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I dubbi sull'ipotesi serotonina-depressione

[aggiornato 09/24]
Il legame tra serotonina e depressione messo in dubbio da una meta-analisi e con esso il ruolo dei SSRI nella terapia antidepressiva.
Il lavoro, pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry da ricercatori inglesi, va contro il dogma oggi in auge che la depressione sia (solo) il risultato di uno squilibrio chimico causato da un deficit del neurotrasmettitore serotonina. La maggior parte degli antidepressivi oggi in uso (fatta salva la ketamina, terapia di recente introduzione) agiscono come inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (farmaci noti come SSRI), azione che permette di aumentarne la concentrazione.
Il che non vuol dire che l'eziopatogenesi della malattia sia nota (anzi) ma che la serotonina era l'unica "pistola fumante", indice di una correlazione. Da questa nebulosità conoscitiva si può comprendere come mai la terapia farmacologica non sia del tutto efficace.

La relazione depressione-serotonina, sebbene formulata nel 1960, vide la sua "accettazione terapeutica" negli anni '90 su iniziativa dell'industria farmaceutica per promuovere la nuova gamma di antidepressivi (SSRI); correlazione avallata da istituzioni ufficiali come l'American Psychiatric Association. Il risultato è stato la diffusione delle SSRI tanto che in UK rappresentano un sesto delle prescrizioni nella popolazione adulta.
I dubbi sulla validità generale della relazione serotonina-depressione circolano da anni nell'ambiente accademico ma finora mancavano analisi complete come quella adesso pubblicata.

A prima vista sembrerebbe incongruo dubitare dell'azione funzionale degli SSRI essendo i farmaci più diffusi ma la vera domanda a cui cercare di rispondere è se sia veramente l'aumento temporaneo della disponibilità di serotonina nel cervello (indotto dal farmaco) a compensare deficit preesistenti; in altre parole il meccanismo d'azione potrebbe interessare reti neurali non ancora del tutto noti.
Uno dei problemi riguardo gli studi clinici sulla depressione è che questa categoria di pazienti è particolarmente sensibile all'effetto placebo (30-40%).
Altro problema è che gli antidepressivi provocano un intorpidimento emozionale la cui origine neurologica non è del tutto compresa ma che potrebbero contribuire alla diminuzione (insieme ad altri effetti) della "percezione" depressiva.

Lo studio inglese contiene una analisi sistematica dei dati clinici prodotti nel corso di decenni sul tema  serotonina e depressione. Gli aspetti analizzati sono molteplici.
Una parte dello studio si è focalizzata sul confronto dei livelli di serotonina (e dei suoi prodotti di degradazione) nel sangue e nel liquido cerebrale, nei soggetti sani e in quelli depressi. L'analisi non ha mostrato una differenza rilevante tra i due gruppi.
Un'altra parte dello studio si è invece concentrata sui recettori della serotonina. Anche qui i ricercatori non hanno rilevato differenze rilevanti nella presenza di particolari varianti alleliche nel gruppo di depressi.
L'analisi genetica condotta sul trasportatore della serotonina, la proteina che rimuove il neurotrasmettitore dal canale sinaptico (questa è la proteina su cui agiscono gli SSRI), ha suggerito, semmai, un aumento della attività della serotonina in alcuni pazienti depressi (il dato potrebbe tuttavia essere stato inquinato dal fatto che molti partecipanti a questi studi avevano usato o stavano usando antidepressivi).
Una sezione molto interessante dello studio riguardava se la depressione potesse essere indotta nei volontari abbassando artificialmente i livelli di serotonina. Una sorta di prova del nove per determinare il rapporto causa-effetto.
Non c'è bisogno di alcun farmaco per indurre questo calo, basta una dieta povera dell'aminoacido triptofano, il precursore della serotonina.
Due review del 2006 e 2007 più alcuni studi recenti mostravano dati negativi in questo senso: il calo di serotonina non induceva la depressione tranne in un sottogruppo di persone con storia familiare di depressione.

Infine l'analisi degli studi genetici disponibili (su un numero complessivo di decine di migliaia di pazienti) non ha portato all'identificazione di varianti geniche (sui geni che definiscono la via serotoninergica) che possano in qualche modo essere predittive del rischio della malattia.

