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Il grafene nuovo alleato contro i batteri

La prospettiva di un mondo "invaso" da batteri resistenti agli antibiotici è ai primi posti tra le preoccupazioni degli organismi sanitari mondiali. Non si tratta purtroppo di un mero dibattito accademico ma del risultato delle rilevazioni condotte dai centri che monitorano la diffusione delle malattie microbiche; il verdetto è  che sono necessarie soluzioni innovative per scongiurare centinaia di migliaia di morti in un prossimo futuro.
Non si parla qui dei "classici" decessi conseguenti alla comparsa di un microbo particolarmente virulento ma di infezioni successive a eventi banali come un ascesso o a un qualunque evento che possa provocare lesioni della cute. Un rischio ben noto e fatalisticamente preventivato dai nostri nonni, finché alla fine degli anni '40 fecero la loro comparsa gli antibiotici.

Grafene, un singolo
"foglio" di atomi di carbonio
Le strategie per ridurre al massimo il rischio della comparsa di batteri resistenti sono, sebbene tardive, molteplici. Si va da opere di educazione per insegnare il corretto uso degli antibiotici all'obbligo di ricetta per l'acquisto, passando da un giro di vite sul loro utilizzo negli allevamenti. Trovare nuovi farmaci è la strada più ovvia ma soffre del rischio di vedere farmaci innovativi (e costosi) neutralizzati da nuove forme di resistenza.
Un percorso complementare è quello tecnologico volto a creare materiali con caratteristiche antibiotiche "intrinseche nella loro struttura" con i quali rivestire tutti gli strumenti ospedalieri.
La natura e le nuove tecnologie ci vengono ora in aiuto, come ben dimostrano due recenti lavori tutti centrati sul grafene, la forma planare del fullerene.

Il primo lavoro, frutto delle sinergie di due team di ricerca italiani, è stato pubblicato sulla rivista "Nature Scientific Reports".
I ricercatori hanno sviluppato un rivestimento ispirato al carapace dei granchi e come esso dotato di proprietà antibatteriche; una caratteristica questa sviluppata nel corso di milioni di anni di evoluzione, e basata  sulla  fisica dei materiali più che sulla presenza di molecole ad azione antibiotica. Il prodotto sviluppato mima il rivestimento del granchio grazie a un gel contenente microscopiche lamine di grafene che formano una specie di filo spinato di dimensioni nanometriche. Una barriera dimostratasi in grado di tagliare e uccidere, dopo il contatto, oltre il 90 % delle specie batteriche testate; cosa ancora più importante, la natura dell'azione antimicrobica fa si che il rischio che un batterio mutante sviluppi una qualche contromisura, meno che esiziale.
I batteri resistenti agli antibiotici diventano tali o in seguito a mutazioni che rendono il bersaglio dell'antibiotico non più riconoscibile o acquisendo da altri batteri, anche di specie diverse, uno o più enzimi capaci di distruggere la molecola antibiotica. Nel caso del grafene il batterio dovrebbe "inventarsi" su due piedi una corazza capace di farlo passeggiare incolume sul "filo spinato", cosa praticamente impossibile per le dinamiche evolutive.

Il gel potrebbe essere usato ad esempio come rivestimento degli strumenti per le sale operatorie, negli impianti biomedici e su tutte le superfici "a rischio".
Lo studio è, come sempre più spesso avviene, interdisciplinare essendosi avvalso di tecniche che vanno dalla biologia alla stampa laser e dalla tecnologia dei materiali all'utilizzo di complessi modelli di fisica teorica.

***

A distanza di poche settimane dall'articolo italiano ecco arrivare un lavoro della Rice University, pubblicato su una rivista della American Chemical Society, che conferma le potenzialità antibatteriche del grafene.
Nello specifico i ricercatori hanno osservato che il grafene indotto dal laser (LIG), una versione spugnosa del grafene, non solo è in grado di impedire la formazione dei biofilm (aggregazione complessa di microrganismi, caratterizzata da estrema resistenza ai trattamenti) ma anche di fulminare letteralmente i batteri che vi si avvicinassero grazie alle note proprietà di conduttore del grafene (previo collegamento ad una batteria di 1,1 volt)
L'azione antibatterica del LIG rispetto alla polimide (il polimero di partenza).
Credit: Arnusch Lab/Ben-Gurion University of the Negev

Gli studi sul LIG sono iniziati tre anni fa per tutt'altri motivi, centrati sul miglioramento della componentistica elettronica e delle celle a combustibile finché gli autori si sono accorti delle sue potenzialità antimicrobiche. Le proprietà anti-biofilm del LIG proiettano il suo utilizzo in più settori, dagli impianti di trattamento delle acque ai macchinari per la trivellazione, dagli ospedali fino ai cavi transoceanici.
Se a questo si aggiunge la sua capacità "fulminante", a guisa delle comuni racchette elettriche usate contro le zanzare, si comprende l'interesse che il grafene ha destato nella comunità scientifica.

Nessuno dei due studi risolve (né vorrebbe farlo) il problema della resistenza agli antibiotici ma lo affronta indirettamente fornendo un modo per prevenire la contaminazione di superfici critiche (come quelle ospedaliere), per loro natura il punto di passaggio dei batteri da un individuo all'altro.



Per articoli precedenti attinenti al tema --> "antibiotici"

Fonti
- Biomimetic antimicrobial cloak by graphene-oxide agar hydrogel
M. Papi et al, Scientific Reports 6, Article number: 12 (2016)

- Laser-Induced Graphene Layers and Electrodes Prevents Microbial Fouling and Exerts Antimicrobial Action
Swatantra P. Singh et al, ACS Applied Materials & Interfaces (2017)




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