Esiste una relazione fra il tentativo di smettere di fumare ed un potenziale miglioramento di carenti capacità mnemoniche?
Forse, ma cosa ancora più importante tale relazione potrebbe aiutare anche i non fumatori che presentino leggeri difetti cognitivi.
Uno studio condotto da Paul Newhouse della School of Medicine della Vanderbilt University pubblicato su Neurology, e riportato anche dal Los Angeles times, sembra indicare che uno dei metodi più comunemente usati per cercare di smettere di fumare ha … un effetto collaterale positivo. Effetto osservabile su persone con leggeri deficit mentali (Mild Cognitive Impairment - MCI), di grado intermedio fra quelli tipici dell'invecchiamento e la demenza, ed anticipatori della sindrome di Alzheimer.
Uno studio condotto da Paul Newhouse della School of Medicine della Vanderbilt University pubblicato su Neurology, e riportato anche dal Los Angeles times, sembra indicare che uno dei metodi più comunemente usati per cercare di smettere di fumare ha … un effetto collaterale positivo. Effetto osservabile su persone con leggeri deficit mentali (Mild Cognitive Impairment - MCI), di grado intermedio fra quelli tipici dell'invecchiamento e la demenza, ed anticipatori della sindrome di Alzheimer.
67 persone, non fumatori, con MCI, sono state testate in modo random e a doppio cieco con uno di due trattamenti: una metà riceveva un tipico cerotto alla nicotina da indossare per 15 giorni; la restante parte riceveva invece un cerotto identico ma privo di nicotina.
Dopo sei mesi i soggetti che avevano indossato il cerotto alla nicotina avevano riguadagnato il 46% delle capacità mnemoniche tipiche delle persone di età corrispondente, come misurato mediante test di memoria a lungo termine. Al contrario i soggetti che avevano indossato il placebo erano peggiorate del 26%, seguendo quindi il normale decorso della loro patologia.
Facciamo a questo punto un passo indietro e spieghiamo su che basi un tale studio sia stato pianificato. Precisazione doverosa visto che si parte da una base scientifica consolidata.
Facciamo a questo punto un passo indietro e spieghiamo su che basi un tale studio sia stato pianificato. Precisazione doverosa visto che si parte da una base scientifica consolidata.
E' noto da anni che i neuroni colinergici (che "parlano" attraverso il neurotrasmettitore acetilcolina) sono coinvolti nei circuiti della memoria e dell'apprendimento. Questi neuroni hanno sulla loro superficie dei recettori detti nicotinici, in grado di legare l'acetilcolina e di trasmettere il segnale associato. La nicotina è un alcaloide naturale prodotto dalle piante con funzioni di difesa, che funziona come agonista (cioè compete con l'acetilcolina) sui recettori nicotinici. Ad alte concentrazioni agisce invece bloccando tali recettori, da qui la sua azione tossica sfruttata in molti insetticidi.
L'idea quindi era di verificare se i deficit neuronali associati alla MCI potessero essere ridotti attraverso la stimolazione di questi recettori sfruttando un agonista più potente della acetilcolina. Stimolazione che in vitro pare avere azione positiva favorendo la sopravvivenza dei neuroni (problema centrale nei soggetti con l'Alzheimer anche quando ancora in fase asintomatica).
Ovviamente in ambito scientifico ogni ipotesi deve essere verificata. Per farlo era necessario capire se i circuiti neuronali deficitari fossero responsivi all'aggiunta esogena di nicotina e in subordine se i danni già presenti nella forme iniziali di demenza fossero almeno in parte recuperabili.
E questo è quello che è stato ottenuto dallo studio qui riportato.
Come chiosano gli autori, questo non vuol dire che il fumo abbia una azione positiva, ed in effetti non lo ha, di prevenzione/cura dei deficit cognitivi. Tantomeno suggeriscono di usare il cerotto se non per le finalità indicate dal prodotto. Questo risultato è semplicemente un punto di partenza per studi più ampi di validazione, di dosaggio e soprattutto per verificare quanto a lungo questo effetto positivo possa essere mantenuto.
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