Perché molte persone sono stonate e come mai alcune di loro non sanno di esserlo non è un problema banale. La neurobiologia è la scienza giusta per scoprirlo.
A chi non è capitato di ascoltare lo strazio di note gorgheggiate da un amico mentre cerca invano di riprodurre la canzone prediletta?
Una esperienza abbastanza comune e imbarazzante quando l'esecutore è convinto di non stonare ... almeno finché qualcuno non lo mette di fronte alla prova registrata facendogli riascoltare la sua esecuzione. Uno stratagemma invero non sempre risolutivo perché un manipolo non irrilevante di chi si riascolta (circa il 4% della popolazione) non riuscirà a percepire la distonia musicale.
Fortunatamente per i vicini nella maggioranza dei casi gli stonati sono ben consapevoli dei loro limiti canori e si regolano di conseguenza limitando i gorgheggi ai momenti di solitudine sotto la doccia o in macchina con i finestrini ben chiusi. Tasso alcolemico permettendo.
Una situazione che non è una condanna senza riscatto: maestri di canto o semplici tutor musicali possono insegnare a correggere l'impostazione vocale riducendo al minimo le dissonanze. A volte però anche il più paziente tra i maestri deve arrendersi di fronte a casi senza speranza, individui agli antipodi di chi possiede il cosiddetto orecchio assoluto, cioè la capacità di riprodurre perfettamente una musica dopo averla ascoltata una sola volta.
Solo il 4% della popolazione mondiale è irrimediabilmente stonata. Lo rivela Isabelle Peretz, che insieme a Robert Zatorre, nell’ottobre scorso ha dato vita al Brams (Brain, Music and Sound Research), un centro internazionale per lo studio della relazione tra cervello, musica e suoni.
L'incapacità (perdonatemi il termine che può apparire brutale) musicale, intesa come il non riuscire ad applicare toni alle scale, ha basi genetiche e non solo culturali. Nulla ha a che fare, è bene precisarlo, con il porre correttamente i toni all'interno di una frase. Per intenderci provate a "far leggere" un testo qualsiasi al miglior lettore di testi sul mercato e coglierete una distonia che rende fastidioso, innaturale, l'ascolto prolungato della lettura.
Bene, anche il peggiore e irriducibile stonato musicale NON ha problemi, salvo danni di altra natura, nel tonalizzare una frase. In un amusico la corretta accentazione e il ritmo (prosodia) sono intatti.
Bene, anche il peggiore e irriducibile stonato musicale NON ha problemi, salvo danni di altra natura, nel tonalizzare una frase. In un amusico la corretta accentazione e il ritmo (prosodia) sono intatti.
Le regioni cerebrali coinvolte in questi due processi sono infatti diverse.
Semplificando possiamo distinguere due tipi di "stonati": sordi tonali (incapaci di riprodurre
una melodia e/o di riconoscerla correttamente) e sordi ritmici (coloro
che non vanno a tempo). Caratteristiche fastidiose ma tollerabili se paragonate a quella di altre categorie di amusici che non riescono a distinguere suoni ambientali standard (pianto, abbaiare di
un cane, etc) da quelli potenzialmente pericolosi (immaginate il non riuscire ad identificare il suono di un clacson). Questi problemi NON sono legati alla corteccia uditiva ma risiedono nell'emisfero destro.
L'amusia ha una forte componente genetica, dato dimostrato dal confronto tra gemelli monozigoti ed eterozigoti. L'analisi mediante tecniche di imaging cerebrale mostra che le zone coinvolte NON sono quelle della corteccia uditiva o quelle in cui ha sede il linguaggio ma si trovano nella zona subcorticale.
Questo ovviamente non vuol dire che gli amusici abbiano difetti cognitivi. L’abilità musicale non è correlata al quoziente intellettivo, essendo presente (e in alcuni casi estremamente sviluppata) in soggetti con altre e serie deficienze cognitive. Concetto ribaltabile visto che persone in tutto brillanti e di successo possono essere amusiche.
Di più, il possedere il cosiddetto orecchio assoluto non è correlato alla capacità di solfeggio: capire e catturare la musica ascoltata (trascrivendola sullo spartito, fischiettandola o risuonandola) non ha niente a che vedere con l'essere intonati.
