Le vitamine ricoprono un ruolo molto importante nella chimica degli organismi viventi grazie al molteplice ruolo svolto, fra cui la funzione antiossidante è forse quella più nota al grande pubblico. A causa di questo ruolo negli anni passati si è sicuramente abusato di queste sostanze nella convinzione, falsa, di una loro innocuità (vedi i problemi connessi alla ipervitaminosi). L'ampio utilizzo negli integratori alimentari ne è un esempio in negativo in quanto tali sostanze mostrano la loro efficacia in situazioni di carenza organica (cronica o collegata a stress fisico). Una situazione non particolarmente comune negli ipernutriti (anche se spesso in modo non bilanciato) abitanti del mondo occidentale.
Con questo non si afferma che le vitamine non svolgano un compito utile ma si evidenzia che in linea generale la quantità incorporata con una dieta equilibrata è sufficiente per il benessere metabolico.
Date queste premesse, è chiaro che il compito della scienza farmacologica è quello di identificare gli squlibri organici locali e di sviluppare approcci che integrino queste carenze. In questo senso le vitamine antiossidanti sono state al centro di molto interesse per l'effetto neuroprotettivo prodotto (vedi per completezza l'articolo sugli ossidanti cellulari). Le cellule del sistema nervoso centrale sono particolarmente sensibili allo stress ossidativo e ci sono molteplici evidenze che la sofferenza neurale in persone affette da Parkinson o Alzheimer sia in parte dovuta a tale stress.
Nella scienza l'indizio è solo un punto di partenza. Un qualunque protocollo terapeutico necessita di prove quantitative ottenibili solo con studi clinici svolti su un numero statisticamente significativo di persone e per un tempo sufficientemente lungo che permetta di identificare sia i benefici che, eventualmente, gli effetti collaterali.
Nei prossimi giorni riassumerò le evidenze sperimentali, generalmente positive anche se a volte discordanti, ottenute mediante trattamento controllato con la vitamina D3 o la vitamina E, su pazienti nelle fasi iniziali della malattia neurodegenerativa. I dati sono più che promettenti ma alcuni interrogativi di tipo meccanicistico dovranno essere risolti, prima di considerare le vitamine come lo strumento di elezione per rallentare il decorso della malattia.
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