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Errori metodologici. Il caso Arabidopsis insegna: validare prima di generalizzare

Come estrapolare dati nel modo sbagliato.
Questo protrebbe essere il titolo dell'articolo odierno. Ovvero, il solo fatto che l'unica persona senza cappello da noi incontrata  in un freddo paese remoto sia bionda non ci autorizzerebbe a pensare che anche tutti gli altri abitanti del luogo lo siano. Ovvio no? Eppure l'errore commesso da una parte della comunità scientifica è stato simile.
Il concetto che voglio sottolineare è che focalizzarsi su un modello teorico senza validarlo confrontandolo con altri modelli, può condurre a risultati imbarazzanti.

Arabidopsi thaliana (Credit: U.Leeds)
Quale l'antefatto? Basandosi sui dati ottenuti nella pianta Arabidopsis thaliana, il modello vegetale per eccellenza in genetica vegetale, si è dato per scontato che tali osservazioni fossero generalizzabili anche sulle altre piante. Una ipotesi dimostratasi vera in moltissimi altri casi ma non questa volta. Colmo dell'ironia il meccanismo qui descritto, ipotizzato come universale nelle piante, era in realtà specifico della thaliana. La thaliana era l'eccezione e non la norma.
Il fatto che questo errore sia stato scoperto ad anni di distanza dalla formulazione dell'ipotesi mette in evidenza una imbarazzante mancanza di rigore metodologico.

Ricapitoliamo la storia pubblicata la scorsa settimana da un team della università di Leeds, cercando di semplificarla al massimo essendo centrata sui meccanismi di regolazione e di controllo di qualità del RNA.
Ogni gene codificante per una proteina deve essere trascritto in un RNA messaggero (mRNA) che a sua volta deve maturare prima di lasciare il nucleo ed essere preso in consegna dall'apparato di traduzione. Questo apparato (centrato sui ribosomi) si occuperà della traduzione del codice nucleotidico nella corretta sequenza aminoacidica di una proteina.
Il processo di maturazione del mRNA è necessario dato che il gene trascritto è, negli eucarioti superiori, costituito da un susseguirsi di esoni (zone codificanti) ed introni. Il processo di maturazione (splicing) del mRNA consiste nella eliminazione delle sequenze introniche generando così la molecola "pluri-esonica" pronta per essere tradotta in una proteina.
Maturazione del mRNA nel nucleo

Importante ricordare che in molti geni il mRNA trascritto da ogni gene può differire tra un tessuto e l'altro: alcuni esoni riconosciuti come tali nel tessuto A sono ad esempio considerati introni nel tessuto B e quindi eliminati nel processo di maturazione. Questo per dire che il messaggero deve andare incontro ad un rigoroso controllo di qualità prima di venire usato come codice per la produzione della proteina.
Un primo controllo è nel fatto che solo il messaggero maturo può essere esportato dal nucleo al citoplasma (dove verrà tradotto). Quindi solo il messaggero associato a specifiche proteine appartenenti all'apparato di splicing è considerato idoneo per essere traghettato dal nucleo verso il citoplasma. Una volta arrivato nel citoplasma verrà ulteriormente scansionato per essere certi che non ci siano segnali di stop precoci (che darebbero origine ad una proteina tronca). Quest'ultimo è il processo che ci interessa.
Nota tecnica sul meccanismo con cui avviene tale scansione (può essere saltato da chi non ha conoscenze di biologia molecolare).
Il controllo di qualità, noto come nonsense-mediated mRNA decay (NMD), vede il ribosoma riconoscere prima la struttura (CAP) posta all'estemità 5' del mRNA, quindi una volta "agganciatosi come su una rotaia", inizia a scorrere lungo il messaggero fino a che incontra dei segnali che, diminuendone l'affinità, ne facilitano il distacco. Se durante questa scansione il ribosoma si imbatte in un codone di stop prematuro (PTC), vale a dire posto prima del complesso proteico che siede su ogni giunzione tra due esoni (EJC), il segnale "percepito" è: qualcosa è andato storto nella maturazione del mRNA. Il segnale di stop "vero" (quello che dice "fine del messaggio codificante") è infatti a valle dei siti di splicing. Se si trova prima allora deve essere falso e tradurre questo messaggio equivarrebbe a produrre una proteina tronca (non funzionale o peggio con funzionalità anomala). Una volta attivato l'allarme, vengono richiamate sul posto una serie di proteine che trasferiscono il messaggero in zone particolari del citoplasma (p-bodies) dove il messaggero viene degradato (vedi qui per un riassunto più approfondito).
Tra le proteine coinvolte nel segnalare l'esistenza di un mRNA anomalo, quella che ci interessa qui è chiamata SMG-1. Per due motivi: svolge un ruolo centrale nel processo ed è assente nella Arabidopsis thaliana.
Da qui l'errore concettuale che ha fatto ipotizzare
"se è assente allora vuol dire che le piante utilizzano meccanismi diversi da quelli degli altri eucarioti per effettuare questo controllo di qualità. Non è strano. Anche i funghi ne sono privi e gli invertebrati usano un meccanismo modificato".
Ipotesi accettabile se non fosse che un team di ricerca inglese ha scoperto che semmai è la Arabidopsis ad essere un caso: le altre piante non solo hanno la proteina SMG-1 ma il meccanismo è sovrapponibile a quello animale.
Come se non bastasse, la proteina è stata trovata anche in un cugino della thaliana, la Arabidopsis lyrata (linee evolutive separatesi solo 5 milioni di anni fa, per intenderci meno della distanza tra noi e gli scimpanzè).
Come a dire, c'è voluta una bella mira per scegliere la pianta sbagliata da usare come modello.

Certo non si tratta di una vera Waterloo per la A. thaliana come modello sperimentale. Sono troppi gli indubbi vantaggi ad essa associati (facilità di coltivazione, genetica e conoscenze acquisite) per mandarla in pensione. Pensiamo solo ai 3800 articoli pubblicati solo nel 2013 su di essa.
La lezione da portare a casa è, usando le parole di Brendan Davies, l'autore dell'articolo, "questa è una lezione per tutti noi sui pericoli di generalizzare dati ottenuti senza la verifica contemporanea su più modelli. L'evoluzione fa cose strane ed imprevedibili".
O semplicemente, dico io, ci si è adagiati troppo facilmente sul modello migliore a disposizione senza fare i controlli incrociati che il pensiero scientifico richiede.


Fonti
- Plant scientists have been studying wrong plant
University of Leeds, news

- SMG1 is an ancient nonsense-mediated mRNA decay effector
James P. B. Lloyd, Brendan Davies, The Plant Journal (Ottobre 2013) DOI 10.1111/tpj.12329 



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