Quale occasione migliore della recente ritrattazione dell'articolo su "OGM e rischio cancro" per tornare sull'argomento copertura mediatica e scienza. Una ritrattazione passata in sordina rispetto alla ampia eco che la pubblicazione dell'articolo ebbe un anno fa.
Faccio un breve riassunto per chi non avesse seguito la vicenda.
L'anno scorso il gruppo di Gilles-Eric Séralini pubblicò sulla rivista Food and Chemical Toxicology un articolo in cui si mostrava la correlazione tra cibo OGM e cancro in animali da laboratorio. Un articolo ovviamente accolto con la fanfara dai tanti detrattori tout court (ma spesso privi di lauree specifiche …) degliOGM e amplificato dai media.
Chi si occupa di scienza deve avere tuttavia un solo credo, da recitare come un mantra ogni giorno affinché si fissi nel proprio agire quotidiano di scienziato:
Non in senso assoluto. Vediamo perché.
E' vero che le riviste scientifiche, prima di accettare un articolo, chiedono a dei revisori terzi e competenti sull'argomento di controllare il livello e la coerenza interna dei dati presentati (un processo tanto più "massacrante" quanto più la rivista aumenta di livello) ma è anche vero che il revisore può SOLO verificare che i dati presentati siano internamente coerenti e di interesse per la rivista in cui si intende pubblicare. NON deve ripetere gli esperimenti, lavoro che richiederebbe interi laboratori dedicati al solo controllo.
Il revisore può chiedere invece che vengano fatti nuovi esperimenti per sostanziare alcune affermazioni poco supportate dai dati presentati o lacune sperimentali.
Una interazione quella tra revisori, autori ed editori che dura nel migliore dei casi pochi mesi ma che spesso si prolunga di molto data la mole di approfondimenti richiesta.
Una volta che il lavoro ha ricevuto parere positivo e viene pubblicato entra in gioco il vero soggetto giudicante, cioè la comunità scientifica. I dati e i protocolli usati sono a questo punto di dominio pubblico e come tali vengono usati, raffrontandoli con i propri e valutando le discrepanze e le eventuali omissioni nei protocolli (fondamentali per ripetere l'esperimento). Solo a questo punto potranno emergere eventuali incongruenze anche sostanziali. Questo distingue la scienza dalla ideologia: la riproducibilità dei dati
E' chiaro che ogni articolo è il frutto delle conoscenze accumulate fino al momento della pubblicazione. Non è quindi raro che l'accumularsi di nuovi dati nei mesi o anni successivi renda il contenuto dell'articolo obsoleto (e questo non è un problema) o addirittura fallace. Non si tratta, in genere, di falsi ma di errori teorici. Quando questo avviene l'articolo rimane disponibile negli archivi della letteratura scientifica (accessibili a chiunque) ed è una traccia di come un certo argomento si è sviluppato.
In altri casi invece il lavoro pubblicato viene contestato da uno o più gruppi di ricerca in quanto palesemente (per gli addetti ai lavori) errato o addirittura falso. Queste contestazioni possono sorgere per diversi motivi, tutti basati sulla scientificità dei dati (NON sul fatto di essere d'accordo o meno con il contenuto). Elementi critici sono ad esempio figure artefatte o incomplete, conclusioni non in linea con i dati presentati, errori/omissioni nei protocolli sperimentali e/o l'impossibilità conclamata da parte di diversi gruppi di ricerca di riprodurre i dati pur usando le stesse condizioni descritte nell'articolo.
Quando le discrepanze superano l'ovvia soglia minima di variabilità concessa, il risultato è la pubblicazione di una correzione o, in casi più seri (vuoi per la presenza di dolo, vuoi perchè gli stessi autori non sono in grado di ripetere gli esperimenti) l'articolo viene ritirato. Il che vuol dire che scompare dalla banca dati della letteratura scientifica.
Un evento lesivo della reputazione di un autore in cui nessun ricercatore vorrebbe mai trovarsi coinvolto.
Ed è proprio quest'ultimo il caso dell'articolo di Gilles-Eric Séralini. A circa un anno dalla pubblicazione, l'articolo è stato ritirato per manifesta irriproducibilità dei dati. Un fatto che rende, in teoria, nulle tutte le chiacchiere apparse sui media (ufficiali o social) circa i pericoli dimostrati degli OGM. Dico in teoria perché come ben sa chi conosce la dinamica delle notizie, un allarme anche se falso sedimenta, una notizia positiva non viene pubblicizzata nello stesso modo e/o passa inosservata.
Risultato? Una asimmetria informativa tra i dati reali e quelli noti al pubblico, diffusi principalmente e in modo asimmetrico, dalle organizzazioni anti-OGM.
