L'attuale pandemia con il corollario dei pipistrelli come la fonte naturale (più probabile) del coronavirus, ha rinnovato i quesiti sul perché i virus da essi trasmessi abbiano una alta virulenza per gli esseri umani.
Volpe volante australiana (credit: Linfa Wang via Berkeley.edu) |
E' bene però precisare che una domanda così generica, pur se fondata, è mal posta per una serie di motivi.
Cominciamo con il dire che a differenza di Ebola dove il pipistrello della frutta è ancora oggi il serbatoio naturale del virus capace di passare in qualunque momento all'ospite primate, il coronavirus ha avuto bisogno di molteplici contatti tra pipistrelli e umani affinché comparisse la variante virale capace di infettare l'umano in modo produttivo e di generare progenie virale capace di passare direttamente da un umano all'altro.
Quando il virus salta la barriera inter-specie si ha la zoonosi.Questa "serie di sfortunati eventi" (giusto per citare una celebre serie TV) ha indubbiamente ricevuto un grande aiuto dalla consuetudine asiatica ai wet market. Altro evento sfavorevole il fatto che mentre Ebola si trasmette solo attraverso fluidi corporei, il coronavirus è un virus "aereo" come quelli di influenza e raffreddore, la cui diffusione non necessita quindi di contatto diretto. Non è un caso che le varianti annuali dell'influenza seguano il percorso di molti uccelli migratori le cui deiezioni infettano prima gli animali di allevamento e infine gli umani.
Che i pipistrelli non siano gli untori per antonomasia di qualunque epidemia, lo possiamo facilmente verificare osservando che sono una "sorgente" minoritaria rispetto a tutte le malattie veicolate da insetti e roditori.
Non di meno è indubbio che oltre alla rabbia, è dai pipistrelli che sono originate le malattie virali di maggior impatto come Marburg, Ebola, SARS, MERS e covid19
Non di meno è indubbio che oltre alla rabbia, è dai pipistrelli che sono originate le malattie virali di maggior impatto come Marburg, Ebola, SARS, MERS e covid19
Spesso questi virus usano un intermediario prima di arrivare a noi, il che (ma non sempre) è un passaggio adattativo necessario per selezionare il virus più affine ai nostri sistemi. Gli esempi sono vari: la SARS ha usato lo zibetto asiatico delle palme; la MERS i cammelli; Ebola (anche) gorilla e scimpanzè; la rabbia quasi tutti gli animali tra cui i cani.
La ragione della sempre più frequente associazione tra malattie infettive e pipistrelli non è da cercarsi nel loro essere diventati improvvisamente "più pericolosi". La causa è molto più semplice e rappresenta due facce della stessa medaglia: la distruzione del loro habitat naturale legata all'aumentata antropizzazione a cui si somma il loro trasporto nei centri abitati dove vengono maneggiati vivi e macellati direttamente nei wet market.
Non bastassero le maggiori occasioni di contatto (da cui maggior probabilità di trasmissione di qualunque microbo) c'è anche da sottolineare come l'invasione del loro ambiente ne aumenta lo stress (e con esso la produzione di virus), ne favorisce movimento e a cascata una maggiore dispersione del virus mediante saliva, urina e feci.
Non bastassero le maggiori occasioni di contatto (da cui maggior probabilità di trasmissione di qualunque microbo) c'è anche da sottolineare come l'invasione del loro ambiente ne aumenta lo stress (e con esso la produzione di virus), ne favorisce movimento e a cascata una maggiore dispersione del virus mediante saliva, urina e feci.
Nota. L'epidemia di Ebola del 2014 è istruttiva. Il paziente zero della epidemia in Africa occidentale fu trovato in chi raccoglieva la frutta nei pressi di un albero abitualmente usato da colonie di pipistrelli, i cui frutti erano sporcati dalle deiezioni del mammifero (trovate un riassunto degli eventi in un precedente articolo --> "L'epidemia di Ebola ad 1 anno dall'inizio").
Fatta questa precisazione, possiamo dire che c'è una ragione se alcuni dei virus più aggressivi arrivano dal serbatoio naturale dei pipistrelli. La ragione è che questi mammiferi hanno un sistema immunitario estremamente efficiente e ben regolato, per cui quando un virus "incappa" in un organismo permissivo e immunologicamente "meno tosto" come gli umani si trova ad agire al massimo del sue potenzialità, come una Ferrari che passi da un circuito con sistemi di sicurezza ad una semplice autostrada deserta; o almeno rimane tale finché, come sta avvenendo negli ultimi mesi, la selezione naturale porta alla comparsa di virus "moderati"
(Ricordo che un virus efficiente è quello che non uccide il proprio ospite, almeno non in tempi brevi, perché così facendo uccide la sua stessa progenie potenziale e con esso diminuisce la probabilità che in futuro esistano suoi discendenti).
