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Il boom in borsa dei farmaci antidiabetici che fanno anche perdere peso

Tra le hit di borsa degli ultimi mesi figurano alcune aziende farmaceutiche accomunate dal lancio di farmaci i cui principi attivi paiono ugualmente efficaci come antidiabetici e per perdere peso, due degli elementi chiave per contrastare la sempre più diffusa sindrome metabolica.
Elemento chiave dell'entusiasmo tra gli analisti l'incontrovertibile effetto positivo di questi farmaci contro l’obesità (Zepbound) e il diabete (Mounjaro) ma anche la lunghezza dell'ultimo studio clinico a supporto dei risultati, durato 176 settimane, che dimostra continuità dell’effetto e assenza di rilevanti effetti collaterali. Nello specifico rispetto al gruppo di controllo trattato in doppio cieco con un placebo, i soggetti (in sovrappeso o obesi) trattati con il farmaco hanno mostrato una riduzione media del 94% del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 (T2DM), la patologia più comune tra questa categoria di persone, e una riduzione media del 22,9% del peso corporeo.
Alla fine dello studio durato poco meno di 3 anni e mezzo è stato inserito un periodo di 17 settimane senza farmaco così da avere un quadro completo della funzione farmacologica e della durata dell'effetto nei mesi successivi. Vero che al termine del trattamento i pazienti hanno iniziato a riprendere peso mostrando una alterazione dei parametri in senso diabetico ma il fattore di rischio di sviluppare il diabete propriamente detto è risultato inferiore dell’88% rispetto a prima di iniziare il trattamento. Un trattamento che come per tante terapie della sindrome metabolica deve essere continuativo, sebbene (i dati lo confermano) possa essere interrotto senza grossi problemi.
Di nuovi farmaci contro l’obesità ce ne sono stati vari nell'ultimo decennio (molti dei quali ritirati dal mercato) ma ben pochi sono stati accompagnati da studi clinici con risultati così chiari come Zepbound e Mounjaro, prodotti da Eli Lilly, che in comune hanno come principio attivo la molecola tirzepatide, brevettata nel 2016 con finalità di controllo glicemico nei soggetti affetti da T2DM e approvata nel 2021 dalla FDA.
L’effetto dirompente lo si è avuto dopo la conferma che le osservazioni aneddotiche sulla capacità della stessa di indurre perdita di peso erano fondate.
Tali osservazioni avevano convinto molti medici a prescriverla off-label a individui obesi. Ricordo che in assenza di studi clinici dedicati un farmaco (approvato per altro scopo) NON può essere prescritto come terapia per altra patologia. La FDA ha autorizzato l’uso come farmaco per la perdita del peso solo nel 2023, nella formulazione nota come Zepbound.
Ciliegina sulla torta il nuovo studio (ora sotto revisione) dimostra l'efficacia della tirzepatide anche nei soggetti prediabetici con finalità di prevenzione.

La tirzepatide appartiene a una classe di farmaci antidiabetici che funzionano come agonisti del recettore dell'ormone peptidico Glp-1 (glucagon-like peptide 1), molecole con azione simile a quella dell'ormone peptidico Glp-1 prodotto dal corpo per regolare l’appetito
Nei soggetti sani il livello dell’ormone si abbassa durante il digiuno, il che è innesca lo stimolo della fame. Negli individui obesi il livello si mantiene basso e questo spiega la loro ricerca di cibo anche subito dopo avere mangiato. Ulteriori dettagli a fine articolo **.
Nota aggiuntiva. Uno studio recente ha dimostrato come l'atto di ingoiare induca il rilascio di serotonina (ormone associato alla sensazione di piacere) che spiega come, in individui predisposti, il mangiare invece di indurre sazietà porti ad un rinforzo del piacere di mangiare.
In aggiunga al suo ruolo di agonista, la tirzepatide funziona anche come recettore del peptide inibitorio gastrico (Gip), ormone che ha dimostrato di poter migliorare l'efficienza con cui l'organismo scompone gli zuccheri e i grassi attraverso l'aumento della produzione di insulina e del tempo di ritenzione del cibo nello stomaco. I recettori del Gip si trovano, non sorprendentemente, selle cellule beta nel pancreas.

