Forse è il caso di precisare che non si intende qui propagandare rimedi drastici per la cura "definitiva" ad i dolori dell'esistenza, tipo quelli usati da Cleopatra su se stessa. Una precisazione d'obbligo visto che il mamba nero (Dendroaspis polylepis) è uno dei serpenti più letali in circolazione, simpaticamente noto agli indigeni sia come "la morte che corre" (arriva fino a 20km/h) o "20 minuti" (il tempo massimo che ti resta dopo un morso).
Dopo questa introduzione da brividi entriamo nel merito del titolo. Il veleno del mamba, composto da un complesso cocktail di tossine, contiene due proteine che hanno la stessa efficacia antidolorifica della morfina e molti meno effetti collaterali. Una miniera d'oro farmaceutica quindi, almeno secondo l'articolo pubblicato su Nature da Diochot e collaboratori (link).
Le proteine, ovviamente chiamate mambalgine, sono state scoperte nell'ambito di uno studio sistematico su diversi veleni animali (50 analizzati) volto a trovare sostituti meno pericolosi degli oppiacei. I derivati dell'oppio presentano problemi noti che ne rendono l'utilizzo problematico. La tolleranza e la dipendenza sono i più evidenti. Molti pazienti infatti diventando tolleranti alla morfina richiedono dosi via via crescenti per essere efficaci e questo si associa alla dipendenza e ad effetti collaterali quali nausea e costipazione.
Il team coordinato da Eric Lingueglia ha testato le mambalgine sui topi e ha dimostrato non solo una chiara attenuazione della sensazione del dolore nelle zone trattate con calore ma anche una ridotta sensitibilità al dolore infiammatorio. Sebbene il trattamento continuato per 5 giorni con la mambalgina provochi, similmente agli oppiacei, fenomeni di tolleranza questa si presenta con modalità nettamente meno pronunciate. Cosa ancora più importante l'azione depressiva sul ritmo respiratorio, uno degli effetti collaterali più pericoli degli oppiacei, è totalmente assente.
Il team coordinato da Eric Lingueglia ha testato le mambalgine sui topi e ha dimostrato non solo una chiara attenuazione della sensazione del dolore nelle zone trattate con calore ma anche una ridotta sensitibilità al dolore infiammatorio. Sebbene il trattamento continuato per 5 giorni con la mambalgina provochi, similmente agli oppiacei, fenomeni di tolleranza questa si presenta con modalità nettamente meno pronunciate. Cosa ancora più importante l'azione depressiva sul ritmo respiratorio, uno degli effetti collaterali più pericoli degli oppiacei, è totalmente assente.
Le mambalgine non agiscono sui recettori degli oppioidi, come la morfina, ma su canali ionici (noti come ASIC) localizzati sui neuroni coinvolti nella trasmissione del dolore.
Il punto cruciale è ora dimostrare se le mambalgine sono efficaci anche su umani.
Le mambalgine sono l'ultimo esempio di molecole con potenziale terapeutico estratte da veleni. Fra queste abbiamo il Prialt (ziconotide) ottenuto dal veleno di un gasteropode marino. Altre sostanze di uso medico sono ricavate dai veleni di anemoni marini, ragni e scorpioni.
Insomma, riprendendo un vecchio adagio quel che non ti uccide ti cura.
articolo sull'argomento
Analgesics: Deadly snake venom for pain relief? (Nature Reviews Drug Discovery)
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