In occasione dell'approvazione del vaccino contro il cancro contagioso che affligge il "diavolo della Tasmania" ripropongo in calce un articolo scritto nel lontano 2014.
I diavoli della Tasmania affetti da cancro riceveranno vaccini ispirati al COVID mentre il vaccino è stato approvato per i test
Tre decenni fa, la malattia del tumore facciale del diavolo (DFTD) emerse in Tasmania uccidendo da allora circa l’80% di questi marsupiali facendo temere che la stessa specie fosse sull'orlo dell'estinzione. Come descritto nell'articolo in calce, si tratta di un rarissimo esempio di cancro non solo mortale ma contagioso dovuto all'alta omogeneità genetica degli animali (evidente a livello del MHC-1); in soldoni se una cellula tumorale "aliena" entra in altro animale questi non la riconoscerà come estranea (distruggendola) ma come "self" lasciandole così tutto il tempo di proliferare e diffondersi.
Il vaccino funziona sulla falsariga di quello sviluppato da AstraZeneca e Johnson & Johnson, cioè basato sull'adenovirus (geneticamente modificato per impedirgli di moltiplicarsi) come vettore.
Dopo essere penetrato nelle cellule del diavolo della Tasmania, il vaccino DFTD induce la produzione di proteine presenti solo nelle cellule tumorali che diventano così utili "sparring partner" con cui il sistema immunitario impara a riconoscere e a distruggere (le cellule tumorali sono riconosciute come corpi estranei, quindi da distruggere).
L'autorizzazione all'inizio del test risale alla scorsa estate e prevede di usare 22 animali sani e in cattività: solo quelli che mostreranno di essere resistenti alla malattia e privi di residui virali del vaccino verranno rimessi in libertà aprendo la strada al trattamento di massa di quelli rimanenti.
Anche nei casi esiste un problema di tumori contagiosi. Vedi QUI il precedente articolo sul tema.
Fonte
- Tasmanian devil cancer vaccine approved for testing
Nature (2023)
*** 02/'5/2014 ***
Un tumore infettivo minaccia il diavolo della Tasmania. Salvarlo si può
Cercherò di spiegarlo in modo abbastanza semplice. Un tumore altro non è che una la crescita sregolata (leggasi non più regolata dai sensori interni e da quelli tissutali) di cellule, perché mutate o riprogrammate da agenti esterni come virus o agenti chimici. In entrambi i casi non solo i segnali regolatori intrinseci e locali che segnalano quando e quanto dividersi o differenziarsi non verranno più "ascoltati" ma viene persa la capacità delle cellule danneggiate di "suicidarsi" (meccanismo noto come apoptosi). Risultato? L'accumulo di cellule sempre più mutate e non responsive che generano tessuti disorganizzati e invasivi, i tumori.
Salviamo il diavoletto (link) |
La meravigliosa efficienza dei sistemi biologici fa si che queste anomalie siano rare in quanto gran parte di esse viene eliminata dai sistemi di controllo. Tuttavia ogni organismo multicellulare complesso (come i vertebrati) producono nel corso dell'esistenza un numero incredibilmente alto di cellule; quindi per quanto rari siano i fenomeni questi possono apparire.
Ogni giorno in ognuno di noi compaiono cellule mutate che cominciano a comportarsi in modo anomalo ma di cui non ci accorgiamo dato che vengono prontamente identificate e distrutte, anche, dal nostro sistema immunitario; non tutti sanno infatti che le cellule immunitarie svolgono non solo compiti di pattugliamento contro invasioni esterne ma anche di verifica di anomalie nei codici identificativi di ciascuna cellula. In pratica è come se le cellule immunitarie controllassero in continuo i pass di tutte le cellule con cui vengono in contatto. Quando la cellula mutata appare normale ai controllori essa è ovviamente invisibile per cui sfugge alla cernita; analogamente quando il numero di cellule anomale eccede la capacità del sistema di controllo un certo numero di queste sfuggirà alla eliminazione.
