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Paura della matematica? Colpa dell'amigdala (ma non solo)

L'ansia che la matematica incute in molte persone, adulti o meno, sembra avere una natura fisiologica e non solo psicologica. La cosa non dovrebbe stupire più di tanto chi, come me, crede che la psicologia non sia altro che una espressione biologica di alto livello. Tuttavia indagarne i meccanismi è quanto mai impervio anche per il più convinto positivista.
Negli ultimi mesi sono apparsi due articoli interessanti sul tema.

Il primo lavoro, pubblicato da Christina Young e collaboratori su Psychological Science, ha come imputato principale l'amigdala. Ma andiamo con ordine.
Per effettuare uno studio del genere è necessario sviluppare un metodo di valutazione e quantificazione dell'ansia. Un aspetto questo fondamentale per discriminare gli individui con una "normale"  antipatia per la matematica da quei soggetti con risposte eccessive, definibili come fobie.
Secondo aspetto non meno importante è la scelta di bambini come candidati da analizzare. 
Una scelta, che nel pieno rispetto di un approccio etico e non invasivo, è giustificato dalla necessità di analizzare soggetti con esperienze (e conoscenze) pregresse omogenee e in una fase dello sviluppo comparabile.
Lo studio ha coinvolto bambini di età fra i 7 ed i 9 anni mentre erano intenti a risolvere e a controllare esercizi di matematica come sottrazioni ed addizioni. La loro attività cerebrale, monitorata mediante risonanza magnetica per immagini (MRI), ha mostrato una iperattività della amigdala, una regione coinvolta nel processamento delle emozioni negative come la paura, e in opposto una ridotta attività della corteccia prefrontale, la zona in cui risiedono le capacità legate al ragionamento matematico.
Cosa ancora più interessante, questo legame inverso fra l'attività nella amigdala e nella corteccia prefrontrale risultava particolarmente elevato nei bambini con ansia da matematica più marcata.
Queste osservazioni confermano che l'ansietà (e quindi l'avversione) indotta in alcune persone dai problemi di natura matematica, indipendentemente dal livello di difficoltà, è una tipologia specifica di ansia situazionale legata a stimoli esogeni.


Il secondo studio pubblicato da un team dell'università di Chicago mostra come in alcuni individui il timore di una prova di matematica sia paragonabile ad un dolore fisico.
Lo studio, anche in questo caso basato sulla fMRI, ha infatti scoperto che le aree del cervello che si attivano nei soggetti ansiosi prima di un test di matematica sono le stesse di quelle attivate quando si teme un dolore fisico.
Come dice Sian Beilock, professoressa di psicologia e autrice dello studio, "per i soggetti che soffrono di tale ansia, la sola idea di fare un esame di matematica induce nel cervello una reazione simile a quella associata, ad esempio, al dolore di mettere una mano su una stufa"
Attenzione! E' il timore della prova e non la prova in sè a ingenerare questa sensazione. Durante la prova infatti l'attività cerebrale è nella norma.
Diamo uno sguardo alle condizioni sperimentali usate.
A differenza del precedente studio si sono utilizzati 14 volontari adulti che dichiaravano un comprovato stato di ansia sperimentato nel loro passato scolastico ad ogni prova di matematica. I soggetti scelti NON erano "ansiosi" in generale ma solo se messi di fronte a test matematici. Precisazione questa importante in quanto elimina la possibilità che i risultati sperimentali venissero viziati da problemi di altra natura.
Insula posteriore (by Sian Beilock)
Durante le sessioni di analisi mediante fMRI si dava ai volontari prima l'informazione sul tipo di test a cui sarebbero stati sottoposti e poi il test stesso. I test forniti erano di diversa natura: matematici; logici; linguistici. Il tutto per correlare l'attività cerebrale con specifiche funzioni di elaborazione. Da queste analisi è emerso che nei soggetti ansiosi (e non nei controlli "tranquilli") e solo e soltanto prima dei test matematici (e non durante), si attivava l'area nota come insula posteriore, una parte del lobo dell'insula, una zona del cervello coinvolta nei processi emotivi. Al contrario durante il test o all'annuncio di un test linguistico ad esempio, tale zona non mostrava attività rilevante.
Un dato che mostra e spiega la tendenza di queste persone a rifuggire da ogni "incontro" con situazioni in cui la matematica sia coinvolta.


Partendo da queste scoperte i ricercatori potranno lavorare per sviluppare trattamenti terapeutici per i casi fobici più seri. Un lavoro che si avvarrà anche dei successi ottenuti nella terapia di altre fobie.



Articoli di riferimento

- The Neurodevelopmental Basis of Math Anxiety
Christina B. Young et al., Psychological Science (2012) vol. 23 no.5 492-501

- When Math Hurts: Math Anxiety Predicts Pain Network Activation in Anticipation of Doing Math
 Ian M. Lyon et al, PLoS One (2012) vol. 7 no. 10


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