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La vita sulla Terra potrebbe essersi formata su isole e non nei camini idrotermali oceanici

*** Aggiornamento Gennaio 2023***
Il biochimica Nick Lane e la teoria che si sia evoluto prima il metabolismo e POI siano comparse le cellule.
Per quanto strana questa teoria ha un senso e si sostanzia sulla esistenza in natura di luoghi in cui esistono gradienti elettrochimici (in grado di generare flusso di elettroni e quindi energia) proprio in corrispondenza dei camini termici (sia quelli sul fondo oceanico che nelle sorgenti termali ad acqua dolce). La presenza di rocce porose forma dei divisori temporanei che rende possibile un gradiente in grado di fornire l'energia a processi anche estremamente energivori come la sintesi peptidica. In questi ambienti avrebbe potuto evolversi per mera selezione di un processo chimico, una protocellula consistente solo in un divisore artificiale (membrana lipidica) in cui mantenere e sfruttare questo gradiente; un processo poi "fissato" con la comparsa della "memoria informativa" sotto forma di DNA o RNA.
Vi rimando in tal senso ad una intervista a Nick Lane pubblicata su Quanta Magazine e, per approfondimenti, al suo bel libro





*** Gennaio 2021***
La vita sulla Terra potrebbe essersi formata su isole e non nei camini idrotermali oceanici 
La vita sulla Terra potrebbe essersi evoluta in pozze d'acqua calda su isole che punteggiavano l'immenso oceano che allora ricopriva il pianeta.
Image credit:  Michael S. Helfenbein via news.yale.edu

Le tracce più antiche della presenza di vita sulla Terra sono datate 3,5 miliardi di anni (le stromatoliti in Australia), solo un miliardo di anni dopo la formazione del pianeta.
Vedi anche il precedente articolo "alle Ebridi il fossile più antico"
Ci sono invero altre tracce che potrebbero spostare le lancette a 3,7 miliardi o a 3,95 miliardi di anni ma si discute ancora se queste siano veramente di origine biologica.
Chiaramente non si parla di resti fossili macroscopici come li intendiamo comunemente ma del risultato dell'azione di organismi microscopici sull'ambiente circostante (per altri esempi vedi veri fossili o no?).

Una migliore datazione dei primi veri reperti di origine biologica è importante anche per meglio comprendere in quali condizioni si sia passati dalla fase prebiotica (reazioni di replicazione di acidi nucleici in micro nicchie) alla comparsa di cellule, che altro non sono che ambienti delimitanti la sede delle reazioni chimiche e del patrimonio genetico. 

Le teorie sull'origine della vita (scientifiche, quindi divinità e UFO esclusi) sono varie (qui un elenco) ma hanno tutte un punto centrale da risolvere. 
La vita - almeno per come noi la conosciamo, quindi quella terrestre - richiede la formazione e l'assemblaggio di molecole elementari di base (amminoacidi e nucleotidi) per formare molecole complesse come proteine, RNA e DNA. Questa transizione dagli elementi costitutivi alle lunghe catene molecolari è nota come polimerizzazione e richiede che si verifichino temperature e condizioni specifiche.
La teoria (finora) più accettata postula che le prime forme di vita microbiche siano comparse nei pressi dei camini idrotermali posti sulle dorsali oceaniche, dove le condizioni chimiche e di temperatura potrebbero fornire il giusto mix affinché avvengano le reazioni chimiche per una prima polimerizzazione (il tema è discusso in modo approfondito in una review del 2008 su Nature Reviews Microbiology).
Altri scienziati obiettano che questi "sfiatatoi" emettono troppo calore perché il processo di polimerizzazione sia efficace; inoltre l'ambiente oceanico non sarebbe ideale allo scopo. Come alternativa propongono aree ai bordi di stagni poco profondi, riscaldati dall'energia geotermica.
Il problema principale per quest'ultima teoria è che, affinché l'ipotesi di "una pozza d'acqua calda" sussista è necessaria la presenza di terre emerse. Un dettaglio non di poco conto visto il consensus di una Terra primordiale come un vero e proprio waterworld
Il primo continente, Kenorland, risale infatti a 2,4 miliardi di anni fa
Image credit: Ilya Bindeman via dailymail 
(per approfondimenti vi segnalo l'articolo Hadean Earth and primordial continents: The cradle of prebiotic life)


Una ipotesi rimasta nel limbo delle possibilità remote, almeno fino alla recente pubblicazione (4 gennaio 2020) sulla rivista Nature Geoscience di uno studio che giustifica la presenza di isole nell'era archeana, il periodo tra 2,5 e 4 miliardi di anni fa.


L'idea alla base dello studio nacque quando il chimico Jeffrey Bada, sostenitore dell'ipotesi dello stagno caldo, decise di contattare i geofisici Jun Korenaga e Juan Carlos Rosas per capire cosa si sapesse (o fosse ipotizzabile) della topografia della Terra nell'era archeana e in particolare quanto fosse verosimile l'esistenza di terre emerse.

A tale scopo decisero di sviluppare al computer un modello delle condizioni della Terra arcaica con cui fare simulazioni e calcolare le diverse possibilità.

Oggi noi tutti sappiamo che è sui fondali oceanici, in particolare dalle dorsali medio-oceaniche (in tutto uguali a catene montuose), che emerge il materiale originato dal mantello che darà luogo ai nuovi fondali spostando a lato i vecchi fino a farli collidere tra loro; da questo scontro emergeranno nuove terre emerse, montagne e, nei punti di subduzione, i vulcani  (vedi la cosiddetta cintura del fuoco che delimita l'oceano Pacifico). 
Man mano che questa nuova crosta terrestre cola ai lati delle fenditure e si allontana dalla dorsale, si raffredda e si contrae, diventando più densa e diminuendo in altezza. La Terra ha però una ulteriore fonte di calore interno, il riscaldamento radiogeno generato dal decadimento degli elementi radioattivi nel mantello profondo. Questo calore aggiuntivo genera una pressione verso l'esterno che, anche in assenza di fenomeni vulcanici, contribuisce alla comparsa e al mantenimento dei rilievi nella parte esterna della crosta.

Durante l'era archeana la Terra era notevolmente più giovane e di conseguenza il calore radiogeno era più forte. Ciò significa che anche quando la crosta oceanica si raffreddava e si contraeva, la spinta verso l'alto dal mantello sottostante era tale che avrebbe potuto portare all'emersione di montagne sottomarine. Queste ultime, a differenza della dorsale, tendono ad essere circolari perché la spinta dal basso tende a focalizzarsi in aree in cui la crosta terrestre è meno spessa: immaginiamo le "dita del mantello che riescono a spingere punti sulla superficie" così da formare isole quasi perfettamente circolari.
Risultato finale la comparsa di isole in un pianeta ancora privo di continenti.

Lo studio di per sé non fornisce risconti alla ipotesi "vita sulla Terra in pozze calde" ma è un importante tassello di fattibilità prima mancante.
Sarà interessante ora attendere lo sviluppo dello studio portato avanti dai geochimici per quantificare l'effetto che tali isole avrebbero avuto nella formazione di un "brodo primordiale" adatto alle reazioni chimiche di un mondo pre-cellula.



Una interessante panoramica della evoluzione della Terra è fornita nel seguente video
Se non vedi il video clicca -->youtube.




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