A complicare il quadro il fatto che sebbene alcuni degli antidepressivi oggi in uso siano considerati serotoninergici, in realtà agiscono anche sui livelli cerebrali di noradrenalina (la cui correlazione con la depressione è ritenuta più debole della serotonina, ma questo per dire degli effetti ad ampio spettro).

In sintesi, una volta ridimensionato il contributo dell'ipotesi serotonina, ad oggi non esiste un chiaro e univoco meccanismo farmacologico accettato che spieghi l'indubbio effetto anti-depressivo di alcuni farmaci oggi in uso. 

Fonte
- The serotonin theory of depression: a systematic umbrella review of the evidence
J. Moncrieff et al (2022) Molecular Psychiatry

***

Uno studio pubblicato a settembre 2024 fornisce nuovi dettagli sul legame serotonina-depressione. 
Grazie ad una sonda fluorescente specifica per la serotonina (attivata solo dopo l'interazione) e utilizzabile anche per lo studio dentro la cellula, si è dimostrato che il livello di serotonina nelle cellule produttrici ottenute da individui affetti da depressione e normali, è molto simile. La vera differenza è nella minore capacità delle cellule "depresse" di rilasciare la serotonina, un meccanismo mediato da mTOR, confermato con l'utilizzo di inibitori selettivi di questo messaggero intracellulare.

Fonte
Development of a Fluorescent Probe with High Selectivity based on Thiol-ene Click Nucleophilic Cascade Reactions for Delving into the Action Mechanism of Serotonin in Depression
Weiying Lin et al. (2024) Angewandte Chemie International Edition







Ig-Nobel 2023 e 2024: i premi alla scienza che fa ridere ma anche pensare


Ed ecco arrivare come ogni settembre gli ambiti premi Ig-Nobel. Quest'anno lascio la parola agli autori di Wired che ben riassumono il contenuto dei lavori premiati e la ragione della scelta.
Buona lettura


Ulteriori dettagli su



*** Ig-Nobel 2023 ***
(pubblicato 11/2023)
Anche quest’anno insieme ai Nobel bisogna ricordare i vincitori degli IgNobel, autori delle ricerche più strampalate ma nondimeno del tutto sensate … anche se a volte bisogna essere molto addentro il campo per capirne la logica. In verità, come del resto avviene per i Nobel, le categorie premiate sono varie e includono ad esempio anche la letteratura (per dettagli vi rimando alla lista completa dei vincitori del 2023 in cui potrete anche trovare il link agli articoli premiati). 
Quest'anno
Tra le ricerche premiate (i lavori possono essere anche molto vecchi ma devono essere stati pubblicati su riviste peer reviewed) nelle varie categorie ne scelgo alcune

Letteratura
In questa categoria il premio è stato assegnato ad un team multinazionale “per lo studio delle sensazioni che le persone provano quando ripetono una sola parola molte, molte, […] volte”. La ricerca si è basata sul chiedere le sensazione di alcuni partecipanti chiamati a scrivere molte volte alcune parole, fino a raggiungere il punto di … trovarle strane o mai sentite. Un fenomeno opposto al déjà vu detto jamais vu che descrive la sensazione di estraneità a qualcosa di noto. 

Geologia
La ricerca mi ricorda molto il simpatico Brick (il figlio minore della serie TV The Middle) che aveva il vezzo di leccare gli oggetti per conoscerli. Ebbene, qualcosa di simile è stato studiato da Jan Zalasiewicz (University of Leicester) che ha cercato di rispondere al quesito sul “perché ai geologi piace leccare le rocce” (attitudine vera come descritto in questo articolo) il che mi fa pensare anche all’avversione di Sheldon per la geologia e al personaggio di Bert

L'articolo premiato ha il nome esplicativo “Eating fossils in cui si descrive questa arte antica per studiare le rocce (ivi compreso a volte abbrustolirle, bruciarle e bollirle) in assenza di strumenti analitici moderni

