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Dal gorilla di pianura il virus che originò due dei sottotipi di HIV-1

Due dei quattro gruppi di virus che ricadono sotto il nome di HIV-1, il gruppo O e P, hanno avuto origine da un virus che infetta i gorilla delle pianure.

 Questo è quanto emerge da uno studio comparativo tra il virus dell'immunodeficienza delle scimmie (SIV) e l'omologo umano (HIV), condotto da un team internazionale di ricercatori della University of Pennsylvania, dell'università di Montpellier e dell'università di Edimburgo. L'articolo è stato pubblicato su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences - USA).
Albero filogenetico e distribuzione dei vari sottotipi di HIV

La parentela tra SIV e HIV è nota da tempo, così come il diretto rapporto di discendenza della forma umana da quella di scimmia, conseguenza sia della comparsa di mutanti virali parzialmente competenti per l'infezione umana (dalla cui progenie si sono poi via via selezionati virus più efficienti) che dall'aumento dei contatti uomo-primati (successivo al disboscamento) e all'ampliamento della rete di trasporto tra le comunità rurali e i grandi centri abitati. Sappiamo anche che il colpo decisivo che ha trasformato una epidemia ristretta e a scarsissimo impatto nella attuale epidemia globale è legato al diffondersi di trattamenti medici in cui il concetto di sterilità era un optional ... (ad esempio utilizzo di uno stesso ago su più persone).
HIV-SIV-phylogenetic-tree straight.svg
Uno degli alberi filogenetici usati per connettere tra loro i vari sottotipi di SIV e HIV
graphic by Thomas Splettstoesser (www.scistyle.com) by wikimedia
Per comprendere la dinamica dell'epidemia è necessario quindi fare un percorso a ritroso andando a cercare, per ciascun gruppo di HIV, l'animale portatore del SIV correlato.

La presenza di quattro tipi (M, N, O, P) di HIV-1 è indicativa del fatto che il passaggio del virus da scimmia a essere umano è avvenuto in almeno quattro distinte occasioni, ciascuna caratterizzata da diverso "successo".
Mentre il gruppo M è come dice il nome (M = Major) quello che si è maggiormente adattato alla fisiologia umana divenendo responsabile della pandemia di AIDS a livello globale (il 90% dei casi, circa 40 milioni le persone infettate, hanno questo virus), i gruppi N e P sono stati trovati solo in un numero ristretto di individui in Camerun; in particolare il tipo P, identificato solo nel 2009, è quello a maggiore somiglianza con il virus di gorilla (SIVgor), ad indicarne verosimilmente l'origine.
Il gruppo O,  sebbene non così diffuso come il gruppo M, è comunque responsabile di circa 100 mila infezioni nell'Africa centro-occidentale.
Data l'ampia diffusione del tipo M non stupisce che questo abbia a sua volta generato una discendenza eterogenea, rappresentata dai sottotipi A, B, C, D, F, G, H, J e K.
Western lowland gorilla
(©by Greg Hume /Wikipedia)
Di tanto in tanto, in seguito alla contemporanea infezione in un individuo di due sottotipi di HIV-1, si creano le basi per una ulteriore eterogeneità, derivante da eventi di ricombinazione del genoma virale. La maggior parte dei nuovi ceppi non da luogo ad alcuna discendenza a causa di una ridotta o nulla funzionalità, ma alcuni tra i miliardi di virus prodotti durante la fase replicativa avrà la combinazione genica ottimale per superare le forche caudine della competizione con gli altri virus; da qui la comparsa di nuove varianti. 
L'eterogenea progenie virale presente nelle persone con doppia infezione va sotto il nome di CRF (circulating recombinant forms). Dall'identificazione del CRF presente in un paziente è così possibile così risalire all'area geografica di appartenenza (per approfondimenti vedi anche QUI).

