Diabete, invecchiamento e stress. Una triade con qualcosa di inatteso in comune: le cellule beta del pancreas che tornano ad uno stadio immaturo.
Per anni, i ricercatori hanno cercato di capire perché con l'invecchiamento il corpo sviluppi deficit nella capacità di produrre insulina. Una carenza che oltre una certa soglia di tollerabilità porta al diabete.
L'insulina facilita il transito del glucosio dal circolo sanguigno alle cellule che ne hanno bisogno come "carburante" per il metabolismo. Tuttavia anche in presenza di glucosio e di insulina può comparire la condizione di "affamamento" qualora le cellule siano diventate meno responsive all'azione dell'insulina; il che a cascata forza le cellule beta del pancreas a lavorare di più per compensare l'aumentata richiesta (diabete di tipo 2 o insulino-resistente). Per motivi non del tutto compresi, alla lunga questo stress produttivo danneggia le cellule e quindi alla resistenza all'insulina si sovrappone il calo dell'insulina circolante (diabete di tipo 1). Alcuni indizi hanno fatto ipotizzare che gran parte di queste cellule stressate si "suicida" con un processo noto come apoptosi. Ma questa è solo una spiegazione parziale.
I ricercatori della Columbia University hanno avanzato una sorprendente proposta alternativa dopo avere scoperto che nei topi con diabete di tipo 2 le cellule beta non funzionanti non erano affatto morte; avevano invece intrapreso un processo dedifferenziativo, cioè il ritorno ad una forma cellulare meno differenziata o più "immatura".
Una scoperta che apre la strada teorica allo sviluppo di nuovi percorsi terapeutici finalizzati ad invertire il processo riportando le cellule allo stadio maturo, quindi in grado di produrre insulina. Una prospettiva tutt'altro che remota, visti i progressi fatti negli ultimi anni nella manipolazione di cellule staminali.
Il responsabile del progetto, Domenico Accili, direttore del Columbia University Diabetes and Endocrinology Research Center, si occupa da tempo di quello che avviene nelle cellule beta a livello molecolare durante le fasi che portano al diabete, con particolare interesse per il ruolo svolto dalla proteina FOXO1 che sembra scomparire quando le cellule beta smettono di produrre insulina.
Nel lavoro pubblicato sulla rivista Cell, lo studio si è concentrato su topi geneticamente modificati privi di FOXO1, ma solo nelle cellule beta. Se in condizioni standard gli animali apparivano normali una volta che andavano incontro a stress totalmente naturali - la gravidanza per le femmine e l'invecchiamento per i maschi - i topi divenivano iperglicemici, diminuiva la secrezione di insulina e compariva il diabete. In contemporanea a questo processo alcune delle loro cellule beta mostravano la comparsa di marcatori tipici delle cellule immature.
Lo stress quindi è in grado di alterare il normale funzionamento cellulare "togliendole" dall'insieme di cellule "utili".
Tra i fattori in grado di fornire sollecitazioni fisiologiche che stimolano la produzione di insulina vi è l'obesità, la gravidanza e l'invecchiamento, guarda caso tutti fattori noti per indurre stati diabetici più o meno temporanei.
Una delle ipotesi proposte per spiegare il fenomeno è che togliere le cellule "dall'arena" e rimetterle "in panchina", serve per dare loro un po' di riposo e favorire il loro successivo reimpiego. Altrettanto chiaro che se troppe cellule vengono tolte dal campo, la squadra perde dato che non viene più prodotta insulina.
Anche se non è ancora chiaro perché questo accada, la scoperta potrebbe favorire un nuovo approccio medico consistente nell'alleviare lo stress sulle cellule beta e nel contempo favorire il ritorno in uno stato "produttivo".
La ricerca sui topi ha anche dimostrato che quando un gran numero di cellule beta viene distrutto, alcune cellule alfa (che producono glucagone) si trasformano in cellule beta. Un meccanismo per indurre un turn-over quando troppe cellule beta hanno chiesto il time-out.
Stesso discorso viene da un altro studio condotto sulle cellule acinose dimostratesi in grado, in coltura, di potersi trasformate in cellule beta dopo opportuni trattamenti.
