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Il PEG è la causa dei (rari) effetti collaterali nei vaccini anti-covid19?

Febbraio 2021. Un articolo su JAMA analizza le rare reazioni anafilattiche osservate con il vaccino Pfizer

***
Partiamo da un presupposto scientifico: un farmaco agisce sul corpo modificandone il funzionamento e come tale può causare sintomi o effetti collaterali; alcuni ineludibili perché parte dell'azione farmacologica, altri imprevisti perché conseguenti a specificità individuali (sensibilità specifica, assunzione di altri farmaci, genetica, ...).
Trattamenti millantati in passato come terapeutici (ma mai approvati come tali) che aggiungevano a corollario "assenza totale di effetti collaterali rispetto ai farmaci" erano tali per la semplice ragione che non facevano nulla; a dosi omeopatiche oppure privi in toto di alcun principio attivo.
Discorso simile vale per i vaccini il cui scopo è "mostrare" una copia inoffensiva (o "pezzi") del patogeno al sistema immunitario in modo che questo attivi le contromisure che porteranno alla neutralizzazione dello stesso non appena si presenti.
Minaccia inesistente (si tratta di una versione morta o incapace di replicarsi) ma risposta vera, questa la ragione per cui il vaccinato - potrebbe - sperimentare i sintomi tipici di un sistema immunitario che si prepara alla battaglia; sintomi che vanno dall'infiammazione locale nel punto di iniezione ad uno stato di leggero malessere. La soglia di accettabilità dei sintomi associati (o collaterali, due cose ben diverse) dipende sempre dal rapporto rischio-beneficio quindi dalla gravità della malattia; per un vaccino pensato per un virus altamente letale (o una terapia anti-tumorale) si potrà accettare un rischio maggiore rispetto, ad esempio, al vaccino contro l'influenza stagionale o una terapia farmacologica per l'acne.
Il rischio reazioni indesiderate è quasi sempre legato ad una risposta eccessiva del ricevente, evento che può capitare quando lo stesso sia stato esposto in passato a stimoli simili. Si tratta di una ipersensibilizzazione che porta ad una eccessiva risposta immunitaria come avviene in alcune (ripeto ALCUNE) persone quando dopo essere stati punte da un ape possono andare incontro a shock anafilattico alla successiva puntura. Questa eventualità è stata discussa nel precedente articolo "Vaccini in studio contro il SARS-CoV-2" nel paragrafo sul  potenziamento dipendente da anticorpi.
Nel caso dei vaccini oltre al "principio attivo" (termine errato ma solo per rendere l'idea di un farmaco) ci sono altre componenti che giocano un ruolo chiave,  in misura variabile a seconda del tipo di vaccino: gli adiuvanti e il veicolo. 
  • Gli adiuvanti sono delle sostanze che vengono aggiunte ai vaccini per «potenziare» la risposta del sistema immunitario all'antigene ed aumentarne la durata. In alcuni casi è una vera e propria necessità perché alcune molecole sono poco immunogene e necessitano di essere associate ad altro per essere "viste" dal sistema.
  • Il veicolo, nel caso specifico dei 2 vaccini a RNA appena approvati, sono le nanoparticelle lipidiche entro le quali viene inglobato l'acido nucleico, affinché non venga distrutto dagli enzimi nel plasma e arrivi a destinazione. Per una panoramica degli studi che hanno portato allo sviluppo delle nanoparticelle (e all'utilizzo del PEG) vi rimando all'interessante articolo "No RNA vaccine w/o lipid shells".
Gli effetti collaterali (rari) riscontrati nel caso del vaccino di Pfizer potrebbero essere dovuti proprio alle nanoparticelle o come vedremo ad alcune modifiche dei lipidi componenti.
Gli effetti collaterali osservati e la loro frequenza. Sono temporanei e alla peggio simil-influenzali (del resto i sintomi influenzali non sono dovuti tanto al virus ma all'organismo che attiva le risposte). A scopo precauzionale il soggetto dopo avere ricevuto la vaccinazione anti-coronavirus deve rimanere per almeno 30' in ambulatorio, un tempo più che sufficiente a rilevare sintomi di shock (come ben sanno le persone allergiche, ad esempio alla buccia di pesca, dopo averne assaggiato una punta (credit: CDC