Il che non è un bene in quanto impedisce un confronto serio, accessibile anche ai non addetti ai lavori, che per essere tale deve essere sempre e solo basato sui dati e non sulle proprie preferenze intellettuali o emotive.
L'anno scorso il gruppo di Gilles-Eric Séralini pubblicò sulla rivista Food and Chemical Toxicology un articolo in cui si mostrava la correlazione tra cibo OGM e cancro in animali da laboratorio. Un articolo ovviamente accolto con la fanfara dai tanti detrattori tout court (ma spesso privi di lauree specifiche …) degliOGM e amplificato dai media.
Chi si occupa di scienza deve avere tuttavia un solo credo, da recitare come un mantra ogni giorno affinché si fissi nel proprio agire quotidiano di scienziato:
ogni dato ottenuto sperimentalmente e/o ogni osservazione fatta DEVE essere presa in considerazione, ponderata per i controlli usati, confrontata con gli altri dati disponibili ed essere riproducibile (non solo nello stesso laboratorio ma soprattutto da terzi). Ogni critica è accettabile purché sia sostanziata da dati e non da impressioni.Quindi l'approccio corretto su qualunque argomento (OGM compreso) deve essere basato sui dati affinché il confronto sia costruttivo. Si obbietterà che quando il dato viene pubblicato su una rivista scientifica ne deriva il suo essere vero e quindi la risonanza mediatica giustificata.
Non in senso assoluto. Vediamo perché.
E' vero che le riviste scientifiche, prima di accettare un articolo, chiedono a dei revisori terzi e competenti sull'argomento di controllare il livello e la coerenza interna dei dati presentati (un processo tanto più "massacrante" quanto più la rivista aumenta di livello) ma è anche vero che il revisore può SOLO verificare che i dati presentati siano internamente coerenti e di interesse per la rivista in cui si intende pubblicare. NON deve ripetere gli esperimenti, lavoro che richiederebbe interi laboratori dedicati al solo controllo.
Il revisore può chiedere invece che vengano fatti nuovi esperimenti per sostanziare alcune affermazioni poco supportate dai dati presentati o lacune sperimentali.
Una interazione quella tra revisori, autori ed editori che dura nel migliore dei casi pochi mesi ma che spesso si prolunga di molto data la mole di approfondimenti richiesta.
Una volta che il lavoro ha ricevuto parere positivo e viene pubblicato entra in gioco il vero soggetto giudicante, cioè la comunità scientifica. I dati e i protocolli usati sono a questo punto di dominio pubblico e come tali vengono usati, raffrontandoli con i propri e valutando le discrepanze e le eventuali omissioni nei protocolli (fondamentali per ripetere l'esperimento). Solo a questo punto potranno emergere eventuali incongruenze anche sostanziali. Questo distingue la scienza dalla ideologia: la riproducibilità dei dati
E' chiaro che ogni articolo è il frutto delle conoscenze accumulate fino al momento della pubblicazione. Non è quindi raro che l'accumularsi di nuovi dati nei mesi o anni successivi renda il contenuto dell'articolo obsoleto (e questo non è un problema) o addirittura fallace. Non si tratta, in genere, di falsi ma di errori teorici. Quando questo avviene l'articolo rimane disponibile negli archivi della letteratura scientifica (accessibili a chiunque) ed è una traccia di come un certo argomento si è sviluppato.
In altri casi invece il lavoro pubblicato viene contestato da uno o più gruppi di ricerca in quanto palesemente (per gli addetti ai lavori) errato o addirittura falso. Queste contestazioni possono sorgere per diversi motivi, tutti basati sulla scientificità dei dati (NON sul fatto di essere d'accordo o meno con il contenuto). Elementi critici sono ad esempio figure artefatte o incomplete, conclusioni non in linea con i dati presentati, errori/omissioni nei protocolli sperimentali e/o l'impossibilità conclamata da parte di diversi gruppi di ricerca di riprodurre i dati pur usando le stesse condizioni descritte nell'articolo.
Quando le discrepanze superano l'ovvia soglia minima di variabilità concessa, il risultato è la pubblicazione di una correzione o, in casi più seri (vuoi per la presenza di dolo, vuoi perchè gli stessi autori non sono in grado di ripetere gli esperimenti) l'articolo viene ritirato. Il che vuol dire che scompare dalla banca dati della letteratura scientifica.
Un evento lesivo della reputazione di un autore in cui nessun ricercatore vorrebbe mai trovarsi coinvolto.
Ed è proprio quest'ultimo il caso dell'articolo di Gilles-Eric Séralini. A circa un anno dalla pubblicazione, l'articolo è stato ritirato per manifesta irriproducibilità dei dati. Un fatto che rende, in teoria, nulle tutte le chiacchiere apparse sui media (ufficiali o social) circa i pericoli dimostrati degli OGM. Dico in teoria perché come ben sa chi conosce la dinamica delle notizie, un allarme anche se falso sedimenta, una notizia positiva non viene pubblicizzata nello stesso modo e/o passa inosservata.
