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Il Microbiota e noi: un ecosistema

Per circa un secolo i medici hanno fomentato la guerra contro i batteri
Un accanimento comprensibile.
Dopo secoli di epidemie attribuite alle cause più disparate, e spesso improbabili, l'attribuzione di parte delle responsabilità ad i batteri (insieme a virus, funghi e amebe) ha permesso finalmente di attuare strategie difensive e preventive più efficaci, in primis di tipo igienico. E' bene inoltre ricordare che le conoscenze biologiche che noi diamo oggi per scontate sono state ottenute molto tempo dopo l'introduzione di molta farmacologia di base. Se le erbe con proprietà anti-infettiva e gli estratti del salice erano in uso da molti secoli, per non parlare delle osservazione fatte da Mendel a fine '800, si è dovuto attendere i primi anni '50 del secolo scorso per scoprire l'esistenza del DNA ed un'altra decina di anni per cominciare a capire le basi molecolari sia della trasmissione ereditaria che dei meccanismi immunitari. E ancora oggi abbiamo lacune sul complesso meccanismo di azione del composto derivato dal salice, cioè l'acido acetilsalicilico (che insieme agli eccipienti è universalmente noto con il nome di Aspirina™).
Per moltissimi anni ci si è basati su trattamenti noti per funzionare ma (e non parlo solo della medicina popolare) senza capire il reale impatto o meglio i margini entro i quali gli effetti positivi dello stesso surclassavano quelli negativi. Sebbene oggi le conoscenze siano migliorate di molto non è ancora possibile prevedere con assoluta certezza, anche dopo le durissime fasi di sperimentazione pre-clinica e clinica se e quali effetti indesiderati compariranno: una volta entrati nel mercato i farmaci entreranno di fatto in una fase sperimentale "naturale" dove interagiranno con altri farmaci o sostanze di uso comune e persone con un background genetico particolare. Da queste combinazioni quasi infinite (quindi per definizione non testabile durante la sperimentazione) emergerà quasi inevitabilmente una combinazione in grado di fare emerge le cosiddette reazioni avverse inattese.
Spesso si sente dire da qualcuno che quanto scritto sopra è il motivo per cui il "naturale" è sempre da preferire al "chimico". Ebbene, tale osservazione è illogica per una serie di motivi. Innanzitutto la maggior parte dei prodotti farmaceutici classici derivano da "semplici" purificazioni di sostanze presenti in natura, eventualmente migliorate per evitare di doverne prendere grammi invece di microgrammi. Aggiungiamo poi che molte sostanze assolutamente naturali sono cancerogene e/o tossiche. Alcuni esempi:
  • le sostanze radioattive erano considerate, nei decenni a cavallo di inizio '900, degli ottimi rimedi contro una varietà di disturbi (acne, infezioni, invecchiamento della pelle, … ) e come tali pubblicizzate ampiamente. La stessa Marie Curie morì a causa delle esposizioni radioattive. Pazza? Non direi. Senza le conoscenze odierne e senza nemmeno immaginare l'esistenza e le modalità di trasmissione dell'informazione basata sul DNA nessuno avrebbe potuto collegare il "curioso" fenomeno della emissione di raggi da una pietra al fenomeno delle mutazioni genetiche (per non parlare del cancro allora attribuito a tutto fuorché a problemi nel DNA). 
  • le innumerevoli tossine prodotte da funghi (ad esempio le aflatossine prodotte dagli ascomiceti che infestano il grano) e piante.