Alcune persone (8 nel momento in cui scrivo) hanno però sviluppato qualcosa di più serio cioè reazioni di tipo allergico; secondo i ricercatori la causa è il polietilenglicole (PEG) presente sia nel vaccino di Moderna che in quello di Pfizer
Nota. In data 30/12 il CDC ha prodotto una linea guida dove si dice di non vaccinare le persone che abbiano avuto reazioni allergiche a qualcuno degli ingredienti presenti nei vaccini Pfizer e Moderna. La maggior parte degli esperti concorda che invece le persone con allergie anche gravi ad alimenti o altri farmaci possono essere vaccinate purché tenute in osservazione per 30' e in strutture attrezzate per trattare gli shock.
 
PEG (credit: )
Vediamo la ragione della presenza del PEG nei vaccini.
Come sopra scritto i 2 vaccini contengono mRNA "immerso" in nanoparticelle lipidiche (LNP) che fungono sia come veicolo che come protezione. Il PEG, legato ai lipidi che delimitano la parte esterna della LNP, serve a conferire stabilità al vaccino e a cascata contribuisce alla sua efficacia.

Il PEG è legato ai lipidi esterni della LNP (credit: V. Kotelianski et al.) 


Altro esempio di nanoparticella usata come veicolo. Per i dettagli vedi il precedente articolo (Image credit: S. Yonezawa et al.) 

Esempio generico delle varie nanoparticelle, nella forma classica, LNP e lipidi modificati (es. PEG). Image Credit:  biochempeg)

Sebbene il PEG sia una molecola ben nota in ambito farmaceutico, non è mai stato (a mia conoscenza) utilizzato prima in un vaccino. 
Si trova in molti farmaci, certo, e in molti prodotti di uso comune (dentifricio, shampoo e persino, in passato, nei lassativi). Occasionalmente ha causato reazioni allergiche anche gravi; non frequentemente e in modo generico, ma in alcuni soggetti predisposti. 
Ed è proprio in questo suo utilizzo ad ampio raggio che alcuni allergologi e immunologi identificano il potenziale fattore di rischio: alcuni utenti esposti al PEG avrebbero sviluppato anticorpi contro di esso, "settando" così il sistema immunitario ad una reazione immediata ed eccessiva (shock anafilattico) in seguito al contatto con il PEG presente nel vaccino.

I dubbi sollevati hanno indotto il NIAID (National Institute of Allergy and Infectious Disease) a mettere in programma uno studio in collaborazione con la FDA volto ad analizzare la risposta al vaccino nelle persone che hanno alti livelli di anticorpi anti-PEG o che hanno già sperimentato risposte allergiche, gravi, a farmaci o vaccini.

Le reazioni anafilattiche possono verificarsi con qualsiasi vaccino, ma sono estremamente rare nell'ordine di una ogni milione di dosi.
Al 19 dicembre i casi di shock dopo il vaccino anti-covid19 sono stati 8 di cui 6 negli USA e 2 in UK (su un totale di 272 mila vaccinati), numeri sufficienti perché la FDA si attivasse.

La domanda ovvia è: come mai gli studi clinici di Pfizer e Moderna che hanno coinvolto decine di migliaia di persone non hanno mai evidenziato effetti collaterali gravi?
La risposta è semplice ed è implicita in come gli studi clinici sono disegnati, cioè l'utilizzo di un campione "omogeneo" condizione necessaria per raggiungere una sufficiente potenza statistica. E' quando terminano gli studi clinici e si entra nella fase 4 (il "mondo reale") che la combinazione di numero elevato di soggetti trattati e la loro eterogeneità (nelle condizioni di salute e background genetico) può far emergere fattori di rischio sottesi.
Torniamo allora allo studio clinico del vaccino. Durante la fase del reclutamento dei volontari per lo studio sono stati esclusi tutti coloro che soffrivano di allergie gravi o avevano uno storico di reazioni avverse evidenti ai componenti del vaccino.
Nulla di strano, anzi perfettamente corretto.
Dallo studio non sono invece state escluse le persone con intolleranze alimentari o allergie classiche, ma c'è il dubbio che possano essere sotto-rappresentate, fatto che avrebbe minimizzato la rilevazione dei fattori di rischio.

