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Risvegliati i batteri rimasti intrappolati nei sedimenti abissali dall'epoca dei dinosauri

Nei sedimenti di argille abissali sono stati rinvenuti microbi rimasti lì inglobati da decine di milioni di anni. 
Ricercatori giapponesi hanno dimostrato che non si tratta di spore o di "fossili" microbici (quindi defunti) ma di batteri rimasti in condizioni di minimo metabolismo, quasi dormienti (a causa della scarsità di fonti di energia chimica), che è possibile "rianimare" fornendo nutrienti.
Le cellule redivive dopo l'aggiunta di nutrienti, visualizzati grazie a traccianti radioattiivi (credit: JAMSTEC)
Lo studio, pubblicato la scorsa settimana su Nature Communications, è interessante sia per l'approccio sperimentale usato che per il risultato che permette di ampliare i confini "ambientali" permissivi per la vita, dato non trascurabile questo per i futuri studi di esobiologia su pianeti apparentemente deserti (ma un tempo probabilmente adatti alla vita) come Marte.

L'idea alla base del progetto era indagare i limiti della ben nota tolleranza dei batteri (o almeno di alcune specie) a condizioni estreme presenti sulla Terra, fatali per gran parte degli altri organismi.
Non una domanda peregrina considerando l'esistenza di quel variegato gruppo microbico definito genericamente come estremofili (per la maggior  parte archeobatteri) capaci non solo di sopravvivere ma di prosperare in ambienti quali i laghi salati, le sorgenti idrotermali di acqua bollente, ambienti ricchi di metalli (mercurio, arsenico, ...), laghi di catrame in ebollizione e perfino nel permafrost.
I fondali oceani sono ambienti in genere inospitali ma in cui esiste la vita, perfino in corrispondenza delle fosse oceaniche dove la pressione dell'acqua sarebbe capace di accartocciare un sottomarino. Una eccezione sono i (nemmeno tanto profondi) fondali al largo della costa orientale dell'Australia, il South Pacific Gyre, nota per la caratteristica di essere un deserto di acqua pressoché privo di vita, in quanto incapace di sostentare anche il solo plancton, che come sappiamo é alla base della piramide alimentare oceanica. Conseguenza immediate di questo deserto biotico, pochissima materia organica cade sul fondale, posto circa 5 mila metri più in basso.
credit: sciencemag.org

Per dare l'idea, mentre in un classico fondale marino ossigenato si trovano in media 100 mila cellule per centimetro cubo di fango, il numero di batteri (o di tracce fossili visibili al microscopio) in questa zona è almeno 100 volte inferiore rispetto a campioni prelevati da fondali alla stessa profondità siti ai margini oceanici o in aree di upwelling
Insieme all'idea progettuale (esiste vita microbica su questi fondali poveri?) c'era l'opportunità pratica, grazie a campioni ottenuti dal carotaggio delle argille sedimentarie fatto nel 2010 nell'ambito del programma di esplorazione dei fondali oceanici, IODP.
Campioni derivati dal carotaggio oceanico catalogati per tipologia. Sedimenti presi da queste "carote" sono stati usati per verificare la vitalità potenziale dei microbi in essi identificati (credit: IODP/JRSO)

