Codificare un libro sotto forma di DNA?
Dopo una veloce scorsa degli articoli pubblicati oggi sulla stampa riguardo al lavoro di George Church (Science, 17 August) e l'editoriale dell'indiscusso Boncinelli (che da un po di tempo però sui quotidiani scrive molto senza dire nulla ...), facciamo un minimo di chiarezza.
Uno sforzo necessario per liberarsi dalle solite notizie basate sui lanci di agenzia in cui il povero redattore di turno deve improvvisare un articolo di carattere generalista senza avere letto l'articolo originale. O perchè non ha il tempo materiale per farlo o perchè non ha le competenze tecniche per capirlo. L'articolo sul Corriere di oggi ne è un esempio: una traduzione quasi letterale del lancio di agenzia.
Dopo una veloce scorsa degli articoli pubblicati oggi sulla stampa riguardo al lavoro di George Church (Science, 17 August) e l'editoriale dell'indiscusso Boncinelli (che da un po di tempo però sui quotidiani scrive molto senza dire nulla ...), facciamo un minimo di chiarezza.
Uno sforzo necessario per liberarsi dalle solite notizie basate sui lanci di agenzia in cui il povero redattore di turno deve improvvisare un articolo di carattere generalista senza avere letto l'articolo originale. O perchè non ha il tempo materiale per farlo o perchè non ha le competenze tecniche per capirlo. L'articolo sul Corriere di oggi ne è un esempio: una traduzione quasi letterale del lancio di agenzia.
Partiamo dall'articolo Science riassunto sul sito della Harvard University. Il punto centrale è la dimostrazione di fattibilità del metodo (brevettato) che permette di trasferire il contenuto di un libro in una sequenza di DNA. Si tratta per dirlo in modo più generale di trasferire il
contenuto di un codice (la scrittura) in un altro codice (sequenza di
nucleotidi). Attenzione NON SI DICE che il contenuto dell'informazione è
ora codificato dal DNA ma che è stato effettuato un cambiamento nel
codice usato.
Mi spiego meglio. Il contenuto di un libro, anche con
illustrazioni, si può immagazzinare sotto forma di codice binario (il bit, la cifra binaria che può avere valori di 0 o 1). L'idea è quindi di usare la sequenza del DNA, costituito in ogni posizione da 4 (e non solo 2) valori possibili (A, C, G, T) allo scopo di aumentare il potere codificante.
Per minimizzare la possibilitò di errori è stata introdotta una certa ridondanza facendo si che A e C corrispondessero a 0, mentre G e T a 1.
In estrema sintesi i dati da copiare sono stato suddivisi su più
frammenti di DNA, accompagnati dalla chiave di lettura del codice e da
un "tag" che permettesse alla fine di riassemblare in maniera ordinata
tutti i diversi frammenti. Per tornare all'esempio digitale è come in un
hard disk dove le istruzioni di un programma sono spesso distribuite sulla
superficie del disco, ma grazie alle informazioni riassuntive il computer può in ogni momento capire sia dove, che quanti e di che dimensioni, sono i
"frammenti" che che costituiscono un file.
Anticpo delle immagine dal video postato sotto per rendere ancora meglio l'idea.
® Wyss Institute / Harvard University |
La parte blu in alto indica la porzione di una frase che si vuole codificare. Ciascuna lettera viene codificata in modo univoco e ...
® Wyss Institute / Harvard University |
... ricodificata in una particolare sequenza di DNA.
Si tratta quindi di trasferire in modo del tutto artificiale un codice in un altro codice. Teoricamente questo permetterebbe di accumulare informazioni in poco spazio (microscopico), peso (1 grammo codificato conterrebbe 455 miliardi di gigabyte) e con ottima stabilità a temperature basse.
Tuttavia il DNA muta "naturalmente" ogni volta che viene copiato e per questo motivo non si è usato come carrier un organismo vivente: nel giro di poche generazioni, non essendoci pressione selettiva per mantenersi fedele durante la copiatura di quel DNA esogeno, il contenuto sarebbe notevolmente cambiato.
Ovviamente questo non vuole dire che una sequenza di DNA creata
artificialmente per riassumere una informazione testuale/immagine
conterrà "funzionalmente" tale informazione. In natura una tale sequenza non avrebbe alcun
"senso" visto che il DNA per "funzionare" come codice genetico deve
principalmente (ma non solo) codificare per proteine, rispettando una
serie di punteggiature (start e stop codon), tempi e "livelli
quantitativi" di lettura (regolatati da promotori, enhancer, strutture
cromatiche di ordine superiore, ... ).
Il lavoro su Science presenta molti spunti di interesse, soprattutto in relazione ad i futuri biocomputer. NON si tratta di novelli HAL-9000, ipotetici computer viventi in un futuro da paura ma di computer che sfruttano i vantaggi codificanti delle molecole biologiche per aumentare le capacità di calcolo. Visto che il DNA in ciascuna posizione permette 4 valori (A, C, G, T) e le proteine addirittura 22 (il numero degli aminoacidi naturali) le potenzialità associate rispetto al misero codice binario sono facilmente comprensibili.
Di seguito un estratto del video rilasciato dal Wyss Institute / Harvard University
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