della lezione ed evitate tonalità in stile Marina Massironi quando faceva gli sketch dei bulgari con AG&G

Psicologia
Questo studio risale alla fine degli anni ’60 e la ragione del premio è “per esperimenti su una strada cittadina per vedere quanti passanti si fermano a guardare verso l'alto quando vedono degli estranei che guardano in alto”. Quanti più lo fanno, scrivevano, tanti più si fermeranno e lo faranno.

Fisica
Se è assodato che il sesso in alcuni animali non ha base genetica ma dipende da fattori ambientali come la temperatura (es. le tartarughe) meno noto è l’effetto sull’ambiente dell’attività sessuale. Ecco allora la motivazione “per aver misurato quanto la miscelazione dell'acqua dell'oceano è influenzata dall’attività sessuale delle acciughe” le quali radunandosi in massa durante la stagione riproduttiva possono generare turbolenze e a cascata infuenzare la crescita del fitoplancton (che detto per inciso è il maggior produttore di ossigeno del pianeta e alla base della catena alimentare e della cattura della CO2). Quando si dice “il battito di ali di una farfallo può causare un tornado dall’altra parte del mondo”.


Fonte


Articoli su temi attinenti


La strana genetica delle formiche pazze

Formiche pazze non è (solo) il nome di una squadra di basket dell’Indiana che gioca nella serie cadetta della NBA (Indiana Mad Ants) ma soprattutto il nome di una specie di formiche gialle, le Anoplolepis gracilipes.
Credit: AntWeb, CC BY 4.0
Nomen omen potrei dire visto che devono il loro nome ai movimenti alla rinfusa che viene innescato quando arriva un fattore di disturbo, ad esempio un entomologo curioso.

Si tratta di formiche con una pessima nomea essendo una specie invasiva presente principalmente nel sud-est asiatico e in Oceania, la cui presenza è una minaccia reale per invertebrati e vertebrati (piccoli mammiferi inclusi) autoctoni. Ad esempio nella Christmas Island, territorio australiano a sud di Giava, l’arrivo di queste formiche ha portato alla decimazione dei granchi rossi.
Comprendere la genetica di queste formiche ha sia valenza scientifica che pratica, utile per trovare modi per arginare la loro diffusione. 

Lo studio che oggi riassumo descrive proprio il completamento della loro analisi genetica (conclusione di lavori pubblicati nel 2018) che spiega come mai i maschi apparissero come diploidi (caratteristica insolita negli insetti), dato il possedere due versioni di molti marcatori genetici. 
Come in molti altri insetti, i maschi si sviluppano da uova non fecondate, quindi sono aploidi al contrario delle femmine (diploidi) frutto di uova fecondate. Avere due varianti dello stesso gene fu quindi una scoperta inattesa, per quanto fosse noto che in alcune specie di  formiche si generano occasionalmente maschi diploidi il cui contributo genetico è però nullo essendo sterili.
Trovare una specie di formica in cui TUTTI i maschi erano diploidi sollevò domande sulla loro genetica. 
Primo e fondamentale passaggio nell'analisi fu di studiare il genoma di singole cellule prelevate dai maschi di questa specie di formiche invece del DNA ottenuto dalla formica intera; il risultato rivelò che i maschi erano in effetti aploidi sebbene apparissero diploidi se analizzati come organismo completo. La diploidia apparente era il risultato del chimerismo dei maschi, costituiti cioè da due distinte linee cellulari di partenza da cui poi originava l'intera formica.