In modo non molto diverso negli individui affetti da AIDS (che come è noto sviluppano tumori come il sarcoma di Kaposi estremamente rari nella popolazione sana) la costante diminuzione del numero di linfociti, oltre ad esporre a infezioni opportuniste, rende il controllo interno sempre meno efficace.
In tutti i casi sopra descritti un tumore anche se invisibile al sistema immunitario del portatore non potrà mai essere trasmesso ad un'altra persona (o animale) immunitariamente integra dato che la cellula verrebbe immediatamente identificata come estranea (non self) e distrutta. Su quanto sia efficace questo controllo pensate alle reazioni di rigetto successive ad una trasfusione errata o dopo un trapianto eterologo in assenza di immunosoppressivi.
Questo discorso è valido fino a che organismo donatore e ricevente sono geneticamente distanti. In una popolazione geneticamente omogenea le reazioni di rigetto diventerebbero tanto più deboli tanto maggiore è l'omogeneità. Come potrebbe del resto il sistema immunitario capire in queste condizioni se una cellula è self o non-self?
Una elevata omogeneità genetica è quindi un pre-requisito per l'esistenza stessa dei tumori infettivi; non è un caso se i tumori infettivi (ma NON quelli secondari legati ad infezioni di virus come HTLV e HIV) sono stati descritti solo in razze canine altamente auto-incrociate e, appunto, nel diavolo della Tasmania.
Nei cani l'esempio classico è quello del Canine transmissible venereal tumour (CTVT), il tumore più vecchio in assoluto dato che non compare spontaneamente (se non a bassissima frequenza) ma viene trasmesso da millenni da un animale all'altro (si stima che tale tumore abbia di fatto 2500 anni --> Murchison et al, Science (2014)). Nel caso del diavolo della Tasmania è più difficile, essendo meno studiato, stabilire con certezza l'età di questo tumore ma le cause e la modalità di trasmissione sono identici (accoppiamenti o preliminari).Se nel caso del cane l'alta omogeneità genetica è stata in larga parte causata dall'uomo, nel caso del diavolo della Tasmania le cause sono duplici: una popolazione non sufficientemente ampia da permettere la presenza di una ampia variabilità e una localizzazione geografica limitata che accentua il problema della scarsa popolazione. Ma se si trattasse di tumori interni (ad esempio fegato o pancreas) i problemi sarebbero relativi, al più si avrebbe un aumento dell'incidenza tumorale senza le problematiche legate alla trasmissione reciproca. Purtroppo il tumore che sta dilagando nei diavoli della Tasmania è localizzato su mucose e zone esterne (Devil facial tumour disease - DFTD) come volto e genitali, aree di frequente contatto sia nell'identificazione reciproca che nell'accoppiamento. Non stupisce quindi la vera e propria epidemia che ha decimato l'85 per cento della popolazione di questi mammiferi dal momento della comparsa del tumore nel 1996. Il semplice contatto favorisce il passaggio di un numero anche limitatissimo di cellule che se in grado di entrare nei tessuti sottostanti (ad esempio a causa di abrasioni) non incontrerà più alcuna restrizione alla sua proliferazione.
Esempio di tumore su questi poveri animali (©wikipedia) |
Il progetto diviso in diverse fasi vedrà dapprima la reintroduzione di 50 animali su Maria Island, un isola al largo della costa orientale della Tasmania. Il gruppo sarà seguito con attenzione (anche con gps e chip), tanto quanto lo sarebbe in uno zoo, in modo da favorire i sani stimolare la diversità genetica.
Il simpatico diavolo della Tasmania rivisitato dalla ®Warner Bros (all credit to: giphy.com) |
***
- L'analisi genomica dei tumori ha confermato l'origine clonale dei tumori.
- Il profilo trascrizionale (cioè i geni attivi) mostra che il tumore è originato da una cellula di Schwann.
Fonti e link
University of Sidney, news
- Pagina facebook del programma Save the Tasmanian Devil
- Diavoli della Tasmania su wikipedia.
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