L'olfatto è uno dei sensi più importanti nel mondo animale, capace di catturare informazioni ambientali (nel senso generale del termine) con una sensibilità di poche particelle per milione. Nella sua accezione più nota questo sistema sensoriale permette di trovare fonti di cibo, acqua, partner o evitare predatori. L'evoluzione degli esseri umani ha pagato dazio in questa capacità sia per ragioni selettive (minore dipendenza dall'olfatto per sopravvivere) che sociali (una atrofizzazione funzionale legata al vivere sempre più in società "inodori") con il risultato di avere relegato questo senso tra quelli meno apprezzati.
Quello che abbiamo perso lo deleghiamo ai cani come rilevatori viventi di "odori" nelle più svariate situazioni tra cui, inattesa emersa negli ultimi, la capacità di percepire stati patologici come tumori e problemi circolatori e (mediante i ratti) perfino la tubercolosi.
Ma ci sono umani "speciali", dotati di capacità olfattive sopra la media, in gran parte innate ma anche "educabili" (si può imparare a riconoscere gli odori). Tra questi particolare interesse aveva suscitato il caso della persona capace di identificare persone affette dal morbo di Parkinson (anche nello stadio precoce non diagnosticato) soltanto annusandone gli indumenti (ne ho parlato in un precedente articolo -->QUI).
Il caso è quello dell'infermiera Joy Milne che percepì nel marito un odore strano 12 anni prima che a questi fosse diagnosticata il Parkinson. Solo in seguito il neurobiologo Tilo Kunath confermò come affidabile tale correlazione dando inizio ad uno studio, a cui l'infermiera partecipò come "sensore" per identificare le molecole "odorifere" con la speranza di sviluppare test diagnostici precoci.
Facciamo ora un passo indietro.
Joy Milne capì che quello strano odore che lei sola notava poteva essere qualcosa di più di una coincidenza quando, insieme al marito oramai malato, iniziò a frequentare gruppi di supporto sul Parkinson. A quelle riunioni scoprì che tutte le persone malate presenti nella stanza emanavano lo stesso odore. Ci pensò un po' prima di condividere queste sue impressioni con Tilo Kunath, un neurobiologo dell'Università di Edimburgo, quasi rassegnata alla reazione di incredulità che avrebbe suscitato la sua affermazione.
Ma Kunath da persona di scienza decise di mettere alla prova tale affermazione mediante un test nel quale la Milne annusò magliette indossate da persone sane o dai malati di Parkinson. La signora non solo identificò senza errori le magliette "parkinsoniane" ma indicò come positiva anche quello di una persona a cui venne diagnosticato il Parkinson solo 8 mesi dopo.
Da qui iniziò la ricerca, condotta insieme ad un team della università di Manchester, delle molecole responsabili dell'odore che la Milne descriveva come muschiato. Il terreno di caccia fu delimitato al sebo, un liquido biologico di natura grassa prodotto da particolari ghiandole nella cute. L'area venne ristretta alla parte superiore della schiena dove l'infermiera affermava essere più forte l'odore da lei percepito.
L'analisi della composizione delle molecole presenti nei campioni sebo si è basata sulla tecnica nota come spettrometria di massa. Il processo di raffinazione del mix molecolare, guidato nella selezione dall'olfatto della Milne, ha permesso di ridurre il numero di molecole indiziate dalle migliaia iniziali a quattro, i cui livelli determinano la particolare impronta odorifera del malato.
Nel dettaglio i test hanno rilevato che nel sebo dei parkinsoniani il livello di tre sostanze (eicosano, acido ippurico e aldeide stearilica) era maggiore che nei controlli mentre una quarta sostanza, l'aldeide perillica, era meno abbondante.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista ACS Central Science.
Per validare la capacità predittiva del test bisognerà ora attendere i risultati di uno studio a cui partecipano un migliaio tra pazienti e controlli. Durante questa fase i ricercatori cercheranno anche di capire se esista una correlazione tra l'odore percepito (e a cascata nella composizione delle molecole), la progressione della malattia e le varianti con cui si può manifestare il Parkinson.
Il "dono" della Milne non è scevro da effetti collaterali. La sua sensibilità olfattiva la costringe ad evitare le corsie più profumate dei supermercati e, immagino, possa esserle capitato di trovarsi a disagio percependo odori in persone apparentemente sane, soprattutto considerando che ha scoperto di essere in grado di rilevare "odori" di altre malattie. Se nel caso del Parkinson percepisce un aroma muschiato, con l'Alzheimer ha un vago sentore di vaniglia, mentre con il cancro la sensazione è qualcosa di più "terroso".
