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la sindrome "Long Covid" è ad oggi una incognita che potrebbe avere un serio impatto sanitario nei prossimi anni

Finita la pandemia (quando finirà) dovremo, forse, affrontare i problemi legati al cosiddetto "long Covid", cioè tutta una serie di sintomi che lamentano un certo numero di persone tempo dopo la guarigione, certificata, dall'infezione.
L'opuscolo sul Long Covid distribuito dal SSN scozzese (-->PDF)

Non si tratta invero di un fenomeno nuovo, quello di sindromi successive all'infezione virale, evidenziato sia nei soggetti infettati da Ebola (ne avevo scritto Ebola persiste nei guariti?) che da Chikungunya
Caratteristica comune a queste infezioni virali l'essere il risultato di zoonosi recenti (virus che non hanno/avevano l'essere umano come ospite naturale) e mostrare in un non trascurabile numero di soggetti guariti il persistere di sintomi di entità anche invalidante.
Nota. La definizione "eventi zoonotici recenti" non è una mera caratterizzazione fattuale. I virus endemici sono in genere associati a sintomatologie meno gravi (magari letali sul lungo periodo ma con fase acuta meno rilevante) per mere ragioni di coevoluzione. Il sistema immunitario impara ad affrontare l'intruso e il virus si seleziona per ceppi meno virulenti capaci di passare sotto i radar del sistema immunitario quanto basta da produrre progenie virale (un ospite vivo è più utile di un ospite morto e l'infezione da herpes simplex è paradigmatica in tal senso). Esempio classico l'HIV (il passaggio in uomo è stato datato agli anni '40) che origina dal SIV endemico nelle scimmie nelle quali non provoca malattie rilevanti. Altro esempio è Ebola, fastidioso per un pipistrello delle frutta, suo serbatoio naturale, anche meno di un nostro raffreddore ma letale nei primati.
L'epidemia Covid19 è ancora troppo recente per avere permesso studi epidemiologici sul lungo periodo.
Più utile in tal senso partire dalle epidemie di Ebola e Chikungunya e confrontare questi dati con le informazioni che stanno emergendo per i pazienti guariti da covid19.

Si stima che i tre quarti dei sopravvissuti all'infezione da Ebola e dichiarati guariti, continuano a manifestare sintomi di varia natura nel primo anno. In alcuni soggetti sintomi come dolori articolari e muscolari, mal di testa tipo emicrania, problemi visivi e affaticamento, possono protrarsi divenendo quasi cronici (solo il tempo dirà se si tratta di cronicizzazione vera). Vedi anche "Ebola virus disease sequelae: a challenge that is not going away".

Il caso Chikungunya è ancora più problematico. A differenza di Ebola (zoonosi primaria o inter-umana) il virus è trasmesso da una zanzara, il che spiega la sua endemicità in alcune aree. I sintomi principali sono febbre e dolori articolari debilitanti. Pur se meno eclatante dell'epidemia di Ebola, Chikungunya ha avuto una maggiore diffusione e un notevole impatto sul sistema sanitario (brasiliano) saturato da pazienti "guariti" con disturbi cronicizzati. Si stima che circa un terzo delle persone infettate manifesta affaticamento cronico o un'artrite disabilitante che perdura anni.

Il Long Covid (sindrome post-covid) è un poco più complesso perché i numeri reali sono difficili da accertare (o da ricondurre all'infezione) dato l'alto numero di asintomatici (spesso "persi", quindi non contabilizzati come infettati) che potrebbero sviluppare sintomi nei mesi successivi senza essere ricondotti a quell'evento scatenante. Vero che gli asintomatici sono meno a rischio per definizione (vedremo poi che il maggior responsabile è una risposta anomala o continuata del sistema immunitario alla presenza, o parvenza, del virus) ma ad oggi non si può escludere nulla.
I sintomi principali sono dolori articolari, affaticamento e problemi cognitivi.
credit: MacMoreno . Altre fonti il sito NHS.UK e la Mayo Clinic
Effetti a lungo termine


L'elemento veramente preoccupante è che queste 3 infezioni, molto diverse tra loro, sono causate da 3 virus altrettanto diversi (l'unica cosa che hanno in comune è l'essere virus a RNA ed essere zoonosi recenti) ma sembrano convergere verso sintomi simili di lungo periodo: minimo comune denominatore, visti i sintomi, è l'azione del sistema immunitario.

