Ancora oggi la medicina alternativa
è per molte persone un approccio alternativo (nel senso di sostitutivo e
di pari valore) alla medicina moderna. Una valutazione dettata da una
serie di ragioni molto diverse tra loro che vanno dall'ignoranza
assoluta alla ricerca di rimedi naturali per affezioni non gravi. Quindi
uno spettro che comprende sia scelte errate e potenzialmente molto
pericolose che atteggiamenti tutto sommato condivisibili, se non
addirittura consigliati, purchè limitati a malattie autolimitanti e a
decorso benigno.
Sia chiaro che qui non prendo nemmeno in considerazione pratiche cialtronesche
quali quelle propagandate dal mago o guaritore di turno (a cui sia il
metodo Stamina che la mai troppo condannata cura Di Bella appartengono
pur apparentemente ammantati di un'aura para-scientifica).
Mi riferisco invece alla vera medicina alternativa, l'erboristeria e l'agopuntura ad esempio. Entrambe discipline derivanti da studi millenari e il cui effetto è scientificamente spiegabile anche se non ancora del tutto caratterizzato in alcuni dei loro principi base.
Che scienza e erboristeria vadano a braccetto non è un mistero. Le proprietà della corteccia del salice bianco hanno permesso di isolare il principio attivo dell'aspirina (o sarebbe meglio dire uno dei principi attivi data la complessità dell'azione della aspirina), l'acido acetilsalicilico. Stesso discorso con l'arsenato come trattamento di seconda istanza per la leucemia promielocitica acuta o la digitalina per alcune patologie cardiache. Non a caso molte aziende farmaceutiche hanno implementato costosi programmi di ricerca volti ad una scansione a tappeto di tutte le "ricette" della medicina popolare per verificarne gli effetti, validarli ed infine identificarne i principi attivi.
Sarebbe tuttavia errato, guardando al mondo della medicina alternativa, non considerare approcci come l'omeopatia, la meditazione e perfino l'esercizio fisico. Approcci invero molto diversi tra loro ma che sono stati sostanziati, soprattutto gli ultimi due, da evidenze cliniche interessanti (per approfondimenti leggete su questo blog l'approfondimento a questo articolo, QUI). Del resto sul legame tra mente e corpo, e tra fitness e salute generale ci sono ben pochi dubbi, anche se ovviamente i benefici di queste due attività sono limitati (ovvio che nulla può fare la meditazione o la corsa campestre su, ad esempio, il rene policistico).
Sull'omeopatia invece sono meno possibilista, non avendo mai trovato (ne le basi teoriche mi hanno mai convinto) evidenze scientifiche serie. Possiamo tuttavia farla rientrare tra i rimedi accettabili PURCHE' le seguenti condizioni siano verificate:
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Mi riferisco invece alla vera medicina alternativa, l'erboristeria e l'agopuntura ad esempio. Entrambe discipline derivanti da studi millenari e il cui effetto è scientificamente spiegabile anche se non ancora del tutto caratterizzato in alcuni dei loro principi base.
Che scienza e erboristeria vadano a braccetto non è un mistero. Le proprietà della corteccia del salice bianco hanno permesso di isolare il principio attivo dell'aspirina (o sarebbe meglio dire uno dei principi attivi data la complessità dell'azione della aspirina), l'acido acetilsalicilico. Stesso discorso con l'arsenato come trattamento di seconda istanza per la leucemia promielocitica acuta o la digitalina per alcune patologie cardiache. Non a caso molte aziende farmaceutiche hanno implementato costosi programmi di ricerca volti ad una scansione a tappeto di tutte le "ricette" della medicina popolare per verificarne gli effetti, validarli ed infine identificarne i principi attivi.
Sarebbe tuttavia errato, guardando al mondo della medicina alternativa, non considerare approcci come l'omeopatia, la meditazione e perfino l'esercizio fisico. Approcci invero molto diversi tra loro ma che sono stati sostanziati, soprattutto gli ultimi due, da evidenze cliniche interessanti (per approfondimenti leggete su questo blog l'approfondimento a questo articolo, QUI). Del resto sul legame tra mente e corpo, e tra fitness e salute generale ci sono ben pochi dubbi, anche se ovviamente i benefici di queste due attività sono limitati (ovvio che nulla può fare la meditazione o la corsa campestre su, ad esempio, il rene policistico).
Sull'omeopatia invece sono meno possibilista, non avendo mai trovato (ne le basi teoriche mi hanno mai convinto) evidenze scientifiche serie. Possiamo tuttavia farla rientrare tra i rimedi accettabili PURCHE' le seguenti condizioni siano verificate:
- non pretenda di sostituirsi alla medicina ufficiale, soprattutto in malattie a decorso anche solo potenzialmente importante.
