L'articolo citato in questo topic - Nature (2012) vol. 491, pag. 183–185 |
I ricercatori biomedici sanno da anni quanto importante sia l'ecosistema microbico (microbioma) che ospitiamo nel nostro apparato gastrointestinale e sulla cute. Un rapporto di mutua utilità che ovviamente non è limitato all'essere umano. Gli esempi sono innumerevoli, fra tutti ricordo i ruminanti che ospitano nel rumine i batteri necessari al processamento della cellulosa altrimenti indigeribile. Alterare tale equilibrio può avere conseguenze fatali. Nel ruminante un trattamento antibiotico massiccio e ad ampio spettro priverebbe l'animale dei batteri e quindi della capacità di assorbire i nutrienti dal cibo ingerito.
Pur non avendo noi primati un rumine ospitiamo anche noi una vasta popolazione microbica nelle superfici accessibili del nostro corpo. Una popolazione composta da batteri, funghi e protozoi che competono fra loro per il cibo fino a raggiungere un equilibrio "soddisfacente" per tutti. Alterazioni di questo equilibrio sono alla base di problemi di varia natura:
- mancanza dei batteri necessari al metabolismo delle vitamine;
- i batteri patogeni possono aumentare di numero per assenza di competizione locale e indurre malattie;
- una carente esposizione ai "microbi" durante la giovane età genera un sistema immunitario meno "addestrato" e quindi una maggiore propensione a malattie infettive e di tipo allergico. L'esperienza comune insegna che i bambini iperprotetti sviluppano con maggiore frequenza malattie asmatiche e sono più sensibili alle infezioni. Per dirla in termini semplici è come se la continua esposizione all'ambiente rendesse il sistema di sorveglianza più capace di rispondere in modo specifico e con un uso della forza modulata alla serietà della sfida. Gran parte degli episodi asmatici, reazioni autoimmunitari e di ipersensibilità sono la conseguenza di una reazione eccessiva (o sbagliata nella scelta del bersaglio) del sistema immunitario.
Un esempio dei batteri che ospitiamo (®Scientific American) |
Fatte queste premesse si comprende meglio l'interesse che ha suscitato in me l'articolo di Joel Weinstock, pubblicato a novembre su Nature.
Il titolo è tutto un programma "Il ritorno del verme".
Semplificando al massimo i concetti da lui espressi, senza snaturarne il significato, l'articolo riassume gli studi clinici svolti da Weinstock riguardo l'utilizzo di vermi microscopi per la cura di malattie croniche dell'apparato gastrointestinale.
Punto di partenza delle sue considerazioni è la dimostrata correlazione fra livelli igienici (cibo e acqua) e malattie croniche di origine autoimmunitaria.
Prima dell'avvento degli antibiotici le infezioni intestinali uccidevano (e uccidono in certi paesi) un bambino su cinque. Di fatto i responsabili non sono solo i batteri ma anche amebe, funghi e vermi.
Gli antibiotici e l'attenzione alle norme igieniche hanno di fatto "sterilizzato" parte dell'ambiente con cui entriamo in contatto. Alla importante riduzione di morbilità derivante da tali malattie si contrappone però l'aumento di malattie una volta sconosciute come la sindrome del colon irritabile, una malattia ad eziologia non chiarissima ma in cui la componente autoimmunitaria gioca un ruolo fondamentale.
L'autore, un famoso parassitologo, dovendo scrivere un capitolo di un libro sull'argomento, si trovò a ripensare l'importanza dei parassiti nelle malattie intestinali. Il concetto da cui partire è semplice: il miglior parassita non è quello che uccide l'ospite (uccide anche se stesso) ma quello che pur "usandolo" cronicizza la malattia. Parassita e parassitato coevolvono attraverso le migliaia di generazioni fino a raggiungere un livello di coesistenza "asintomatica". Infatti se da una parte i parassiti più virulenti hanno un maggior successo momentaneo essi causano in breve una penuria di portatori.
L'autore si chiese allora se e come la "de-vermizzazione" dell'ambiente fosse uno degli elementi chiave per spiegare l'aumento delle malattie croniche intestinali. La risposta a tale quesito è si, esiste una correlazione.
