Un team di ricerca inglese si sta dedicando ad uno studio curioso quanto potenzialmente ad alto impatto terapeutico: scoprire se esiste una impronta digitale "odorosa", generata dalla somma delle molecole secrete dalla cute, nei soggetti in cui il morbo di Parkinson è ancora nella fase asintomatica.
I ricercatori sono partiti dall'ipotesi che le alterazioni sottostanti a tale malattia potrebbero modificare le caratteristiche chimiche del sebo, un liquido oleoso con funzioni protettive per la pelle. Se venisse dimostrata l'esistenza di tale correlazione, il sebo diventerebbe un utile biomarcatore diagnostico, con in più il vantaggio di non necessitare di esami invasivi (e costosi).
L'idea non nasce dalla fantasia di un qualche neurobiologo ma dall'esistenza di una persona dimostratasi capace di identificare le persone affette da Parkinson semplicemente annusandone la t-shirt (--> BBC news).
La donna dall'olfatto diagnostico (Parkinson's UK in Scotland) |
Nota. Sebbene esistano alcune patologie notoriamente associate alla presenza di un odore corporeo caratteristico e facilmente percepibile, nella maggior parte dei casi questa associazione, se presente, non è rilevabile da un "naso" medio. Nella popolazione esistono tuttavia individui noti, come "super-percettori" (di odori o sapori), capaci di identificare odori e aromi "invisibili" alla gran parte delle persone. A questa categoria di persone (super-sniffer) appartiene la persona prima citata, una donna scozzese.
Un altro esempio che sostanzia l'esistenza di marcatori odorosi in alcune malattie è la dimostrata capacità di alcune razze di cani di percepire la presenza di neoplasie (o altre alterazioni neuro-vascolari) in individui spesso non consapevoli di esserne affetti.
Lo studio pilota appena iniziato, finanziato dall'ente Parkinson’s UK, verte sull'analisi in singolo cieco di 200 volontari, sia sani che malati. La caratterizzazione del profilo odorifero dei tamponi (lasciati per un certo periodo di tempo in contatto con la pelle dei soggetti) si baserà non solo su tecniche analitiche quale la spettrometria di massa ma anche sulla collaborazione con "detector-umani", cioè individui dotati di capacità olfattive superiori alla media.
Se il progetto avrà successo, questo fornirà un fondamentale supporto allo sviluppo di terapie preventive o contenitive della sintomatologia del Parkinson in quanto potrà essere "disegnata" sulle primissime fasi della malattia quando ancora il danno non è talmente esteso da essere, funzionalmente, irrimediabile.
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Un articolo su un tema "più leggero" ma sempre attinente all'olfatto è quello da titolo evocativo "Perché i giapponesi hanno ragione quando dicono che noi puzziamo" (-->QUI). Un esempio di come, a volte, la scienza deve dare ragione a quelli che avremmo definito stereotipi.
Fonte
- Skin odour could lead to early diagnosis of Parkinson’s
The University of Manchester, news
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