Rimanere incinta durante la dieta potrebbe favorire, a distanza di anni, l'insorgenza del diabete di tipo-II nei figli. Questo è quanto emerge da studi su animali.
Per chiarezza, è meglio specificare che il tutto deve essere ancora traslato sull'uomo. Tuttavia fa suonare un campanello di allarme.
Il fenomeno in se potrebbe sembrare strano, ma non lo è. E' uno dei tanti aspetti che le conoscenze sempre più dettagliate nel campo della epigenetica permettono di comprendere.
Il fenomeno in se potrebbe sembrare strano, ma non lo è. E' uno dei tanti aspetti che le conoscenze sempre più dettagliate nel campo della epigenetica permettono di comprendere.
L'epigenetica in un certo senso è la rivalutazione della vecchia teoria lamarckiana che ad oggi potrebbe essere tradotta come "l'ambiente è in grado di influenzare l'espressione genica". Tale imprinting può permanere per un numero indefinito di generazioni cellulari e, se a carico delle cellule germinali, è di fatto trasmissibile alla progenie, pur non trattandosi di una modificazione permanente dell'informazione. L'epigenetica ci insegna che è possibile modificare in modo sostanziale l'attività di uno o più geni senza "toccare" l'informazione genetica in senso stretto (la sequenza nucleotidica) ma semplicemente variando l'accessibilità a tale informazione. Tale accesso è dipendente dalla presenza di una serie di "segnali" presenti sulla cromatina, siano esse modificazioni (reversibili) delle proteine strutturali che si associano al DNA che dei nucleotidi. Variare lo stato di metilazione di una regione determina, a seconda dei casi, un aumento o uno spegnimento funzionale di uno o molti geni presenti in quell'area.
L'ambiente cellulare per sua natura risponde agli stimoli esterni, compensandoli. E' facilmente comprensibile quindi come variazioni nella disponibilità di elementi nutritivi siano in grado di indurre la cellula ad ottimizzare le risorse, aumentando l'efficienza di quello che si ha a disposizione.
Fatta questa premessa torniamo al lavoro pubblicato sul Journal of the Federation of American Societies for Experimental Biology da Anne White, della università di Manchester.
Lo scopo principale dello studio era la caratterizzazione di gravidanze gemellari nelle pecore e la ricerca di similitudini con gravidanze singole in caso di alimentazione insufficiente. Dall'analisi del DNA degli agnelli (o dei feti) si è scoperta una variazione a carico dei geni coinvolti nella regolazione del livello di glucosio e nell'assimilazione del cibo. Tali alterazioni, assenti nei controlli, rendevano gli agnelli molto più suscettibili a sviluppare il diabete di tipo II in età adulta. Un dato in accordo con quanto visto in uomo: una diminuita disponibilità di cibo nelle prime fasi della gestazione si correla ad un aumentato rischio di obesità e diabete (studio nato dalla osservazione degli effetti a decenni di distanza di individui concepiti durante la carestia nelle Fiandre del 1944 --> RC Painter et al).
Fisiologicamente tale fenomeno non è incongruo ma una tattica attivata dall'organismo per ottimizzare le risorse disponibili: bassa disponibilità, alta assimilazione.
L'ambiente cellulare per sua natura risponde agli stimoli esterni, compensandoli. E' facilmente comprensibile quindi come variazioni nella disponibilità di elementi nutritivi siano in grado di indurre la cellula ad ottimizzare le risorse, aumentando l'efficienza di quello che si ha a disposizione.
Fatta questa premessa torniamo al lavoro pubblicato sul Journal of the Federation of American Societies for Experimental Biology da Anne White, della università di Manchester.
Lo scopo principale dello studio era la caratterizzazione di gravidanze gemellari nelle pecore e la ricerca di similitudini con gravidanze singole in caso di alimentazione insufficiente. Dall'analisi del DNA degli agnelli (o dei feti) si è scoperta una variazione a carico dei geni coinvolti nella regolazione del livello di glucosio e nell'assimilazione del cibo. Tali alterazioni, assenti nei controlli, rendevano gli agnelli molto più suscettibili a sviluppare il diabete di tipo II in età adulta. Un dato in accordo con quanto visto in uomo: una diminuita disponibilità di cibo nelle prime fasi della gestazione si correla ad un aumentato rischio di obesità e diabete (studio nato dalla osservazione degli effetti a decenni di distanza di individui concepiti durante la carestia nelle Fiandre del 1944 --> RC Painter et al).
Fisiologicamente tale fenomeno non è incongruo ma una tattica attivata dall'organismo per ottimizzare le risorse disponibili: bassa disponibilità, alta assimilazione.
Lo studio condotto sulle pecore dovrà essere ora confermata mediante studi epidemiologici su umani di sufficiente forza statistica per poter essere informativi.
L'importanza di avere una conferma di questa osservazione è duplice in quanto entrambi i fattori sopra elencati sono in fase incrementale nella nostra società. Da una parte i parti gemellari sono in aumento a causa dell'aumento dell'età media della prima gravidanza (che comporta un maggiore ricorso a terapie ormonali o di fecondazione assistita). Dall'altra il costante ricorso fin dalla giovane età ad una alimentazione eccessiva.
Se a questo aggiungiamo l'aumento della popolazione obesa e anziana, e quindi ad alta incidenza di diabete di tipo II, possiamo comprendere l'importanza di queste informazioni.
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