- nel caso di malattie autorisolventesi (ad esempio raffreddori e malanni stagionali) o come supporto per effetti secondari della malattia (le tisane sono un esempio).
- sempre dietro consiglio di professionisti del settore ed informando il medico dell'avvenuto trattamento. Non sono rari i casi in cui la contemporanea somministrazione di un farmaco standard e di una erba per se assolutamente non pericolosa diano un effetto combinato negativo.
Potranno sembrare precisazioni
ovvie ma come si suol dire "prevenire è meglio che curare". Non sono
stati rari in passato i casi che hanno visto delle madri (che si suppone
volessero solo il meglio per la propria prole) trattare i figli
diabetici con surrogati naturali al fine di evitare gli innaturali
trattamenti farmacologici (in questo caso l'insulina). Con conseguenze
ovviamente nefaste. E non si tratta di casi limite di persone poco
istuite. Lo stesso Steve Jobs rifiuto' nelle fasi iniziali della
malattia (il temibile tumore del pancreas) i trattamenti "ufficiali"
(chirurgia e chemioterapia) per rifugiarsi in trattamenti naturali (New York times).
La medicina alternativa è un utile complemento di quella tradizionale, NON un sostituto. Un concetto non sempre chiaro in chi fa uso o propaganda questi trattamenti.
Questi i punti "fallaci" più comuni nell'utente medio:
1. Visto che molti ne fanno uso, vuol dire che il rimedio funziona
Un errore concettuale, dato che la popolarità non è un indicatore assoluto di efficacia.
La storia della medicina è piena di esempi in proposito: salassi e
purganti erano universalmente considerati un rimedio molto efficace.
Fatti salvi per quelli che ne morivano a causa del ripetuto trattamento e
sulla pretesa di curare malattie molto diverse tra loro con lo stesso
rimedio.
2. Il motto "post hoc, ergo propter hoc"
Usare
come elemento fondante il concetto "ha funzionato in passato per me,
mia zia, il mio gatto, …" è molto diffuso nella cultura popolare. Se un
paziente riceve un trattamento e migliora è immediato (nel sentire
comune) associare il trattamento ad un beneficio. Ma la domanda vera e
corretta da porsi dovrebbe essere "è stato il trattamento ad indurre il miglioramento?".
Una domanda per niente peregrina quando si parla di trattamenti su
malattie autorisolventesi (come il raffreddore) in cui il trattamento
inizia nella fase sintomatica (che generalmente coincide con il culmine
della malattia); per forza di cose nei giorni successivi al trattamento
(cioè al culmine della malattia) i sintomi diminuiranno.
3. Effetto placebo
In
farmacologia questo fenomeno è molto studiato e rappresenta un serio
problema nella validazione dei dati sperimentali; soprattutto in quelle
malattie in cui la componente psicosomatica è rilevante. L'effetto placebo è l'effetto fisiologico percepito dal paziente
(come miglioramento o anche peggioramento) in seguito alla assunzione
di un prodotto privo di alcuna azione farmacologica, mentre il paziente
lo ritiene un vero farmaco. In pratico lo zuccherino di una volta, oggi
invece un trattamento in tutto e per tutto uguale a quello vero tranne
per l'assenza del principio attivo.
Attenzione
pero'! Non parliamo di malattie psichiatriche o di ipocondria. Parliamo
di malattie vere, con disturbi organici veri, ma profondamente
influenzati da fattori terzi come stress, etc. Uno degli esempi più
importanti a tal proposito è la sindrome del colon irritabile dove la
componente stressogena legata alle difficoltà a cui tale sindrome
inevitabilmente si associa, fa si che l'effetto placebo possa
raggiungere valori anche superiori all'80% (nella maggior parte dei casi
il valore medio è intorno al 25%). Vale a dire che l'80% dei pazienti trattati con il placebo dichiara di stare meglio rispetto a prima.
E' evidente che in queste situazioni l'effetto placebo è un fattore in
grado di nascondere l'efficacia di farmaci funzionanti. Una situazione
particolarmente comune quando la malattia non ha una unica causa ma è
eterogenea. E' cioè il risultato di alterazioni fisiologiche molto
diverse tra loro che si manifestano con sintomi praticamente identici.
E' bene chiarire che il trattamento con il placebo negli studi clinici (il controllo è SEMPRE necessario) è utilizzato solo in quei casi in cui la malattia non sia, anche solo potenzialmente, grave. In tutti gli altri casi il controllo consiste nel migliore tra i trattamenti/farmaci consolidati. Il punto che mi premeva qui sottolineare è l'esistenza e l'importanza dell'effetto placebo.
