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Un satellite per studiare il cuore delle pulsar

Sono passati 50 anni dalla scoperta delle pulsar e ancora oggi c'è molto da capire su queste stelle di neutroni che emettono potenti fasci di radiazione elettromagnetica. 
Pulsar (credit: INAF)
Emissioni talmente potenti e prevedibili da equipararle a fari intergalattici il cui segnale si palesa a intervalli di tempo prevedibili: la pulsar scoperta nel 1967 aveva un periodo di 1,33 secondi, oggi sono note anche micropulsar con periodi compresi tra 10 e 30 millisecondi. 
La radiazione emessa lungo l'asse di rotazione è direttamente correlata alla sua velocità di rotazione che è a sua volta dipendente dalla massa. Poiché il segnale della pulsar è visibile unicamente da un osservatore (nel nostro caso la Terra) posto sulla traiettoria del raggio, ne deriva che tutte le pulsar che ruotano su assi "non compatibili" con noi saranno per noi invisibili se non come stelle di neutroni (grazie alla distorsione gravitazione prodotta su stelle vicine - come nei sistemi binari - o sulla luce che arriva da altre stelle sullo sfondo).

La domanda che sorge spontanea quando si parla di pulsar (o in genere delle stelle di neutroni) è come sia possibile che una massa maggiore di quella del Sole finisca racchiusa in una sfera del diametro di 15 km (una città media). 
Innanzitutto precisiamo che più che stella sarebbe meglio definirla come "il cadavere" di una stella essendo il residuo di una stella sufficientemente massiccia da avere generato una supernova ma troppo piccola perché si formi dopo l'esplosione un buco nero.

Una tale concentrazione di massa in un volume ridotto fa sì che la densità di una pulsar sia nell'ordine di 200 milioni di tonnellate per cm3. Valori difficili da immaginare per noi abituati a (e fatti da) materia standard; perfino la materia nel nucleo del Sole, pur sottoposta a pressione di miliardi di atmosfere, ha una densità di "solo" 150 g/cm3.
Dentro una stella di neutroni (credit: Nature)
A tale densità la materia acquisisce proprietà "esotiche" (anche detta materia degenere) in quanto possibili solo in condizioni di gravità eccezionale. In queste condizioni lo spazio atomico che definisce la materia standard passa da uno stato con "volumi" atomici ben definiti (10E-10 metri di raggio) ad uno in cui lo spazio intra-atomico è di fatto annullato con i neutroni dei nuclei originari ammassati uno "a fianco all'altro" a formare una sorta di brodo di quark.
Negli atomi è il "vuoto" a farla da padrone. Se visualizzassimo il nucleo dell'atomo più piccolo (l'idrogeno) come una pallone da calcio, il primo (e unico in questo caso) orbitale elettronico si troverebbe a 10 km di distanza! Nel caso delle stelle di neutroni questo spazio è perso insieme agli elettroni e protoni. Poiché al diminuire delle dimensioni e data una certa massa vale sempre la conservazione del momento angolare, ecco che al diminuire del rapporto dimensione/massa la stella comincia a ruotare sempre più velocemente e questo spiega il fenomeno delle pulsar.
Le stelle sono fatte principalmente di idrogeno, quindi un protone più un elettrone. Mano a mano che le reazioni di fusione nucleare procedono cominciano a comparire atomi di massa maggiore (contenenti, dal deuterio in poi, anche i neutroni). La supernova fornisce energia sufficiente a creare elementi più pesanti del ferro. La domanda ovvia è quindi "che fine hanno fatto i protoni e gli elettroni?". La risposta "veloce" è che si sono "fusi" originando neutroni (in condizioni normali i neutroni al di fuori del nucleo - alias solitari - decadrebbero in poco tempo formando elettroni e protoni ma nelle condizioni di pressione e gravità della stella di neutroni questo processo non avviene).
Per rispondere ad almeno qualcuno dei molti quesiti sottesi alla fisica delle pulsar il 1° giugno è entrato in funzione sulla stazione spaziale internazionale (ISS) uno strumento chiamato NICER (Neutron star Interior Composition Explorer). Di dimensioni paragonabili ad una lavatrice, NICER è capace di intercettare e analizzare i raggi X provenienti dai due poli della pulsar, in aggiunta alla "classica" capacità di misurare la curvatura della luce di stelle lontane che passa vicino alla pulsar. Il tutto grazie alla presenza al suo interno di 56 telescopi specializzati per la parte "rossa" della radiazione X e ad un sensore in grado di rilevare intervalli di segnale fino a 100 nanosecondi.
L'insieme dei dati ottenuti permetterà di calcolare dimensioni e massa della pulsar con un grado di precisione finora impossibile.

Visione simulata di NICER sulla ISS. Credit: NASA Goddard SVS via GIPHY


Se nel recente passato abbiamo già avuto esempi della potenza informativa che lo studio delle stelle di neutroni permette (vedi il sistema LIGO descritto in --> "Le onde gravitazionali, finalmente"), nel prossimo futuro potremo usare le pulsar come dei fari direzionali; il loro ritmico segnale le renderà simili a satelliti GPS ma in ambito spaziale. 
Come il sistema di posizionamento globale utilizza il battito degli orologi atomici posti sui satelliti per triangolare la posizione di un ricevitore, così la navigazione basata sulle pulsar sfrutterà i tempi di arrivo della luce da queste stelle.
I test inizieranno a breve usando 10 pulsar come modello; in futuro (e parliamo della missione Orion su Marte) le navette potranno "emanciparsi" dalla rotta calcolata dai telescopi sulla Terra seguendo le indicazioni di fari presenti in un'altra galassia.

 Fonti
- NICER 
- What are Pulars? (cosmo.com)
- Quora

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