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Nettuniani caldi e Terra Pi, i pianeti appena scoperti

Il catalogo degli esopianeti è in costante aggiornamento grazie anche all'entrata in funzione di TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite) che ha preso il posto del mitico Kepler.
Il numero di esopianeti confermato nel momento in cui scrivo è 4284 su 3179 sistemi stellari. Numeri aggiornati disponibili su Exoplanet Search Program (NASA) o su exoplanetarchive (Caltech).
A fare notizia non è oggi tanto l'aggiunta di un nuovo pianeta dalle potenziali caratteristiche terrestri (il condizionale è d'obbligo data la distanza che ci separa e la difficoltà/impossibilità - a seconda dei casi - di ottenere informazioni sull'esistenza e tipo di atmosfera), ma perché dotati di caratteristiche "strane". Considero quindi il presente articolo come un aggiornamento del precedente "I pianeti più bizzarri finora scoperti" e "Locandina viaggi NASA per viaggi interstellari".

I due pianeti da poco caratterizzati che segnalo sono il primo membro della categoria dei "nettuniani caldi" e il cosiddetto pianeta Pi-greco.

***

Cominciamo dalla nuova classe dei nettuniani caldi.
Le categorie "classiche" includono i gioviani caldi (e le varianti paffute), le super-Terre (raggio 1,5-2 volte la Terra, Rt, e massa 1,9-10 Mt), le mini-Terre, i pianeti nell'area "abitabile" (goldilocks planet), mini-nettutiani … a cui aggiungere le infine le varianti "ambientali" tipo pianeta di lava, di diamanti, dove piove vetro fuso, etc etc.
Mancavano all'appello i nettuniani caldi, cioè pianeti principalmente gassosi orbitanti molto vicino alla stella (quindi caldi) ma più piccoli dei classici gioviani.

Il primo membro di questa categoria è Ltt 9779b, definito un nettuniano super caldo (Ultra Hot-Neptune), descritto in un articolo da poco pubblicato su Nature Astronomy.
Simulazione interattiva sul sito della NASA
L'interesse non nasce dall'avere aggiunto una nuova categoria quanto dalla imprevista rarità (o forse unicità finché non se ne troveranno altri) di questi pianeti. A differenza dei pianeti rocciosi (terrestri  o "mercuriani") caldi la cui rarità dipende in massima parte dalla maggiore facilità di trovare pianeti giganti (quindi gassosi) vicino alla stella (limite metodologico intrinseco quando si studiano stelle lontane anni luce), un pianeta nettuniano prossimale avrebbe dovuto essere identificato da tempo, grazie alle sue dimensioni e all'effetto radiante che la vicina stella ha sul gas planetario.
La loro rarità potrebbe (ancora un condizionale) invece avere a che fare con limiti inerenti la planetogenesi o la stabilità di certi pianeti troppo vicini alle stelle (vedi sotto).

I primi indizi su Ltt 9779b orbitante attorno alla stella Ltt 9779, distante da noi 260 anni luce, risalgono a fine 2018, grazie a TESS e al metodo del TRANSIT, osservazione poi confermata grazie allo strumento Harps su telescopi cileni.
Nota. la nomenclaura degli esopianeti è facile una volta definito il nome della stella; basta aggiungere una lettera in ordine alfabetico. Il nome della stella viene dall'essere la 9779.ma stella del catalogo Luyten Two-Tenths)
Se volete saperne di più sulle tecniche usate per trovare gli esopianeti --> clicca qui per la postilla metodologica. 
Si tratta, come anticipato, di un Ultra Hot-Neptune, il primo della sua specie. L’aggettivo ‘nettuniano’ viene dato a pianeti la cui massa è simile o maggiore a quella di Urano e Nettuno. 
Con una massa calcolata 1,7 volte e un raggio di 1,2 volte quelli di Nettuno, Ltt 9779b  ha una densità molto simile al nostro gigante gassoso.
I calcoli fanno pensare che sia dotato di un nucleo pari a circa 28 masse terrestri con una atmosfera che costituisce circa il 9% della massa planetaria totale (l'atmosfera di Nettuno è circa il 5-10% della massa planetaria e occupa il 10-20% del suo raggio). Le parti più interne, a cominciare dal mantello, dovrebbero essere costituite di un fluido molto denso fatto di acqua, ammoniaca e metano, e un nucleo di ferro e silicati. Questo, ipotizzando che un nettuniano sia veramente "simile" a Nettuno e non un "gioviano modificato"(vedi sotto).