A fornire dettagli in merito è uno studio di qualche mese fa pubblicato su eLife da un team della UC Berkeley che mostra come la forte risposta immunitaria dei pipistrelli abbia selezionato virus in grado di replicarsi il più velocemente possibile in modo da generare sufficiente progenie prima di essere neutralizzati.
Tali virus ad azione rapida non sono un problema per i pipistrelli ma possono
rappresentare un problema quando quel particolare patogeno mostra una
cross-reattività (leggasi presenza di recettore compatibile e capacità
di usare il macchinario cellulare) in un nuovo ospite animale, che in
questo caso siamo noi.
Quando questi virus "iper-attivi" si imbattono in un mammifero permissivo l'effetto risultante sarà, per l'ospite, catastrofico.
Questo è ciò che rende uniche le epidemie originate da pipistrelli, l'essere un serbatoio di virus a riproduzione rapida e altamente trasmissibili.
A fare veramente la differenza nella efficienza antivirale dei pipistrelli è la loro capacità di mantenere sotto controllo l'attività antinfiammatoria durante l'ampia mobilitazione immunitaria.
Chiunque abbia una minima infarinatura biomedica sa che sono ben poche le patologie innescate da un patogeno che si rivelano letali per l'azione diretta del patogeno stesso. In gran parte dei casi è la risposta immunitaria eccessiva, una infiammazione fuori controllo acuta o cronica che sia, a causare danni anche irreversibili nel nostro corpo. Gli esempi sono molteplici e vanno dal malessere che si accompagna ai banali raffreddori e influenza (sono le citochine la causa, non il virus), il diabete di tipo 1 (autoimmunitario e, probabilmente in alcuni casi predisposti, innescato da una infezione da Coxsackievirus type B), la sepsi che provoca un collasso multi-organo a causa della tempesta citochinica, fino al covid19 dove non è il virus la causa dell'eventuale decesso ma il collasso della funzionalità polmonare a causa del riempimento di liquido.
Nei pipistrelli questo "eccesso di risposta" e i danni da "fuoco amico" sono minimizzati grazie ad un potente sistema di controllo dell'infiammazione. Il vantaggio è ovvio: accurata e rapida azione anti-patogeno prima che possa causare lesioni rilevanti e pochi danni collaterali (né Ebola, né i coronavirus sono per loro fonte di seri problemi).
Analizzando a monte le ragioni di tale peculiarità, tutto nasce dalla particolare fisiologia di quello che è l'unico mammifero volante. I pipistrelli hanno un metabolismo in volo che è il doppio di quello di un roditore mentre corre. In termini generali, ad una intensa attività fisica e alto tasso metabolico si associano maggiori danni ai tessuti a causa dell'accumulo di molecole reattive come i radicali liberi.
L'evoluzione ha fornito ai pipistrelli dei meccanismi fisiologici per neutralizzare in modo efficiente il sovrappiù di queste molecole distruttive. Un tale sistema trova utilizzo sia nella vita quotidiana (il volo) che quando devono gestire le molecole dannose prodotte dall'infiammazione.
Il che a cascata spiega anche la vita straordinariamente lunga di un pipistrello nell'ambiente naturale (fino a 40 anni) se paragonata a quella del topo pur nelle "ottime e protette" condizioni di laboratorio (meno di 2 anni).
Una longevità anomala perché è noto che gli animali più piccoli, dotati di battito cardiaco e metabolismo più veloce, hanno una durata di vita minore rispetto ad animali più grandi, con battiti cardiaci e metabolismo più lenti
L'evoluzione ha fornito ai pipistrelli dei meccanismi fisiologici per neutralizzare in modo efficiente il sovrappiù di queste molecole distruttive. Un tale sistema trova utilizzo sia nella vita quotidiana (il volo) che quando devono gestire le molecole dannose prodotte dall'infiammazione.
Il che a cascata spiega anche la vita straordinariamente lunga di un pipistrello nell'ambiente naturale (fino a 40 anni) se paragonata a quella del topo pur nelle "ottime e protette" condizioni di laboratorio (meno di 2 anni).
Una longevità anomala perché è noto che gli animali più piccoli, dotati di battito cardiaco e metabolismo più veloce, hanno una durata di vita minore rispetto ad animali più grandi, con battiti cardiaci e metabolismo più lenti
Semplificando all'ennesima potenza, pensiamo ad un numero "limite" di battiti del cuore totale prima che si deteriori il tessuto cardiaco; il tempo per raggiungere questo valore è minore negli animali più piccoli.
E' ragionevole pensare che un metabolismo elevato porti ad una maggiore produzione nell'unità di tempo di radicali liberi. Se i meccanismi di controllo fisiologici sono tarati per eliminare questo eccesso, il rischio associato cala.