I campioni di argilla pelagica sono datati, a seconda del luogo di prelievo, in un arco temporale tra 13 e 102 milioni di anni. Sommando questo dato alle informazioni chimico-fisiche (bassa porosità e coefficiente di diffusione, ...) il quadro "ambientale" che ne risulta è quello di un sistema rimasto di fatto chiuso per decine di milioni di anni .
Tradotto, vuol dire che la datazione dei sedimenti coincide con il momento della "cattura" della forme microbiche, da allora lì imprigionate senza possibilità di "nuovi arrivi" (biotici o di nutrienti).
L'analisi chimica dei campioni mostrava presenza di ossigeno molecolare, fosfato e carbonio inorganico disciolto in tutta la roccia sedimentaria del fondale, quindi elementi fondamentali utilizzabili come accettori di elettroni e nutrienti inorganici, ma scarso "combustibile" (fonte di energia chimica). L'analisi stechiometrica molecolare dei sedimenti mostra una riduzione netta di O2 disciolto e aumento di nitrati, il che indica un metabolismo microbico basato sull'ossigeno (quindi non di tipo anaerobico) accoppiato all'ossidazione della materia organica marina, sebbene molto lento.
Un basso metabolismo ha effetti importanti sulla potenzialità proliferativa, visto che una cellula deve metabolizzare una certa quantità di carbonio rispetto alla propria biomassa prima di poter raddoppiare le sue dimensioni e dividersi o anche solo mantenere uno stato metabolicamente attivo. Un dato che spiega il basso titolo microbico.
Nota. Si è qui sottolineata la presenza di tracce di ossigeno disciolto nell'argilla ma vale la pena ricordare che la sua presenza non è condizione necessaria per la vita microbica in generale, come ben insegnano le specie anaerobe, ad esempio gli appartenenti al genere Clostridium, Bacteroides e al gruppo dei metanogeni (questi ultimi in realtà archèobatteri). Questi microbi ricavano energia mediante una delle varie forme di fermentazione e, quelli capaci di respirazione anaerobica, usando molecole inorganiche diverse dall'ossigeno (solfato, mercurio, ...) come accettore finale dell'elettrone. Gli anaerobi possono essere facoltativi o obbligati, questi ultimi sono i microbi piu simili a quelli che popolavano la Terra prima della "Grande Ossigenazione", incapaci di neutralizzare il tossico ossigeno (trasformandolo in acqua), per cui oggi relegati alle zone più "nascoste" del pianeta, tipo i camini idrotermali nelle dorsali oceaniche
Il quesito biologico ancora aperto riguardo ai microbi presenti in questi sedimenti era se e quanto fossero ancora vitali.
Per comprenderlo i ricercatori hanno condotto esperimenti di incubazione microaerobica sui campioni fornendo substrati marcati con isotopi radioattivi, utili per tracciare e quantificare la comparsa di attività anaboliche o per dirla semplice il "risveglio del batterio dopo avere ricevuto la colazione" (solo le cellule metabolicamente attive incorporano il tracciante).

I risultati sperimentali, nettamente positivi, sorpresero gli stessi ricercatori che all'inizio temettero una contaminazione ambientale avvenuta durante la procedura di carotaggio. Eventualità poi esclusa grazie ai controlli sperimentali e alla caratterizzazione microbica.
Per rendere l'idea, in soli 68 giorni dall'inizio dell'incubazione il tasso di incorporazione del tracciante è aumentato di 4 ordini di grandezza, con una netta maggioranza di microbi aerobici (comprensibile viste le condizioni sperimentali e la tipologia ossica del sedimento). Espermenti analoghi condotti in condizioni anossiche non hanno dato uguali risultati ad indicare che i microbi anaerobi qui presenti si erano meno preservati nel tempo.
I risultati suggeriscono che le comunità microbiche presenti nei sedimenti abissali poveri di materiale organico sono costituiti principalmente da aerobi che mantengono il loro potenziale metabolico in condizioni di energia estremamente bassa per tempi fino a 101,5 milioni di anni (il campione piu vecchio tra quelli testati).
L'analisi genetica ha mostrato una discreta eterogeneità dei batteri presenti, appartenenti a 10 gruppi abbastanza frequenti ancora oggi, capaci di sopravvivere in condizioni di estrema o assoluta carenza di fonti energetiche. Tra questi i batteri capaci di formare spore sono una percentuale del tutto trascurabile, un dato che supporta l'idea che i microbi "riattivati" fossero semplicemente in condizione di basso metabolismo, ma del tutto vitali, e non spore congelate nel tempo.

Curiosità. Si ipotizza che il fattore chiave che ha permesso a questi batteri di sopravvivere per tutto questo tempo è conseguenza del ridotto accumulo di sedimenti tipico di quella particolare area oceanica. Infatti quando i sedimenti si accumulano rapidamente, la pressione da essi esercitata cumulativamente, provoca l'espulsione dai microgranuli anche di quelle poche molecole di ossigeno presenti, fondamentali per la vita di questi batteri, praticamente tutti aerobi.
A tal proposito gli autori stimano che il tasso di sedimentazione massimo accettabile per garantire la sopravvivenza di questi microbi sia 1 metro per milione di anni.

Questo per dire che anche se non uno non trovasse prove di vita sulla superficie di un pianeta, in cui un tempo vi era acqua, se scavi abbastanza e nel posto giusto, potresti riportarle le cellule in piena attività anche dopo milioni di anni. Il che, sulla base di film di fantascienza oggi cult (ad esempio Fantasmi su Marte) non è necessariamente una buona cosa.



Fonti
- Scientists revive 100 million-year-old microbes from deep under seafloor
Reuters
- Aerobic microbial life persists in oxic marine sediment as old as 101.5 million years
Y. Morono et al. Nature Communications 11, 3626 (2020)

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--> "La ricerca della vita nei laghi subglaciali dell'Antartide"

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