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L'olfatto, le cellule staminali e ... gli esperimenti nucleari nell'atmosfera: una strana ma utile relazione

Non è un mistero che l'essere umano abbia una sensibilità olfattiva nettamente inferiore non solo a quella di gran parte dei mammiferi ma anche a quella dei primati. Le cause generalmente addotte sono legate alla diminuita importanza, rispetto ad altre capacità sensoriali, dell'olfatto nella storia evolutiva umana.
Il legame fra l'olfatto e le cellule staminali neuronali è un aspetto particolare del fenomeno conosciuto come plasticità neuronale. Il cervello non è costituito, come si riteneva fino ad una decina di anni fa, da un "patrimonio" di cellule differenziate con cui noi nasciamo e la cui perdita è insostituibile. Esistono infatti delle regioni cerebrali in cui risiedono le cellule indifferenziate staminali, la cui funzione è di assicurare lo sviluppo, la plasticità neuronale e, in caso di danni, di permettere un certo grado di recupero funzionale fornendo delle cellule di riserva. Cellule che durante la migrazione da queste zone magazzino verso il luogo bersaglio si differenziano fino a trasformarsi nella cellula mancante
Tre sono le regioni cerebrali in cui risiedono le cellule staminali neuronali: il giro dentato nell'ippocampo e la zona sottoventricolare (SVZ) nel ventricolo laterale hanno un ruolo importante nella formazione della memoria e nella preservazione della funzionalità cerebrale; il bulbo olfattivo è coinvolto invece nel riconoscimento degli odori. 
La caratterizzazione fine di queste regioni nell'uomo è ancora limitata, se confrontata con le conoscenze negli altri mammiferi. Sviluppare un metodo di indagine adeguato nell'uomo è stato, ed è, un compito arduo. E qui arriviamo al titolo del topic odierno. La serie di esperimenti nucleari compiuta nell'atmosfera negli anni '50/'60, prima dei trattati che li bandirono, ha portato ad una variazione dei livelli di carbonio-14 atmosferici. E questa non è una bella cosa. Variazioni minime ma pur sempre registrabili. Tuttavia il gruppo di Jonas Frisen ha pensato di sfruttare questa anomalia per permettere di datare l'anzianità delle cellule presenti nel bulbo olfattivo di un essere umano. Questo allo scopo di capire se anche nell'uomo ci fosse una intensa attività plastica - di rinnovamento - in questa regione.
Si è sfruttato il carbonio-14 non per scopi di datazione classici (datare campioni organici vecchi di millenni), ma per misurare i livelli di 14C incorporati nel DNA delle cellule neuronali e confrontarli con i livelli attesi se l'incorporazione del radioisotopo fosse avvenuta recentemente (vedi nota a margine per un breve excursus sulla formazione del 14C).
Il lavoro, apparso a maggio su Neuron, indica chiaramente che le cellule analizzate non presentavano traccia di duplicazioni recenti del DNA. In altri termini le cellule nel bulbo olfattivo non si erano replicate negli ultimi decenni di vita dei soggetti analizzati ma si erano "fermate" al raggiungimento della maturità dei soggetti stessi.
Il livelli di carbonio 14 erano infatti compatibili con i livelli atmosferici presenti all'epoca della adolescenza degli individui testati.

Un dato questo diverso da quanto noto per gli altri primati, ma che si ben si adatta alla nostra carenza, relativamente parlando, olfattiva.

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Nota aggiuntiva
  • Un isotopo definisce un gruppo di elementi, nuclidi, che si differenziano fra loro per il numero di massa (numero di protoni e neutroni) avendo un uguale numero atomico (numero di protoni). Quindi gli isotopi identificano un uguale elemento con identiche proprietà chimiche ma, in genere, diversa stabilità. Esempi sono il carbonio-12, carbonio-13, carbonio-14, etc.
  • Il carbonio-14 è un isotopo che si origina negli strati più esterni dell'atmosfera in seguito al bombardamento neutronico (di origine cosmica) dell'azoto-14.
  • La reazione di formazione può essere descritta come [14N(n,p)14C]. Più semplicemente, un atomo di N-14  acquista un neutrone  e cede un protone
1n + 14N → 14C + 1p
Il  carbonio-14 risultante è instabile e decade di nuovo ad azoto-14 attraverso la trasformazione  isobarica (emivita circa 5700 anni)
neutrone = protone +  ß- + antineutrino
  • Il rapporto C14 e C12 è stabile (e quindi prevedibile) nella bassa atmosfera. In un organismo vivente questo rapporto viene mantenuto grazie al continuo apporto di nuovo materiale organico (quindi a base carbonio). Alla morte dell'organismo il rapporto comincerà a cambiare a causa della conversione unidirezionale del C14 in N14. Sarà quindi possibile, in un organismo fossile, ottenere una stima dell'età del reperto.
  • Il metodo della datazione con C14 è ideale per campioni di età compresa fra poche centinaia e 50.000 anni.
  • La metodica sopra descritta non è quindi una datazione standard ma rappresenta una interessante modifica, sebbene di uso limitato.

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