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Identificate cellule vive in cadaveri. Cellule zombie?

Cellule zombie? No. Ma una scoperta egualmente molto interessante.
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Adesso che sugli schermi cinematografici è il turno, dopo i vampiri, degli zombie romantici (vedi il film Warm Bodies) penso sia interessante presentare un articolo pubblicato qualche mese fa su Nature Communications. Un articolo che fra gli addetti ai lavori venne riassunto come "ecco a voi le cellule Zombie!".
 Tranquilli, non si tratta né di una epidemia alla George Romero né di eventi biblici da fine dei tempi. Si tratta semplicemente dell'osservazione di un fatto che non si riteneva possibile: sono state identificate nei cadaveri refrigerati cellule muscolari vitali a distanza di 17 giorni dalla morte. Queste cellule messe in coltura erano ancora capaci di dividersi e di generare nuove cellule muscolari.
Ancora più interessante il fatto che i 17 giorni non solo il limite massimo entro il quale il fenomeno può essere osservato. Si tratta solo del limite imposto dalla mancanza di cadaveri più vecchi; del resto i corpi vengono conservati nelle celle frigorifere per un periodo di tempo limitato (o in attesa della autopsia o semplicemente della sepoltura), quindi si comprende per quale motivo la materia prima sperimentale più stagionata non fosse disponibile.
Una scoperta come dicevo sorprendente dato che nella comunità scientifica il consensus è che le cellule, e solo alcune (quelle a metabolismo più basso), potessero sopravvivere post-mortem al massimo per 1-2 giorni. La maggior parte delle cellule, come ben sappiamo dalla clinica, muoiono dopo soli pochi minuti di mancata ossigenazione; figuriamoci quindi dopo più di due settimane. Le cellule qui identificate sono cellule staminali muscolari, cellule che vengono "attivate" solo in caso di necessità nell'adulto (ad esempio nei processi di sostituzione di cellule danneggiate).
Non si tratta in realtà di una scoperta del tutto inattesa. Lo studio in cadaveri umani nasce infatti dalla scoperta che in topi morti da 14 giorni (ovviamente refrigerati) erano presenti cellule staminali muscolari vitali. Lo studio in Uomo quindi ne è una diretta conseguenza.
Perchè proprio le cellule muscolari? A causa di un insieme di fattori, primo fra tutti lo stato di quiescenza in cui le staminali muscolari entrano dopo essersi divise (e non è che queste si dividano ogni giorno come ad esempio le staminali del derma). Uno stato che protegge queste cellule da eventuali sbalzi della tensione di ossigeno e/o nella disponibilità di nutrienti. Inoltre, e questo è vero per la maggior parte delle cellule staminali, lo stato di ipossia/anossia e' fondamentale per il mantenimento dello stato non-differenziato di queste cellule e quindi della loro capacità rigenerativa. Una cellula staminale in un ambiente ipossico è più stabile della maggior parte delle altre cellule.

E' questa una osservazione degna di nota o solo una curiosità?
In teoria questo dato potrebbe essere utile per sviluppare nuove terapie rigenerative partendo da cellule di donatori deceduti. Del resto prelevare da cadaveri delle cellule non è una cosa così diversa dal prelievo degli organi. Il vantaggio di usare le cellule è implicito: potranno essere prelevate da donatori refrigerati, cosa non praticabile nel caso della donazione di organi.
Alexey Bersenev ha parlato di questa possibilità nell'articolo Convergence of gene and cell therapy (Regen Med. 2012 Nov;7(6 Suppl):50-6), a cui rimando per approfondimenti.

Ma c'è una cosa che è ancora più straordinaria: fra i donatori analizzati in questo studio quasi la metà di essi aveva più di 90 anni! Un dato questo che aumenta esponenzialmente la disponibilita' (potenziale) di cellule da persone decedute per cause naturali (mentre oggi purtroppo le donazioni dipendono dal verificarsi di eventi tragici e acuti su persone di giovane età).
Le cellule di persone anziane hanno tuttavia una incognita derivante dalla possibilità che abbiano accumulato nel corso della vita mutazioni genetiche. Lo stress ossidativo è un evento normale contro cui le cellule combattono dal momento in cui ... vivono
Più a lungo uno vive e maggiori sono i danni che si accumulano nel DNA. Un concetto valido per tutte le cellule ... a meno che lo stato di quiescenza non agisca isolando le cellule staminali, preservandole dai danni indotti dallo stress ossidativo. E' ben noto che il danno ossidativo agisce a diversi livelli nella cellula (vedi proteine e lipidi) ma il pericolo maggiore è a carico del DNA. Piu' intensa l'attivita' mitotica, maggiore è il metabolismo, piu' alta la probabilita' che una mutazione compaia. Una cellula dormiente "invecchia" meno di una cellula attiva.
Prima di utilizzare quindi le cellule zombie da anziani sarà necessario fare una analisi genomica approfondita per capire se e quanti sono i danni presenti. Danni che verrebbero trasmessi a chi riceve il trapianto con effetti da trascurabili (semplicemente le cellule sono meno reattive) a importanti (le cellule sono malate).
Al momento l'idea generale è che la nicchia in cui le staminali muscolari si trovano è in effetti in grado di isolare le cellule dalla maggior parte degli stress "ambientali". Se, e quanto, tale nicchia sia ugualmente efficiente durante l'invecchiamento è ancora da appurare.

Quindi, nessun pericolo che un cadavere diventi uno zombie anche se … qualcosa di vivo nei suoi tessuti c'è.
Sta a noi capire quanto possa essere utilizzabile.



Articoli successivi correlati (ma sempre e solo scientifici) cliccando sul tag --> "zombie in natura"


Fonte
- Skeletal muscle stem cells adopt a dormant cell state post mortem and retain regenerative capacity. Latil M et al., Nat Commun (Jun 12, 2012)

- Dormancy of stem cells enables them to remain viable... many days post mortem
CNRS, press release



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