Tra gli elementi caratterizzanti la risposta ad una infezione ci sono infiammazione e attivazione del sistema immunitario adattativo
La prima è la maggiore responsabile dello stato di malessere nelle fasi iniziali della malattia con una sintomatologia spesso più pesante di quella effettivamente riconducibile all'azione diretta del virus (anche escludendo i casi di risposta eccessiva che può risultare in uno shock sistemico). La risposta adattativa, finalizzata alla eliminazione selettiva del patogeno e alla acquisizione di una memoria per futuri incontri, può anch'essa andare fuori controllo provocando danni ai propri tessuti visti come "non self".
Entrambi i sistemi sono essenziali alla nostra difesa e nella maggior parte dei casi non causano che problemi temporanei e di lieve entità; finita la minaccia del patogeno, i sistemi tornano allo status quo ma addestrati a riconoscere l'intruso, quasi in tempo reale, qualora dovesse ripresentarsi.

Domanda chiave: perché i sintomi persistono senza che ci siano evidenze di virus circolante? 
Non ci sono certezze ma alcune ipotesi supportate da evidenze cliniche.
La timeline dell'infezione da SarsCoV2, dall'esposizione ai primi sintomi fino a guarigione o sintomi post-infezione che possono durare mesi. (image credit: A. Nalbandian, Nature Medicine, 2021


  • Il virus c'è ma è nascosto. Lo studio sugli individui guariti dall'infezione di Ebola ha mostrato che il virus può persistere in alcuni distretti del corpo, detti "immuno-privilegiati". Si tratta di zone che per una serie di motivi (vuoi scarsa o nulla irrorazione sanguigna come il bulbo oculare, vuoi per proteggere cellule "diverse" come gli spermatociti nei testicoli), non sono pattugliate dalle cellule del sistema immunitario e non sono facilmente accessibili dagli anticorpi. Qualora un virus penetrasse in queste aree potrebbe qui rimanere, inerte, ad libitum (rileggetevi il precedente articolo su virus "quasi-organismi" che in assenza di una cellula bersaglio sono inerti come un granello di sabbia). Ipotesi confermata (nel caso di Ebola) dalla rilevazione, nei soggetti guariti ma sintomatici, di un persistente stato infiammatorio innescato dalla presenza di "serbatoi virali nascosti" e ad altissimo titolo, da cui, verosimilmente, ogni tanto tracimava qualche virus che innescava la risposta immunitaria. Che questo sia un rischio reale lo si è visto dal nuovo focolaio di Ebola in Guinea , probabilmente originato da soggetto sopravvissuto a precedente infezione e portatore del virus. 
  • Una conferma del precedente punto, l'articolo apparso a maggio 2021 su Cell Stem Cell riguardo la presenza del virus negli espianti da occhi.
  • Nei soggetti in cui tale "riserva virale" non è stata rilevata, due sono le possibilità: la permanenza di alcune proteine virali sulle cellule che provocano un attacco diretto dei linfociti; alcune infezioni virali necessitano di molto più tempo per tornare allo status quo per cui lo stato infiammatorio persiste (e provoca danni).
  • Nel caso di Chikungunya, alcuni studi indicano nella anomala persistenza di attività dei linfociti T helper la causa dell'infiammazione cronica a carico delle articolazioni. Il dato in sé è importante perché permette di ipotizzare trattamenti mirati sia del tipo immunoterapie che  il recupero di farmaci anti-infiammatori usati per altri scopi medici (procedura nota come drug-repurposing).
La pandemia covid19 sposta il tutto ad un livello superiore dati i milioni di persone infettate in modo certificato (105 milioni nel momento in cui scrivo) e un numero imprecisato ma di sicuro molto superiore di asintomatici mai testati. I numeri riguardanti il Long Covid fluttuano, a seconda delle fonti, tra il 10% e il 32% di chi avuto il covid19; numeri importanti su cui c'è ancora poca letteratura (ad esempio "Characterizing Long COVID in an International Cohort: 7 Months of Symptoms and Their Impact" apparso su medRxiv, ancora in fase di revisione) 

I prossimi mesi potremmo cominciare a quantificare l'impatto reale del Long Covid.  La domanda è se  siamo pronti ad affrontare una sindrome cronica da covid.


Per approfondimenti sulle vita delle persone con long Covid --> "The 'ongoing battle' of long COVID".

Aggiornamenti. Aprile 2021. Un articolo su Nature mostra i risultati del monitoraggio a 6 mesi dei soggetti guariti ma che continuano a manifestare problemi di varia natura.

Novembre 2021. Il vaccino non sembra utile a prevenire, in coloro precedentemente infettati e nei rari casi di vaccinati infettatisi, il rischio di Long Covid che quindi rimane un problema con cui dovremo fare i conti nei prossimi anni.



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