Tutto fa pensare che i farmaci basati sulla tirzepatide diventeranno la gallina dalle uova d’oro per Eli Lilly senza che questo pesi sui conti (statali o personali) dato il costo molto contenuto del trattamento (pesato per la diminuzione dei costi sanitari in assenza di trattamento)

***

Altra azienda molto attiva nello stesso segmento terapeutico è la danese Novo Nordisk, i cui farmaci di punta sono Ozempic (per il diabete ma da usare con cautela come ben insegna quel "genio" di Lottie Moss) e Wegovy (per la perdita di peso). Diverso il principio attivo che qui è la semaglutide, anch’essa una molecola agonista del recettore Glp-1. 


Nota
** GLP-1 (glucagon-like peptide 1) è un ormone che stimola la produzione dell’insulina e inibisce la secrezione del glucagone. Viene rilasciato dall’intestino dopo il pasto quando la glicemia inizia a salire per effetto dei carboidrati assunti. Il che spiega la popolarità degli analoghi del Glp-1, per la loro impossibilità a causare ipoglicemia, rischio invece concreto con le iniezioni di insulina.
Il GLP-1 rallenta inoltre lo svuotamento gastrico il che a cascata aumenta la sensazione di sazietà e riduce l’appetito, agendo direttamente sui centri di regolazione della fame del sistema nervoso centrale. Alcune osservazioni indicano anche una potenziale azione protettiva delle cellule beta del pancreas e del cuore.
Una volta in circolo il GLP-1 viene distrutto dall’enzima DPP-4 (dipeptil-peptidasi 4) e questo spiega perché non sia mai stato utilizzato a scopo terapeutico (sarebbe necessaria una infusione continua…). Da qui la ricerca di molecole equivalenti (dette analoghi) capaci di agire da agonisti sul recettore dell’ormone e più resistenti alla degradazione, meglio ancora se associati a molecole/matrici inserite in dispositivi (es. cerotti o infusori) che rallentano l’assorbimento cutaneo così da allungare la finestra temporale di utilizzo. A seconda dell'analogo la somministrazione prevede iniezioni da 1 volta al giorno a una volta a settimana (dulaglutide)
Curiosità. La prima molecola con tali proprietà, exenatide, venne sviluppata a partire da una molecola estratta dal veleno della lucertola Gila Monster

Vivere senza mitocondri

Caratteristica condivisa tra tutti gli eucarioti la presenza dei mitocondri, conseguenza (ne ho scritto nell'articolo "Alla ricerca di LUCA" che vi consiglio di leggere prima di questo) di un processo endosimbiotico avvenuto eoni fa tra una cellula proto-eucariotica ed un batterio. 
Evento simile, ma presente solo nel regno vegetale, ha portato alla “unione” tra il proto-eucariote (probabilmente già in possesso dei mitocondri) con un cianobatterio (fotosintetico) ad originare i cloroplasti
Notizia sorprendente quindi la scoperta di eucarioti privi di mitocondri, la centralina energetica con la duplice funzione di utilizzo e neutralizzazione (essendo tossico) dell’ossigeno molecolare per ricavare energia chimica.
Monocercomonoides
(credit: Naoji Yubuki)
Il dato si riferisce ad un genere di protisti che vive nell’intestino di molti animali (dalle termiti ai ruminanti), in cui l'assenza dei mitocondri è quasi sicuramente un evento secondario (evolutivamente).
I protisti sono un (ex) raggruppamento/regno del vivente che comprende organismi molto diversi tra loro, oggi usato solo come termine ombrello per indicare quegli organismi (unicamente) unicellulari che non sono catalogabili come vegetali, animali o funghi (vedi concetto di parafilia).
Lo studio, pubblicato sulla rivista PLOS Genetics, è stato condotto sui Monocercomonoides (protisti dell'ordine Ossimonade) che vivono nelle viscere di animali, organismi quindi evolutisi in un ambiente in cui l’ossigeno è praticamente assente. Vero che precedenti studi avevano mostrato che diversi gruppi di protisti possiedono mitocondri più semplici della versione classica ma si riteneva che fosse impossibile per una specie perderli completamente.
La scoperta che Monocercomonoides exilis (phylum: Preaxostyla - classe: Metamonada) erano privi di mitocondri ha spinto i ricercatori a fare una analisi comparativa del genoma di varie specie di ossimonade allo scopo di comprendere quali siano stati gli adattamenti biochimici che hanno permesso a queste cellule di compensare la perdita dei mitocondri.
L’analisi ha permesso di datare la perdita dei mitocondri ad antenati vissuti circa 100 milioni di anni fa (in piena era dei dinosauri), tempo che coincide con il processo di speciazione delle ossimonadi oggi diffuse.

