Dolcificanti. Microbioma. Diabete.
Una triade insolita ma non su cui vale pena indagare.
Da anni al centro i sospetti, i dolcificanti artificiali sono sempre riusciti a provare la loro innocenza ma … con beneficio del dubbio.
Un dubbio ragionevole tutto sommato dato che il giudizio di "non-colpevolezza" (diverso da innocenza) ha come base fondante il "buon senso comune" come l'attenersi alle dosi massime raccomandate. Il che non dovrebbe essere troppo difficile considerando che con una capacità dolcificante anche 200 volte quella dello zucchero, le dosi "necessarie" per ottenere l'effetto dolce sono estremamente basse ed è quindi ben difficile raggiungere la dose massima consigliata (espressa in genere come grammi per kg di
peso corporeo).
Una triade insolita ma non su cui vale pena indagare.
Da anni al centro i sospetti, i dolcificanti artificiali sono sempre riusciti a provare la loro innocenza ma … con beneficio del dubbio.
(Wikipedia, Steve Snodgrass) |
... Sempre che non con la scusa delle "zero calorie" non si abusi dei prodotti dietetici o ci si dimentichi che molti dolcificanti sono labili al calore (quindi non solo perdono di "dolcezza" una volta cotti ma generano prodotti di degradazione).
E' appunto la mancanza di buon senso a causare i maggiori problemi, direttamente o indirettamente, legati al suo consumo:
- utilizzare dolcificanti al posto dello zucchero non autorizza a consumare maggiori quantità di cibo. L'esempio classico lo si può osservare nei fast food (non solo in USA) dove predomina tra gli utenti la furbizia di associare bevanda dietetiche a portate più che ipercaloriche.
- Un consumo eccessivo (ma sempre all'interno della fascia di sicurezza) di dolcificanti può causare problemi intestinali.
- E' vero che i dolcificanti non sono in grado di attivare direttamente il rilascio di insulina dal pancreas ma bisogna considerare gli effetti indiretti.
Proprio su quest'ultimo punto (correlazione tra uso di dolcificanti e alterazioni metaboliche) verte l'articolo pubblicato pochi giorni fa da un team israeliano sulla rivista Nature.
Il tema è "dolcificanti, microbioma e diabete"; riassumendo il contenuto dell'articolo in due righe quello che emerge è che l'utilizzo regolare e sul medio-lungo periodo di dolcificanti induce intolleranza al glucosio attraverso la modificazione della flora intestinale.
Il tema è "dolcificanti, microbioma e diabete"; riassumendo il contenuto dell'articolo in due righe quello che emerge è che l'utilizzo regolare e sul medio-lungo periodo di dolcificanti induce intolleranza al glucosio attraverso la modificazione della flora intestinale.
Nota. E' ben noto oramai (e di questo ne ho parlato ampiamente in passato ---> QUI) che esiste uno stretto legame tra microbioma e il nostro benessere. Una relazione biunivoca visto che se da un lato la dieta modifica il microbioma, quest'ultimo ha un'azione importante sul metabolismo. Essere magri o obesi, vegetariani o carnivori, sotto terapia farmacologica o meno, sono tutti fattori che alterano la popolazione microbica da cui derivano a cascata variazioni sul nostro corpo (in un ciclo continuo). A riprova di questo gli oramai classici esperimenti che mostrano come il trapianto di materia fecale/intestinale tra l'intestino di un soggetto normale ad uno "alterato" (ad esempio con sindrome del colon irritabile) abbia un effetto migliorativo sulla sintomatologia.
L'articolo aggiunge un altro tassello a questo quadro, cioè che anche i dolcificanti (saccarina, sucralosio e aspartame) modificano le caratteristiche della popolazione microbica e il profilo metabolico poi. Tre sono i punti chiave:
- l'effetto dei dolcificanti è annullato se si usano antibiotici. Quindi la componente batterica del microbioma gioca un ruolo chiave.
- Gli effetti dannosi di una dieta arricchita con dolcificanti possono essere trasferiti in un topo che non ha mai ingerito dolcificanti (e allevato in ambiente asettico), semplicemente grazie ad un trapianto fecale.
- uguale effetto lo si ha incubando con il dolcificante i batteri prelevati dall'intestino normale, prima di "reimmetterli" nel topo.
Nell'essere umano i dati sono indiretti ma non meno interessanti.
In un gruppo di 381 volontari non diabetici quelli che consumavano regolarmente dolcificanti artificiali (in particolare quelli che dichiaravano un uso maggiore della media) avevano livelli glicemici a digiuno più alti, minore tolleranza al glucosio e un diverso profilo microbico rispetto a quelli che non usavano i dolcificanti. Una differenza non dipendente da parametri come l'indice di massa corporea, fattori di rischio genetici o comportamentali (ad esempio una alimentazione sbilanciata).
Riassumendo:
In un gruppo di 381 volontari non diabetici quelli che consumavano regolarmente dolcificanti artificiali (in particolare quelli che dichiaravano un uso maggiore della media) avevano livelli glicemici a digiuno più alti, minore tolleranza al glucosio e un diverso profilo microbico rispetto a quelli che non usavano i dolcificanti. Una differenza non dipendente da parametri come l'indice di massa corporea, fattori di rischio genetici o comportamentali (ad esempio una alimentazione sbilanciata).
Riassumendo:
- i dolcificanti sono un fattore di rischio aggiuntivo (indipendente dalla dieta) se consumati in modo costante;
- il microbioma per sé NON è un fattore di rischio (anzi abbiamo visto essere importante come fattore di protezione dal diabete --->QUI). Cruciali sono gli input dall'esterno che alterando l'equilibrio del microbioma si ripercuotono sul metabolismo dell'ospite.
I surrogati anche se naturali non sono meno esenti da rischi come l'esempio del "famigerato" fruttosio insegna (---> QUI).
Fonti
- Artificial sweeteners induce glucose intolerance by altering the gut microbiota
J. Suez et al (2014) Nature 514(7521):181-6.
- Sugar Substitutes, Gut Bacteria, and Glucose Intolerance
The Scientist (17 settembre 2014)
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