Tra i progetti a cui partecipa l'oramai indispensabile Milne, c'è quello legato all'identificazione delle molecole per la rilevazione della tubercolosi, una malattia che pensavamo di avere sconfitto ma che è diventata nuovamente un problema (--> "Il ritorno di polio e TBC").
Il caso è quello dell'infermiera Joy Milne che percepì nel marito un odore strano 12 anni prima che a questi fosse diagnosticata il Parkinson. Solo in seguito il neurobiologo Tilo Kunath confermò come affidabile tale correlazione dando inizio ad uno studio, a cui l'infermiera partecipò come "sensore" per identificare le molecole "odorifere" con la speranza di sviluppare test diagnostici precoci.
Quando compaiono i sintomi del Parkinson, i danni a livello del sistema dopaminergico sono talmente estesi da rendere possibili solo terapie di mantenimento. Trattamenti in ogni caso di breve termine e non terapeutici nel senso stretto del termine (le cellule produttrici di dopamina sono morte e non sostituibili). Per ipotizzare un approccio terapeutico bisognerebbe prima di tutto avere a disposizione test diagnostici capaci di rilevare la malattia quando ancora asintomatica; solo così sarà possibile sviluppare e testare farmaci capaci di prevenire la morte dei neuroni.Il lavoro è stato completato, con la identificazione di 4 molecole, e il test diagnostico è in fase di validazione clinica, passaggio obbligatorio per ottenere il semaforo verde dagli enti regolatori.
Facciamo ora un passo indietro.
Joy Milne capì che quello strano odore che lei sola notava poteva essere qualcosa di più di una coincidenza quando, insieme al marito oramai malato, iniziò a frequentare gruppi di supporto sul Parkinson. A quelle riunioni scoprì che tutte le persone malate presenti nella stanza emanavano lo stesso odore. Ci pensò un po' prima di condividere queste sue impressioni con Tilo Kunath, un neurobiologo dell'Università di Edimburgo, quasi rassegnata alla reazione di incredulità che avrebbe suscitato la sua affermazione.
Ma Kunath da persona di scienza decise di mettere alla prova tale affermazione mediante un test nel quale la Milne annusò magliette indossate da persone sane o dai malati di Parkinson. La signora non solo identificò senza errori le magliette "parkinsoniane" ma indicò come positiva anche quello di una persona a cui venne diagnosticato il Parkinson solo 8 mesi dopo.
Joy Milne (Credit: Chris Watt / The Telegraph) |
L'analisi della composizione delle molecole presenti nei campioni sebo si è basata sulla tecnica nota come spettrometria di massa. Il processo di raffinazione del mix molecolare, guidato nella selezione dall'olfatto della Milne, ha permesso di ridurre il numero di molecole indiziate dalle migliaia iniziali a quattro, i cui livelli determinano la particolare impronta odorifera del malato.
Nel dettaglio i test hanno rilevato che nel sebo dei parkinsoniani il livello di tre sostanze (eicosano, acido ippurico e aldeide stearilica) era maggiore che nei controlli mentre una quarta sostanza, l'aldeide perillica, era meno abbondante.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista ACS Central Science.
Per validare la capacità predittiva del test bisognerà ora attendere i risultati di uno studio a cui partecipano un migliaio tra pazienti e controlli. Durante questa fase i ricercatori cercheranno anche di capire se esista una correlazione tra l'odore percepito (e a cascata nella composizione delle molecole), la progressione della malattia e le varianti con cui si può manifestare il Parkinson.
Il "dono" della Milne non è scevro da effetti collaterali. La sua sensibilità olfattiva la costringe ad evitare le corsie più profumate dei supermercati e, immagino, possa esserle capitato di trovarsi a disagio percependo odori in persone apparentemente sane, soprattutto considerando che ha scoperto di essere in grado di rilevare "odori" di altre malattie. Se nel caso del Parkinson percepisce un aroma muschiato, con l'Alzheimer ha un vago sentore di vaniglia, mentre con il cancro la sensazione è qualcosa di più "terroso".
Tra i progetti a cui partecipa l'oramai indispensabile Milne, c'è quello legato all'identificazione delle molecole per la rilevazione della tubercolosi, una malattia che pensavamo di avere sconfitto ma che è diventata nuovamente un problema (--> "Il ritorno di polio e TBC").
Articolo successivo sul tema––> "Al lavoro per sviluppare test precoci per il Parkinson"
- Discovery of Volatile Biomarkers of Parkinson’s Disease from Sebum
DK Trivedi et al, ACS Cent. Sci., 2019, 5 (4), pp 599–606
- Super-smeller' helps develop swab test for Parkinson's disease
The Guardian (20/3/2019)
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