La "scelta" di fare a meno dei mitocondri, in un organismo evolutosi insieme ad essi, è stata possibile grazie alla rimodulazione della biochimica cellulare con il trasferimento (ovviamente precedente la "perdita") di alcune funzionalità chiave dal mitocondrio al citosol. Lo studio ha dimostrato che questo evento ha coinvolto il trasferimento di reazioni come la sintesi del FeS cluster**, evidente in "cugini" ossimonadi originati da un antenato comune al clade, a dimostrare un preadattamento che ha reso possibile, in alcune specie, la perdita dei mitocondri (il che dimostra anche che tale "modifica" non è stata un adattamento alla perdita dei mitocondri ma la condizione che ha reso possibile tale perdita)

Lo studio di più specie di ossimonadi ha fornito la prova che la profonda riorganizzazione della sintesi del cluster FeS è stata avviata da un trasferimento genico orizzontale della via batterica SUF e da una perdita della via mitocondriale ISC già prima dell'ultimo antenato comune di questo clade (vedi Mitochondrial iron-sulfur clusters: Structure, function, and an emerging role in vascular biology).

Come molti protisti anaerobi, M. exilis non è in grado di sintetizzare ATP mediante fosforilazione ossidativa; l'ATP viene invece sintetizzato tramite glicolisi nel citosol (Karnkowska et al. 2016). Insieme alla perdita di fosforilazione ossidativa, M. exilis non codifica per nessuno degli enzimi del ciclo dell'acido tricarbossilico
M. exilis possiede una via completa dell'arginina deiminasi che gli consente di produrre ATP mediante conversione di arginina in ornitina, NH3 e CO2 (Novák et al. 2016). Dall'analisi del genoma si evince che il protista può generare ATP metabolizzando anche altri amminoacidi, tra cui triptofano, cisteina, serina, treonina e metionina

Fonte
Characterization of the SUF FeS cluster synthesis machinery in the amitochondriate eukaryote Monocercomonoides exilis
Priscila Peña-Diaz et al, (2024) Current Biology

The Oxymonad Genome Displays Canonical Eukaryotic Complexity in the Absence of a Mitochondrion
Anna Karnkowska et al, (2019) Mol Biol Evol.

- Genomics of Preaxostyla Flagellates Illuminates the Path Towards the Loss of Mitochondria
Lukáš V. F. Novák et al, (2023) PLOS Genetics


Note

** I cluster ferro-zolfo (Fe-S) sono cofattori il cui ruolo più noto è mediare il trasferimento di elettroni all'interno della catena respiratoria mitocondriale attraverso i complessi I, II e III al citocromo c, prima del successivo trasferimento all'ossigeno molecolare.. I percorsi dei cluster Fe-S che funzionano all'interno dei complessi respiratori sono altamente conservati tra batteri e mitocondri delle cellule eucariotiche. 
Nei batteri questi cluster sono localizzati in varie sedi cellulari e sono coinvolti in numerosi processi biologici essenziali, tra cui:
Citosol.
  • via metabolica degli amminoacidi e delle purine, e la replicazione e la riparazione del DNA. Sebbene prodotti direttamente nel citosol, non fluttuano “a caso” ma sono subito incorporati in proteine/enzimi specifici, liberi o associati alla membrana, dove partecipano alle reazioni redox. 
  • Nei casi in cui siano utilizzati come mediatori nel trasporto di elettroni (ad esempio nei batteri aerobi) , i cluster Fe-S sono componenti della catena respiratoria, in modo simile a quanto avviene nei mitocondri.
Membrana
  • Nei batteri fotosintetici, come i cianobatteri, i cluster Fe-S sono componenti integrali dei complessi proteici fotosintetici legati alla membrana e dei trasportatori di elettroni.
  • Sistemi di cluster ferro-zolfo (ISC) e fattore di utilizzazione dello zolfo (SUF): questi sistemi sono responsabili dell'assemblaggio e del mantenimento dei cluster Fe-S. Il sistema ISC funziona in condizioni normali, mentre il sistema SUF viene attivato in condizioni di stress come stress ossidativo e carenza di ferro.
  • Batteri fissatori di azoto: nei batteri fissatori di azoto, i cluster Fe-S fanno parte del complesso enzimatico nitrogenasi, che è essenziale per la fissazione dell'azoto.


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L'angolo dei consigli per gli acquisti
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