Ingegneria
O meglio il premio qui va alla necrobiotica, una variante della robotica che utilizza parti morti di animali in una sorta di cross-over tra Frankenstein e steam-punk. Il premio è stato conferito per aver “rianimato ragni morti come strumenti meccanici da "presa” cioè per avere riutilizzato l’eccellente sistema di locomozione di un ragno (morto) adattandolo a diventare un perfetto strumento da presa in grado di acciuffare oggetti delicati.
Image: newatlas.com

Salute pubblica
Il vincitore è un coreano che lavora alla Stanford University premiato per il lavoro pluriennale nella messa a punto di un wc hgh tech (altro che quelli giapponesi). Nello specifico si tratta di un dispositvo che ​ha incorporato tecnologie tra cui l’analisi delle urine, un sistema per l’analisi visiva della defecazione (argh!!), un sensore per l’impronta anale abbinato a una telecamera di identificazione (altro che analisi dell’iride) e un sistema trasmissione dati. In effetti strumenti simili hanno utilità sia nel monitoraggio a distanza dei pazienti che negli studi clinici.

Comunicazione e neurologia
Vero che ci sono persone capaci di ripetere una parola o perfino di parlare al contrario. Rari e per questo studiati come fatto dagli autori dello studio premiato che ha analizzato la materia grigia in alcune regioni cerebrali di due persone con queste capacità.

Medicina
Il numero di peli nel naso è uguale nelle due narici? La risposta viene da uno studio effettuato su alcuni cadaveri che ha dimostrato che in media ce ne sono 120 a sinistra e 122 a destra. La cosa curiosa è che il punto di partenza della ricerca era per acquisire informazioni per il trattamento della alopecia areata, che oltre alla calvizie presentano un maggiore rischio di allergie e infezioni respiratorie associate alla perdita di peli nel naso.

Nutrizione
Il lavoro premiato è vecchio (risale al 2011) e indagava l’aumento del senso di gusto grazie all’elettricità. Fosse questo sarebbe anche “normale” ma il punto saliente, riportato nelle motivazioni del premio, è “per esperimenti per determinare come le bacchette e le cannucce elettrificate possono cambiare il gusto del cibo”. Grazie a tali strumenti i ricercatori evidenziarono come usando queste bacchette elettriche per mangiare (studio fatto in Giappone, da noi magari avrebbero usato come strumenti forchette elettrificate) i volontari percepissero dei sapori altrimenti nascosti.
Image: newatlas.com

Educazione
Chi non si è mai annoiato a scuola alzi la mano. Ma la noia non è un qualcosa da accantonare, ma la si può studiare. Il premio ai ricercatori è perché hanno scoperto che anche solo aspettarsi che una lezione sarà noiosa la renderà noiosa, ma anche che se gli studenti vedono i loro insegnanti annoiati o li percepiscono come tali saranno meno motivati. Quindi siate pimpanti o voi docenti all’inizio della lezione ed evitate tonalità in stile Marina Massironi quando faceva gli sketch dei bulgari con AG&G

Psicologia
Questo studio risale alla fine degli anni ’60 e la ragione del premio è “per esperimenti su una strada cittadina per vedere quanti passanti si fermano a guardare verso l'alto quando vedono degli estranei che guardano in alto”. Quanti più lo fanno, scrivevano, tanti più si fermeranno e lo faranno.

Fisica
Se è assodato che il sesso in alcuni animali non ha base genetica ma dipende da fattori ambientali come la temperatura (es. le tartarughe) meno noto è l’effetto sull’ambiente dell’attività sessuale. Ecco allora la motivazione “per aver misurato quanto la miscelazione dell'acqua dell'oceano è influenzata dall’attività sessuale delle acciughe” le quali radunandosi in massa durante la stagione riproduttiva possono generare turbolenze e a cascata infuenzare la crescita del fitoplancton (che detto per inciso è il maggior produttore di ossigeno del pianeta e alla base della catena alimentare e della cattura della CO2). Quando si dice “il battito di ali di una farfallo può causare un tornado dall’altra parte del mondo”.