Se studi precedenti avevano già chiarito l'origine dei gruppi M e N, identificata nelle comunità di scimpanzé del sud del Camerun, l'origine dei gruppi O e P è rimasta avvolta nell'incertezza. Una lacuna conoscitiva che ha reso necessaria una analisi sistematica per rintracciare il serbatoio naturale da cui questi virus sono originati.
Il capillare lavoro di campionamento per tracciare il passaggio del HIV da scimmia a essere umano (©PNAS)
 Il lavoro descritto nello studio è stato capillare e sistematico, con il prelievo sul campo delle feci di diverse popolazioni di gorilla, quelli di pianura (sia delle zone orientali che occidentali dell'Africa equatoriale) e di montagna (da Camerun, Gabon, Repubblica Democratica del Congo e Uganda).
L'identificazione del SIVgor in quattro dei siti analizzati nel Camerun meridionale ha posto la base teorica per attribuire ai gorilla di pianura occidentali l'origine di alcuni gruppi di HIV.
Nota. Ricordo che a differenza dell'epidemia di Ebola dove il contatto tra virus ed essere umano o primate (tipicamente dopo ingestione di frutta contaminata da escrementi di pipistrelli) porta nella stragrande maggioranza dei casi ad una infezione sintomatica (e fatale senza trattamento nel 90% dei casi), nel caso del SIV non solo l'infezione interspecie è altamente improbabile in quanto poco efficiente ma le scimmie "serbatoio" sono identificabili solo dopo analisi di laboratorio data la bassa patogenicità del virus nelle scimmie (a differenza del HIV negli umani). Lo studio non era quindi finalizzato ad identificare un nuovo focolaio ma per ricostruirne la dinamica di diffusione.
Il sequenziamento del genoma del SIVgor ha provato lo stretto grado di parentela tra questo e i gruppi O e P del HIV-1. In altre parole il gorilla di pianura occidentale può essere visto come il contatto critico avuto dal "paziente zero" infettato da queste forme di HIV.
Nota. Ho volutamente tralasciato ogni accenno sull'origine del HIV-2 in quanto distinta da un punto di vista geografico (centrata su Guinea e Costa d'Avorio), temporale e delle scimmie coinvolte. Ad esempio mentre l'origine del HIV-1 è identificata nei primati antropomorfi (scimpanzé e gorilla), nel caso del HIV-2 l'origine è verosimilmente nei cercocebi. Inoltre sebbene da un punto di vista clinico (AIDS) non ci siano grosse differenze a seconda di quale sia il virus colpevole, dal punto di vista "adattativo" ci sono nette differenze sia nella efficienza di infezione che nel numero di infetti, con i casi dovuti a HIV-2 in netta minoranza e in costante declino anche nelle aree africane in cui è sorto, soverchiato oramai dal HIV-1. Per approfondimenti sull'origine dei due virus vedi l'articolo di Paul Sharp (riferimento a fondo pagina)
Comprendere l'origine di una malattia virale è fondamentale sia per monitorare nuove trasmissioni inter-specie che per studiare le mutazioni che hanno permesso al virus di infettare l'essere umano.

Articolo successivo sul tema HIV --> "HGPV e HIV".
La ricostruzione della via seguita dal virus dalle scimmie alla pandemia  --> "Quando e come HIV arrivò in USA".

***
Molto interessante lo studio apparso su Nature di novembre in cui si ricostruisce la filogenesi del ceppo dominante negli USA, confutando allo stesso tempo l'identità di quello che fino a poco tempo era considerato il paziente ZERO del nordamerica, un assistente di volo canadese. Il ceppo era infatti già presente nei primi anni '70 ed è di origine caraibica.
image credit: M. Worobey et al. (Nature, 2016, ;539(7627):98-101)

Per articoli precedenti sul tema --> HIV

Fonte
- Origin of the HIV-1 group O epidemic in western lowland gorillas
Mirela D’arc et al,  PNAS March 2, 2015 

***

Di seguito una bibliografia essenziale per ripercorre il tragitto evolutivo del virus dalla scimmia alla pandemia globale:
- Origins of HIV and the AIDS Pandemic
  Sharp PM e Hahn BH, Cold Spring Harb Perspect Med. 2011
- "Dating the common ancestor of SIVcpz and HIV-1 group M and the origin of HIV-1 subtypes by using a new method to uncover clock-like molecular evolution".  
   The FASEB Journal 15 (2): 276–78. doi:10.1096/fj.00-0449fje. PMID 11156935.

- Il primo caso umano di cui si hanno tracce di HIV in biopsie (materiale bioptico però di pessima qualità)
 "An African HIV-1 Sequence from 1959 and Implications for the Origin of the Epidemic". Nature
- La ricostruzione della diffusione del ceppo in USA
"1970s and 'Patient 0' HIV-1 genomes illuminate early HIV/AIDS history in North America"
Worobey M. et al. Nature. 2016 Nov 3;539(7627):98-101

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