Forse una luce comincia ad intravvedersi nel buio tunnel della sclerosi multipla. Almeno questo è quanto emerge da un lavoro apparso sul Journal of Neuroscience, ad opera del gruppo di Paul Patterson del California Institute of Technology.
La sclerosi multipla è una patologia neurodegenerativa conseguenza di un processo di degenerazione della mielina. La mielina è una guaina che riveste le estremità neuronali (assoni) e che è necessaria per una corretta propagazione dell'impulso nervoso. La guaina mielinica viene prodotta dalle cellule di Schwann nel sistema nervoso periferico e dagli oligodendrociti nel sistema nervoso centrale. Guarda caso nella sclerosi multipla si ha una perdita sostanziale degli oligodendrociti: ecco quindi la "smoking gun".
Quasi ovvio, ma tutt'altro che banale, indirizzare gli sforzi della ricerca nel cercare di ripristinare questo deficit. Cosa, come detto, tutt'altro che banale e che necessita di ordinare molti tasselli: in primis una conoscenza molto dettagliata sulle cellule staminali neuronali e sui meccanismi di differenziamento; fatto questo (già una cosa enorme) diventa necessario capire come trasferire l'agente terapeutico, in modo specifico, sulle cellule bersaglio; da ultimo la domanda su quale sia il punto di non ritorno, da un punto di vista della risposta, della malattia. Questo spiega come mai le terapie attuali si siano rivelate nel caso migliore come "palliative": possono ritardare la progressione nelle fasi iniziali della malattia bloccandone il processo infiammatorio ed autoimmunitario, ritenuto la causa scatenante. Purtroppo tale approccio non ha molto effetto sul decorso a lungo termine della malattia.
Torniamo all'articolo. L'approccio sviluppato è consistito nello stimolare la produzione di nuovi oligodendrociti forzando il differenziamento delle cellule precursori presenti. La proteina testata per questa scopo si chiama LIF ed è nota sia per questa capacità che per l'abilità nei modelli murini di contenere l'attacco autoimmunitario contro la mielina. Questa ipotesi è stata non solo confermata in topo (vedi figura sotto © J. Neuroscience) ma si è visto essere possibile somministrare direttamente questa
proteina nelle zone del cervello di interesse evitando la più
problematica somministrazione endovenosa.
A sinistra le cellule senza mielina, a destra dopo LIF |
Ottenuta la cosiddetta Proof of Mechanism, si pensa ora di sviluppare sistemi di "consegna" della proteina ancora più specifici ed efficienti. Un sistema ideale è quello che comporta l'utilizzo di un virus, innocuo per l'uomo, per trasportare il messaggio differenziativo direttamente alle cellule bersaglio. Tale approccio ha l'enorme vantaggio di minimizzare ogni tipo di effetto collaterale dovuto sia alle alte dosi di proteina altrimenti necessarie che alla specificità ottenibile nel selezionare la cellula bersaglio.
La terapia non è dietro l'angolo ma un grosso passo avanti è stato fatto.
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vedi anche
- Sclerosi multipla: inibire il processo infiammator..
- Jack Osborne malato di SM
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