Due notizie riguardo Alfa Centauri, la stella (anzi il sistema stellare) a noi più vicino, distante "solo"4,2 anni luce.
Una inezia su scala galattica, ma sempre tanti per pensare di inviarvi una sonda che, alla velocità massima oggi raggiunta dalla sonda Parker, ci metterebbe 4400 anni ipotizzando una (impossibile) traiettoria in linea retta.
Alfa Centauri è un sistema stellare triplo, composto da due stelle, Alpha Centauri A e B, simili al Sole per dimensioni ed età e che orbitano una intorno all’altra a circa 11 UA, come un sistema binario e una terza stella, Proxima Centauri (Alpha Centauri C), una nana rossa che orbita attorno alle sue due sorelle a grande distanza (circa 13 mila UA).
La prima risale allo scorso anno ed è la conferma dell'esistenza di un pianeta terrestre (almeno nelle dimensioni), Proxima b, attorno a Proxima Centauri.
Immagine artistica di come potrebbe apparire Proxima Centauri vista da Proxima (credit: © ESO / M. Kornmesser) |
La identificazione e caratterizzazione di un pianeta terrestre così vicino alla stella è già di per sé una notizia rilevante in quanto è molto più facile identificare pianeti del tipo gioviani caldi (hot Jupiter). La scoperta viene da misurazioni della velocità radiale ottenute con lo spettrografo ESPRESSO montato sul Very Large Telescope sito in Cile.
Il team ha trovato indizi di un secondo segnale, ma non è stato possibile per ora attribuirlo in modo univoco alla presenza di un'altro pianeta.
I primi indizi della sua esistenza risalgono a 4 anni fa quando il vecchio spettrografo, HARPS, aveva rilevato una piccola perturbazione nella velocità della stella che suggeriva l'esistenza di un compagno "invisibile" che ne spostava il centro di massa. Il lavoro successivo, culminato nella pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics, ha permesso di dettagliare le caratteristiche del pianeta con massa 1,17 volte quella terrestre e l'orbita entro la cosiddetta zona abitabile (la distanza dalla stella in cui l'acqua potrebbe esistere allo stato liquido).
Vero che zona abitabile nei dintorni di una nana rossa è una definizione molto sui generis (almeno per i parametri del nostro sistema) dato che il pianeta si trova così vicino alla stella da impiegare solo 11,2 giorni per compiere l'orbita; posizione spiegabile con la ridotta massa di Proxima Centauri (circa la metà del nostro Sole). Nonostante tale prossimità il pianeta riceve dalla stella una energia paragonabile a quella che la Terra riceve dal 20 volte più distante Sole.
Le nane rosse sono tra le stelle più abbondanti nell'universo e possiedono sia caratteristiche ottimali per chi spera di trovare vita nei pianeti associati che altre che rendono tale possibilità molto scarsa. Il punto di forza è l'essere quasi eterne data la bassa velocità delle reazioni di fusione nucleare per cui eventuali pianeti con condizioni idonee avrebbero avuto tutto il tempo per permettere alle reazioni biologiche di iniziare. D'altro canto si tratta di stelle con attività estremamente variabile che oscilla tra stati "quiescenti", quando sono coperte da macchie solari in cui la luminosità scende al 40%, a fasi caratterizzate da brillamenti che possono raddoppiarne la luminosità nel giro di pochi minuti.
La vicinanza alla stella espone i pianeti nella zona abitabile alle CME e ad una dose di raggi X 400 volte più intensi di quelli sperimentati sulla Terra. Un pianeta "sicuro" dovrebbe possedere un massiccio campo magnetico e ancora non sarebbe al sicuro dai brillamenti.
Come se non bastassero i precedenti, orbite così prossimali rendono il pianeta a rischio tidal locking, uno stato in cui il pianeta (o luna) in orbita ha rotazione in sincrono con il periodo orbitale (in parole semplici, mostra sempre la stessa faccia al corpo intorno a cui orbita).
Nota. Più un pianeta è vicino al suo sole, più forti sono le forze di marea che la stella esercita sul pianeta. Queste forze possono influenzare la velocità di rotazione del pianeta. In casi estremi, queste maree sono così forti da produrre un "blocco della marea", costringendo il pianeta a ruotare tanto lentamente quanto orbita; in altre parole "tidal locking".
E' ancora troppo presto per sapere se il pianeta è dotato di una atmosfera. Possibilità più alta (ma non necessaria come Venere insegna) in presenza di un campo magnetico per la protezione dai venti stellari. Una atmosfera è condizione necessaria per la vita (come noi la conosciamo) ma non sufficiente; dovrebbe infatti contenere miscele di elementi chimici "idonei" e non, rimanendo sull'esempio di Venere, spesse nubi costituite per più del 75% da goccioline di acido solforico. Un buon scudo ma decisamente non bio-friendly.
Un pianeta così vicino è anche un buon banco di prova per testare l'affidabilità di quali biomarcatori usare per sondare la presenza di tracce di vita; un campo minato questo, come il caso della fosfina su Venere ci ha insegnato.
La biologia che noi conosciamo ci offre esempi di organismi capaci di vivere in condizioni "impossibili" come ben insegnano i batteri estremofili (un esempio su tutti il Deinococcus radiodurans) o perfino animali come i microscopici e resistentissimi tardigradi capaci di sopravvivere fuori dalla stazione spaziale internazionale.
