Direttamente dal Cloud, alcune tra le notizie scientifiche più interessanti ignorate dai media generalisti
(qui le precedenti sul tema "Science from the Cloud")
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Alla base degli eccessi alimentari alterazioni nel circuito cerebrale della ricompensa e ...
(A brain reward gene influences food choices)
Lo studio condotto da ricercatori della McGill University e della università di Toronto torna sulla ipotesi di alterazioni nel circuito di reward (alla base di gran parte delle nostre attività e regolato dalla dopamina) come spiegazione di comportamenti alimentari eccessivi e della conseguente obesità. Un problema sempre più diffuso e dalle ricadute economico-sociali enormi. Nell'articolo si descrive la correlazione tra l'aumentato appetito (soprattutto nelle femmine) e una ipo-espressione di uno recettori della dopamina.
McGill University, news
... la fame di proteine
(Lack of protein drives overeating)
La sensazione della fame indotta dal bisogno di proteine? Considerando che le proteine sono la fonte di aminoacidi, i mattoni con cui costruiamo il nostro organismo, la cosa non stupisce più di tanto. Basta pensare alle fotografie degli italiani negli anni '50 del boom (un epoca in cui i rigori della guerra erano ben lontani) e compararli con analoghe foto degli americani per vedere che la tanto decantata dieta mediterranea originale (ricca di carboidrati) è certamente utile sul lungo periodo ma nell'immediato limita lo sviluppo dimensionale.
In questo nostra fame atavica di proteica risiederebbe l'impulso (o meglio uno degli impulsi) alla base della alimentazione eccessiva: mangia fino a quando non hai accumulato sufficienti quantità di proteine.
Questo almeno è quanto proposto da un gruppo del Charles Perkins Centre presso la università di Sydney.
University of Sidney, news
Nel Regno Unito una persona su 2 mila ha la variante genetica che predispone, in certe condizioni, al morbo della "mucca pazza"
(One in 2,000 of UK population carries variant CJD proteins)
Vi ricordate del morbo della "mucca pazza" (o più correttamente encefalopatia bovina spongiforme)? Fortunatamente i controlli hanno permesso di eliminare i focolai di animali infetti permettendoci di riassaporare la fiorentina. La variante umana della malattia bovina è la malattia di Creutzfeldt-Jakob.
Esistono quattro modalità alla base della comparsa della malattia: casi sporadici (sCJD, 85-90% dei casi, causa sconosciuta); casi familiari (5 -10%, causata da mutazioni predisponenti); casi iatrogeni (<5%, dovuti a trasmissione accidentale dell'agente eziologico tramite apparecchi chirurgici contaminati, trapianti di cornea e ormoni della crescita contaminati); una quarta forma, legata al cibo, vista solo in Europa (vCID, cibo proveniente da animali affetti da BSE).
Per motivi non noti un polimorfismo nel codone 129 del gene PrP varia il rischio connesso ad una delle forme della malattia. I soggetti omozigoti per la metionina-129 sembrano più predisposti per la forma vCJD (da cibo) rispetto agli eterozigoti (metionina-valina) o omozigoti per la valina-129.
Lo studio condotto da Sebastian Brandner dello University College di Londra, rileva che 1 persona ogni 2 mila in UK sarebbe portatrice portatore della variante proteica che causa la malattia. Il risultato preoccupante emerge da uno screening condotto su 32 mila persone di ogni età operate di appendicite tra il 2000 e il 2012 (analisi condotta sul tessuto rimasto nell'archivio tissutale). Le 16 persone con la variante alterata della proteina, sebbene sani, sono tutte omozigoti per valina-129, in netta controtendenza con i dati classici per cui i soggetti clinicamente malati ad oggi disponibili sono omozigoti per metionina-129.
Lo studio è interessante in quanto mostra la percentuale non irrilevante di portatori sani della proteina anomala. Pur non essendo la CJD una vera e propria malattia infettiva infettiva, i dati evidenziano l'importanza di implementare procedure di controllo aggiuntive per limitare la donazione di sangue/organi da parte dei portatori verso i soggetti a rischio polimorfici per metionina-129. Infatti il risultato sarebbe: proteina alterata + predisposizione genetica=rischio di malattia
British Medical Journal
La assunzione di vitamina D non aumenta il rischio di calcoli renali
(Vitamin D Does Not Contribute to Kidney Stones, Study Asserts)
La vitamina D (vedi qui per articoli precedenti sul blog) è un utile strumento nella prevenzione di molte malattie. Tuttavia deve essere usata con moderazione; diversi studi ci ricordano che abusare di integratori contenenti questa vitamina può comportare un rischio aggiuntivo. In passato si era postulato che i calcoli renali potessero essere uno degli effetti collaterali della assunzione di vitamina D, problema importante quando la vitamina D è parte di un trattamento terapeutico (ad esempio tumore del seno o del colon),
A mettere le cose in chiaro arriva uno studio pubblicato sul American Journal of Public Health. Nel lavoro sono state seguite 2012 persone per 19 mesi cercare una correlazione tra i livelli di 25-idrossivitamina D (25 (OH)D) nel siero e l'incidenza di calcoli renali. Tra queste solo 13 persone hanno avuto problemi di calcoli. I risultati mostrano che sono molto fattori di rischio molto più importanti l'età, l'essere maschi e un alto indice di massa corporea.
