Il Sole 24 Ore
Truffe scientifiche
L'etica della ricerca ha subito un pericoloso degrado e le frodi sono aumentate, denuncia il fisico Ossicini. Ma gli imbrogli vengono scoperti facilmente e tenuti sotto controllo. Dal 2001 al 2010 il numero di articoli scientifici è cresciuto del 44 per cento, il numero di articoli ritirati, per frode o per errore, di 15 volte
di Gilberto Corbellini
Come i pomodori, a quanto pare anche la scienza non sarebbe più quella di una volta. Con l'avvento della scienza post-accademica, cioè quella che si fa con finanziamenti privati e con scopi direttamente applicativi (cosiddetta "traslazionale") l'etica della ricerca sarebbe cambiata. All'ethos scientifico che il sociologo Robert Merton aveva sintetizzato con l'acronimo CUDOS (Comunitarismo, Universalismo, Disinteresse, Originalità e Scetticismo), si sarebbero sostituiti quelli che il filosofo e sociologo della scienza John Ziman, ha sintetizzato con l'acronimo PLACE (Proprietà, Località, Autoritarismo, Commissionamento ed Esperti). Quindi una trasformazione dell'ethos degli scienziati, che in qualche modo, oggi, sarebbero davvero un po' pericolosi. Prova ne sarebbe l'incremento delle frodi scientifiche. È questa, in estrema sintesi, la tesi del libro del fisico modenese Stefano Ossicini. È una tesi semplice e decisamente conforme al trend sociologizzante e politicamente corretto, anche se, nel caso di Ossicini, i toni sono più pacati di quelli dei sociologi e filosofi che vedono nella scienza solo una forma ben organizzata di potere, senza alcuna specificità epistemologica.
Chi scrive non nega che la scienza traslazionale rappresenti un fenomeno sociologicamente peculiare e sostenuto da logiche politico-economiche, più che conoscitive. Lo ha ben argomentato Paolo Bianco su queste pagine. Però, se se ne vuol discutere, bisogna documentarsi bene. Anche sulle frodi. Al di là del fatto che le storie raccontate, peraltro molto bene, nel libro di Ossicini sono ampiamente risapute e già studiate, il capitolo finale sulla scienza post-accademica risulta troppo banale compilativo e banale. Ossicini, di certo e con ragione, si scandalizzerebbe se uno storico o un sociologo della scienza proponessero un saggio divulgativo sulla fisica in cui fossero trascurati sviluppi cruciali della materia. Ora, lasciamo stare che chi parla di svolta nell'ethos della scienza post-accademica dovrebbe anche provare a leggere e confutare la tesi contraria, esposta dallo storico e sociologo della scienza (un gran professionista in questi campi!) Stephen Shapin in The Scientific Life. A moral history of a late modern vocation (vedi su Domenica del 4 dicembre 2009), il quale ha mostrato (esempi alla mano) che le virtù morali dello scienziato, tipiche dell'età pre-accademica e accademica, si sono sostanzialmente mantenute anche in quella post-accademica. Forse, Ossicini, avrebbe almeno dovuto confrontarsi con il lavoro che sullo stesso argomento, cioè le frodi, ha condotto un altro fisico, David Goodstein, che da prorettore del California Institute of Technology si è occupato per quasi vent'anni di integrità della ricerca scientifica. Benché nel suo libro discuta almeno tre casi che vengono analizzati anche in quello di Goodstein, in bibliografia l'importante e sobrio testo del fisco statunitense non compare.
I casi comuni ai due libri riguardano il premio Nobel Robert Millikan, accusato abbastanza strumentalmente di aver "cucinato" i dati sulla carica dell'elettrone, la fusione fredda, per così dire scoperta da Fleischmann e Pon nel 1989 e che è stata oggetto di studi e polemiche anche in Italia, e lo scandalo del fisico tedesco Jan Hendrik Schön, che pubblicò sulle più prestigiose riviste internazione una serie di formidabili scoperte, in realtà completamente inventate, nel campo della fisica dei semiconduttori. Ossicini aggiunge, tra altre, la storia del miraggio dei raggi N di Blondlot all'alba del Novecento, gli esperimenti inventati da Emil Rupp sui raggi canale e il caso poliacqua e quello di Benveniste con la memoria dell'acqua.
Forte della sua esperienza, Goodstein cerca di identificare anche qualche costante nelle frodi dell'era post-accademica. Queste motivazioni sarebbero le crescenti pressioni professionali, la conoscenza del risultati che sarebbe opportuno ottenere e il fatto di lavorare in settori dove la riproduzione degli esperimenti è più difficile. Goodstein indica anche quindici regole che eliminerebbero le frodi, ma che di fatto, per motivi psicologici o sociali o economici, sono inapplicabili. Fornisce quindi una sua ricostruzione sociologia della scienza, fondata sul funzionamento sinergico, incapsulato dalle istituzioni scientifiche, di un sistema della ricompensa, cioè l'ammirazione da parte dei colleghi e che crea la fama, e di un sistema dell'autorità (sarebbe meglio dire autorevolezza,) cioè il controllo esercitato dai pari da cui dipendono i finanziamenti e la carriera. E in appendice pubblica le linee guida del Caltech sulla cattiva condotta nella ricerca.
Ma quali sono le dimensioni quantitative della frode scientifica? I dati sono fluttuanti, e una meta-analisi su numerosi sondaggi stima in circa il 2% il numero di scienziati che ammette di aver fabbricato, plagiato o "cucinato" i dati almeno una volta. Si arriva a un terzo che ammette qualche pratica discutibile per acquisire un vantaggio. Si tratta sempre di meno della metà della percentuale di delitti denunciati ogni anno in un paese occidentale, tenendo conto che chi viene smascherato per una frode scientifica non subisce condanne civili o penali. Entrando un po' più nello specifico, dal 2001 al 2010 il numero di articoli scientifici è cresciuto del 44%, mentre il numero di articoli ritirati di 15 volte. Preoccupante, certo. Ma in valori reali, nel 2010 sono stati pubblicati circa 1.500.000 articoli peer reviewed, mentre numero di articoli ritirati è stato 339. Nel 2001 erano 22. Gli articoli ritirati per frode sono stati il 26%, mentre il resto per vari tipi di errori.
Considerando la mole ingente di produzione scientifica e che il numero stimato di scienziati e ingegneri (non semplicemente laureati) nel mondo è dell'ordine di 7 milioni, per cui si tratta di una popolazione altamente selezionata e anche socialmente privilegiata, non si potrebbe forse concludere che gli scienziati risultano nell'insieme meno portati a imbrogliare della popolazione media? Anche perché scoprire le frodi nella scienza è molto più facile, e sono gli scienziati stessi a farlo! La domanda più interessante, ma allo stesso tempo facile da evadere, è perché i non scienziati, e soprattutto gli intellettuali, provano tanta soddisfazione a denunciare le frodi scientifiche, che sono scarse e ben monitorate. Mentre ignorano o difendono ben più pericolose frodi.
Bibliografia suggerita
David Goodstein, Il Nobel e l'impostore. Fatti e misfatti alle frontiere della scienza, Edizioni Dedalo, Bari,pagg. 170, € 16.00
Stefano Ossicini, L'universo è fatto di storie, non solo di atomi. Breve storia delle truffe scientifiche, Neri Pozza, Vicenza, pagg. 296, € 18.00
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