Fonte


Articoli su temi attinenti



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Quando ero un giovincello e mi recavo nella biblioteca universitaria per aggiornarmi sulle ultime ricerche (no, internet era ancora ai suoi inizi) questa rivista era la prima che leggevo
La raccolta definitiva dei migliori articoli usciti
(image: Amazon)

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La genetica dei Neanderthal rivela l'esistenza di almeno due popolazioni poco inclini a "frequentarsi"

Lo studio dei “cugini” Neanderthal è una sfida cruciale sia per comprendere in pieno l’evoluzione dell’Homo sapiens che per conoscere i fattori, ancora poco noti, che decretarono il loro fallimento quando si trovarono a competere con i nostri antenati.
Credit: Neanderthal Museum
Vi rimando agli articoli precedenti** in cui ho descritto gli incroci dei sapiens sia con i Neanderthal che con i Denisova di cui tutti i sapiens odierni (tranne le popolazioni africane) o solo alcune popolazioni in Tibet/Filippine, rispettivamente, portano tracce nel loro genoma. Di particolare interesse sono i vantaggi adattativi (ma anche la predisposizione a certe malattie) che tali incroci hanno prodotto
Di particolare interesse un recente studio che rimescola in parte l’assunto sui Neanderthal come gruppo omogeneo (al netto di differenze dovute al vivere in aree lontane tra loro), grazie alla analisi genetica di resti rinvenuti nella grotta di Mandrin (Francia), con cui si dimostra la presenza nelle ultimo periodo della loro esistenza di almeno due linee di Neanderthal in Europa occidentale rimaste totalmente separate tra loro per quasi 60 mila anni.
I principali gruppi di Neanderthal
(credit: V. Fabre at al, 2009)
Le conoscenze attuali collocano il declino dei Neanderthal intorno a 40-45 mila anni fa con l’arrivo in Europa dei sapiens (gli ultimi reperti risalgono a 42 mila anni fa). L’assunto comunemente accettato è che i Neanderthal facessero parte di un'unica popolazione geneticamente omogenea che spiega anche la sostanziale omogeneità dei loro geni trasmessi ai nostri antenati (tale omogeneità dimostra in effetti più che un massiccio accoppiamento tra i due Homo, una netta selezione positiva dei discendenti che portavano i geni “giusti”, meglio adatti alla sopravvivenza nel "nuovo" ambiente europeo.

La ricerca pubblicata su Cell Genomics complica questo quadro, rivelando che nella fase finale della loro esistenza esistevano almeno due linee di Neanderthal, la "classica" e quella “nuova” scoperto nella grotta francese.
Il nome attribuito al Neanderthal trovato nella grotta (rappresentativo della “nuova” linea) è Thorin, mutuato dal mondo tolkeniano in quanto Thorin era uno degli ultimi re dei nani; allo stesso modo si colloca la linea del neanderthal Thorin come una delle ultime della loro specie.
Il lavoro decennale (ancora lungi dall’essere terminato) iniziò con il ritrovamento dei denti all'ingresso della grotta che oggi sommano a 31 quelli ritrovati (Thorin ne doveva avere 34 in realtà, il che rappresenta il primo Neanderthal mai trovato con molari soprannumerari), oltre alla mascella, frammenti del cranio, falangi e migliaia di piccole ossa.
L'arcata dentaria ricostruita di "Thorin"
Image: Ludovic Slimak et al
L’analisi genetica dimostra che questa nuova popolazione si era differenziata dagli altri Neanderthal europei nel corso dei precedenti 50 mila anni. Inoltre a differenza della maggior parte dei tardi Neanderthal  in cui si riscontra una sostanziale omogeneità genetica, la “famiglia” di Thorin è rimasta geneticamente distinta dagli altri nel periodo che va da 105 mila anni fa fino alla sua estinzione.

La separazione tra le linee di Neanderthal solleva un’altro importante problema cioè come abbiano potuto le popolazioni umane in Europa rimanere isolate per decine di migliaia di anni, nonostante vivessero a distanze percorribili con due settimane di marcia. Forse questa è una chiave importante per comprendere le differenze tra loro e i Sapiens, i cui processi evolutivi, culturali e sociali li spinsero a diffondersi prima in Europa e poi nel mondo mentre i Neanderthal pur in giro da molto più tempo non valicarono mai le steppe eurasiatiche una volta trovato il loro habitat ideale. Probabile anche che non abbiano mai sperimentato un picco demografico che avrebbe forzato la ricerca di nuove terre e, a cascata, l’accoppiamento con loro simili ma di “tribù” diverse.