L'insulina facilita il transito del glucosio dal circolo sanguigno alle cellule che ne hanno bisogno come "carburante" per il metabolismo. Tuttavia anche in presenza di glucosio e di insulina può comparire la condizione di "affamamento" qualora le cellule siano diventate meno responsive all'azione dell'insulina; il che a cascata forza le cellule beta del pancreas a lavorare di più per compensare l'aumentata richiesta (diabete di tipo 2 o insulino-resistente). Per motivi non del tutto compresi, alla lunga questo stress produttivo danneggia le cellule e quindi alla resistenza all'insulina si sovrappone il calo dell'insulina circolante (diabete di tipo 1). Alcuni indizi hanno fatto ipotizzare che gran parte di queste cellule stressate si "suicida" con un processo noto come apoptosi. Ma questa è solo una spiegazione parziale.
I ricercatori della Columbia University hanno avanzato una sorprendente proposta alternativa dopo avere scoperto che nei topi con diabete di tipo 2 le cellule beta non funzionanti non erano affatto morte; avevano invece intrapreso un processo dedifferenziativo, cioè il ritorno ad una forma cellulare meno differenziata o più "immatura".
Una scoperta che apre la strada teorica allo sviluppo di nuovi percorsi terapeutici finalizzati ad invertire il processo riportando le cellule allo stadio maturo, quindi in grado di produrre insulina. Una prospettiva tutt'altro che remota, visti i progressi fatti negli ultimi anni nella manipolazione di cellule staminali.
Il responsabile del progetto, Domenico Accili, direttore del Columbia University Diabetes and Endocrinology Research Center, si occupa da tempo di quello che avviene nelle cellule beta a livello molecolare durante le fasi che portano al diabete, con particolare interesse per il ruolo svolto dalla proteina FOXO1 che sembra scomparire quando le cellule beta smettono di produrre insulina.
Nel lavoro pubblicato sulla rivista Cell, lo studio si è concentrato su topi geneticamente modificati privi di FOXO1, ma solo nelle cellule beta. Se in condizioni standard gli animali apparivano normali una volta che andavano incontro a stress totalmente naturali - la gravidanza per le femmine e l'invecchiamento per i maschi - i topi divenivano iperglicemici, diminuiva la secrezione di insulina e compariva il diabete. In contemporanea a questo processo alcune delle loro cellule beta mostravano la comparsa di marcatori tipici delle cellule immature.
Lo stress quindi è in grado di alterare il normale funzionamento cellulare "togliendole" dall'insieme di cellule "utili".
Tra i fattori in grado di fornire sollecitazioni fisiologiche che stimolano la produzione di insulina vi è l'obesità, la gravidanza e l'invecchiamento, guarda caso tutti fattori noti per indurre stati diabetici più o meno temporanei.
Una delle ipotesi proposte per spiegare il fenomeno è che togliere le cellule "dall'arena" e rimetterle "in panchina", serve per dare loro un po' di riposo e favorire il loro successivo reimpiego. Altrettanto chiaro che se troppe cellule vengono tolte dal campo, la squadra perde dato che non viene più prodotta insulina.
Anche se non è ancora chiaro perché questo accada, la scoperta potrebbe favorire un nuovo approccio medico consistente nell'alleviare lo stress sulle cellule beta e nel contempo favorire il ritorno in uno stato "produttivo".
La ricerca sui topi ha anche dimostrato che quando un gran numero di cellule beta viene distrutto, alcune cellule alfa (che producono glucagone) si trasformano in cellule beta. Un meccanismo per indurre un turn-over quando troppe cellule beta hanno chiesto il time-out.
Stesso discorso viene da un altro studio condotto sulle cellule acinose dimostratesi in grado, in coltura, di potersi trasformate in cellule beta dopo opportuni trattamenti.
Per altri articoli sul diabete segui il link.
Fonte
- Pancreatic β Cell Dedifferentiation as a Mechanism of Diabetic β Cell Failure
Chutima Talchai et al, Cell (2012), 150 (6), pp1223–1234
Nessun commento:
Posta un commento