La differenza principale tra Nettuno e il nuovo pianeta è chiaramente nel suo essere caldo (in senso letterale dati i suoi 1700 gradi nell'atmosfera), uno stato derivante dall'orbitare a sole 0,016 UA dalla stella, talmente vicino che per compiere un'orbita completa ci mette 19 ore.
Grazie alla sua veloce orbita può essere incluso anche nella categoria "Ultra Short Period planets".
Finora gli unici pianeti con orbita così ravvicinata erano gioviani (raggio maggiore di 10 volte la Terra) o rocciosi (sebbene di roccia fusa) se con raggio inferiore a 2 Rt. Nell'intervallo intermedio (Nettuno ha un raggio 4 volte la Terra) mancavano candidati, per cui gli astronomi avevano coniato il termine "deserto nettuniano" per indicare la regione prossimale delle stelle. 

Le ragioni di tale assenza potrebbero essere molteplici: minore frequenza di formazione di tali pianeti o una instabilità intrinseca in orbite così prossimali causata dalla incapacità di pianeti gassosi di massa "ridotta" di trattenere l'atmosfera a fronte della forte irradiazione stellare. Un pianeta roccioso avrebbe meno problemi di "sopravvivenza" di uno gassoso che per evitare di perdere massa (che è fatta di gas) dovrebbe avere dimensioni (quindi gravità) gioviane. 

I dati indicano che il pianeta è ancora dotato della sua atmosfera, il che ha spinto i ricercatori a formulare alcune ipotesi:

  • Ltt 9779b è migrato solo "di recente" nell'orbita attuale, per cui il processo dissipativo (noto come fotoevaporazione) non si è ancora completato; 
  • in alternativa il pianeta sarebbe stato in origine un pianeta gioviano (vero gigante gassoso, privo di un nucleo roccioso) a cui la stella ha rubato l'atmosfera mediante un processo noto come Roche Lobe Overflow. La perdita di massa lo avrebbe reso "simile" ad un esponente della classe dei nettuniani. L'unico modo per verificarne "l'identità" sarà dedurre dai dati di massa e densità la presenza o meno di un nucleo tipo ferro e silicati. 

Data la rarità di questi pianeti, gli astronomi sono determinati nell'estrarre da questo unico esempio tutte le informazioni possibili.

***

Il secondo caso è quello di Terra Pi, un pianeta scoperto nel 2017 grazie al telescopio spaziale Keplero e confermato quest'anno grazie ad una rete di telescopi terrestri.
Il pianeta è di tipo terrestre e ha come peculiarità quella di orbitare intorno alla sua piccola stella in un "tempo Pi greco", cioè  3,14 giorni, da cui il nome Terra Pi.
Chiaramente è solo una coincidenza ma degna di risaltare nelle news.
L'articolo in cui viene descritto questo nuovo curioso pianeta viene dal MIT ed è stato pubblicato sulla rivista "Astronomical Journal" con il titolo “π Earth: a 3.14-day Earth-sized Planet from K2’s Kitchen Served Warm by the SPECULOOS Team“.
Il nome ufficiale del pianeta è K2-315b essendo il 315mo sistema planetario scoperto nei dati pubblici del database K2.
Simulazione interattiva disponibile sul sito della NASA
Si stima che K2-315b abbia un raggio 0,95 Rt e massa simile (ma mancano dati certi qui). Il suo "anno" estremamente veloce indica una orbita molto vicino alla stella, possibile essendo una nana rossa (dimensioni 0,2 quelle solari). Pur essendo una stella fredda, la vicinanza ne rende impossibile la vita (170 °C la temperatura stimata alla superficie del pianeta, al netto di un eventuale effetto serra in stile Venere, visto che per ora si ignora se abbia una atmosfera). 
La scoperta non è casuale nel senso che i telescopi SPECULOOS sono stati pensati per cercare pianeti terrestri intorno a nane fredde nelle nostre "vicinanze". Il vantaggio dello studiare queste stelle è che essendo piccole e deboli offrono agli astronomi una maggiore possibilità di individuare nella Goldilock Zone un esopianeta di massa piccola (quindi non i classici gioviani caldi o super Terre). La abbondanza relativa di queste stelle, derivante dalla loro lunga vita, le rende ideali per una ricerca che necessita di una ampia casistica per sperare di trovare qualcosa di "terrestre".
Il metodo di analisi usato è anche in questo caso quello del Transit.

