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Mappare l'intelligenza: un passo avanti

Porsi la domanda se sia possibile mappare precisamente la sede dell'intelligenza umana potrebbe sembrare un lavoro "poco intelligente" data la complessità del fenomeno e il concetto stesso di intelligenza come risultato di una interazione tra diverse aree. Alle stesse conclusioni (approccio inutile) giungerebbero anche i tanti convinti che tali capacità appartengano ad una sfera metafisica, quindi non analizzabile con i nostri mezzi "terreni".
La mentalità scientifica tuttavia non si contenta di descrivere il visibile o come pur splendidamente fa la filosofia, di affrontare il problema a livello teoretico.
Il metodo scientifico impone la verifica sperimentale per potere giungere alla comprensione dell'evento.
Questo approccio nel campo delle neuroscienze è tuttavia limitato dalla complessità delle domande a cui si cerca di dare una risposta. Non è un caso quindi che neuroscienziati siano dotati di "marcia" in più per la loro capacità di pensare fuori dagli schemi e di enorme cultura, tutti fattori che si riflettono in una innovativa capacità sperimentale.
Basterebbe citare i vari Oliver Sacks, Vilayanur Ramachandran, Antonio Damasio, etc per avere una idea delle conoscenze scientifiche ed umanistiche connaturate a questo tipo di scienziati. Dai loro libri traspare sempre come il punto di partenza di ogni indagine neuroscientifica ci sia un caso clinico (spesso unico) e la persona. Se non si capisce la persona è ben difficile pretendere di capire la malattia come invece è lecito fare per gran parte delle patologie in altri distretti corporei.
E' l'analisi delle similitudini tra casi apparentemente diversi che diviene possibile associare lesioni cerebrali a funzioni specifiche "di alto livello" quali il riconoscere persone (prosopagnosia), i ricordi, le emozioni, … , tutte funzioni non analizzabili usando i pur fondamentali modelli animali.
Su questa falsariga concettuale si fonda l'articolo pubblicato sulla rivista Brain dal team di Aron Barbey del Decision Neuroscience Laboratory della università dell'Illinois, che ha studiato 182 veterani della guerra del Vietnam con danni cerebrali estremamente localizzati.
Nota. La scelta dei soldati come un campione ideale per questo studio le lesioni traumatiche hanno una maggiore probabilità di essere focalizzate in aree specifiche al contrario delle affezioni patologiche. I pazienti ischemici, ad esempio. presentano, al contrario dei soldati, danni generalmente molto estesi a carico di regioni cerebrali multiple tale da rendere molto difficile individuare la zona responsabile di una data capacità intellettiva danneggiata. Al contrario i danni traumatici da pallottola o da altri eventi traumatici possono essere estremamente localizzati (i libri di Oliver Sacks sono pieni di casi esplicativi a tal proposito).
Barbey et al (Brain, in press)
Per correlare il danno con la funzione deficitaria, i veterani sono stati analizzati mediante TAC e sottoposti ad una serie di test cognitivi. I dati ottenuti dalle scansioni sono stati quindi divisi in unità di volume 3D chiamati voxel.
Dall'analisi dei pazienti con danni nello stesso voxel (o in gruppi di voxel) e dalla comparazione con i deficit/capacità cognitive associate, i ricercatori sono stati in grado di identificare le regioni cerebrali in cui le funzioni indagate (fra cui anche le capacità intellettive) risiedono.


Di seguito alcuni dei risultati ottenuti:
   •    le regioni associate alle capacità di pianificazione, self-control e di esecuzione (in giallo nella figura) si sovrappongono in modo significativo con le zone deputate alle capacità intellettive (in arancione). In rosso sono le indicate le zone in comune fra le due.
    •    l'intelligenza non risiede in una sola regione ma coinvolge più regioni, sebbene specifiche, che interagiscono fra loro in modo coordinato. Le strutture coinvolte sono localizzate principalmente nelle zone della corteccia prefrontale, temporale e parietale sinistra oltre che nelle zone della materia bianca che connnette queste regioni
    •    l'intelligenza dipende dalla capacità del cervello di integrare le informazioni da processi verbali, visivi, spaziali ed esecutivi.

Questo lavoro è un primo passo per indagare le basi dell'intelletto avvalendosi di approcci "vecchia scuola" (i pazienti con danni traumatici) rinforzati dalle conoscenze molecolari (in questo articolo troppo poco usati) e dagli strumenti tecnologici oggi disponibili.


L'intervista ad Aron Barbey è qui.

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