Quanto sicuro è il PEG? 
Per anni si è ritenuto che fosse assolutamente inerte ma già dal 2016 cominciarono ad emergere evidenze che tale assunto non era del tutto corretto. Uno studio in particolare rivelò che il 72% delle persone "comuni" aveva anticorpi contro il PEG, presumibilmente conseguente all'esposizione a cosmetici e prodotti farmaceutici. Il 7% del campione studiato aveva livelli di anticorpi sufficientemente elevati da renderli a rischio di reazioni anafilattiche se esposti a dosi sufficienti di PEG.
In verità si sa ancora poco sui meccanismi alla base della reazione anafilattica al PEG; ad esempio non coinvolge le IgE (le immunoglobuline responsabili delle allergie) ma le IgM e le IgG (e a cascata il sistema del complemento). Per questa ragione si è preferito coniare un nuovo termine, reazioni "anafilattoidi", invece di anafilattiche
Ma se torniamo ancora più indietro nel tempo troviamo uno studio illuminante. Nel 1999 János Szebeni descrisse un nuovo tipo di reazione indotta da farmaci che chiamò pseudoallergia correlata all'attivazione del complemento (CARPA - Complement activation-related pseudoallergy), una risposta immunitaria aspecifica a farmaci contenenti nanoparticelle, spesso PEGilate, che vengono scambiate dal sistema immunitario per virus (vedi anche uno studio del 2014).

Nel 2014 arrivò una conferma del problema quando uno studio clinico di fase 3 su un anticoagulante sperimentale a base di RNA (un aptamero PEGilato) dovette essere interrotto dopo che circa lo 0,6% dei partecipanti (1600 persone) manifestò gravi risposte allergiche (tra cui un decesso). Lo studio che ne seguì evidenziò che tutti coloro colpiti da shock avevano livelli elevati di IgG anti-PEG.
Prova conclusiva dunque? No perché altri partecipanti che pure avevano alti livelli di IgG non manifestarono alcun reazione avversa.
Il titolo anticorpale anti-PEG non è quindi una condizione sufficiente, necessaria forse ma non sufficiente, per il rischio anafilassi in presenza di PEG.

Un ulteriore elemento che complica l'analisi è che la quantità di PEG (sotto forma di lipidi PEGilati) usata nei vaccini a mRNA è alcuni ordini di grandezza inferiore rispetto a quella in farmaci già approvati, alcuni dei quali somministrati per via endovenosa. Ebbene nessuno di questi ha mai manifestato un rischio reale di reazioni anafilattiche. Per di più il vaccino anti-covid viene somministrato per via intramuscolo, una procedura che diluisce nel tempo la penetrazione della molecola nel circolo sanguigno, dove si trova la maggior parte degli anticorpi anti-PEG.

Un serio grattacapo quello di chi in queste settimane sta pianificando la copertura vaccinale e che deve tenere conto dell'ottimizzazione delle condizioni di sicurezza.
L'opzione screening di massa pre-vaccinazione per la rilevazione degli anticorpi anti-PEG è stata scartata subito. Si sa già che questi sono diffusi e che non sono univocamente predittivi. 
Si è invece optato per una soluzione più controllabile, come escludere dalla vaccinazione tutte le persone a rischio allergia e aggiungere un periodo di monitoraggio di 30' post vaccinazione per valutare l'insorgenza dei reazioni anafilattiche. 
Per il momento è una scelta corretta e con un rapporto rischio beneficio ottimale visto il periodo pandemico e il sottostante problema sanitario.

L'NIH ha iniziato uno studio, i cui risultati dovrebbero arrivare entro la fine dell'estate, con il quale si potrà comprendere meglio chi sono (e perché) i soggetti a maggior rischio di reazioni allergiche ai vaccini Pfizer e Moderna (--> comunicato NIH). 
Il caso AstraZeneca è diverso come tipologia di rischio e dato l'utilizzo quasi esclusivo nei paesi europei e collegati, è verosimile che uno studio analogo verrà svolto dall'EMA o da enti britannici (EDIT: si ipotizza che possa essere l'EDTA la causa del rischio trombosi e trombocitopenia)



Articolo precedente sul tema covid19 --> "Cosa sappiamo della nuova variante inglese".



Fonte
- Suspicions grow that nanoparticles in Pfizer’s COVID-19 vaccine trigger rare allergic reactions.
Science (21/12/2020)
- COVID-19 vaccination



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