La visione del batterio come nostro antagonista andava bene un tempo quando l'unione tra assenza di informazioni e una visione antropocentrica lo aveva relegato al ruolo di capro espiatorio. Una volta però che ci si ricorda che l'essere umano è parte di un sistema non chiuso, allora si comincia a capire l'importanza delle interazioni incrociate. Così come i ruminanti sono in grado di digerire la cellulosa solo grazie ai batteri presenti nel rumine (no batteri nel rumine? = morte per denutrizione dei ruminanti) così noi siamo in grado di assorbire molte sostanze nutritive (ad esempio alcune vitamine) dal cibo unicamente grazie ad i processi di trasformazione operati dai batteri intestinali.
L'insieme degli esseri microbici che dimorano nel, o sulla superficie del, nostro corpo (o più in una data area) sotto il nome di microbiota anche se a volte si usa il termine microbioma che invece dovrebbe indicare l'insieme dei genomi dei microbioti in un dato ambiente. Che questi microorganismi siano tutto fuorché irrilevanti viene da una semplice comparazione numerica: le cellule del nostro corpo sono circa 10 mila miliardi (10^13) mentre il microbioma che ospitiamo nelle nostre cavità (principalmente nel sistema gastroenterico) sono 100 mila miliardi (10^14).
Da pochi anni le tecnologie di sequenziamento hanno fornito gli strumenti per caratterizzare il microbioma. I risultati ottenuti sono di estremo interesse in quanto evidenziano come il tipo di microbioma sia predittivo di molte delle caratteristiche fisiche (obesità e diabete - vedi nota 1) e della resistenza alle malattie infettive.
Sappiamo bene che ad un trattamento antibiotico è spesso associata la somministrazione di fermenti lattici per ripopolare l'intestino ed evitare che il deserto biotico creatosi favorisca l'attecchimento di batteri prima minoritari (a causa della competizione per le risorse con i batteri "residenti") e potenzialmente patogeni (in quanto non controllati dalla competizione con gli altri). Il microbioma e noi identifichiamo un ecosistema locale. L'alterazione dell'ecosistema porta a squilibri su molti livelli.
Il Clostridium difficile è un batterio opportunista, resistente agli antibiotici, spesso associato alle infezioni ospedaliere in pazienti sotto trattamento antibiotico.
Non a caso quindi l'approccio medico moderno sull'ecosistema interno sfrutta le conoscenze di una nuova specializzazione, l'ecologia medica.