Percepire la dissonanza musicale è necessario ma non sufficiente per essere intonati (problemi di natura fisica potrebbe alterare la vocalizzazione). Come scrivevo sopra se la maggior parte degli "stonati" si rende conto di esserlo (e questo rende fattibile il lavoro di coaching musicale), un certo numero di persone non riesce a percepire che un dato accordo (un insieme di note o in generale la tonalità) è diverso da un altro. La dissonanza è l'ovvia conseguenza in questi casi.
Lo studio della dissonanza è molto complesso e rimando a libri e siti specializzati per avere maggiori ragguagli sul perché alcuni insiemi di note siano da noi percepiti come dissonanti.
Cito come semplice esempio lo studio del canadese Steven Brown volto a comprendere perché alcune persone non riescano a riprodurre nel modo corretto suoni peraltro correttamente percepiti. Secondo Brown molte persone non cantano bene in quanto il cervello non riesce a coordinare bene le aree uditive con le aree motorie della laringe. Il suono risultante è diverso da quello voluto; riescono a riconoscere perfettamente la tonalità ma non riescono a riprodurla.
L'orecchio assoluto è una condizione innata ma può, secondo Lutz Jäncke (Dipartimento di Neuropsicologia dell’Università di Zurigo), essere acquisito anche un certo numero di soggetti dopo un training specifico. Per studiare le peculiarità funzionali del cervello in chi possiede l'orecchio assoluto Jäncke ha seguito due strade. In un caso
ha voluto vedere quanta parte delle proprietà dell’orecchio assoluto
dipenda dal training musicale. Quello che è emerso è che l’abilità di
identificare le note dopo il training migliora fino ad eguagliare, solo
in alcuni soggetti, l'abilità innata delle persone con orecchio
assoluto. La seconda parte dello studio invece si è focalizzata
sulle differenze anatomiche; dai suoi lavori emerge che chi ha l’orecchio assoluto ha una diversa distribuzione della sostanza bianca (fondamentale per la comunicazione tra i diversi distretti cerebrali).
Il lavoro manca di alcuni dati. Sarebbe stato interessante ad esempio avere un confronto neurofunzionale tra i "nativi assoluti", coloro che riescono a diventare tali dopo il training e chi pur essendo naturalmente intonato è privo dell'orecchio assoluto.
Ovviamente le domande senza risposta, di natura neurofunzionale, sono ancora molte. A questo proposito, particolarmente interessante è lo studio in preparazione che indagherà il peso della componente genetica nella capacità di cantare. I soggetti studiati saranno, non a caso, gemelli, essendo questo il modello ideale per ponderare la componente ambientale rispetto a quella genetica e distinguere la diversa penetranza (cioè quanto sia da solo in grado di indurre un certo carattere) dei polimorfismi eventualmente coinvolti.
Quanto pesa l'apprendimento ed il contesto ambientale e quanto invece la predisposizione personale? Domande non irrilevanti nelle neuroscienze.
Il team coordinato da Sarah Wilson della università di Melbourne, è nella fase di reclutamento di 120 coppie di gemelli, monozigoti e dizigoti, di età superiore ai 15 anni. Non è richiesto che abbiano pregresse competenze canore, una istruzione musicale o esperienze pregresse amatoriali. Per essere ammessi dovranno completare una serie di test online per misurarne le "capacità" intrinseche.
Maggiori informazioni su www.twins.org.au .
Fonti
- The Cognitive Neuroscience of Music
Edited by Isabelle Peretz and Robert J. Zatorre
- Pitch discrimination without awareness in congenital amusia: Evidence from event-related potentials
Patricia Moreau et al, Brain and Cognition Volume 81, Issue 3, April 2013, Pages 337–344
- Tone Deafness: A Broken Brain?
Patricia Moreau et al, Brain and Cognition Volume 81, Issue 3, April 2013, Pages 337–344
- Tone Deafness: A Broken Brain?
Lindsay Abrams. The Atlantic, maggio 2013
- BRAMS – International Laboratory for Brain, Music and Sound Research
- BRAMS – International Laboratory for Brain, Music and Sound Research
- A group study of adults afflicted with a music‐specific disorder
Julie Ayotte Brain 125(2) 2001
- The Genetics of Congenital Amusia (Tone Deafness): A Family-Aggregation Study
Isabelle Peretz Am J Hum Gen 2007
- Congenital Amusia Persists in the Developing Brain after Daily Music Listening
Geneviève Mignault Goulet PLoS ONE 2012
- Perfect harmony: Is singing ability in twins inherited?
Università di Melbourne, Maggio 2013
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