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un farmaco antitumorale nella lotta all'HIV

 Qualche settimana fa ho affrontato, seppure per sommi capi, le problematiche insite nella infezione da HIV e i limiti pratici delle terapie attualmente disponibili. Terapie, non dimentichiamolo, che hanno di fatto trasformato una infezione a progressione acuta e inesorabile in una malattia cronica; salvando da morte certa migliaia di persone. Progressi che hanno, purtroppo, il rovescio della medaglia nella sottovalutazione da parte di molti giovani del rischio di contrarre/trasmettere l'infezione: durante la terapia il virus e' nella maggior parte dei casi a concentrazioni ematiche sotto la soglia di rilevazione. In queste condizioni non rilevazione non vuole dire assenza ma semplicemente contenimento. Una sottovalutazione che negli ultimi anni ha causato, nei paesi sviluppati, una preoccupante inversione di tendenza nelle nuove infezioni con un aumento di nuovi infettati fra i più giovani.
Trovare una cura definitiva al posto di un trattamento cronicizzante è prioritario ma, ovviamente, non facile. Sempre nel post precedente scrivevo delle prospettive aperte dalla scoperta di molecole raggruppate solo il nome di bryologs.
Parlo oggi di un farmaco che potrebbe, in futuro, essere utile per l'eradicazione completa della malattia (o meglio dei virus latenti). Si tratta di una molecola già in uso come antitumorale di cui si è recentemente osservata una proprietà interessante: è in grado di riattivare il virus latente (che inizierà a replicarsi) rendendolo tuttavia un facile bersaglio per le terapie anti-virali ora disponibili.
Si tratta del Vorinostat, prodotto dalla Merck Sharp & Dohme, il cui uso attuale e' nel trattamento del linfoma cutaneo e, potenzialmente, del tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in fase avanzata. La molecola agisce su proteine con attività istone-deacetilasica, la cui azione è fondamentale nella regolazione dello stato cromatinico e della espressione genica.
L'effetto, non previsto e ovviamente non voluto, di riattivare l'HIV e' stato confermato sia in vivo che in vitro. Un pericolo in realtà solo nei malati di cancro positivi al HIV.
L'idea ovvia sarebbe di trasformare questo problema in una risorsa. Se il farmaco è in grado di riattivare il virus latente, una terapia anti-HIV standard associata al Vorinostat permetterebbe di colpire e eliminare tutti i virus latenti, eradicando di fatto la malattia.
Non è così semplice dato che questa classe di farmaci ha seri problemi di tossicità intrinseca: una tossicità accettabile nelle terapie di ultima istanza, cioè in tutti quei casi in cui la terapia è l'unica risorsa per malattie ad esito nefasto nel breve termine (come i tumori sopra indicati). Non è questo il caso per i soggetti infettati ma per il resto asintomatici grazie alle terapie in atto. Asintomaticità che come Magic Johnson insegna è pluridecennale.
La ricerca dovrà quindi indirizzarsi su molecole simili al Vorinostat ma a bassa tossicità (con un rapporto danno-beneficio estremamente basso). Solo allora l'eradicazione definitiva della malattia da HIV entrerà nelle sua fasi finali.

(articolo precedente su HIV e nuovi farmaci, qui)


Articolo di riferimento
- Administration of vorinostat disrupts HIV-1 latency in patients on antiretroviral therapy
   Archin NM et al., Nature 487, 482–485 (2012)

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