Torniamo al microbioma e ad uno dei progetti più interessanti al riguardo, lo Human Microbiome Project, che ha visto la caratterizzazione genica del microbioma di 242 individui sani, seguiti nel corso di due anni. Fra i tanti dati emersi e riportati in diversi articoli riporto i seguenti:
  • Durante la gravidanza la flora batterica vaginale cambia (Baylor College of Medicine, Houston).
  • A differenza del sacco amniotico in cui cresce il feto che è sterile, la placenta - l'organo che il feto condivide con la madre - ospita batteri che sembrano giocare un ruolo positivo nel minimizzare i rischi di parto precoce (K. Aagaard et al. - Science Transl. Med. - 2014).  
  • Durante il parto naturale, cioè con il passaggio attraverso la vagina, il bambino viene ricoperto dal Lactobacillus johnsonii e ne ingerisce una parte. Questo batterio si localizzerà quindi nell'intestino del bambino e sarà fondamentale per facilitare la digestione del latte.
  • Il latte materno contiene circa 600 specie di batteri (University of Idaho).
  • Uno studio della Yale University riporta che il semplice stazionamento di una persona in una stanza aggiunge 37 milioni di batteri. Ogni ora.
  • Con la crescita il microbioma nel bambino diviene molto più complesso agendo come tutor nei processi di maturazione del sistema immunitario, favorendo i fenomeni di tolleranza verso i batteri utili (direttamente o indirettamente). La perdita di tale complessità ecologica favorisce la comparsa di allergie e di asma, come ben sanno i bambini cresciuti in  ambienti/condizioni troppo "protette" (come dimostra l'effetto del trattamento prolungato con vancomicina sull'insorgenza di asma nei bambini --> qui).
  • Uno studio recente (maggio 2015) condotto alla università del Minnesota mostra l'esistenza di una correlazione tra utilizzo ripetuto di antibiotici nella fanciullezza, alterazione persistente del microbiota e aumentata incidenza di malattie (infezioni, allergie, autoimmunità) nell'età adulta (Cell Host & Microbe, 2015).
  • La bocca può contenere fino a 5000 specie di batteri.
  • Studi precedenti hanno mostrato anche che il consumo di alcool ed una dieta con molti grassi polinsaturi favorisce il Ruminococcus. Al contrario la Prevotella predilige le persone con una dieta ricca di carboidrati. Il microbioma si adatta ovviamente al nostro stile alimentare.
  • Oltre ad i batteri abbiamo una cospicua rappresentanza di virus. Molti di questi sono virus specifici per batteri (batteriofagi), parte dell'ecosistema e coinvolti nel processo di controllo della popolazione e nel trasferimento genico interspecie. Per motivi molecolari noti a qualunque studente di biologia, un batteriofago non può in nessun caso infettare una cellula eucariotica, e quindi l'uomo. Esistono tuttavia nel cosiddetto viroma anche virus umani che stazionano in soggetti per il resto sani. Tipico esempio di ecosistema in equilibrio.
  • Funghi. David Underhill, del Cedars-Sinai Medical Center, ha pubblicato su Science di qualche settimana fa il resoconto sulle specie di funghi identificate nell'intestino umano e di altri mammiferi. In topo ad esempio ne ha identificate 100 specie diverse.
Terrore? Direi proprio di no. Se abbiamo un ecosistema equilibrato viviamo bene, qualora tale equilibrio venga perturbato iniziano i problemi.
Il trattamento probiotico è un valido aiuto per il benessere individuale? Dipende. Molti dei probiotici in vendita non sono sottoposti ad i rigidi controlli richiesti invece per i farmaci. Sono considerati integratori e come tali sottoposti a controlli più di tipo alimentare che farmaceutico. Inoltre poiché il microbioma di un individuo è spesso molto diverso da quello di un altro, e tale microbioma può cambiare drasticamente dopo terapia antibiotica o per molti altri motivi, è anche difficile pensare che un integratore probiotico sia egualmente efficiente per tutti ed in ogni frangente.

La sperimentazione scientifica tuttavia procede. Fra gli studi clinici in atto, finalizzati a trovare modalità sicure per ristabilire l'equilibrio microbico in soggetti con disturbi intestinali seri (per esempio la CDAC causata dal C. difficile) vale la pena evidenziarne una:
  • Il trapianto della flora batterica presente nelle feci di un individuo sano nel tratto intestinale (superiore o inferiore) di un paziente con CDAC ha dato risultati molto positivi. Dopo 17 mesi dal trapianto i disturbi intestinali si erano risolti nel 74% dei casi; dopo 90 giorni il 91% dei pazienti era praticamente guarito (vedi Brandt, L.J. et al. Am. J. Gastroenterol. 107, 10791087 - 2012).
Sicuramente non è un trattamento bello da immaginare ma tant'è visto che ha dato risultati positivi e sicuri. Certamente il passo ulteriore è quello di creare colture batteriche in laboratorio rappresentative della flora intestinale normale da usare come "donatore". L'effetto sarebbe si spera uguale ma chiaramente la repulsione istintiva del paziente per il trattamento sarebbe di sicuro inferiore.

Del resto i vari alimenti probiotici servono proprio a ristabilire la flora intestinale, rimpinguandola e/o favorendo la crescita di alcuni organismi. Nello specifico i probiotici contengono microorganismi vivi che dovrebbero contribuire alla crescita di altri microorganismi. La maggior parte dei prodotti commerciali contengono da 2 a 8 specie di organismi, tipicamente del genere Bifidobacterium e/o Lactobacillus, batteri che hanno in comune la capacità di produrre acido lattico.
Questi prodotti tuttavia nonostante le insistenti promesse di benessere associate al loro uso ripetuto, sono utili in casi ben definiti quali: trattamento di infezioni diarroiche acute; prevenzione di disturbi legati all'uso di antibiotici; prevenzione della enterocolite necrotizzante negli infanti prematuri.
Pur non associati a effetti collaterali, l'uso (o meglio la pubblicità rispetto agli effetti benefici) dei probiotici alimentari verrà verosimilmente regolato per evitare gli abusi. Abusi certamente presenti se si considera che a livello globale il mercato dei probiotici alimentari ha raggiunto la ragguardevole cifra di 25 miliardi di dollari tendente al rialzo nei prossimi anni.
In fondo si sta cominciando a capire solo ora quale sia la composizione microbica "ottimale".