Per gli articoli tematici su esopianeti apparsi su questo blog

Fonti
- An ultrahot Neptune in the Neptune desert.
James S. Jenkins et al., (2020) Nature Astronomy

- π Earth: a 3.14-day Earth-sized Planet from K2’s Kitchen Served Warm by the SPECULOOS Team
Prajwal Niraula et al, (2020) The Astronomical Journal


Anche i virus vanno (non invitati) ai congressi dei virologi

Migliaia di infezioni da coronavirus negli USA sono state ricondotte ad un unico individuo infetto che aveva partecipato ad un meeting organizzato da una importante biotech per capire come affrontare l'allora nascente epidemia covid19. 
Credit: CDC/ Alissa Eckert, Dan Higgins
La notizia viene da un interessante studio da poco pubblicato sul portale medrxiv (in attesa che si completi il processo di peer review) in cui i ricercatori hanno seguito le tracce genetiche del virus (usando un marcotore genetico come tracciante)  dal momento in cui alcuni dei partecipanti mostrarono i sintomi, giorni dopo la fine dei lavori.
Nota. Con marcatore genetico mi riferisco qui ad una (delle tante) mutazioni che spontaneamente compaiono nel genoma virale per il semplice fatto che si riproduce. Come tutti i virus a RNA anche il SARS-CoV-2 ha una intrinseca propensione a mutare causata dalla RNA polimerasi, priva di attività di controllo errori (proof-reading) come invece le DNA polimerasi. Se la mutazione ha un effetto vantaggioso/svantaggioso per il virus questa verrà selezionata positivamente/negativamente per cui potrebbe diventare la versione "standard" o scomparire del tutto dalla popolazione. Nel caso di mutazioni neutre (effetto nullo o irrilevante) questa potrebbe lo stesso diffondersi/scomparire in una data popolazione pur in assenza di selezione grazie ad effetti come la deriva genetica, comune quando l'evento infettivo primario è numericamente basso. Se ad esempio una mutazione senza effetto comparisse nella progenie virale di un singolo individuo infetto che, lui solo, funge da veicolo per ulteriori infezioni in un limitato gruppo di individui (una famiglia, una scuola, un congresso, ...) ecco allora che questa particolare variante virale, pur funzionalmente identica alla standard ma numericamente irrilevante diventerà quella predominante in quel campione. Da quel momento si potrà seguire (anche a ritroso) il percorso dell'infezione perfino mesi dopo l'evento e (con molto lavoro computazionale e di analisi di laboratorio) si potrà tracciare le vie infettive seguite. Sebbene si prenda in esame una variante virale, le informazioni così ottenute, specie se la variante è neutra, permetteranno di comprendere il percorso del virus in generale.
Ironia della sorte questo contagio (che ribadisco a chiare lettere, NON indica una variante funzionale del virus) è avvenuto durante un meeting a Boston in febbraio promosso dalla azienda Biogen, quando il numero di casi accertati in USA era di poche decine mentre le notizie che arrivavano dall'Europa prospettavamo un reale rischio pandemico (che sarebbe stato dichiarato circa un mese dopo) e dalla Cina si aveva la chiara percezione di una epidemia di grosse proporzioni ma "nascosta".
Scopo della azienda era creare una task-force per indirizzare in modo ottimale quali aree di ricerca (diagnostica, terapeutica, etc) attivare e come fare convergere da altre aree aziendali le risorse umane, finanziarie e logistiche per farlo al meglio. Per tale ragione erano convenuti al meeting più di 100 responsabili di area.
Ricordiamoci che parliamo di inizio febbraio quando di distanziamento sociale non si parlava e il lockdown sembrava un caso limitato a Wuhan, l'epicentro della epidemia. Altra cosa da sottolineare è che si è trattato di un meeting come tanti altri in cui si presentano i dati e si discute, quindi nessun virus fuggito dalle tasche di qualche incauto ricercatore folle in puro stile Umbrella Corporation a Raccoon City (meglio premettere perché la madre dei cospirazionisti, specie quando si parla di eventi avvenuti in USA - ma stranamente mai in Cina - è sempre incinta).