Thorin non è beninteso un caso isolato. Le analisi genetiche hanno rivelano collegamenti con un altro Neanderthal (Nana) contemporanea di Thorin che viveva ad oltre 1700 km di distanza a Gibilterra. La stretta vicinanza genetica suggerisce che Nana e Thorin appartenessero alla stessa popolazione degli ultimi Neanderthal, una popolazione che non avrebbe avuto scambi con i classici Neanderthal europei per almeno gli ultimi 60 mila anni della loro esistenza.
Scultura di Nana e Flint esposta al museo di Gibilterra 
Lo studio suggerisce anche l'esistenza di una stirpe di Neanderthal "fantasma", che vagava per l'Europa nello stesso periodo e che funse da veicolo di diffusione di geni, ma di cui ad oggi non si hanno tracce fossili. Ne deriva che in quel periodo esistevano altre popolazioni di Neanderthal in Europa che non appartenevano né ai classici Neanderthal né alla popolazione di Thorin.
Inizia quindi ad emergere lentamente una storia affascinante in cui i Neanderthal non sono più un blocco monolitico, ma sono rappresentati da popolazioni diverse non particolarmente propense ad incontrarsi e incrociarsi. Una scoperta che impone di riconsiderare radicalmente la nostra comprensione dell'umanità primitiva.

Gli stessi autori dello studio qui riassunto, avevano dimostrato nel 2022 l'esistenza di una prima migrazione di Sapiens in territorio europeo 10-12 mila anni prima di quanto fino ad allora ipotizzato; gruppi che già padroneggiavano tecnologie come arco e frecce e che verosimilmente rappresentarono, una sfida senza possibilità di opposizione agli Homo che avevano vissuto indisturbati nel continente da molte migliaia di anni (i primi fossili che richiamano i Neanderthal risalgono a 430 mila anni fa).
Tra le domande ancora aperte è se i Neanderthal si siano estinti in modo “repentino” (evolutivamente parlando) magari in seguito a repentini cambiamenti climatici o ad uno sconvolgimento naturale, oppure se siano stati sempre più diluiti dall’avanzare impietoso dei sapiens. La prima ipotesi mi sembra poco coerente data la loro lunga permanenza in Europa

Per capire l'evoluzione dei Sapiens che si sostituirono ai Neanderthal, dobbiamo, anche, capire cosa erano e come vivevano i Neanderthal. 

Fonte
Long genetic and social isolation in Neanderthals before their extinction
Ludovic Slimak et al, (2024) Cell Genomics, 4(9)
Neanderthals and humans lived side by side in Northern Europe 45,000 years ago
UCB, news
Who were the Neanderthals?


** articoli precedenti sul tema
Per articoli simili cliccate sul tag "antropologia evolutiva"


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L'ultimo libro dell'autore dello studio oggi discusso