Se esiste la correlazione allora dovrebbe essere possibile contrastare queste malattie ripristinando un microambiente intestinale più naturale. In che modo? Ripopolando l'intestino degli ospiti "naturali". Ovviamente usando dei parassiti non patogeni cioè non in grado di sopravvivere a lungo nell'uomo e non producenti tossine. Anche i parassiti ovviamente hanno delle preferenze negli ospiti. Sempre rimandendo in tema di vermi e parassiti, noi e i nostri amici cani non ci scambiamo i parassiti (influenza, pulci, etc).
Weinston evidenziò che il morbo di Crohn apparve prima nelle popolazioni che vivevano in condizioni igieniche migliori e nelle zone settentrionali (meno favorevoli alla sopravvivenza delle uova all'aperto). Inoltre gli afro-americani e gli abitanti dell'est europa (entrambi a lungo vissuti in condizioni svantaggiate) hanno solo recentemente visto la comparsa di queste malattie croniche. Ancora oggi i nativi americani delle riserve presentano alti livelli di infezioni intestinali ma una frequenza di malattie autoimmuni nettamente inferiore a quella degli abitanti bianchi che vivono nelle zone circostanti.
Certo l'idea di usare dei vermi per ripristinare l'equilibrio intestinale potrebbe sembrare ai più non proprio intelligente. Ma è quello che avrebbero pensato i nostri genitori negli anni '50 al pensiero di noi ghiotti consumatori di cibi probiotici (cioè con organismi microscopi vivi e vegeti).
Le sperimentazioni in tale ambito sono in atto da tempo e di alcune di queste ne ho già parlato (qui).
Mi rendo conto che è necessario chiarire cosa si intende per vermi. In linea generale si tratta di elminti (ben diversi dai vermi della terra tipo gli anellidi) che, parassiti "di professione", hanno modalità infettive specifiche. Alcuni di questi colonizzano l'intestino dopo che le loro uova sono state ingerite insieme ad acqua/cibo contaminato. Altri (anchilostomi o inglese hookworms) invece penetrano attraverso la pelle e da li diffondono a diversi organi con esiti a volte molto seri .
(wikipedia) |
Che vermi usare allora. La scelta ricadde sul Trichuris suis (a sinistra) un parassita dei maiali e con scarsa capacità di sopravvivenza nell'uomo (gli allevatori di maiali non mostrano segni di infezioni croniche o sintomatiche). Test iniziali ne hanno confermato la sicurezza di utilizzo: i vermi (pochi mm di lunghezza) rimangono nell'intestino per un certo periodo e, cosa ancora più importante, non sono in grado di migrare nel sangue.
I test terapeutici iniziarono su pazienti volontari (affetti da morbo di Crohn non responsivo ad alcun trattamento) che ingerirono dosi di 2500 uova messe in una bevanda. Un numero di uova praticamente invisibile ad occhio nudo. Dopo 6 settimane, il tempo necessario per lo sviluppo del verme adulto, non solo non furono registrate reazioni negative ma anzi si notò un chiaro miglioramento della sintomatologia.
Eseguito il test di sicurezza e di efficacia preliminare si procedette ad aumentare il numero dei pazienti e la durata del trattamento. 24 pazienti su 29 a cui furono somministrate le uova a intervalli di due settimane per 24 settimane, dichiararono un netto miglioramento della sintomatologia. Addirittura il 72% di essi non mostrava più alcun sintomo al termine dello studio. Un effetto non riscontrato con il placebo.
Cosa ancora più importante, risultati simili sono stati ottenuti con malattie quali la gastrite ulcerosa.
Non stupisce quindi che le industrie farmaceutiche abbiano drizzato le antenne e che, fatto ancora più importante, le agenzie di controllo dei farmaci europea ed americana abbiano dato l'avvallo a procedere con le sperimentazioni. Sono in corso studi in cui sono stati reclutati diverse centinaia di pazienti, un numero necessario per ottenere risultati statisticamente solidi in vista della approvazione definitiva degli enti regolatori preposti.
Non voglio addentrarmi nei meccanismi alla base di questo effetto positivo. Riassumendo il tutto in due righe si ritiene che i vermi agiscano:
- modulando le cellule T regolatorie e le cellute T effettrici con conseguente diminuita infiammazione cronica;
- alterando la composizione della flora intestinale favorendo la crescita dei microorganismi noti come probiotici, utili per il benessere intestinale.
Insomma, grandi speranze all'orizzonte.
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