Novità interessanti emergono da un articolo pubblicato su Cancer Cell dal gruppo di Timothy C. Wang, della Columbia University, sull'adenocarcinoma dell'esofago.
Dati circa l'origine della malattia, le cellule coinvolte e bersagli utili per la terapia di un tumori il cui tasso di incidenza è fra i maggiori negli USA.
Cosa si sa di questo tumore?
L''evento (o uno degli eventi) iniziatore è il riflusso gastroesofageo, un disturbo fastidioso e comune, per il quale la bile e altre componenti acide fuoriescono dallo stomaco verso l'esofago provocando, a lungo andare, irritazione ed infiammazione della mucosa esofagea. Lo stato infiammatorio ha come effetto secondario quello di stimolare la proliferazione delle cellule staminali presenti nella zona intermedia che in seguito migrano verso l'esofago.
La cronicizzazione di questo disturbo (e degli stimoli ad esso associati) da luogo al cosiddetto esofago di Barret, una condizione precancerosa presente nel 10% delle persone con riflusso gastroesofageo e nell'1% degli adulti americani. Il vero problema associato all'esofago di Barret è l'essere associato ad un aumento di 30-40 volte il rischio di sviluppare, con il tempo, l'adenocarcinoma dell'esofago, un tumore la cui prognosi è in molti casi infausta.
Uno dei problemi principali riscontrati finora nello sviluppare terapie idonee era l'assenza di un valido modello animale, necessario per validare farmaci sperimentali. Il lavoro di Wang ha posto rimedio a questo deficit grazie alla creazione di un topo transgenico (cioè un topo che esprime un gene "alieno" o deregolato) per uno dei fattori principali nell'infiammazione, l'interleukina-1. Risultato è un modello animale per l'esofagite, uno stato predisponente la malattia in esame.
Su questo modello sono stati testati diversi farmaci, fra i quali si è visto che molecole aventi azione inibitoria del pathway di Notch, erano in grado di bloccare la proliferazione incontrollata delle cellule e di abbassare considerevolmente la frequenza con cui si aveva la transizione da sindrome precancerosa a tumore vero e proprio.
La cronicizzazione di questo disturbo (e degli stimoli ad esso associati) da luogo al cosiddetto esofago di Barret, una condizione precancerosa presente nel 10% delle persone con riflusso gastroesofageo e nell'1% degli adulti americani. Il vero problema associato all'esofago di Barret è l'essere associato ad un aumento di 30-40 volte il rischio di sviluppare, con il tempo, l'adenocarcinoma dell'esofago, un tumore la cui prognosi è in molti casi infausta.
Uno dei problemi principali riscontrati finora nello sviluppare terapie idonee era l'assenza di un valido modello animale, necessario per validare farmaci sperimentali. Il lavoro di Wang ha posto rimedio a questo deficit grazie alla creazione di un topo transgenico (cioè un topo che esprime un gene "alieno" o deregolato) per uno dei fattori principali nell'infiammazione, l'interleukina-1. Risultato è un modello animale per l'esofagite, uno stato predisponente la malattia in esame.
Su questo modello sono stati testati diversi farmaci, fra i quali si è visto che molecole aventi azione inibitoria del pathway di Notch, erano in grado di bloccare la proliferazione incontrollata delle cellule e di abbassare considerevolmente la frequenza con cui si aveva la transizione da sindrome precancerosa a tumore vero e proprio.
Un dato importante e necessario perchè possano essere testate molecole adeguate, per sicurezza ed efficacia, in un trial clinico su esseri umani.
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