Terminato il meeting si cominciò ad osservare nelle settimane successive un anomalo tasso di malati (rispetto alla media nazionale) tra chi aveva partecipato, cosa prontamente segnalata dalla azienda alle autorità sanitarie statali e che lei stessa studio per cercare di tracciarne l'origine.
I primi risultati, ottenuti dal Dipartimento della sanità pubblica del Massachusetts, quantificarono in 97 i contagi direttamente collegati all'evento verosimilmente dovuti ad un unico individuo infetto, asintomatico o con sintomi (allora del tutto "normali") attribuibili a malattie di stagione.
Lo studio ora pubblicato suggerisce che il numero "finale" nei mesi successivi di infettati riconducibili a quel particolare "caso 1" potrebbe arrivare a 20 mila nella zona nota come Greater Boston  (quattro contee). Un numero non irrilevante se si considera che ad agosto il numero di casi noti in Massachusetts era di 111 mila.
Per essere precisi il numero "20 mila" non compare nell'articolo qui citato (si parla di migliaia) ma è una stima ufficiosa ritenuta credibile fatta da addetti del settore. Non è così difficile credere come un singolo evento possa causare 20 mila, soprattutto quando si parla di malattie altamente infettive per via aerea.
Non si parla qui dell'evento ZERO che ha portato il virus negli USA, dove verosimilmente già circolava da metà' dicembre (come in Europa) grazie al massiccio flusso di persone dalla Cina, ma di come sia facile veicolare una malattia anche tra addetti ai lavori quando le informazioni sul rischio infettivo non sono disponibili.
In questo caso è stato grazie all'atteggiamento scientifico di analisi delle cause e di piena condivisione dei dati che la collaborazione Biogen ed enti statali ha permesso di ottenere uno dei più completi studi sui sottotipi di genoma virale emersi durante la pandemia.
Nel dettaglio i ricercatori hanno analizzato il genoma virale ottenuto da 772 pazienti (persone che avevano visitato un ospedale tra gennaio e maggio e senza alcuna connessione con il meeting), tra cui 28 dei 97 casi iniziali collegati alla conferenza. Da questa analisi si è identificata una singola mutazione (C2416T) che oltre ad essere presente nel virus di coloro che avevano partecipato alla conferenza compariva in 289 pazienti - più di un terzo di tutte le persone che hanno esaminato. Quei 289 genomi rappresentano il 3% di tutti i genomi SARS-CoV-2 sequenziati all'epoca in tutti gli Stati Uniti.
Non c'è niente di particolarmente speciale nella variante C2416T che la rende più potente di altre varietà. Ciò che ha fatto la differenza è che si trattava di una mutazione neutra comparsa proprio all'inizio dell'epidemia in una situazione di facile diffusione.
Un'ampia percentuale di questi casi proveniva da senzatetto che, nel gelido inverno del New England, trovavano ricovero notturno  nei centri di accoglienza e dai dipendenti che lì lavoravano. Non si sa come il virus sia passato dalla conferenza a coloro che vivono per le strade di Boston ma è facile comprendere come questi ultimi siano in senso assoluto i più sensibili e a rischio quando compaiono nuovi patogeni.

Durante l'analisi i ricercatori hanno identificato altre 79 varianti uniche di SARS-CoV-2 importate da altri stati degli USA o dall'Europa occidentale. Come prevedibile la firma genetica della variante di Boston è stata trovata successivamente in pazienti residenti in altri stati dell'Unione.

Questo è il tipo di studio che spiega perché la genomica è ampiamente usata (dai tempi della SARS a Singapore) nella ricostruzione di una epidemia (vedi -- > SARS).

Fonte
- Phylogenetic analysis of SARS-CoV-2 in the Boston area highlights the role of recurrent importation and superspreading events
Jacob Lemieux et al, medRxiv, 25 agosto 2020 





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