University of California San Diego, news
Esistono quattro modalità alla base della comparsa della malattia: casi sporadici (sCJD, 85-90% dei casi, causa sconosciuta); casi familiari (5 -10%, causata da mutazioni predisponenti); casi iatrogeni (<5%, dovuti a trasmissione accidentale dell'agente eziologico tramite apparecchi chirurgici contaminati, trapianti di cornea e ormoni della crescita contaminati); una quarta forma, legata al cibo, vista solo in Europa (vCID, cibo proveniente da animali affetti da BSE).
Per motivi non noti un polimorfismo nel codone 129 del gene PrP varia il rischio connesso ad una delle forme della malattia. I soggetti omozigoti per la metionina-129 sembrano più predisposti per la forma vCJD (da cibo) rispetto agli eterozigoti (metionina-valina) o omozigoti per la valina-129.
Lo studio condotto da Sebastian Brandner dello University College di Londra, rileva che 1 persona ogni 2 mila in UK sarebbe portatrice portatore della variante proteica che causa la malattia. Il risultato preoccupante emerge da uno screening condotto su 32 mila persone di ogni età operate di appendicite tra il 2000 e il 2012 (analisi condotta sul tessuto rimasto nell'archivio tissutale). Le 16 persone con la variante alterata della proteina, sebbene sani, sono tutte omozigoti per valina-129, in netta controtendenza con i dati classici per cui i soggetti clinicamente malati ad oggi disponibili sono omozigoti per metionina-129.
Lo studio è interessante in quanto mostra la percentuale non irrilevante di portatori sani della proteina anomala. Pur non essendo la CJD una vera e propria malattia infettiva infettiva, i dati evidenziano l'importanza di implementare procedure di controllo aggiuntive per limitare la donazione di sangue/organi da parte dei portatori verso i soggetti a rischio polimorfici per metionina-129. Infatti il risultato sarebbe: proteina alterata + predisposizione genetica=rischio di malattia
British Medical Journal
La assunzione di vitamina D non aumenta il rischio di calcoli renali
(Vitamin D Does Not Contribute to Kidney Stones, Study Asserts)
La vitamina D (vedi qui per articoli precedenti sul blog) è un utile strumento nella prevenzione di molte malattie. Tuttavia deve essere usata con moderazione; diversi studi ci ricordano che abusare di integratori contenenti questa vitamina può comportare un rischio aggiuntivo. In passato si era postulato che i calcoli renali potessero essere uno degli effetti collaterali della assunzione di vitamina D, problema importante quando la vitamina D è parte di un trattamento terapeutico (ad esempio tumore del seno o del colon),
A mettere le cose in chiaro arriva uno studio pubblicato sul American Journal of Public Health. Nel lavoro sono state seguite 2012 persone per 19 mesi cercare una correlazione tra i livelli di 25-idrossivitamina D (25 (OH)D) nel siero e l'incidenza di calcoli renali. Tra queste solo 13 persone hanno avuto problemi di calcoli. I risultati mostrano che sono molto fattori di rischio molto più importanti l'età, l'essere maschi e un alto indice di massa corporea.
University of California San Diego, news
I danni neurologici nei giocatori professionisti di football americano
(Brain scans show unusual activity in retired American football players)
Fare sport a livello professionistico (pur escludendo quelli di combattimento) vuol dire esporre il proprio corpo a sollecitazioni e traumi superiori alla norma. Se poi lo sport praticato è il football americano allora il rischio aggiunto è non solo inevitabile ma potenzialmente anche serio. Un recente studio condotto su ex-giocatori professionisti evidenzia profonde anomalie nella attività cerebrale di soggetti altrimenti asintomatici. Nel lavoro viene mostrata la correlazione tra l'entità delle alterazioni e il numero di volte che i giocatori hanno dovuto lasciare il campo a causa di colpi alla testa.
Imperial College London, news
Fate attenzione al sale? Bene. Avete però mai pensato al sale contenuto nei medicinali?
(High salt levels in common medicines put patients at risk)
Stare attenti al sale è utile ma abbiamo mai pensato ai sali presenti nei medicinali? Problema non di poco conto per quella fascia della popolazione già a rischio (per età e condizioni fisiche pregresse) che fa un uso continuativo dei farmaci.
Nell'articolo si suggerisce di indicare, come viene fatto per gli alimenti, il contenuto salino nei farmaci di uso comune.
British Medical Journal November 26, 2013
Identificati i geni coinvolti nella cicatrizzazione anomala
(Discovery of novel gene solves mystery about cause of scar formation)
Che ogni persona abbia una capacità di recupero e di guarigione specifica è facile da osservare. Un esempio è nella cicatrizzazione delle ferite; in alcuni non rimane traccia delle ferite mentre altre persone pur perfettamente guarite mostrano cicatrici evidenti. Un problema che, al di la del puro aspetto estetico, ha un impatto importante nelle ferite interne che posso evolvere in fibrosi. L'articolo qui presentato identifica il colpevole in una variante genica; un passaggio fondamentale nello sviluppo di farmaci in grado di prevenire e/o trattare in modo specifico questa condizione.
University of Manchester, news
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