Il boom in borsa dei farmaci antidiabetici che fanno anche perdere peso

Tra le hit di borsa degli ultimi mesi figurano alcune aziende farmaceutiche accomunate dal lancio di farmaci i cui principi attivi paiono ugualmente efficaci come antidiabetici e per perdere peso, due degli elementi chiave per contrastare la sempre più diffusa sindrome metabolica.
Elemento chiave dell'entusiasmo tra gli analisti l'incontrovertibile effetto positivo di questi farmaci contro l’obesità (Zepbound) e il diabete (Mounjaro) ma anche la lunghezza dell'ultimo studio clinico a supporto dei risultati, durato 176 settimane, che dimostra continuità dell’effetto e assenza di rilevanti effetti collaterali. Nello specifico rispetto al gruppo di controllo trattato in doppio cieco con un placebo, i soggetti (in sovrappeso o obesi) trattati con il farmaco hanno mostrato una riduzione media del 94% del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 (T2DM), la patologia più comune tra questa categoria di persone, e una riduzione media del 22,9% del peso corporeo.
Alla fine dello studio durato poco meno di 3 anni e mezzo è stato inserito un periodo di 17 settimane senza farmaco così da avere un quadro completo della funzione farmacologica e della durata dell'effetto nei mesi successivi. Vero che al termine del trattamento i pazienti hanno iniziato a riprendere peso mostrando una alterazione dei parametri in senso diabetico ma il fattore di rischio di sviluppare il diabete propriamente detto è risultato inferiore dell’88% rispetto a prima di iniziare il trattamento. Un trattamento che come per tante terapie della sindrome metabolica deve essere continuativo, sebbene (i dati lo confermano) possa essere interrotto senza grossi problemi.
Di nuovi farmaci contro l’obesità ce ne sono stati vari nell'ultimo decennio (molti dei quali ritirati dal mercato) ma ben pochi sono stati accompagnati da studi clinici con risultati così chiari come Zepbound e Mounjaro, prodotti da Eli Lilly, che in comune hanno come principio attivo la molecola tirzepatide, brevettata nel 2016 con finalità di controllo glicemico nei soggetti affetti da T2DM e approvata nel 2021 dalla FDA.
L’effetto dirompente lo si è avuto dopo la conferma che le osservazioni aneddotiche sulla capacità della stessa di indurre perdita di peso erano fondate.
Tali osservazioni avevano convinto molti medici a prescriverla off-label a individui obesi. Ricordo che in assenza di studi clinici dedicati un farmaco (approvato per altro scopo) NON può essere prescritto come terapia per altra patologia. La FDA ha autorizzato l’uso come farmaco per la perdita del peso solo nel 2023, nella formulazione nota come Zepbound.
Ciliegina sulla torta il nuovo studio (ora sotto revisione) dimostra l'efficacia della tirzepatide anche nei soggetti prediabetici con finalità di prevenzione.

La tirzepatide appartiene a una classe di farmaci antidiabetici che funzionano come agonisti del recettore dell'ormone peptidico Glp-1 (glucagon-like peptide 1), molecole con azione simile a quella dell'ormone peptidico Glp-1 prodotto dal corpo per regolare l’appetito
Nei soggetti sani il livello dell’ormone si abbassa durante il digiuno, il che è innesca lo stimolo della fame. Negli individui obesi il livello si mantiene basso e questo spiega la loro ricerca di cibo anche subito dopo avere mangiato. Ulteriori dettagli a fine articolo **.
Nota aggiuntiva. Uno studio recente ha dimostrato come l'atto di ingoiare induca il rilascio di serotonina (ormone associato alla sensazione di piacere) che spiega come, in individui predisposti, il mangiare invece di indurre sazietà porti ad un rinforzo del piacere di mangiare.
In aggiunga al suo ruolo di agonista, la tirzepatide funziona anche come recettore del peptide inibitorio gastrico (Gip), ormone che ha dimostrato di poter migliorare l'efficienza con cui l'organismo scompone gli zuccheri e i grassi attraverso l'aumento della produzione di insulina e del tempo di ritenzione del cibo nello stomaco. I recettori del Gip si trovano, non sorprendentemente, selle cellule beta nel pancreas.

Tutto fa pensare che i farmaci basati sulla tirzepatide diventeranno la gallina dalle uova d’oro per Eli Lilly senza che questo pesi sui conti (statali o personali) dato il costo molto contenuto del trattamento (pesato per la diminuzione dei costi sanitari in assenza di trattamento)

***

Altra azienda molto attiva nello stesso segmento terapeutico è la danese Novo Nordisk, i cui farmaci di punta sono Ozempic (per il diabete ma da usare con cautela come ben insegna quel "genio" di Lottie Moss) e Wegovy (per la perdita di peso). Diverso il principio attivo che qui è la semaglutide, anch’essa una molecola agonista del recettore Glp-1. 


