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la genetica dello Yak

Lo Yak (Bovis grunniensis) è nell'immaginario collettivo l'icona della fauna di alta quota in generale e dell'altopiano tibetano in particolare. 
Lo Yak tuttavia non è semplicemente un simbolo ma è stato, ed è tuttora, la risorsa principale del popolo tibetano. Lo Yak  è una fonte proteica (carne e latte), un mezzo di trasporto, il produttore del combustibile usato per il riscaldamento delle case (grazie alle sue deiezioni corporee) ed infine il dispensatore di pellami.
Diagramma di Vent che mostra la condivisione genica fra bovini, cani e Uomo (credit: Qiang Qiu et al.)
 Una risorsa di tale pregio e così ben adattata all'alta quota è il prodotto evolutivo del Bovis taurus, un suo parente prossimo, che vive invece ad altitudini inferiori. Questi due animali non sono in verità così distanti evolutivamente. A differenza infatti dell'asino e del cavallo si possono incrociare fra loro dando luogo ad una progenie fertile (per definizione quindi non si può parlare di specie diverse visto che il concetto di specie implica, come minimo, la non fertilità dell'ibrido).
Cionondimeno si tratta di due "quasi-specie" che hanno intrapreso percorsi evolutivi diversi. Lo Yak ha dovuto sopportare condizioni climatiche così estreme (basso livello di ossigeno, basse temperature e minor quantità di cibo disponibile) che causerebbero nel bue comune una grave ipotensione polmonare. Lo yak ha evolutivamente adottato contromisure fisiologiche mediante l'aumento delle dimensione di cuore e polmoni, la riduzione della vasocostrizione polmonare in condizioni di ipossia, l'aumentata capacità di assorbimento del cibo, una aumentata efficienza sensoriale per scovare lo scarso cibo, ed infine un alto metabolismo.
Per cercare di capire le basi genetiche di questo adattamento che ha, attraverso migliaia di generazioni, selezionato gli individui meglio adatti a questo ambiente, un gruppo di ricercatori cinesi ne ha sequenziato il genoma confrontandolo poi con quello del "cugino" di bassa quota. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Genetics.

Sebbene le tecnologie di sequenziamento abbiano fatto progressi enormi negli ultimi cinque anni, con il risultato di abbassare non solo i tempi tecnici ma soprattutto i costi, il maggior aiuto è venuto dalla vicinanza evolutiva tra Yak e bovini, evidente nella sostanziale uguaglianza tra i due cariotipi (numero e tipologia dei cromosomi). Questo fatto ha facilitato le procedure di assemblaggio ovviando così alle minori informazioni disponibili per lo Yak.
La copertura genomica ottenuta è buona: il 98% del genoma è stato "coperto" 20 volte (un valore necessario per evitare errori ed evidenziare l'eterozigosità dei diversi loci).

In estrema sintesi, si è visto che dei 170 geni specifici per lo Yak (sui circa 16 mila totali) la gran parte codifica per proteine coinvolte nell'olfatto e nel gusto, nei meccanismi immunitari di difesa e nel metabolismo.
La notevole velocità evolutiva, misurata come mutazioni fissate comparate alla distanza temporale dall'antenato in comune conferma che sono entrati in gioco potenti meccanismi di selezione positiva.

Quale l'interesse di questo genere di studi? Fornisce molte informazioni su quali siano i meccanismi fisiologici alla base dell'adattamento a specifiche condizioni ambientali. In piccolissima scala evidenzia quello a cui devono sottoporsi le persone prima di affrontare spedizioni in alta quota.
Sarà interessante in futuro analizzare i polimorfimi del popolo tibetano per verificare, eliminando ovviamente le componenti derivanti dalla deriva genetica, quali sono le funzioni fisiologiche che l'evoluzione ha selezionato per facilitare l'adattamento ad alta quota.

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