Risultato? Una asimmetria informativa tra i dati reali e quelli noti al pubblico, diffusi principalmente e in modo asimmetrico, dalle organizzazioni anti-OGM.
Il che non è un bene in quanto impedisce un confronto serio, accessibile anche ai non addetti ai lavori, che per essere tale deve essere sempre e solo basato sui dati e non sulle proprie preferenze intellettuali o emotive.
Tra le eccezioni giornalistiche (cioè quei giornalisti attenti e bravi nel fare il loro lavoro di informazione a 360 gradi) segnalo l'articolo di Danilo Taino apparso su Sette del Corriere della Sera.
Nella seconda parte riporto alcuni passi di una conferenza del brillante divulgatore (oltre che biotecnologo) Raymond John St. Leger della università del Maryland riguardo alcuni gli errori concettuali e sostanziali commessi da chi contrasta per principio l'idea degli OGM.
La sua esposizione è stata così chiara che sarà sufficiente riportarne alcuni stralci, tradotti.
(Continua qui)
Fonti
Le nuove armi della crociata anti-OGM [da Sette del 13/12/2013, testo copiato da qui].
Lo scorso agosto, un gruppo di 400 militanti ambientalisti ha distrutto un campo sperimentale di Golden Rice nelle Filippine. Questo è un riso geneticamente modificato con l'introduzione di geni beta-carotene: è stato sviluppato per scopi umanitari da un'organizzazione non-profit, International Rice Research Group, con lo scopo di fornire un cibo fortificato in aree del mondo in cui ogni anno muoiono tra i sei e i settecentomila bambini sotto i cinque anni per carenza di vitamina A; altri, per la stessa ragione, perdono la vista. La preoccupazione dei 400 era che il Golden Rice potesse fare male alla salute e intaccare la biodiversità. Che lo scopo del campo sperimentale fosse proprio quello di testare gli effetti del riso ingegnerizzato non li ha trattenuti. Distruzioni di colture di Ogm (Organismi geneticamente modificati) si ripetono spesso e ovunque. Alla fine del 2012, Bo casi di vandalismo del genere erano stati censiti tra Germania, Gran Bretagna, Francia e Svizzera. Superstizione, furore anti-scientifico, ideologia della decrescita, difesa di interessi di gruppo: c'è molto alla base di questa guerra santa che si auto-dichiara contro le multinazionali del cibo ma che spesso sembra più indirizzata a colpire i poveri dei Paesi in via di sviluppo. Ora è venuto alla luce anche un modo più sottile di condurre questa crociata contro gli Ogm.
Nel settembre 2012, la rivista Food and Chemical Toxicologv pubblicò un articolo di Gilles-Eric Séralini, dell'università di Caen (Francia), nel quale si sosteneva che topi nutriti con mais NIuo3 sviluppavano tumori a un tasso due o tre volte più alto del normale. La varietà NIao3 è un mais geneticamente modificato dell'americana Monsanto che resiste all'erbicida Roundup. Lo studio fece colpo: per un anno se n'è discusso con passione ed è stato alla base di reazioni anti-Ogm delle autorità di Russia, Kenya, Francia, California. Bene: l'esperimento non ha resistito alla verifica della comunità scientifica. Istituzioni di primo piano in Germania, Danimarca, Belgio, Canada, Brasile, Nuova Zelanda lo hanno confutato. Sei accademie francesi l'hanno definito un "non evento scientifico". Food and Chemical ha preso atto e lo scorso 28 novembre lo ha ritirato, dopo che Séralini si era rifiutato di farlo. Il professor Séralini è un fondatore di Criigen, un'organizzazione anti-0sgn: qualche volta scienziato, qualche volta agit-prop, attività spesso intercambiabili al giorno d'oggi - (®DANILO TAINO e CdS)
Nella seconda parte riporto alcuni passi di una conferenza del brillante divulgatore (oltre che biotecnologo) Raymond John St. Leger della università del Maryland riguardo alcuni gli errori concettuali e sostanziali commessi da chi contrasta per principio l'idea degli OGM.
La sua esposizione è stata così chiara che sarà sufficiente riportarne alcuni stralci, tradotti.
(Continua qui)
(Articolo precedente sul tema: OGM si e no)
Fonti
- Study linking GM maize to rat tumours is retracted (Barbara Casassus, Nature 28 November 2013)
- RETRACTED: Long term toxicity of a Roundup herbicide and a Roundup-tolerant genetically modified maize (Food and Chemical Toxicology Volume 50, Issue 11, November 2012, Pages 4221–4231)
- Spiegazione da parte dell'editore (Elsevier)
- La lettera dell'autore che chiede la ritrattazione del suo articolo
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