Nota
** GLP-1 (glucagon-like peptide 1) è un ormone che stimola la produzione dell’insulina e inibisce la secrezione del glucagone. Viene rilasciato dall’intestino dopo il pasto quando la glicemia inizia a salire per effetto dei carboidrati assunti. Il che spiega la popolarità degli analoghi del Glp-1, per la loro impossibilità a causare ipoglicemia, rischio invece concreto con le iniezioni di insulina.
Il GLP-1 rallenta inoltre lo svuotamento gastrico il che a cascata aumenta la sensazione di sazietà e riduce l’appetito, agendo direttamente sui centri di regolazione della fame del sistema nervoso centrale. Alcune osservazioni indicano anche una potenziale azione protettiva delle cellule beta del pancreas e del cuore.
Una volta in circolo il GLP-1 viene distrutto dall’enzima DPP-4 (dipeptil-peptidasi 4) e questo spiega perché non sia mai stato utilizzato a scopo terapeutico (sarebbe necessaria una infusione continua…). Da qui la ricerca di molecole equivalenti (dette analoghi) capaci di agire da agonisti sul recettore dell’ormone e più resistenti alla degradazione, meglio ancora se associati a molecole/matrici inserite in dispositivi (es. cerotti o infusori) che rallentano l’assorbimento cutaneo così da allungare la finestra temporale di utilizzo. A seconda dell'analogo la somministrazione prevede iniezioni da 1 volta al giorno a una volta a settimana (dulaglutide)
Curiosità. La prima molecola con tali proprietà, exenatide, venne sviluppata a partire da una molecola estratta dal veleno della lucertola Gila Monster

Vivere senza mitocondri

Caratteristica condivisa tra tutti gli eucarioti la presenza dei mitocondri, conseguenza (ne ho scritto nell'articolo "Alla ricerca di LUCA" che vi consiglio di leggere prima di questo) di un processo endosimbiotico avvenuto eoni fa tra una cellula proto-eucariotica ed un batterio. 
Evento simile, ma presente solo nel regno vegetale, ha portato alla “unione” tra il proto-eucariote (probabilmente già in possesso dei mitocondri) con un cianobatterio (fotosintetico) ad originare i cloroplasti
Notizia sorprendente quindi la scoperta di eucarioti privi di mitocondri, la centralina energetica con la duplice funzione di utilizzo e neutralizzazione (essendo tossico) dell’ossigeno molecolare per ricavare energia chimica.
Monocercomonoides
(credit: Naoji Yubuki)
Il dato si riferisce ad un genere di protisti che vive nell’intestino di molti animali (dalle termiti ai ruminanti), in cui l'assenza dei mitocondri è quasi sicuramente un evento secondario (evolutivamente).
I protisti sono un (ex) raggruppamento/regno del vivente che comprende organismi molto diversi tra loro, oggi usato solo come termine ombrello per indicare quegli organismi (unicamente) unicellulari che non sono catalogabili come vegetali, animali o funghi (vedi concetto di parafilia).
Lo studio, pubblicato sulla rivista PLOS Genetics, è stato condotto sui Monocercomonoides (protisti dell'ordine Ossimonade) che vivono nelle viscere di animali, organismi quindi evolutisi in un ambiente in cui l’ossigeno è praticamente assente. Vero che precedenti studi avevano mostrato che diversi gruppi di protisti possiedono mitocondri più semplici della versione classica ma si riteneva che fosse impossibile per una specie perderli completamente.
La scoperta che Monocercomonoides exilis (phylum: Preaxostyla - classe: Metamonada) erano privi di mitocondri ha spinto i ricercatori a fare una analisi comparativa del genoma di varie specie di ossimonade allo scopo di comprendere quali siano stati gli adattamenti biochimici che hanno permesso a queste cellule di compensare la perdita dei mitocondri.
L’analisi ha permesso di datare la perdita dei mitocondri ad antenati vissuti circa 100 milioni di anni fa (in piena era dei dinosauri), tempo che coincide con il processo di speciazione delle ossimonadi oggi diffuse.

La "scelta" di fare a meno dei mitocondri, in un organismo evolutosi insieme ad essi, è stata possibile grazie alla rimodulazione della biochimica cellulare con il trasferimento (ovviamente precedente la "perdita") di alcune funzionalità chiave dal mitocondrio al citosol. Lo studio ha dimostrato che questo evento ha coinvolto il trasferimento di reazioni come la sintesi del FeS cluster**, evidente in "cugini" ossimonadi originati da un antenato comune al clade, a dimostrare un preadattamento che ha reso possibile, in alcune specie, la perdita dei mitocondri (il che dimostra anche che tale "modifica" non è stata un adattamento alla perdita dei mitocondri ma la condizione che ha reso possibile tale perdita)

Lo studio di più specie di ossimonadi ha fornito la prova che la profonda riorganizzazione della sintesi del cluster FeS è stata avviata da un trasferimento genico orizzontale della via batterica SUF e da una perdita della via mitocondriale ISC già prima dell'ultimo antenato comune di questo clade (vedi Mitochondrial iron-sulfur clusters: Structure, function, and an emerging role in vascular biology).