Senza addentrarci in tematiche immunitarie (do per assodata la conoscenza e i meccanismi di immunità cellulare e umorale, adattativa e innata, detossificazione radicali, etc) uno dei "trucchi" chiave che il pipistrello usa sfrutta la predisposizione al rilascio rapido di una molecola di allarme chiamata interferone-alfa, che dice alle altre cellule "preparatevi alle postazioni di battaglia" perché un virus è stato avvistato in una cellula dell'organismo.
Prendiamo ora come esempio alcune specie di pipistrelli che sono dotate in modo diverso di sistemi di segnalazione "enhanced" per difendersi da virus endemici.
Da una parte abbiamo il pipistrello della frutta egiziano (Rousettus aegyptiacus), un ospite saltuario del virus Marburg, che attiva la trascrizione del gene dell'interferone alfa solo in seguito ad un contatto diretto con il virus. La volpe volante nera australiana (Pteropus alecto), serbatoio naturale del virus Hendra, si prepara invece in anticipo in quanto le sue cellule hanno già pronto l'RNA per l'interferone-alfa in attesa di ricevere il comando "traduzione in proteina". Prendiamo ora come "bersaglio ideale" la linea cellulare Vero, derivata dalla scimmia verde africana, incapace di produrre interferone.
Da una parte abbiamo il pipistrello della frutta egiziano (Rousettus aegyptiacus), un ospite saltuario del virus Marburg, che attiva la trascrizione del gene dell'interferone alfa solo in seguito ad un contatto diretto con il virus. La volpe volante nera australiana (Pteropus alecto), serbatoio naturale del virus Hendra, si prepara invece in anticipo in quanto le sue cellule hanno già pronto l'RNA per l'interferone-alfa in attesa di ricevere il comando "traduzione in proteina". Prendiamo ora come "bersaglio ideale" la linea cellulare Vero, derivata dalla scimmia verde africana, incapace di produrre interferone.
Se si compara la risposta delle cellule prelevate da questi tre animali a virus potenti come il Marburg, le differenze sono nette.
Mentre la linea cellulare della scimmia verde viene rapidamente distrutta dal virus, quelle del pipistrello egiziano sono in grado di difendersi grazie alla produzione di interferone ma molto meglio si difendono le cellule della volpe volante capaci di rallentare al massimo la propagazione dell'infezione. Il virus rimane in alcune "nicchie" cellulari ma "l'ondata di piena" della diffusione del virus è bloccata. A livello dell'animale il virus persisterà in alcune nicchie cellulari dando luogo, spesso, ad infezioni croniche ma di fatto asintomatiche, che spiegano perché esistono serbatoi naturali di virus per noi letali
Mentre la linea cellulare della scimmia verde viene rapidamente distrutta dal virus, quelle del pipistrello egiziano sono in grado di difendersi grazie alla produzione di interferone ma molto meglio si difendono le cellule della volpe volante capaci di rallentare al massimo la propagazione dell'infezione. Il virus rimane in alcune "nicchie" cellulari ma "l'ondata di piena" della diffusione del virus è bloccata. A livello dell'animale il virus persisterà in alcune nicchie cellulari dando luogo, spesso, ad infezioni croniche ma di fatto asintomatiche, che spiegano perché esistono serbatoi naturali di virus per noi letali
(Noi stessi siamo portatori di virus come l'HSV o quello del morbillo, di cui non esistono, più, in natura gli ospiti "originari").
I ricercatori hanno simulato al computer la diffusione dell'infezione nelle diverse condizioni, variando l'intensità della risposta immunitaria: l'essere dotati di un robusto sistema di risposta basato sull'interferone facilita in effetti la persistenza del virus, tollerato, in quanto al di sotto della soglia di allarme è permessa la sua esistenza.
(Pensate alle braci che covano in una foresta dopo un incendio domato dai ranger. Il fuoco è spento ma ci sono ancora braci ardenti pronte a diffondersi se trovassero materiale infiammabile o se il sistema di vigilanza venisse meno).Finché i virus sono in questo ambiente (o con pompieri addestrati che rilevano ogni anomalia) il problema non sussiste; quando il virus si trova in un ambiente meno preparato ecco che la sua "potenza" selezionata per sopravvivere nel pipistrello ha un effetto dirompente.
Dallo studio di queste vie di diffusione attraverso animali più o meno permissivi si spera di riuscire ad intercettare la fase iniziale della "serie di sfortunati eventi"(utile in proposito il precedente articolo sulla rabbia --> "Prevedere l'epidemia di rabbia in base alla migrazione dei pipistrelli")
Fonte
- Accelerated viral dynamics in bat cell lines, with implications for zoonotic emergence
Cara E Brook et al, (2020) eLife
- Lessons from the host defences of bats, a unique viral reservoir
Nessun commento:
Posta un commento