Rendo atto a Carl Zimmer per l'articolo pubblicato sul New York Times di giugno 2012 come fonte di ispirazione per l'argomento qui trattato.


*** Aggiornamento 1 ***

Dalla analisi del microbioma di 345 diabetici di tipo 2 si è osservata una alterata composizione microbica rispetto ad i soggetti di controllo. Sarà interessante scoprire se tale alterazione sia anteriore o posteriore all'insorgenza della malattia. Nel primo caso fornirebbe un utile strumento di diagnosi precoce.
(Junjie Qin et al, Nature 490, 55–60)


*** Aggiornamento 2 ***

L'articolo di Julia Goodrich (Cell, 2014) dimostra che la tipologia del microbiota con cui condividiamo l'esistenza sia influenzato dal nostro bagaglio genetico. La conclusione viene da uno studio condotto sui gemelli: il profilo genetico dei microorganismi (quindi il microbioma) ottenuti dai gemelli dizigoti presenta un profilo di maggiore omogeneità rispetto a quello ottenuto dai gemelli dizigoti. Dato che entrambe le tipologie di gemelli hanno condiviso utero e ambiente di crescita, la differenza tra i due è unicamente genetica.
Tra i "microbi" la cui presenza è più influenzata dai geni dell'ospite vi è il batterio Christensenella minuta, unico membro di una famiglia di batteri scoperta solo pochi anni fa e dotato di alcune caratteristiche tipiche dei batteri metanogeni.
Geneticamente e morfologicamente questo batterio è piuttosto banale. Non è altro che uno dei tanti batteri a forma di bastoncello, che preferisce ambienti anossici e che si basa sulla fermentazione delle sostanze nutritive che trova nell'intestino come tipico del phylum dei Firmicuti. Tuttavia, più di ogni altro microbo che ospitiamo, la sua presenza nel nostro organismo è fortemente influenzata dai nostri geni. Inoltre la Christensenella si trova al centro di una rete "di contatti e sinergie" con altri microbi tale che la sua sola presenza rende più probabile la presenza (o l'assenza) di altri tipi di batteri.
Infine un dato molto interessante: la sua presenza funziona come "ostacolo" al guadagnare peso. Non a caso si trova con maggiore frequenza nei soggetti normopeso e in quelli "fisiologicamente magri" (da non confondere con i soggetti sottoalimentati).
A conferma di questa osservazione i test condotti sui topi in cui si è dimostrato come l'aggiunta del batterio Christensenella minuta all'interno dell'intestino di animali sovrappeso favorisce (in assenza di effetti collaterali e anche con una alimentazione ricca di grassi) la perdita di peso.


Articoli successivi in questo blog sull'argomento
---> tag microbioma.
- Il microbiota e l'inulina contro il tumore, qui
- Distinguere i microbi buoni da quelli cattivi, Mens sana in corpore ...
- I vermi per curare la colite cronica?
- Microbiota e diabete

Fonti
- A complex microworld in the gut: Gut microbiota and cardiovascular disease connectivity (Nature Medicine 18, 1188–1189/2012)
- Restoration of the gut microbial habitat as a disease therapy (Nature Biotechnology 31, 35–37/2013)
Human Genetics Shape the Gut Microbiome
Julia K. Goodrich et al. (2014) Cell, 159 (4) p789–799

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