Fun Fact. Tra i previsti aggiornamenti che aiuteranno/sostituiranno ESPRESSO c'è lo spettrometro RISTRETTO (sviluppato appositamente per rilevare la luce emessa da Proxima b).
Fonte
- Revisiting Proxima with ESPRESSO
arXiv:2005.12114 [astro-ph.EP] arxiv.org/abs/2005.12114v1
La seconda notizia arriva da un articolo pubblicato pochi giorni fa su Nature Communications e riguarda l'utilizzo di una particolare tecnica ideata per "scovare" pianeti di tipo terrestre nel sistema di Alfa Centauri.
Schema delle proprietà orbitali e delle zone abitabili approssimative del sistema α Centauri AB (credit: K. Wagner et al, Nat. Comm. 2021). |
La notizia in breve è che ci sono riusciti dopo circa 100 ore di osservazioni e molti TB di immagini analizzate. Il pianeta è stato chiamato C1.
Il punto centrale della notizia non è in verità il pianeta in sé ma il metodo usato per trovarlo, basato su osservazione diretta invece che indiretta come fatto classicamente.
L'analisi indiretta si basa su metodi come quello dei transiti o la velocità radiale, dai cui dati si può inferire presenza e caratteristiche del corpo planetario orbitante attorno alla stella osservata. Strumenti potenti, se si pensa che hanno permesso di scovare pianeti distanti anche migliaia di anni luce ma con limitazioni intrinseche come, ad esempio, un corretto allineamento tra noi e la stella. Per una descrizione dei metodi principali finora usati per scovare i 4341 esopianeti confermati vi rimando alla ➡️ postilla metodologica.
L'approccio indiretto è una scelta quasi sempre obbligata date le distanze, la trascurabile dimensione dei pianeti rispetto alla stella e soprattutto il non emettere luce, se non quella riflessa. E quando anche l'osservazione diretta è stata possibile si è trattato di pianeti gassosi giganti in orbite lontane dalla zona abitabile (vedi i pianeti del sistema TYC 8998-760-1 distante 310 anni luce da noi).
La novità introdotta dagli autori del nuovo studio si basa sulla cattura di immagini nel medio infrarosso (10-13 micrometri) associata a lunghi tempi di osservazione (100 ore), procedura che dovrebbe teoricamente permettere di visualizzare pianeti con dimensioni circa tre volte la Terra (categoria super Terre, pianeti rocciosi grandi tra 2 e 9 volte la Terra) e posti all’interno della zona abitabile della stella studiata.
Tra le difficoltà tecniche affrontate dai ricercatori, il fatto che la maggior parte dei tentativi di imaging diretto di esopianeti si basava su lunghezze d'onda sotto i 10 micron (scelta vincolata dalla necessità di minimizzare la radiazione infrarossa dell'atmosfera e perfino quella prodotta dal telescopio e dalla fotocamera). Punto di partenza questo di suo fortemente limitante dato che l'emissione infrarossa dei pianeti terrestri è appena sopra i 10 µm.
Se nel precedente articolo lo studio si era focalizzato sulla nana rossa Proxima Centauri, qui si è andati su stelle più "interessanti" (Proxima A e B, anche detto sistema AB) date le loro caratteristiche solari, meno longeve delle prime ma decisamente più stabili per un discreto arco temporale.
C'erano indizi dell'esistenza di pianeti rocciosi intorno ad Alpha Centauri A e B ma le tecniche in uso non erano state risolutive.
Per migliorare la sensibilità del telescopio gli scienziati hanno utilizzato uno specchio secondario adattivo (per correggere la distorsione della luce causata dalla nostra atmosfera) e un coronografo (schermo che blocca la luce della stella osservata), ottimizzando il tutto per la rilevazione al medio infrarosso. Il trucchetto risolutivo è stata l'osservazione simultanea della zona abitabile delle due stelle, fatta oscurando in modo consecutivo prima una stella e poi l'altra a distanza di decimi di secondo.
Questo escamotage ha consentito di osservare ogni stella per la metà del tempo totale, sottraendo ogni fotogramma dal fotogramma successivo così da rimuovere tutto il rumore di fondo causato dal telescopio e dalla fotocamera. La velocità di esecuzione (frequenze di decimi di secondo) è stata fondamentale dato che l'emissione nella banda dell'infrarosso ha una certa variabilità per cui se si fosse optato per una sottrazione di fotogrammi troppo distanti il rumore di fondo sarebbe perfino aumentato.
Più facile a scrivere che a farlo se si pensa che si sono volute 5 milioni di immagini per ottenere i dati appena sufficienti per trovare il pianeta.
Quello che si può dire per ora sul pianeta C1 è che non è una super Terra ma ha dimensioni comprese fra Nettuno e Saturno e dista dalla sua stella, Alpha Centauri A, circa 1 UA (come la Terra).
Non un pianeta "utile" in quanto a caratteristiche terrestri ma utile per la messa a punto di una tecnica che potrà ora essere testata su sistemi stellari (sempre vicini) come Tau Ceti distante 11 anni luce.
Fonte
- Imaging low-mass planets within the habitable zone of α Centauri
K. Wagner et al, Nature Communications 2021, 12(922)
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