Nel dettaglio le (cellule delle) formiche regine hanno due copie di una stessa linea genomica chiamata R (R/R) mentre le formiche operaie (sterili) sono degli ibridi, sono cioè portatrici di un'altra linea (detta W), ragione per cui ogni loro cellula è di tipo W/R.
In altri insetti (ad esempio le api) sia la regina che le operaie sono sorelle geneticamente non distinguibili a priori. La "classe sociale" delle femmine è conseguenza del tipo di alimentazione ricevuta durante la fase larvale. In questa specie di formiche invece la classe è frutto del corredo genetico.
Ne deriva che tutte le uova prodotte dalla regina saranno unicamente rappresentative del genoma R. 
I maschi appaiono anche essi W/R ad una analisi macro come se fossero diploidi. In realtà l’analisi di cellule singole conferma che anche loro (come gran parte dei maschi negli insetti) sono aploidi e che lo status apparentemente diploide R/W è dovuto all’essere chimere cellulari, organismi cioè che hanno nel loro corpo due popolazioni di cellule, una portatrice del solo genoma W e l’altra del solo genoma R. Ne deriva che i loro spermatozoi saranno portatori del genoma R o W
Esperimenti successivi hanno evidenziato che le cellule R e W sono distribuite in modo non uniforme nel corpo dei maschi con il 75% delle cellule somatiche di tipo R. Il rapporto si inverte negli spermatozoi dove il 65% sono cellule W.
Le cellule W e R non sono distribuite in modo uniforme nel corpo e tale distribuzione differisce anche tra gli individui (nell'immagine 5 maschi rappresentativi)
Darras et al /SCIENCE 2023
I gameti maschili (spermatozoi) saranno di conseguenza in gran parte W, utili per generare femmine operaie (o anche maschi, vedi sotto), mentre nel caso in cui lo spermatozoo sia di tipo R nascerà una regina.
I maschi sono, come detto, aploidi per cui non sono il risultato di una vera fecondazione (fusione di due gameti e unione dei due nuclei) ma solo di una interazione che non porta alla fusione dei nuclei. Ecco la ragione per cui i maschi sono degli "eterozigoti mancati" le cui cellule sono derivate dai discendenti mitotici della cellula uovo o dello spermatozoo generando così organismi chimerici.
Importante sottolineare come non esistano evidenze di scambio di materiale genomico (leggasi ricombinazione), processo tipico negli stadi finali della meiosi. Una caratteristica che li differenzia sostanzialmente da altri organismi diploidi (come siamo noi) in cui sebbene siamo portatori dei tratti genetici dei genitori, i cromosomi non sono in realtà uguali a quelli parentali essendo passati attraverso il passaggio di scambio di materiale genetico (ricombinazione) anche noto come crossing-over.
Una modalità riproduttiva questa mai descritta prima in altri organismi, fatto che apre la discussione sul motivo per cui si sia evoluta (ovvero sia stata selezionata) tale variante.
Una possibilità è che dato che il genoma W è veicolato unicamente dal maschio (le operaie sono sterili), il “rifiuto” di una parte delle cellule spermatiche portatrici di W di fondersi con il nucleo della cellula uovo, favorirebbe la sopravvivenza nel pool genomico di questo genoma. L'ipotesi è che queste due linee genomicamente distinte si sarebbero evolute in modo indipendente in due popolazioni di formiche separate che alla fine si sono mescolate.
Ipotesi alternativa è che si sarebbe partiti da una sola popolazione che dopo avere originato due popolazioni distinte, sviluppando tratti diversi, si sia poi "ricongiunta" a formare questo ibrido in cui due pool genomici sono in lotta tra loro (caso estremo di "gene egoista" formulato da Richard Dawkins?).

Per quanto riguarda il vantaggio (o meglio, perché sia stato selezionato questo sistema), potrebbe essere legato al loro successo come specie tra le più invasive al mondo. Infatti dato che la fusione dei nuclei R e W dà luogo solo a operaie sterili, le due linee non potranno mai mescolarsi evitando ogni possibilità di consanguineità, una caratteristica invece presente in altre specie di formiche invasive di minor successo. Sul lungo periodo consanguineità estrema equivale a minori risorse per affrontare cambiamenti nell'ecosistema. 
Nota. Il chimerismo non è una novità assoluta, essendo stata rilevata anche in altre creature, compresi gli umani, ma si tratta in genere di incidenti di percorso e non della norma di una specie. Un esempio di chimerismo negli umani si può osservare nei soggetti affetti da sindrome di Down in cui la trisomia del cromosoma 21 è spesso limitata solo ad una certa percentuale delle cellule, a seconda di quanto precocemente nello sviluppo post-zigotico è avvenuta la mitosi con segregazione anomala (più sono le cellule coinvolte, più marcata la sintomatologia Down)
Si stima che esistano circa 20 mila specie di formiche, gran pare delle quali poco o nulla studiate. Chissà che in futuro si abbiano altre sorprese sulla loro genetica anche considerando l’essere un gruppo di formidabile successo, in giro sul nostro pianeta da circa 160 milioni di anni, ben prima dei dinosauri.

Per chi volesse saperne di più sull'incredibile mondo delle formiche, tre libri di Edward Wilson 


Fonti
Invasive yellow crazy ants create male ‘chimeras’ to reproduce

Genes and genomic processes underpinning the social lives of ants

- Sex determination in Drosophila (e in altri insetti)
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