4. I sostenitori delle medicine alternative citano
spesso i dati che mostrano come molti dei farmaci sperimentali non
hanno (per definizione) una prova di validità ... essendo sperimentali.
Quindi, aggiungono, tanto varrebbe usare la medicina alternativa.
Peccato che si manchi di sottolineare che un farmaco sperimentale è tale in quanto ci sono delle evidenze che giustificano il protocollo sperimentale. Evidenze che non sono certamente prove conclusive (è appunto sperimentale) ma sono basate su dati documentati.
Diverso
il discorso ovviamente per quei malati terminali a cui la medicina può
offrire solo una terapia palliativa per minimizzare i dolori associati. In quei casi, e postulato che non esista nessun tipo di trattamento,
anche solo sperimentale, e che non elimini i benefici delle cure
palliative, la medicina alternativa potrebbe fornire una speranza (non
logicamente supportata però) a chi è senza speranza o anche solo una
riduzione del dolore percepito.
5. Altro punto spesso sollevato è che la medicina alternativa "non ha effetti collaterali rilevanti".
Anche in questo caso il concetto è vero ma per un motivo opposto a quello voluto dai sostenitori della medicina alternativa:
estremizzando il concetto sarebbe come confrontare un farmaco con acqua
fresca. E' ovvio che un farmaco, avendo un effetto farmacologico,
induce modificazioni e quindi, anche, effetti collaterali.
Il
punto fallace è ancora una volta nell'errata comprensione di come si
valuta "realmente" un effetto farmacologico. Il valore reale di un
qualunque farmaco non è legato al suo rischio assoluto ma al rapporto tra rischio e beneficio. Il beneficio deve essere sempre tale da giustificare il rischio aggiuntivo
(che ogni farmaco comporta). Questo è il motivo per cui gli effetti
collaterali considerati accettabili per un farmaco oncologico sono ben
diversi da quelli accettabili per un farmaco contro il dolore muscolare.
Farmaci oncologici di vecchia generazione che magari aumentavano il
rischio a vent'anni di altre malattie anche molto gravi avevano un senso
in quanto senza il trattamento il paziente non avrebbe superato l'anno,
quindi un effetto ipotetico a vent'anni è un trade-off più che
accettabile. Discorso del genere non avrebbe senso per un altro farmaco.
5. Molto spesso (sono i numeri che parlano) le sperimentazioni cliniche falliscono o peggio alcuni farmaci devono essere ritirati. Meno
dell'1% dei farmaci che entrano in fase 1 arrivano alla fine della fase
3 quando il farmaco è registrato e può entrare in commercio. Ma
questo è ben lungi dall'essere un difetto della medicina ufficiale. Vuol
dire che i farmaci sono sottoposti ad un scrutinio molto rigoroso prima
di essere considerati "adatti". Cosa dire allora quando un farmaco
registrato, quindi definito sicuro, viene ritirato dal mercato a causa
della pericolosità eccessiva?
Quando questo avviene le ragioni possono essere di due tipi diversi:
- il numero casi trattati (di solito molte migliaia) durante la sperimentazione sebbene alto è insufficiente per smascherare effetti collaterali gravi molto rari (ad esempio 1/10 mila);
- quando un farmaco entra in commercio la tipologia delle persone che ne faranno uso è per definizione molto eterogenea, per età e condizioni di salute pregresse (e quindi di farmaci in uso). Questo può scoperchiare effetti negativi che nelle condizioni controllate di uno studio clinico non era possibile valutare.
L'obiezione quindi dei fautori ad oltranza delle medicine alternative è che la scienza non può prevedere tutto e che quindi alcuni fenomeni non prevedibili esistano in realtà. Ancora una volta il punto è portare evidenze di un effetto che siano riproducibili e documentabili.
Del resto la maggior parte dei farmaci approvati fino alla metà degli
anni '80 non poteva avvalersi di studi approfonditi come quelli oggi
disponibili. Nella maggior parte dei casi la via metabolica bersaglio
del farmaco era molto poco compresa. Tuttavia anche in quei casi
l'approvazione si basò non su quanto non si conosceva ancora ma su dati
oggettivi di efficacia.
Questo è quello che conta. Portare prove ed una documentazione scientifica che sia in linea con le conoscenze del periodo.
Una
volta comprese questi concetti allora si che si avranno gli strumenti
per comprendere quando e se utilizzare i rimedi della medicina
alternativa.
Lettura consigliata
- Thirteen follies and fallacies about alternative medicine
EMBO reports, 2013 (14), pp 1025-1026
- Nonconscious activation of placebo and nocebo pain responses
KB. Jensen, PNAS (2012), 109 (39)
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per articoli simili vedi il tag "Dimensione-X" (quando la scienza si scontra con l'antiscienza)
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