Come molti protisti anaerobi, M. exilis non è in grado di sintetizzare ATP mediante fosforilazione ossidativa; l'ATP viene invece sintetizzato tramite glicolisi nel citosol (Karnkowska et al. 2016). Insieme alla perdita di fosforilazione ossidativa, M. exilis non codifica per nessuno degli enzimi del ciclo dell'acido tricarbossilico
M. exilis possiede una via completa dell'arginina deiminasi che gli consente di produrre ATP mediante conversione di arginina in ornitina, NH3 e CO2 (Novák et al. 2016). Dall'analisi del genoma si evince che il protista può generare ATP metabolizzando anche altri amminoacidi, tra cui triptofano, cisteina, serina, treonina e metionina

Fonte
Characterization of the SUF FeS cluster synthesis machinery in the amitochondriate eukaryote Monocercomonoides exilis
Priscila Peña-Diaz et al, (2024) Current Biology

The Oxymonad Genome Displays Canonical Eukaryotic Complexity in the Absence of a Mitochondrion
Anna Karnkowska et al, (2019) Mol Biol Evol.

- Genomics of Preaxostyla Flagellates Illuminates the Path Towards the Loss of Mitochondria
Lukáš V. F. Novák et al, (2023) PLOS Genetics


Note

** I cluster ferro-zolfo (Fe-S) sono cofattori il cui ruolo più noto è mediare il trasferimento di elettroni all'interno della catena respiratoria mitocondriale attraverso i complessi I, II e III al citocromo c, prima del successivo trasferimento all'ossigeno molecolare.. I percorsi dei cluster Fe-S che funzionano all'interno dei complessi respiratori sono altamente conservati tra batteri e mitocondri delle cellule eucariotiche. 
Nei batteri questi cluster sono localizzati in varie sedi cellulari e sono coinvolti in numerosi processi biologici essenziali, tra cui:
Citosol.
  • via metabolica degli amminoacidi e delle purine, e la replicazione e la riparazione del DNA. Sebbene prodotti direttamente nel citosol, non fluttuano “a caso” ma sono subito incorporati in proteine/enzimi specifici, liberi o associati alla membrana, dove partecipano alle reazioni redox. 
  • Nei casi in cui siano utilizzati come mediatori nel trasporto di elettroni (ad esempio nei batteri aerobi) , i cluster Fe-S sono componenti della catena respiratoria, in modo simile a quanto avviene nei mitocondri.
Membrana
  • Nei batteri fotosintetici, come i cianobatteri, i cluster Fe-S sono componenti integrali dei complessi proteici fotosintetici legati alla membrana e dei trasportatori di elettroni.
  • Sistemi di cluster ferro-zolfo (ISC) e fattore di utilizzazione dello zolfo (SUF): questi sistemi sono responsabili dell'assemblaggio e del mantenimento dei cluster Fe-S. Il sistema ISC funziona in condizioni normali, mentre il sistema SUF viene attivato in condizioni di stress come stress ossidativo e carenza di ferro.
  • Batteri fissatori di azoto: nei batteri fissatori di azoto, i cluster Fe-S fanno parte del complesso enzimatico nitrogenasi, che è essenziale per la fissazione dell'azoto.


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L'angolo dei consigli per gli acquisti
Un modellino didattico del mitocondrio e un libro sull'elusivo mondo dei protisti (link ad Amazon)





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"Un libro non merita di essere letto a 10 anni se non merita di essere letto anche a 50"
Clive S. Lewis

"Il concetto di probabilità è il più importante della scienza moderna, soprattutto perché nessuno ha la più pallida idea del suo significato"
Bertrand Russel

"La nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza deve essere necessariamente infinita"
Karl Popper